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                  lettori   
                VArietà 
                 
                  Il 1970 iniziò 20 giorni dopo la strage di piazza Fontana, 
                  16 giorni dopo l'assassinio di Pinelli, 12 giorni dopo i suoi 
                  funerali e proprio all'inizio della campagna di mobilitazione 
                  contro la “strage di stato”, per la scarcerazione 
                  di Pietro Valpreda e per la verità sul volo del nostro 
                  compagno nel cortile della questura milanese. Fu, il 1970, un 
                  anno dedicato principalmente, dal nostro piccolo gruppo anarchico 
                  di allora, alle numerose iniziative connesse con quella grande 
                  e crescente mobilitazione che avrebbe segnato, oltre alle nostre 
                  singole vite e a quelle del nostro ambito militante, un'intera 
                  fase storica. 
La madre di tutte le stragi, si disse e si dice ancora. E la madre di tutte le mobilitazioni antirepressive, in parallelo.
 Un ampio spettro 
                 Per noi fu anche l'anno in cui concepimmo l'idea di dar vita 
                  a un periodico anarchico nuovo, che in quel clima di mobilitazione 
                  naturalmente si collocava. Eppure già allora, mentre 
                  si lavorava a un “numero zero”, l'idea era quella 
                  di produrre un mensile che affrontasse tante tematiche, quante 
                  più possibile, e non fosse solo uno strumento di controinformazione 
                  e di mobilitazione. Volevamo che dentro potessero trovare spazio 
                  cultura, interviste, informazioni dal mondo del lavoro, reportage 
                  dall'estero, dibattiti, pedagogia, tavole-rotonde, pagine di 
                  storia, esperienze concrete di vita alternativa, insomma, uno 
                  spettro il più ampio possibile delle tematiche e degli 
                  approcci giornalistici. Una rivista aperta, curiosa, “disponibile”. 
                  Così, nel febbraio 1971, nacque “A” e – 
                  tutto sommato – ancora così è, o almeno 
                  vorrebbe essere. 
                  Prendiamo questo numero. Si apre con il solito editoriale 
                  di Andrea Papi, questa volta sulle tecnologie. 
                  I “nuovi movimenti”, le manifestazioni, la piazza 
                  sono oggetto dell'attenzione di Cosimo Scarinzi 
                  (sciopero nazionale del sindacalismo di base, 18 ottobre), di 
                  Maria Matteo (Roma, 19 ottobre), della 
                  terza puntata (su 5 minacciate) di Toni Senta 
                  sullo scenario mondiale della contestazione. Sempre sul terreno 
                  delle lotte, questa volta in Sardegna, si colloca il contributo 
                  di Laura Gargiulo sulla mobilitazione contro i radar, con 
                  lo specifico contributo fotografico di Paola 
                  Rizzu sull'isola dell'Asinara. 
                  Di papa Francesco e del pensiero unico mediatico che lo circonda 
                  non ne possiamo più. Ma che bello, ma che bravo, parla 
                  chiaro, si circonda di bambini, vive in povertà. La nostra 
                  solita Dada (al secolo Francesca Palazzi Arduini) 
                  va controcorrente con il suo “Furbi et orbi”. Quattro 
                  contributi riguardano “l'estero”: Steven 
                  Forti si occupa della controversa questione del nazionalismo 
                  catalano, Giulio Spiazzi della repressione 
                  cinese in Tibet e delle “auto-immolazioni”, Moreno 
                  Paulon del moderno traffico di “schiavi” in 
                  Estremo Oriente, Laura Antonella Carli 
                  dell'economia informale e di un'urbanistica particolare contro 
                  i tentativi di assorbimento delle differenze, partendo da una 
                  realtà indiana e una keniota. 
                  Di street art si occupa Patrizia “Pralina” 
                  Diamante nella sua intervista all'artista bretone, residente 
                  a Firenze, Clet Abraham. E sempre di arte si occupa il decano 
                  dei nostri collaboratori, l'89enne Arturo 
                  Schwarz, con il suo contributo sui rapporti tra surrealismo 
                  e anarchismo. E l'anarchismo rispunta nello scritto (inedito 
                  in italiano) sul ruolo dello stato, dell'architetto e intellettuale 
                  inglese Colin Ward, uno dei nostri classici 
                  punti di riferimento, come sempre presentato 
                  da Francesco Codello, uno dei promotori della Rete per la 
                  pedagogia libertaria. 
                  Pedagogia libertaria che, insieme alla philosophy for children 
                  e a un approccio queer, ricompare nelle tre relazioni (di 
                  Liana Borghi, Pierpaolo Casarin e Silvia Bevilacqua) 
                  a un convegno della scorsa primavera a La Spezia. 
                  In ideale collegamento con i loro contributi apparsi sul penultimo 
                  numero sugli stereotipi e la violenza “di genere”, 
                  due operatrici di centri antiviolenza toscani presentano proprio 
                  il senso e le modalità di funzionamento di questi centri, 
                  sparsi a decine per l'Italia e in crescita costante. A testimonianza 
                  dell'estensione e della drammaticità di una questione 
                  sulla quale avremo modo di ritornare presto. 
                  Pareri critici e dibattiti 
                 Di donne, anarchiche in particolare, si occupa Lorenzo 
                  Pezzica nel suo ultimo libro, dal quale riprendiamo tre 
                  biografie di altrettante militanti. Una statunitense, una giapponese 
                  e un'italiana. Un gran bel libro, a nostro avviso. Ma, per stimolare 
                  la riflessione e il dibatttito, abbiamo chiesto a Martina 
                  Guerrini di esporre le proprie riserve e timori su un lavoro 
                  di questo tipo. Esattamente come avevamo fatto sullo scorso 
                  numero, ospitando lo scritto 
                  di Federico Battistuta a margine della proposta di Hakim 
                  Bey per una “religiosità anarchica”. E cogliamo 
                  l'occaisone per sottolineare che la rivista è pronta 
                  a ospitare pareri critici e dibattiti su quanto viene pubblicato: 
                  è il caso, su questo numero (nella rubrica della posta), 
                  di Valeria Giacomoni che prende spunto 
                  da un articolo di qualche numero fa per fornire nuovi elementi 
                  di conoscenza storica. 
                  E la storia fa capolino nel saggio di David 
                  Bernardini sui Pirati della stella alpina, un'organizzazione 
                  di giovani antinazisti attiva ai tempi di Hitler. Una pagina 
                  poco conosciuta della lotta contro il potere, di quelle che 
                  ci piace ospitare su “A”. 
                  Rocco Scotellaro, chi era costui? Non tanti ricordano questa 
                  originale figura di intellettuale lucano e, più in generale, 
                  del nostro Sud. Ce ne parla Domenico Sabino. 
                  I soliti noti 
                 A questi scritti vanno poi aggiunti quelli delle rubriche, 
                  dall'originale raccontino di Paolo Pasi 
                  al cinema di Bruno Bigoni, dai rispettivi 
                  contributi sulla musica di Alessio Lega 
                  e Marco Pandin all'urlo dal fondo di una 
                  cella dell'ergstolano ostativo Carmelo Musumeci, 
                  dalle recensioni (questa volta, quattro) ai “soliti” 
                  comunicati, dalla guida Apache di Nicoletta 
                  Vallorani (sempre accompagnata da una foto della figlia) 
                  alla storica colonna di “A” Felice 
                  Accame, dall'intervista di Renzo Sabatini 
                  su De André (questa è la 16a), 
                  alla seguitissima rubrica di Andrea Staid su 
                  antropologia e pensiero libertario, fino alla storica 
                  rubrica delle lettere e – qui dentro – il dibattito 
                  sul controverso libro di Giampietro “Nico” Berti 
                  sull'anarchismo. 
                  C'è poi il solito Anarchik, il “nostro” 
                  fumetto per eccellenza (cui si è affiancato da tempo 
                  Anarchicco, più giovane, animalista, 
                  vegano, poetico) questa volta dedicato al nostro “redattore 
                  di pietra”, quel Pino Pinelli che – lo abbiamo già 
                  scritto – abbiamo molte ragioni per pensare che, 85enne, 
                  avrebbe potuto essere oggi dentro questa rivista che non fece 
                  a tempo a veder nascere. Avrebbe potuto, appunto. 
                  Infine, al solito posto, la solita rassegna 
                  dei fondi neri, l'unica parte della rivista nella quale 
                  tutti – a partire da te – potrebbero far scrivere 
                  il proprio nome e cognome, anche se non si sa scrivere un articolo. 
                  Basta metter mano al portafogli e (miracolo!) si vede la propria 
                  “firma” stampata sulla rivista. Una soddisfazione 
                  immensa. Provare per credere.  |