rivista anarchica
anno 43 n. 385
dicembre 2013 - gennaio 2014


ai lettori

VArietà

Il 1970 iniziò 20 giorni dopo la strage di piazza Fontana, 16 giorni dopo l'assassinio di Pinelli, 12 giorni dopo i suoi funerali e proprio all'inizio della campagna di mobilitazione contro la “strage di stato”, per la scarcerazione di Pietro Valpreda e per la verità sul volo del nostro compagno nel cortile della questura milanese. Fu, il 1970, un anno dedicato principalmente, dal nostro piccolo gruppo anarchico di allora, alle numerose iniziative connesse con quella grande e crescente mobilitazione che avrebbe segnato, oltre alle nostre singole vite e a quelle del nostro ambito militante, un'intera fase storica.
La madre di tutte le stragi, si disse e si dice ancora. E la madre di tutte le mobilitazioni antirepressive, in parallelo.

Un ampio spettro

Per noi fu anche l'anno in cui concepimmo l'idea di dar vita a un periodico anarchico nuovo, che in quel clima di mobilitazione naturalmente si collocava. Eppure già allora, mentre si lavorava a un “numero zero”, l'idea era quella di produrre un mensile che affrontasse tante tematiche, quante più possibile, e non fosse solo uno strumento di controinformazione e di mobilitazione. Volevamo che dentro potessero trovare spazio cultura, interviste, informazioni dal mondo del lavoro, reportage dall'estero, dibattiti, pedagogia, tavole-rotonde, pagine di storia, esperienze concrete di vita alternativa, insomma, uno spettro il più ampio possibile delle tematiche e degli approcci giornalistici. Una rivista aperta, curiosa, “disponibile”.
Così, nel febbraio 1971, nacque “A” e – tutto sommato – ancora così è, o almeno vorrebbe essere.
Prendiamo questo numero. Si apre con il solito editoriale di Andrea Papi, questa volta sulle tecnologie.
I “nuovi movimenti”, le manifestazioni, la piazza sono oggetto dell'attenzione di Cosimo Scarinzi (sciopero nazionale del sindacalismo di base, 18 ottobre), di Maria Matteo (Roma, 19 ottobre), della terza puntata (su 5 minacciate) di Toni Senta sullo scenario mondiale della contestazione. Sempre sul terreno delle lotte, questa volta in Sardegna, si colloca il contributo di Laura Gargiulo sulla mobilitazione contro i radar, con lo specifico contributo fotografico di Paola Rizzu sull'isola dell'Asinara.
Di papa Francesco e del pensiero unico mediatico che lo circonda non ne possiamo più. Ma che bello, ma che bravo, parla chiaro, si circonda di bambini, vive in povertà. La nostra solita Dada (al secolo Francesca Palazzi Arduini) va controcorrente con il suo “Furbi et orbi”. Quattro contributi riguardano “l'estero”: Steven Forti si occupa della controversa questione del nazionalismo catalano, Giulio Spiazzi della repressione cinese in Tibet e delle “auto-immolazioni”, Moreno Paulon del moderno traffico di “schiavi” in Estremo Oriente, Laura Antonella Carli dell'economia informale e di un'urbanistica particolare contro i tentativi di assorbimento delle differenze, partendo da una realtà indiana e una keniota.
Di street art si occupa Patrizia “Pralina” Diamante nella sua intervista all'artista bretone, residente a Firenze, Clet Abraham. E sempre di arte si occupa il decano dei nostri collaboratori, l'89enne Arturo Schwarz, con il suo contributo sui rapporti tra surrealismo e anarchismo. E l'anarchismo rispunta nello scritto (inedito in italiano) sul ruolo dello stato, dell'architetto e intellettuale inglese Colin Ward, uno dei nostri classici punti di riferimento, come sempre presentato da Francesco Codello, uno dei promotori della Rete per la pedagogia libertaria.
Pedagogia libertaria che, insieme alla philosophy for children e a un approccio queer, ricompare nelle tre relazioni (di Liana Borghi, Pierpaolo Casarin e Silvia Bevilacqua) a un convegno della scorsa primavera a La Spezia.
In ideale collegamento con i loro contributi apparsi sul penultimo numero sugli stereotipi e la violenza “di genere”, due operatrici di centri antiviolenza toscani presentano proprio il senso e le modalità di funzionamento di questi centri, sparsi a decine per l'Italia e in crescita costante. A testimonianza dell'estensione e della drammaticità di una questione sulla quale avremo modo di ritornare presto.

Pareri critici e dibattiti

Di donne, anarchiche in particolare, si occupa Lorenzo Pezzica nel suo ultimo libro, dal quale riprendiamo tre biografie di altrettante militanti. Una statunitense, una giapponese e un'italiana. Un gran bel libro, a nostro avviso. Ma, per stimolare la riflessione e il dibatttito, abbiamo chiesto a Martina Guerrini di esporre le proprie riserve e timori su un lavoro di questo tipo. Esattamente come avevamo fatto sullo scorso numero, ospitando lo scritto di Federico Battistuta a margine della proposta di Hakim Bey per una “religiosità anarchica”. E cogliamo l'occaisone per sottolineare che la rivista è pronta a ospitare pareri critici e dibattiti su quanto viene pubblicato: è il caso, su questo numero (nella rubrica della posta), di Valeria Giacomoni che prende spunto da un articolo di qualche numero fa per fornire nuovi elementi di conoscenza storica.
E la storia fa capolino nel saggio di David Bernardini sui Pirati della stella alpina, un'organizzazione di giovani antinazisti attiva ai tempi di Hitler. Una pagina poco conosciuta della lotta contro il potere, di quelle che ci piace ospitare su “A”.
Rocco Scotellaro, chi era costui? Non tanti ricordano questa originale figura di intellettuale lucano e, più in generale, del nostro Sud. Ce ne parla Domenico Sabino.

I soliti noti

A questi scritti vanno poi aggiunti quelli delle rubriche, dall'originale raccontino di Paolo Pasi al cinema di Bruno Bigoni, dai rispettivi contributi sulla musica di Alessio Lega e Marco Pandin all'urlo dal fondo di una cella dell'ergstolano ostativo Carmelo Musumeci, dalle recensioni (questa volta, quattro) ai “soliti” comunicati, dalla guida Apache di Nicoletta Vallorani (sempre accompagnata da una foto della figlia) alla storica colonna di “A” Felice Accame, dall'intervista di Renzo Sabatini su De André (questa è la 16a), alla seguitissima rubrica di Andrea Staid su antropologia e pensiero libertario, fino alla storica rubrica delle lettere e – qui dentro – il dibattito sul controverso libro di Giampietro “Nico” Berti sull'anarchismo.
C'è poi il solito Anarchik, il “nostro” fumetto per eccellenza (cui si è affiancato da tempo Anarchicco, più giovane, animalista, vegano, poetico) questa volta dedicato al nostro “redattore di pietra”, quel Pino Pinelli che – lo abbiamo già scritto – abbiamo molte ragioni per pensare che, 85enne, avrebbe potuto essere oggi dentro questa rivista che non fece a tempo a veder nascere. Avrebbe potuto, appunto.
Infine, al solito posto, la solita rassegna dei fondi neri, l'unica parte della rivista nella quale tutti – a partire da te – potrebbero far scrivere il proprio nome e cognome, anche se non si sa scrivere un articolo. Basta metter mano al portafogli e (miracolo!) si vede la propria “firma” stampata sulla rivista. Una soddisfazione immensa. Provare per credere.