Il mio urlo di uomo-ombra 
                  Ho 
                  pensato (a volte anche gli uomini ombra ci riescono) per questo 
                  mio nuovo appuntamento in questa rubrica di parlarvi dell'uscita 
                  del mio ultimo libro, dal titolo L'urlo di un uomo ombra. 
                  Non ve lo nascondo, sono entusiasta di questo nuovo “urlo” 
                  che uscirà dalle sbarre della mia cella, anche perché 
                  se non riesco ad uscire io almeno ci riescono i miei libri. 
                  In molti mi chiedono perché scrivo così tanto 
                  e io rispondo che scrivo innanzitutto per far sapere qualcosa 
                  di più di me ai miei figli e per fare conoscere il carcere 
                  al mondo esterno, perché mi ha colpito una frase scritta 
                  sul muro di un lager nazista: “Io sono stato qui e nessuno 
                  lo saprà mai”. E non è vero che uno scrive 
                  per se stesso, si scrive sempre per gli altri. Si scrive per 
                  sentirsi vivi. Io scrivo pure per dimostrare a me stesso che 
                  nonostante sia sepolto dietro cemento, sbarre di ferro e cancelli 
                  blindati, non solo respiro, ma sono anche vivo. 
                  Scrivo per fare conoscere ai “buoni” il mondo dei 
                  “cattivi” perché i libri sono specchi. E 
                  riflettono quello che abbiamo dentro. 
                  Scrivo anche perché m'illudo che questo sia l'unico modo 
                  che ho per continuare ad esistere al di là del muro di 
                  cinta. Quando scrivo i miei romanzi, libero il mio corpo e la 
                  mia mente dalle sbarre della mia finestra. E vivo la vita dei 
                  miei personaggi. Fin quando qualcuno leggerà quello che 
                  scrivo mi allungherà la vita. (Ma non esagerate perché 
                  non vorrei vivere fino all'anno 9999 per non farmi troppa galera 
                  – sic!). 
                  Vi propongo tre piccoli stralci di questo mio ultimo libro: 
                  Il carcere, un cimitero 
                 “Alla sera, quando la giornata dell'ergastolano è 
                  finita e sento la mandata del cancello e il blindato che si 
                  chiude e inizia la notte dell'ergastolano, la più dura, 
                  sento la voglia di farla finita, ma subito dopo mi preparo a 
                  passare la notte giacché non ho il coraggio di farlo. 
                   
                  Si vive con tristezza e malinconia, senza speranza e senza sogni. 
                  Si vive una realtà, in una penosa solitudine, più 
                  brutta degli stessi incubi con l'angoscia di aspettare la notte 
                  e il giorno senza vivere, come ombre che oscillano nel vento, 
                  come pesci in un acquario, con la differenza che non siamo pesci. 
                  Vivi una vita che non ti appartiene più, vivi una vita 
                  riflessa, una vita rubata alla vita. 
                  Per l'ergastolano, il carcere è come un cimitero: invece 
                  che morto sei sepolto vivo.” 
                  Vogliamo un calendario per... 
                 “L'ergastolo non potrà mai essere giusto. 
                  Il perdono è il sentimento più bello, il più 
                  perfetto, il più difficile, il più giusto. L'ergastolano 
                  non può guardare in faccia il futuro, può solo 
                  guardare il tempo che va via. Anche noi siamo per la certezza 
                  della pena, ma non ci fermiamo solo qui. Siamo anche per la 
                  certezza del fine pena. Anche noi ergastolani vogliamo un calendario 
                  nella cella per segnare con una crocetta i giorni, i mesi, gli 
                  anni che passano. 
                  Molti ergastolani sono pure vittime di se stessi e in tutti 
                  i casi non si può essere responsabili per sempre: qualsiasi 
                  cosa dovrebbe avere un inizio e una fine. 
                  La legge viene dal greco nomos: distribuire, ordinare 
                  e misurare. Ma come si fa a misurare l'ergastolo? L'ergastolo 
                  non ha nessuna funzione, è la vendetta dei forti, dei 
                  vincitori, della moltitudine. 
                  L'ergastolo è il male e rende innocente chi lo sconta. 
                  Probabilmente la maggioranza politica a quella del paese è 
                  contraria all'abolizione dell'ergastolo, ma la storia è 
                  piena di maggioranze che sbagliano. 
                  Essere in molti non significa di per sé che si abbia 
                  ragione.” 
                
                   
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                    |   Stadio di Cosenza, domenica 15 settembre 2013.   
                  Striscione della Curva Sud Ultrà Cosenza 1914  | 
                   
                 
                 
                  Non posso vincere e neanche perdere 
                 “Scontare l'ergastolo è come giocare a scacchi 
                  con la morte: non puoi vincere. Ma io combatto ugualmente tutte 
                  le volte contro di lei perché, anche se non potrò 
                  vincere, per l'amore dei miei figli, non posso neppure perdere”. 
                   
                  (Da L'urlo di un uomo ombra, Edizioni Smascher) 
                   
                  Potete ordinare L'urlo di un uomo ombra, in qualsiasi 
                  libreria, direttamente all'editore editore@edizionismasher.it 
                  (edizionismasher.it) 
                  o direttamente a me, tramite questo indirizzo email che curano 
                  dei volontari: zannablumusumeci@libero.it 
                  (carmelomusumeci.com). 
                 
                   
                    | L'urlo 
                      di un uomo ombra è 
                      un “ritratto di vita” di Carmelo Musumeci, tracciato 
                      attraverso parole dedicate, scritte, che si abbracciano 
                      in uno stile composito, autentico e spontaneo. Ma è 
                      anche il tentativo di riscattare il pregiudizio pregnante 
                      che si accumula e si fonde, allontanando nell'immaginario 
                      collettivo la percezione del detenuto come persona comunque 
                      unica, insostituibile, portatrice di bisogni e soprattutto 
                      con una sua dignità. Ed è proprio perché 
                      siamo ancora in molti a credere che, nonostante tutto, il 
                      diritto di riconoscere dignità a una persona non 
                      può essere violato, che nasce l'idea di pubblicare, 
                      oltre ai “racconti noir sociali carcerari” (come 
                      lo stesso Musumeci li definisce), anche poesie, lettere 
                      e alcune parti del suo diario, perché è dalle 
                      sensazioni vissute che si può comprendere l'uomo. | 
                   
                 
                
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