  
                  Ci sono scelte editoriali che 
                  danno il senso di un'epoca. Ne è un esempio il n. 53 
                  (febbraio 1977) di “A”, che dedica 34 delle complessive 
                  36 pagine, a partire dalla copertina, alla Spagna. O, più 
                  precisamente, come recita il titolo in copertina, alla CNT nelle 
                  lotte sociali. 
                  “Undici ore di registrazione di interviste, colloqui, 
                  tavole-rotonde; decine di pubblicazioni clandestine o ufficiali; 
                  numerose foto di manifestazioni, meeting, scritte murali: questo 
                  il risultato della permanenza in Spagna di due compagni della 
                  reazione nelle prime due settimane di gennaio” – 
                  si legge nell'Ai lettori del n. 53, che ricorda tra l'altro 
                  il viaggio compiuto in terra iberica dieci mesi prima da un 
                  altro “inviato” (viene definito proprio così) 
                  di “A”. E l'editoriale va avanti spiegando che l'importanza 
                  del sindacato libertario è ormai tale in Spagna che... 
                  appunto su quel numero della rivista non c'è stato posto 
                  per altro. 
                  Il titolo del dossier è anch'esso significativo di come 
                  il nostro collettivo redazionale di allora (come una fetta significativa 
                  del movimento anarchico di lingua italiana) seguisse la ripresa 
                  anarcosindacalista in una Spagna appena liberatasi dal giogo 
                  quarantennale del franchismo: “Viva la Confederacion Nacional 
                  del Trabajo”. In realtà il taglio del dossier, 
                  anche se risente del coinvolgimento emotivo degli inviati e 
                  più in generale dello spirito da “oggi in Spagna, 
                  domani in Italia” di rosselliana memoria, non è 
                  acritico. 
                  Già nel sommarietto si parla di “possibilità 
                  e limiti del sindacalismo rivoluzionario nelle società 
                  tardo-capitaliste” e, tra gli intervistati, accanto al 
                  segretrio generale della CNT e a numerose/i militanti “di 
                  base”, c'è anche uno come David Urbano, anarchico 
                  (e da poco uscito dalle galere spagnole, come molti degli intervistati) 
                  che ha scelto di abbandonare il sindacato per tentare altre 
                  strade per un intervento sociale anarchico. 
                  A distanza di (appunto) 37 anni da quel dossier, questa che 
                  oggi ci appare un'enorme attenzione alla Spagna e all'anarco-sindacalismo, 
                  se da una parte fa giustizia di chi si ostinava allora a bollare 
                  la nostra rivista come avulsa dal conflitto sociale e dall'attenzione 
                  per le modalità concrete di presenza nella lotta di classe, 
                  può essere vista come l'ultima coda del “mito spagnolo”. 
                  Un fenomeno complesso e interessante, che alcuni polemicamente 
                  da tempo definivano “spagnolite”, che affondava 
                  le sue radici – tra l'altro – nell'ultima (e comunque 
                  massima) epopea di realizzazione concreta, estesa a livello 
                  sociale, delle idee anarchiche: quella rivoluzione spagnola, 
                  realizzatasi nel 1936/1937, nel fuoco della guerra contro il 
                  golpe militare franchista, che ha sicuramente segnato un punto 
                  al contempo di realizzazione e di svolta nei 150 anni circa 
                  di esistenza del mocimento anarchico. Un prima e un dopo, da 
                  cui è difficile prescindere. 
                  La copertina che tre mesi dopo (“A” 56, maggio 1977) 
                  la rivista dedicherà al meeting anarcosindacalista di 
                  San Sebastian de los Reyes del 27 marzo, sottolineando la cifra 
                  di “25.000 compagni” presenti all'iniziativa, resta 
                  – a livello emotivo prima ancora che politico – 
                  ulteriore testimonianza di questo ultimo “colpo di coda” 
                  della concreta volontà e speranza che gli anarchici (qui 
                  nella loro versione anarcosindacalista) possano giocare un ruolo 
                  centrale nel processo rivoluzionario. 
                  Il citato editoriale di “A” 53 si chiude con la 
                  notizia che gli inviati di “A” hanno consegnato 
                  direttamente al Comitato Nazionale della CNT l'importo di 7.753.170 
                  lire, frutto di una sottoscrizione in Italia lanciata dal Comitato 
                  Spagna Libertaria. In questi decenni la situazione sociale, 
                  sindacale e anche interna al sindacalismo libertario spagnolo 
                  ha conosciuto e conosce profonde trasformazioni. 
                  Recentemente ci siamo occupati su “A” del movimento 
                  M-15, dei centri sociali (su questo numero, 
                  della questione catalana – Steven Forti). Non c'è 
                  più un paese al centro del nostro immaginario ed escludiamo 
                  di dedicare un intero numero a un solo movimento. 
                  Ma restiamo sempre espressione e vogliamo essere testimonianza 
                  delle componenti libertarie e autogestionarie nei movimenti 
                  di lotta sociale. 
                
   
              
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