rivista anarchica
anno 46 n. 410
ottobre 2016




Biblioteca Libertaria “Armando Borghi”/ Occhio al (nuovo) sito

Cari compagni della redazione,
ho letto nel n. 409 di “A” l'articolo di Gaia Raimondi “Un'esperienza d'archivio e autogestione”, dedicato all'incontro degli archivi, biblioteche e centri studi libertari aderenti alla Federazione Internazionale dei Centri Studi e di Documentazione Libertari (Ficedl), tenutosi a Bologna il 9 e 10 aprile 2016. I miei complimenti a Gaia per il bel resoconto, che mi è sembrato ricco di informazione e in grado di rendere bene il clima delle due giornate, alle quali ho preso parte anch'io in rappresentanza della Biblioteca Libertaria “Armando Borghi” (Blab) di Castel Bolognese.
Devo però rilevare che nell'elenco degli archivi presenti all'incontro di Bologna, a pag. 114 della rivista, l'indicazione del sito web della Blab è sbagliato. Infatti, è stato riportato erroneamente il vecchio sito, non aggiornato da anni e non più valido, anziché quello nuovo: http://bibliotecaborghi.org.
La cosa è spiacevole, anche in considerazione del notevole sforzo fatto da noi nei mesi scorsi per rendere il nuovo sito molto più ricco di contenuti e bello graficamente, utile non solo per conoscere la storia e l'attività della Blab. Abbiamo infatti cercato di renderlo un valido strumento per promuovere la conoscenza e la ricerca sulla storia e l'attualità dell'anarchismo e dei movimenti libertari, in particolare ma non solo in Emilia-Romagna, riportando una notevole quantità di documenti digitalizzati (libri e opuscoli, giornali, articoli, schede biografiche, fotografie, ecc.). Ed è nostra intenzione continuare ad aggiornare periodicamente il sito, inserendo sempre nuovi materiali.

Gianpiero Landi
Castel Bolognese (Ra)


Carlo Cassola/ Protagonista nella lotta per il disarmo

A completamento di quanto scrive Giacomo Checcucci su Marco Pannella (“A” 409, estate 2016, p. 193) aggiungerei alcune precisazioni sul tema del pacifismo.
Negli anni Settanta del secolo scorso chi si batté con insistenza per il disarmo internazionale, fino a diventare “un araldo dell'azione pacifista in Italia” (come scrive G. Fofi, nell'Introduzione alla riedizione per i Tipi e/o, del 1997, dell'intervista di Antonio Cardella Conversazione su una cultura compromessa del 1977) fu sicuramente Carlo Cassola. A lui si deve la proposta di istituzione della Lega per il disarmo unilaterale dell'Italia, discussa a Firenze in un incontro al quale, ospitati da Marco Pannella, parteciparono, oltre allo scrittore, anche gli anarchici Umberto Marzocchi, Ugo Mazzucchelli e Antonio Cardella. Da questo e da altri incontri successivi, nonché da un intenso scambio epistolare tra Cassola e Cardella, nacque infine la Lega per il disarmo unilaterale dell'Italia, cui Cassola richiamava tutti coloro che riteneva “uomini di buona volontà”.
Purtroppo ben presto molti si rivelarono pronti a snaturare il progetto, difeso e divulgato da Cassola oltre che sulla stampa e negli scritti, anche in una serie di seminari e assemblee tenuti a Palermo negli ultimi anni Settanta e rivolti a studenti liceali e universitari.
Il presente intervento è da me finalizzato a restituire al libertario Carlo Cassola quel ruolo di protagonista all'interno del movimento per la pace che purtroppo, finora, non gli è stato pienamente riconosciuto.
Concludo con le parole di Cassola, per il quale nessun problema può essere risolto “in un mondo come questo, tutto rivolto verso la follia della guerra [...] Può darsi che la mia diagnosi sia sbagliata. Sarei il primo a rallegrarmene: non mi rallegro certo di aver ragione nel prevedere la fine del mondo. Ma qualcuno bisogna che me lo dimostri: con un ragionamento chiaro e semplice, deve confutare la tesi sostenuta da Einstein, Russell e da tanti altri scienziati. Solo in questo caso smetterò di reclamare che la cultura dibatta questo problema [...] Solo in questo caso me ne andrò a letto tranquillo per la prima volta da molto tempo e mi metterò buono per il po' di tempo che mi resta da vivere”.

Giovanna Di Stefano Cardella
Palermo


No Muos/ Rinviati a giudizio 129 militanti

La Procura della Repubblica di Gela ha comunicato il rinvio a giudizio per 129 attivisti NO MUOS accusati di vari reati: introduzione in territorio militare, danneggiamento, istigazione, non osservanza delle prescrizioni della Questura, resistenza e violenza a pubblico ufficiale, con l'aggravante di aver compiuto i fatti in più persone. Il riferimento è a due occasioni, il 9 agosto 2013, durante la manifestazione nazionale, quando venne invasa per la prima volta la base NRTF, e il 25 aprile 2014, quando si liberò un pozzo d'acqua dalla recinzione della struttura militare degli Stati Uniti.
Si prepara, quindi, un maxi processo in una terra e una Procura che i maxi processi dovrebbe invece farli alla mafia che infesta il territorio ed esercita un controllo sulle attività produttive, sulla distribuzione dell'acqua, sugli appalti e sullo stesso petrolchimico.
Con una tempistica che fa pensare a una strategia mirata, la conclusione delle indagini, datata 7 dicembre 2015, viene notificata agli interessati poche settimane dopo il dissequestro del MUOS da parte del tribunale del riesame, con una sentenza paradossale che cancella l'operato di altri giudici (Procura di Caltagirone, Corte d'Appello, Cassazione) facendoli passare per degli emeriti incompetenti.
Il segnale è chiaro: siamo in guerra, Sigonella è in piena attività con i droni e non solo, in Libia e Medio Oriente, il MUOS, con l'attivazione dell'anello siciliano, può finalmente svolgere a pieno il suo compito di strumento che velocizza le guerre a livello planetario; nessun ostacolo, né politico, né legale, deve più contrapporsi alle scelte del governo USA e del suo alleato e complice governo italiano, perché adesso il vento è cambiato.
È in atto una strategia a livello nazionale di alzare il livello della repressione per cercare di arginare quei movimenti che, dalla Sicilia alla Valsusa, da anni costruiscono opposizione reale e ostacolano i piani dei signori della guerra, del cemento, della finanza. Ma se fosse stato questo il problema, avrebbero vinto da un pezzo. Invece i movimenti hanno messo da tempo in conto il rischio repressione, lo hanno considerato un aspetto dello scontro con i servi del potere e con il potere stesso, e sono andati avanti nel perseguire gli obiettivi prefissatisi.
La Federazione Anarchica Siciliana è a fianco e solidale con i compagni colpiti dalla repressione a Niscemi, fra i quali diversi sono compagni anarchici da tempo attivi nella lotta NO MUOS promuovendo pratiche orizzontali, azione diretta, autorganizzazione e antimilitarismo. La FAS rivendica il diritto alla resistenza con l'obiettivo della liberazione dal militarismo.
La lotta per lo smantellamento delle strutture di morte militari continuerà come prima; si è già data delle scadenze importanti, come la manifestazione nazionale del 2 ottobre o la costruzione di un percorso contro il G7 del maggio 2017, e andrà avanti fino alla liberazione della Sicilia, dell'Italia, del Mediterraneo e del Mondo, da ogni forma di militarismo e di guerra.

Federazione Anarchica Siciliana
26 agosto 2016


Dibattito pedagogia libertaria.1/ Dar voce a chi vi lavora

Abbiamo letto e riletto, con molta attenzione, il corposo dossier riguardante l'educazione libertaria pubblicato sul numero estivo della rivista (“Scuole pubbliche non statali e...”, a cura di Francesco Codello, “A” 409, estate 2016, pp. 119/153). Un lavoro egregio, per molti versi anche esaustivo ma non per tutti. Anche in questa occasione, e di questo ce ne rammarichiamo, così come nei numerosi incontri su questo tema a cui abbiamo partecipato, vi è sempre un eccellente coppia di esclusi: il lavoratore e la lavoratrice.
Abbiamo formazione accademica ed esperienza lavorativa in campo pedagogico, abbiamo, in diverse occasioni, provato a dar vita a contesti educativi ad orientamento libertario quindi, il nostro intervento qui, non vuole entrare nel merito dell'impostazione teorica proposta, anche se qualche critica potremmo avanzarla, ma riproporre ancora la questione: perché non dare voce a chi in questi contesti vi lavora? In quali condizioni? Con che orari giornalieri e settimanali di lavoro (perché di lavoro si tratta)? Con quali retribuzioni?
Chi lavora in ambito sociale in generale e nello specifico in quello educativo, sa di cosa stiamo parlando. L'apparato ideologico che sovraintende alle condizioni di lavoro è lo stesso dovunque. “La nostra non è impresa nel senso commerciale del termine, ma in senso etico. Lavoriamo per persone che hanno bisogno di noi. E nel farlo dobbiamo metterci a disposizione”. Tanta e tale retorica moralista si traduce in dimensioni e materialità quotidiana avvilente per chi (dirigenti esclusi) vi lavora. Si accettano stipendi da fame (basta dare un'occhiata ai tanti contratti fotocopia del settore) a fronte di elevata professionalità richiesta sia in termini di esperienza lavorativa che di formazione universitaria, si lavora anche più delle 38 ore settimanali previste, si fanno persino notti gratis per chi lavora in Comunità o servizi residenziali. E protestare non è solo un comportamento inaccettabile sul piano sindacale, è una specie di atto di lesa maestà, qualcosa di inconcepibile sul piano mentale e psicologico prima ancora che politico o di rivendicazione. Se la nostra è una missione, qui vanno bene solo dei missionari. Ovvio. Il punto è che sono proprio tutti così.
Quelli che si richiamano alla dimensione cattolica, e va bene; ma anche le cooperative di cosiddetti o sedicenti compagni, quelli che “l'educazione è una cosa laica”, che “viva la Costituzione”, che “ora e sempre resistenza”. E anche qui, tutto ovvio. Ma c'è un altro punto che va tenuto in considerazione. Ci sono i grandi gruppi che fanno riferimento al Vaticano, i preti guru che hanno fondato imperi anche economici sulla solidarietà, l'accoglienza, la scuola e l'educazione. E ci sono i grandi colossi della cooperazione che scodinzolano al tavolo del primo politicante per arraffare le briciole di qualche progetto di “coesione sociale” (e ci vorrebbe un articolo solo per approfondire la distorsione linguistica con cui vengono usati certi termini). Ci sono insomma quelli che sono solo un po' meno rozzi e cattivi e volgari di chi è finito nella rete di “Roma-Mafia Capitale”.
Ma non ci sono solo loro. Ci sono anche le tante piccole cooperative, quelle magari formate da solo qualche socio, che a quello che fanno ci credono, che non vogliono arricchirsi e non vogliono sfruttare i lavoratori e le lavoratrici, persone oneste e spesso con qualche velo di utopia, che portano avanti quella che, anche per loro, è una “missione”. In questo luoghi non sempre funzionano dimensioni esclusivamente gerarchiche, le lavoratrici e i lavoratori sono spesso coinvolti e quasi tutto è discusso con loro, in tante situazioni l'assemblea dei soci è davvero sovrana e i bilanci sono pubblici e trasparenti. I dirigenti non hanno stipendi più alti degli altri, se non quel poco garantito dal contratto nazionale. Eppure anche qui chi vi lavora, proprio in ragione della “missione superiore” è oggetto di sfruttamento. E anche qui “sindacalizzazione” della forza lavoro è tabù, è avvertita come minaccia, dichiarata avversione.
Normalmente, sul piano della rivendicazione della professionalità educativa, combattiamo anche realtà come queste, consapevoli che nessuna dimensione lavorativa, neppure quelle che coinvolgono le lavoratrici e i lavoratori, che li rendono partecipi delle scelte educative, che condividono le filosofie pedagogiche e di approccio, possono essere accettate se non garantiscono (non possono o non vogliono garantire) condizioni quotidiane, sia d'ambiante che d'orario di lavoro e salariali, almeno dignitose. E che, per chi vive in una metropoli come Milano come noi, significa necessariamente stare sopra i 1200€ mensili.
Su questo non abbiamo mai mollato, facendo battaglia sindacale e subendo spesso attacchi se non veri e propri atteggiamenti di mobbing (beninteso gentili, buoni ed educati, come nello stile del settore). Per chi si propone la grande sfida di avviare progetti di educazione ispirata ai modelli libertari, sfida che potrebbe vedere interessate moltissime persone (inclusi i sottoscritti!) che in questo campo hanno acquisito esperienza e competenza questo è un passaggio ineludibile. Per molteplici ragioni: perché non si può vivere (in nessun ambito) serenamente se quello che fai non ti consente, detta brutalmente e senza mezzi termini, di arrivare a fine mese; perché lo sfruttamento non è minore, o diverso o più accettabile, se è autosfruttamento ammantato di ideologia; perché rivendichiamo la rabbia e l'indignazione di fronte alle nostre buste paga – per i sempre meno che la possono avere – e sarà così finché i salari non saranno diversi e migliori. Qualunque sia l'ambito di lavoro.
E si potrebbe quindi dire, e sintetizzare, perché è semplicemente giusto così. Attendiamo risposte...

Alberto Piccitto
Paolo Masala
Milano


Dibattito pedagogia libertaria.2/ Fiducia nella comunità di bambini e adulti

Il dossier sulla pedagogia libertaria e sulla Rete di educazione libertaria, pubblicato sullo scorso numero (“A” 409, estate 2016, pg. 119/153), mette in evidenza la vivacità di queste esperienze fondamentali per quella che potremmo chiamare “la trasmissione della memoria di un futuro che potrebbe accadere”, come proclama il manifesto di un editore francese, le Éditions de la Roue.
Infatti in questo nostro mondo capitalista e “immediatista”, rinchiuso in una tecnologia che ha ridotto la dimensione del pianeta a quella di una capocchia di spillo e il tempo a una accelerazione incessante e strabiliante, la trasmissione, nel significato pedagogico del termine, è entrata in crisi. Che cosa rimane da trasmettere quando tutti i dati culturali del mondo moderno sono a priori disponibili su uno smartphone, ovunque ci troviamo? La risposta è ovvia: niente, per lo meno assolutamente niente in termini di conoscenza pura. Naturalmente se si eccettua il fatto che, come ben sappiamo, questa presunta, totale e onnipresente disponibilità di tutta la cultura del mondo sui 50 cm2 dello schermo tattile non è assolutamente accessibile alla maggior parte dell'umanità. E dunque, prima ancora degli elementi culturali, è la fiducia nell'umanità – e non nella tecnologia – la nostra fiducia nell'umanità dell'essere umano, che possiamo cercare di trasmettere alle giovani generazioni.
Oggi, in una società contraddistinta dalla continua omologazione delle popolazioni e dal loro asservimento a compiti intesi a distruggere la nostra dignità principalmente con il lavoro capitalista, non c'è nulla di più essenziale che trasmettere la fiducia nell'uomo che contraddistingue l'intero movimento della pedagogia libertaria. E ciò vale su tutti i piani: fiducia che gli adulti dimostrano nei confronti dei bambini e che i bambini riversano sugli adulti, fiducia nella comunità costituita da tutti noi, adulti e bambini, fiducia nella nostra capacità di capire che un futuro diverso è possibile dal momento che tra noi esistono persone ancora in grado di sognarlo.

Philippe Godard
Arbois (Francia)
philippe.godard@autistici.org

traduzione di Luisa Cortese


Mentone (Francia)/ Militarismo al bar

Siamo in Liguria e si decide di andare a passar la giornata di là dal confine. Mi è sempre piaciuto andarci non fosse altro che per la bella scelta che hanno fatto i francesi di lasciare libero l'accesso almeno al novanta per cento delle loro spiagge, cioè l'esatto contrario di quel che si subisce da Ventimiglia a La Spezia e giù continuando.
Quindi andiamo, attraversando la ex frontiera dove non c'è traccia di profughi arrivati dal mare, ma molte forze dell'ordine con armi alla mano, che non è mai piacevole. Ad ogni modo, si va ed è una bella giornata al mare. Fa caldo e in una piazzetta alberata c'è un'invitante brasserie con tavolini all'aperto.
Ci si siede e si scopre che, sotto il vetro del nostro come di tutti i tavoli, c'è questo invito all'arruolamento, in difesa della libertà.
O perbacco! Ma come? E per giunta è un giovane uomo di colore quello che in primo piano sostiene l'invito... ma guarda, chi saranno quelli che accetteranno quei 15000 “posti di lavoro”?
Certo, è solo il tavolino di un bar, ma la sensazione che ne abbiamo ricavato era quella che i tanto sventolati libertè, fraternitè, egalitè siano stati messi al servizio di uno spirito nazionalista e coloniale che affiora di qua e di là, e che – molto tristemente – questo sia lo spirito del tempo.

Silvia Papi
Gropparello (Pc)

“Io voglio andare avanti perché la libertà non indietreggi mai”
“L'esercito recluta, 15000 posti. www.sengager.fr. La vostra volontà, la nostra fierezza.”

Giacomo Leopardi/ In direzione ostinata e contraria

Ciao a tutti,
sono un vostro lettore e sfogliando le pagine del bel numero “estate 2016” mi sono accorto che l'errata corrige di pag. 10 non riguarda la pagina 84 del n. 408 come citato, bensì la pagina 92 dello stesso numero e che nonostante il Corriere della Sera non esistesse ancora, Leopardi morì il 14 giugno (stesso giorno in cui sono nati il Che e Francesco Guccini) del 1837 e non del 1833.
Sarebbe bello, sempre che ne abbiate piacere, leggere nei prossimi mesi qualcosa sul rapporto Leopardi / chiesa, Leopardi il sovversivo, Leopardi e la schiavitù tra le mura di casa dettata dalle buone maniere della nobiltà, Leopardi e l'omosessualità presunta, Leopardi e l'asocialità, l'emarginazione e l'eroismo di un uomo solo in “direzione ostinata e contraria” nel contesto di una società bigotta e ambiziosa di potere ieri come oggi.
Un genio incompreso dai tanti, deriso e respinto. Una voce fuori dal coro in un corpo infelice.
L'ho buttata lì.
Grazie per tutto quello che fate!

Stefano Adone
Milano



Una serigrafia per “A”

La compagna Daniela Bognolo, del gruppo “Autonomia Visuale”, mette in vendita la serigrafia sopra riprodotta (formato 50x70), ispirata alla figura di Carlo Cafiero, al prezzo di lire 15.000 (spese postali comprese). Il ricavato (dedotto il costo) sarà devoluto alle casse vuote di “A”.

(da “A” 63, marzo 1978)

37 anni dopo Daniela Bognolo ne ritrova 10 copie e ce le regala. Insieme decidiamo di metterle ancora una volta in vendita a sostegno della rivista, questa volta a € 100,00 l'una (spese di spedizione a carico nostro). Tutto il ricavato andrà nelle casse di “A”.
Dato il numero limitato di copie, chi fosse interessato ci contatti prima di procedere al versamento dell'importo per avere conferma della perdurante disponibilità.
Nell'eventuale successivo versamento - secondo le varie modalità indicate a pagina 2 -, indicare come causale “Per serigrafia”.




I nostri fondi neri

Sottoscrizioni. Marco Pandin (Montegrotto Terme – Pd) 50,00; Massimiliano Froso (Neirone – Ge) per versione pdf, 5,00; Cariddi Di Domenico (Livorno) ammirando e approvando il contenuto della rivista, ricordando Gino Cerrito e Placido La Torre, 100,00; Antonio Abbotto (Sassari) 10,00; Davide Andrusiani (Castelverde – Cr) 10,00; Franco Vite (Monticello Amiata - Gr) 10,00; Giacinto Cupelli (Lucca) 50,00; Massimo Liberatori (Spello – Pg) 20,00 Gaetano Ricciardo (Vigevano – Pv) 20,00; Luciano Collina (Sala Bolognese – Bo) 10,00; Marco Morelli (Roma) 10,00; Mirko Piras (Nulvi – Ss) 10,00; Enrico Calandri (Roma) 200,00; Franco Bertolucci (Pisa) 30,00; Roberto Ceruti (Albisola Superiore – Sv) 10,00; Mauro Mamini (Brisighella – Ra) ha rinnovato il suo abbonamento pagando la quota per l'estero (cioè € 50,00) con la seguente motivazione: “perchè mi sento straniero”, 10,00; Agostino Perrini (Brescia) “ricordando Cesare Copeta: ci manchi”, 70,00; Aurora e Paolo (Milano) ricordando Amelia Pastorello e Alfonso Failla. 500,00; Luisa Corno e Debora Zanola (Novara) 10,00. Totale € 1.765,00.

Ricordiamo che tra le sottoscrizioni registriamo anche le quote eccedenti il normale costo dell'abbonamento. Per esempio, chi ci manda € 50,00 per un abbonamento normale in Italia (che costa € 40,00) vede registrata tra le sottoscrizioni la somma di € 10,00.

Abbonamenti sostenitori. (quando non altrimenti specificato, si tratta dell'importo di cento euro). Nuccia Pelazza (Milano); Maurizio Mariani (Brivio – Lc); Marco Buraschi (Roma); Carmelo Goglio (Olmo al Brembo – Bg); Master Alarm (Brescia); Giacomo Dara (Certaldo – Fi); Rodofo Altobelli (Canale Monterano – Rm); Marco Breschi (Capostrada – Pt) 200,00; Giovanni D'Ippolito (Casole Bruzio – Cs); a/m Pier Giuseppe Biacchi, Juri Caglioni (San Siro – Co); Circolo culturale “Il nome della rosa” (Giulianova – Te); Agostino Perrini (Brescia); Giulio Abram (Trento). Totale € 1.400,00.