rivista anarchica
anno 46 n. 409
estate 2016


educazione libertaria

Scuole pubbliche non statali e...

a cura di Francesco Codello

con interventi di Associazione culturale Mandala, A testa in giù, Baloo (da settembre Kirikù), Bamborin, Silvia Bevilacqua, Bia, Bruno, Carta bianca, Pierpaolo Casarin, Dimitri, Fucina Buenaventura, Maurizio Giannangeli, Francesco Giordano, Gruppo di pedagogia libertaria, Kether, Il cerchio nel bosco, I Pissacani, Irene, Libere impronte, Libertando in val Susa, Liliput, Mareggen, Marina e Maura Melotti, Patryk, Piero, Poggio d'Oro, Saltafossi, Scuola libertaria Nord Milano, Selva, Serendipità, Soqquadro, Giulio Spiazzi, Tanaliberitutti, Ubuntu, Fiorenzo Urso, Urupia, Thea Venturelli


Oggi nel mondo sono attive centinaia di esperienze educative caratterizzate da una filosofia libertaria, migliaia di ragazze e ragazzi stanno vivendo quotidianamente all'interno di scuole che si caratterizzano per offrire qui e ora uno spazio in cui sia possibile auto-educarsi in modo libertario.
In Italia ci sono alcune decine di scuole, tra loro in contatto grazie alla Rete per l'Educazione Libertaria (Rel), che raggruppa anche numerosi progetti di scuole libertarie, alcuni insegnanti della scuola pubblica statale e persone che in altri contesti hanno a che fare con l'educazione libertaria.
Questo dossier, curato da Francesco Codello e realizzato con il concorso di decine di persone, costituisce un primo tentativo di raccontarle e di presentarle, di dar loro voce e visibilità.


Autoeducarsi in senso antiautoritario

di Francesco Codello

Il “grande vecchio” della Rel presenta questo primo tentativo di raccontare e di dar voce al variegato mondo delle scuole libertarie in Italia.

L'educazione libertaria, nei suoi contenuti e nei suoi metodi, viene da lontano. Sta dentro una tradizione di pratiche e di riflessioni, di esperienze e intuizioni, di processi e di relazioni, che deve essere ricordata e sottolineata in modo chiaro e preciso. Questa premessa è molto importante perché conferisce alla tematica, che in questo dossier è sviluppata, un senso storico che la colloca dentro una realtà che, nel tempo, si è sviluppata a diverse latitudini e in contesti molto variegati. Inoltre, permette a ciascuno di noi di assumere una responsabilità che ci esorta a riflettere sul senso profondo e autentico delle parole che usiamo e, allo stesso tempo, ci rende orgogliosi di poter con-dividere con molti altri, bambini e bambine, ragazzi e ragazze, uomini e donne, un comune e stimolante percorso di autentica ricerca.
Il pensiero che, più di ogni altro, ha nutrito questo senso di profonda libertà, che caratterizza questo approccio educativo libertario, è sicuramente stato quello dell'anarchismo, così come si è venuto sviluppando a partire da William Godwin per giungere fino alle riflessioni contemporanee più stimolanti (vedi la bibliografia alla fine del dossier). Naturalmente, proprio perché pratica militante, l'educazione libertaria non ha potuto (e voluto) rinchiudersi dentro le maglie soffocanti di un'ingiustificabile ortodossia, ma si è via via nutrita di altre suggestioni, altre ricerche, altre esperienze, che ne arricchiscono il percorso e ne influenzano la teoria. Ma, questo va precisato con chiarezza, l'educazione libertaria è qualche cosa di preciso e caratterizzato, come si vedrà leggendo questo dossier, e non può essere confusa con altre teorie e pratiche, poiché assume, anche, una precisa dimensione “politica” antiautoritaria e rappresenta, sicuramente, di fatto, un consapevole e fondamentale ruolo nel processo di radicale trasformazione della società in senso libertario.
Pressoché tutti i pensatori anarchici hanno dedicato all'educazione pagine stimolanti e ricche di riflessioni e di indicazioni, tali da poter essere considerate delle vere e proprie analisi, particolarmente importanti per cogliere fino in fondo la centralità che educazione, istruzione integrale e popolare, critica dei sistemi scolastici e progettualità alternative, hanno avuto e tutt'ora hanno all'interno del pensiero libertario e anarchico. A partire dalle scuole libertarie di Tolstoi, Robin, Faure, Ferrer, Vernet, Michel, e molti altri e altre, dalle istituzioni delle università popolari, delle accademie e degli atenei, dai periodici e dai libri e dagli opuscoli prodotti, dalle forme espressive più varie (teatro, musica, ecc.), dalle sperimentazioni di vita comunitaria, un'infinità di forme e di pratiche hanno caratterizzato questo desiderio e alimentato questa consapevolezza dell'importanza strategica che l'auto-educarsi svolge nella preparazione e nella realizzazione di una società diversa.
Questa vera e propria “tradizione” più squisitamente anarchica e legata alla storia del movimento operaio e contadino e, più in generale, al movimento di emancipazione sociale, si è poi meticciata con quel fenomeno di creazione di scuole nuove, alternative, democratiche, che a partire soprattutto dalla scuola di Summerhill, fondata in Inghilterra da Alexander Neill nel 1921, ha sviluppato nuove riflessioni, ha alimentato nuove pratiche, ha indicato nuove piste di ricerca, che “naturalmente” si incrociano con una tradizione anarchica più classica.

Con diverse gradazioni

Oggi, nel mondo, sono attive centinaia di esperienze educative caratterizzate da una filosofia libertaria, migliaia di ragazzi e ragazze, stanno vivendo quotidianamente all'interno di “scuole” che si caratterizzano sostanzialmente, seppur con diverse gradazioni e secondo molteplici sensibilità e influenze storico-geografiche, culturali e sociali, nell'offrire, qui e ora, uno spazio e un luogo in cui sia possibile auto-educarsi in senso antiautoritario. Sinteticamente potremmo evocare questa pratica educativa nel riassumere la dichiarazione che in un incontro mondiale svoltosi a Berlino nel 2005 (Idec), i protagonisti di queste realtà hanno così efficacemente dichiarato: «Crediamo che in qualsiasi contesto educativo, i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze abbiano il diritto di decidere individualmente, come, quando, che cosa, dove e con chi imparare e abbiano il diritto di condividere, in modo paritario, le scelte che riguardano i loro ambiti organizzati, in modo particolare le loro scuole, stabilendo, se ritenuto necessario, regole e sanzioni».
Questa dichiarazione si sostanzia in alcune forme organizzative che qualificano un'educazione libertaria, come la libertà di frequentare o meno le lezioni, la pratica della democrazia diretta paritaria tra tutti i membri della comunità educante, la centralità dell'apprendimento e delle sue forme e necessità, rispetto a quella dell'insegnamento, la molteplicità delle metodologie didattiche, l'uscita sistematica dall'angusta istituzione scolastica e l'immersione nell'ambiente esteso e vario, la molteplicità dei curricoli, lo sviluppo concreto dell'autonomia e della conseguente responsabilità individuale, e molte altre pratiche coerenti con questi principi antiautoritari.

Un primo tentativo

Da alcuni anni anche in Italia, sono sorte scuole “non Scuole” libertarie che si riconoscono esplicitamente in questa tradizione e in queste pratiche educative. Questo dossier costituisce un primo tentativo di raccontarle e di presentarle, di dar loro voce e visibilità. Alcune sono operative da diversi anni, altre sono più recenti, altre sono in fieri, insomma qualcosa si sta muovendo anche in questo paese così statalista e ancora confessionale. Sono, queste realtà, una sfida concreta a una Scuola che è ormai definitivamente piegata a una funzione di addestramento e di adesione consumistica a una società autoritaria e impersonale, a una mediocrità e a una massificazione svilente e deleteria, che sta sistematicamente, mutilando ogni eccellenza (perché ciascuno è eccellente) e ogni ricchezza propria della diversità libera e autonoma. Sono scuole, queste, pubbliche (aperte a tutti e tutte, non confessionali, non classiste, non escludenti) ma non gestite dallo Stato, bensì dalla comunità educante che le anima. Possono rappresentare uno stimolo, un'eccezione, una diversità, ma anche costituire una sperimentazione concreta, per una possibile alternativa più generale e più articolata alla defunta Scuola tradizionale (statale o privata che sia). I protagonisti di queste esperienze si raccontano in modo sintetico in queste pagine consapevoli di non riuscire a dare conto della ricchezza e della diversità creativa che ogni singola realtà riesce a testimoniare.
Accanto alle scuole libertarie, qui raccontate dagli interpreti, in queste pagine sono presentati alcuni gruppi di auto-educazione che sono attivi e operanti in diverse regioni d'Italia, che ancora non hanno fondato una vera e propria scuola, ma che si stanno proponendo, nei loro rispettivi territori di appartenenza, con iniziative, incontri, discussioni, ricerche, per stimolare nel loro contesto possibili momenti di auto-educazione libertaria. Poiché, nonostante tutto e nonostante le scellerate politiche scolastiche della Comunità Europea e dei vari governi nazionali, all'interno dell'istituzione scolastica statale, agiscono e resistono, uomini e donne, che difendono con le proprie lotte un minimo ma indispensabile spazio di relativa autonomia, nel dossier abbiamo raccolto alcune riflessioni e testimonianze di insegnanti libertari impegnati in questa direzione. Un'altra scheda presenta due, tra le diverse, reti internazionali, spazi e luoghi di incontro e scambio diretto tra i protagonisti dei vari continenti (Idec) ed europei (Eudec), che sono nate negli ultimi anni, proprio per raccogliere queste esigenze di colloqui e di confronti, visto il diffondersi sempre più esteso di queste scuole anti-autoritarie e libere. In Italia è stata fondata alcuni anni fa una «Rete per l'educazione libertaria» che periodicamente organizza incontri e convegni, sia operativi sia teorici, attorno a queste problematiche, e in queste pagine potrete trovare una presentazione di questa realtà ormai consolidata e attiva.
Infine, solo come uno degli esempi, seppur molto significativo, di un approccio metodologico libertario, vengono raccontate esperienze e pratiche di filosofia con i bambini, di come attraverso cioè un'abitudine a un ragionare in senso filosofico, possa essere stimolata quella capacità di riflessione profonda e di interrogazione critica, purtroppo espulsa dai sistemi scolastici, ma che invece costituisce uno dei perni centrali dell'educazione libertaria. Nelle pagine che seguono trova spazio anche il racconto di una realtà particolare, come quella dell'Ateneo degli Imperfetti e del Laboratorio Libertario di Marghera (Ve), nella quale si sviluppano pratiche di autoeducazione tra adulti. Naturalmente questo dossier non può rappresentare tutto ciò che si sta muovendo in questi ambiti, ma pensiamo possa essere un buon punto di partenza per chi è interessato a queste pratiche educative libertarie e con questo auspicio lo presentiamo ai nostri lettori.
Un ringraziamento va a tutti i bambini e le bambine, ragazzi e ragazze, che con la loro autenticità ci permettono di continuare a credere che non solo un'altra educazione è possibile ma che esiste già. Grazie agli accompagnatori e alle accompagnatrici di queste esperienze, ai genitori, ai simpatizzanti, ai volontari, e ai tanti/e che in varie parti d'Italia promuovono iniziative a sostegno di progetti concreti di educazione libertaria. Grazie a tutti coloro che hanno collaborato a far si che questo dossier potesse essere scritto e stampato.

Francesco Codello


Piccola scuola libertaria Kether – Verona

Si chiama piccola, ma è la più grande. Nata Kiskanu, si è poi trasformata...

La Piccola Scuola Libertaria Kether, nasce a Verona nel luglio del 2012 come continuazione di un precedente progetto sperimentale educativo d'ispirazione anti-autoritaria, durato complessivamente sette anni (2005-2012). Kether deve il suo nome alla scelta di tre ragazzi/e del ciclo delle medie inferiori che lo hanno voluto e sancito, sulla base di una combinazione di gioco con le lettere dell'alfabeto ebraico, di matrice Cabalistica. In due accezioni del termine prese in considerazione, la parola indica la “circolarità della corona” e l'”equilibrio”. Kether dunque richiama direttamente, seguendo queste indicazioni casuali, il fulcro della propria esperienza auto-educativa, ovvero l'Assemblea degli uguali, naturalmente differenti, riunita nella volontà decisionale collettiva.
La comunità auto-educante Kether ricerca nel tempo una pratica di cammino quotidiano, in divenire e in costante riposizionamento, nell'ambito delle peculiarità operanti dell'educazione libertaria radicale. È dunque un assieme composto di bambini e bambine, ragazzi e ragazze dai due anni e mezzo ai quattordici (ciclo della Materna-Primaria-Secondaria di Primo grado, con un progetto pilota in nuce, dedicato alla Secondaria di Secondo grado), da accompagnatori e accompagnatrici stabili (tre: Giulio, Paola, Nicolò), di materie (tre), di laboratorio (vari), sostenuto idealmente ed economicamente dall'azione consapevole dei genitori.
L'accompagnamento allo studio è libero, incidentale, a-direttivo, propositivo, non contempla materie obbligatorie, libri di testo dedicati, orari di frequenza prestabiliti, verifiche, voti, giudizi, pagelle. “Compiti” e approfondimenti di materia vengono forniti su richiesta degli studenti o sulla accettazione di proposte di ulteriore ricerca riguardanti le materie facoltative.

Tre punti di raccolta

Sono considerati (dalla comunità auto-educante libertaria Kether) ambienti di studio permanente, il giardino a disposizione dello stabile in cui risiede la scuola e il bosco limitrofo. “L'obbligo d'istruzione” per il periodo cosiddetto del ciclo della Primaria e Secondaria di Primo grado, viene assolto tramite il modulo di scelta dell'Educazione Parentale, espresso dagli articoli 30 e 33 della Costituzione Italiana. Kether negli anni di lunga attività sul territorio, ha organizzato con le istituzioni educative locali, un “polo d'esame annuale” collettivo (dalla licenza di prima elementare all'esame di Stato della Terza media), per tutti gli studenti della comunità auto-educante libertaria, in modo da evitare la dispersione individuale nelle varie commissioni d'esame cittadine.
La giornata rappresentativa d'incontro sociale e di studio vede partire il momento iniziale, proprio dal ritrovarsi nei tre punti di raccolta urbani posti ad est, al centro e a ovest di Verona. Questa fase, normalmente ritenuta solo “di passaggio”, in realtà è per Kether un'importante situazione incidentale d'aggregazione e di scambio di vivide esperienze, tradotte nel racconto di aneddoti di vita quotidiana, d'osservazione imparziale delle dinamiche di relazione tra studenti, di risoluzione di piccoli conflitti giunti a maturazione e finalmente esposti con partecipazione, in un ambiente percepito come “neutro” (il furgone e i mezzi di trasporto). L'arrivo sulle colline di Avesa alle otto e trenta permette, a chi vuole, d'iniziare a giocare a pallone o ad altro, nell'ampio giardino, di recarsi nelle stanze adibite agli approfondimenti di materie, di accendere il fuoco della stufa a legna attingendo alla legnaia auto-organizzata, di chiacchierare liberamente, di mangiare, ecc. fino alla chiamata facoltativa (promossa dai bambini/e, dai ragazzi/e o dagli accompagnatori/trici) del momento assembleare. Generalmente in esso si accenna allo stato d'essere degli studi e al loro proseguo, si espongono dettagliatamente eventuali problemi individuali o collettivi, si esternano proposte riguardanti anche l'auto-didattica, si organizzano gite, laboratori, si votano entrate, visite ed ogni elemento che caratterizza la vita di una comunità di studio libertaria.
A seguire, iniziano le “lezioni”, suddivise indicativamente in aree d'aggregazione omogenea e spontanea (ciclo delle “elementari”, “medie”), svolte in ambienti scelti dai bambini/e e ragazzi/e, a seconda dell'interesse d'apprendimento per un particolare soggetto o indirizzo. Lo studiare assieme può essere organizzato a vari livelli (spesso i gruppi sono trasversali e misti, con bambini/e assieme a ragazzi/e), coinvolge tutte le materie del normale “piano di studi nazionale”, con la particolarità che in più vengono organizzate, proposte e portate all'attenzione di chi vuole partecipare, lezioni create dall'esclusivo interesse dei giovani studenti (esempi di questo fare sono “insegnamenti” quali: dragologia, battaglia di disegni, meditazioni al buio, elementi di lingua Ebraica, lingua Olandese, Mandarino Cinese - alcune di queste vere e proprie materie d'apprendimento, svolte nel corso degli anni scolastici, sono state portate, relazionate e discusse dagli studenti, come materia aggiuntiva, al loro piano di studi generale, in situazioni d'esame statale finale).

Esperienza diretta e applicata

La raccolta negli anni di “scarti tecnologici” (monitor, PC, tastiere, ecc.) da svariate combinazioni d'alienazione (recuperi da uffici, discariche, ecc.), ha permesso la costruzione di una piccola sala d'informatica (con sei postazioni fisse) dedicata al percorso delle Medie, ove vengono svolte attività open-source collegate all'illustrazione teorico-pratica della reale possibilità d'applicazione di una diversa filosofia d'approccio alla tecnologia contemporanea e al riutilizzo sensato. Laboratori di scienze, musica, lavori manuali, geografia consapevole, ecc., svolti nel corso dell'anno, con persone sensibili e specializzate, attente alle pratiche auto-educanti libertarie, permettono ai bambini/e e ragazzi/e, di avere un'esperienza diretta e applicata del loro sapere. Durante la mattinata, segue poi una lunga ricreazione, usualmente all'aria aperta nei prati o nel bosco circostanti. Successivamente, per chi vuole aderire, si snoda la seconda parte degli approfondimenti di materia, spesso di matrice artistica, linguistica o tecnica, fino all'orario del pranzo (contemplato attorno alle ore tredici). Ogni studente, quindi, si porta da casa il proprio cibo, espressione di una libera scelta nel campo della dieta alimentare, che viene riscaldato e consumato nel momento del vitto comune. La mattinata si conclude alle quattordici, con il raggiungimento dei precedenti punti di raccolta, tramite “navette” organizzate della scuola libertaria. Per chi vuole, esiste inoltre la possibilità di soffermarsi fino alle ore sedici, per riprendere in mano momenti d'interesse allo studio, gioco libero, lettura, scrittura, disegno, ecc.
Gli elementi primi su cui si basa la scelta del percorso auto-educante libertario di Kether, sono dunque molteplici. Innanzitutto il momento assembleare a decisione finale consensuale e non-maggioritaria; la libera ricerca culturale, per l'attuazione in molteplici campi d'applicazione, dell'autonomia intesa come auto-nomos o “del farsi regole da sé”; la costante rielaborazione e non assolutizzazione della “norma” e la continua rivisitazione della stessa, grazie all'azione dei “gruppi in presenza” (ogni volta che si verifica un ingresso nuovo, le regole decise dall'assemblea consensuale vengono rimesse in discussione sulla base del periodico cambiamento dei fattori umani).

Al massimo 25 per (multi-) classe

Conseguentemente la filosofia dell'incontro del “piccolo è bello” prospettata e sostenuta, con riuscita realizzazione (nel tempo e nello spazio: dalle libere università medioevali, al kibbutz, agli attuali gruppi di resistenza territoriali), nelle comunità d'autogestione sparse sul pianeta, dal pensatore anarchico nordamericano Paul Goodman, per una reale applicazione dei metodi dialogici e decisionali ad alta responsabilità, impliciti nell'esercizio coerente della democrazia diretta (Kether dunque cerca di mantenere il numero complessivo dei partecipanti al progetto, nell'ambito delle venticinque unità, con l'idea eventuale di “replicare” la situazione auto-educante attualmente in essere, con la costruzione di altre piccole comunità aventi tali caratteristiche di presenze).
Poi la maturazione nel tempo di una presa di coscienza politica, su ciò che l'educazione libertaria può realmente fare, in ambito di trasformazione della società dei futuri uomini e donne, contemporanea alla creazione di un ambiente di sensibilità allargato, per il sostegno duraturo (dunque oltre le singole persone che hanno iniziato i contesti) delle comunità auto-educanti locali. Infine l'assunzione di una prospettiva in ambito pubblico e non privato, del percorso educativo libertario, aperto dunque a tutte le componenti dell'attuale società italiana, pur dovendo ricorrere come sostentamento gestionale, alla sola partecipazione economica collettiva delle famiglie aderenti al cammino auto-formativo. L'adesione, come co-fondatrice, alla Rete per l'Educazione Libertaria e al suo manifesto programmatico è stata la scelta espressa e praticata fin dall'inizio della nostra esperienza.

Verona - Kether

Noi ex del Kether

Quattro testimonianze di ragazze e ragazzi che hanno frequentato la scuola e una volta fuori...

Irene/
Educare all'autonomia
L'autonomia non è qualcosa che si apprende sui libri, è qualcosa che si acquisisce con l'esperienza, e quest'esperienza deve essere data ad un bambino, oppure egli sarà sempre dipendente da qualcosa e non sarà in grado di bastare a se stesso quando sarà necessario. Talvolta l'autonomia è una caratteristica che si ha fin dalla nascita ma spesso i genitori non danno fiducia al bambino ed essa viene relegata in un angolo, in attesa di essere riscoperta.
Credo invece che l'autonomia sia uno dei valori più importanti in una scuola libertaria. Essa educa i bambini all'autonomia e, senza imporla, fa in modo che il bambino la coltivi dentro di sé. Se i bambini sono lasciati liberi, essi si trovano a dover fare i conti con la libertà che viene loro offerta e sono naturalmente implicati ad autoregolarsi e a trovare un equilibrio in ogni azione.
Ricordo di come a dodici anni andassi nel bosco vicino alla scuola con i miei due compagni di classe, ci arrampicavamo sugli alberi e toglievamo dei grossi rami che si erano spezzati e si erano incastrati là in alto; da lassù li gettavamo a terra perché non potessero essere un potenziale pericolo per qualcun altro. In quelle occasioni eravamo perfettamente consapevoli dei rischi e delle nostre capacità ed eravamo in grado di gestire la situazione senza l'aiuto di un adulto che ci ricordasse i pericoli che stavamo correndo. Non ho ricordi di un singolo graffio, ma solo soddisfazione sui nostri volti per aver fatto qualcosa di giusto, e divertente!
In molte scuole libertarie, inoltre, viene usato, nel caso di qualche problema, grande o piccolo che sia, il mezzo dell'assemblea. Essa dà la possibilità ad ogni membro della comunità di esprimere le proprie opinioni, che sia un insegnante o un bambino. Anche i più piccoli hanno il diritto di esporre una propria idea, o pensiero. Ognuno ha uguali diritti e questo fa crescere non poco l'autonomia di un bambino. Dà la possibilità di sentirsi alla pari con tutti e di misurarsi con le responsabilità, con se stesso e con gli altri. Nessuno viene forzato a parlare ma ogni bambino sa che può alzare la mano quando vuole.
È sorprendente osservare che passi da gigante possano fare bambini così piccoli semplicemente dando loro fiducia, facendoli sentire importanti, spesso non sentono più il dovere di fare scherzi o essere aggressivi, perché viene già dato loro il riconoscimento che stavano cercando.
L'autonomia porta di conseguenza la consapevolezza e spesso un bambino che ha frequentato una scuola libertaria ci appare più maturo. A tutti i bambini viene data pari rilevanza ed essi imparano ad accettare la “diversità”, sia essa di età, di cultura, di carattere o nei confronti di bambini diversamente abili. Imparano a rispettarsi e ad accettarsi. Per questo rendere un bambino libero e autonomo è tanto importante.

Irene, oggi V Liceo Classico

Bruno/
Esperienza
non giudicante
Trovo che il Kiskanu-Kether sia stata la più forte esperienza di vita del me bambino, infatti aiutato da un accompagnatore, ho imparato a camminare con i miei piedi, pensare con la mia testa e soprattutto a rispettare le altre persone. Grazie ad un senso di estrema libertà e consapevolezza gli “alunni” hanno sempre avuto la possibilità di esprimere la propria opinione, che non è mai considerata sbagliata!
Nella mia esperienza successiva in una scuola statale, non ho più trovato questa possibilità; il Giudizio è diventato tutto, infatti l'errore e l'incertezza sono diventati un segno di idiozia, inferiorità mentale che provoca un isolamento profondo all'interno anche di una collettività di studenti che dovrebbero essere sullo stesso piano. In conclusione credo perciò che la vita al Kiskanu-Kether, sia stata un connubio saggio di libertà e “regole” (anzi quasi più consigli) che i maestri-accompagnatori hanno posto con sensibilità alle proprie classi.
Sempre e comunque forza all'educazione libertaria!

Bruno, oggi V Liceo Scientifico

Dimitri e Patryk/
Dall'amicizia alla fratellanza
Ciao, ciao, amici? Sì. E così fu! Allora litigavamo come pazzi, ma poi ci capivamo cento volte meglio...Ora? Ci prendono per coglioni. Oggi pensano: “Se litigano dovrebbero chiudere!”, ma loro si chiedono scusa e vanno avanti così.
La gente si domanda e giudica: “Avete litigato così brutalmente ed ora ritornate amici? State coglioni in testa?” No, “semplicemente ci vogliamo bene, abbiamo imparato a capirci anche litigando e poi, ...siamo meglio di prima”. Io, negli anni, sono diventato “Fratello” del mio migliore amico. Questa testa di cazzo è comunque “qualcuno” con cui ho fatto un percorso profondo...di libertà. Dopo tanti anni, anche fuori da Kiskanu-Kether, siamo ancora qui. Ne abbiamo passate tante assieme, e a volte il culo ha toccato veramente per terra. Ma ci siamo sempre rialzati... perché non eravamo soli come degli atomi impazziti ma... insieme. Due persone che si sono conosciute più di dieci anni fa così, per caso, come nasce un'amicizia tra bambini... quei bambini che adesso sono quasi uomini e che nonostante tutto... sono ancora qui. Un russo e un polacco che, presi uno alla volta riesci a bloccare ma, se si uniscono... non li fermi! Due teste matte che di due ne fanno una... che funziona alla grande!
Che dire di tutte le cose fatte assieme? Belle e meno belle, nessun rimpianto, lo giuro! Da anni l'amicizia non esiste più, perché è stata sconfitta... dalla fratellanza!

Dimitri e Patryk, oggi giovani lavoratori

Pietro/
Libertà d'apprendimento
Dopo aver sperimentato per svariati anni il sistema della scuola statale, e dopo esserne stato quasi sottomesso, ho voluto provare un nuovo ambiente: la scuola libertaria; ed essa è stata un'esperienza davvero gratificante. Imparare senza obblighi, senza giudizi e in totale libertà, permette di aprire la tua mente che non è più condizionata e spaventata dal giudizio degli altri, ma finalmente libera di imparare come meglio crede.
Questo, secondo me è un aspetto da non sottovalutare, perché dato che non si hanno obblighi, ci si pone anche delle domande, su cosa si vorrebbe imparare, su cosa è più giusto e cosa non lo è, e di conseguenza si acquisisce l'autonomia. Questa non viene insegnata in una scuola statale, dato che è tutto schematizzato e tu hai solo il compito di eseguire il programma scolastico, e se non lo fai, riceverai un brutto giudizio, una nota o sarai mandato dal preside; ma, così, non si impara proprio niente oltre che la grande arte di essere un “ripetitore”, per lo più quasi schiavo.
Invece in Kether, dove siamo tutti uguali, ho imparato l'arte di essere libero, che non vuole dire passare la giornata a giocare, ma riuscire finalmente ad arrangiarmi, a organizzarmi, a imparare davvero, e non solo a memoria come un pappagallo, per poi dimenticare tutto alla prossima verifica. Oltre a questo, c'è da dire che io ho avuto la fortuna di andare a Kether, una realtà libertaria, ...realmente alternativa. È un luogo davvero meraviglioso, immerso nel verde con un bosco dove potersi rilassare, e anche questo a parer mio, aiuta davvero molto. (Quindi aprite la vostra mente uscite dall'illusione! Ci sono altre realtà intorno a voi, non restate dentro la trappola del sistema!) Forza dunque Kether! State facendo veramente molto nel vostro piccolo.
L'educazione libertaria deve diffondersi sempre più! Io sono stato molto fortunato, spero proprio che in futuro lo siano anche tanti altri giovani ragazzi e ragazze.

Pietro (figlio di due professori statali), oggi frequentante la seconda superiore di un Liceo Artistico di Stato

Bologna - I saltafossi

I saltafossi – Bologna

Seguendo le richieste dei bambini...

Il salto
Viene spontaneo, c'è un fosso nel campo, non è né troppo stretto da essere oltrapassato con un semplice passo e né troppo largo da costringerci a seguire la riva fino ad un punto più agevole per oltrepassarlo. È giusto.
Ci fermiamo a guardare, a ponderare se sia possibile passare dall'altra parte. A sentire se nelle gambe c'è la spinta, la molla, la forza del salto per arrivare di là.
Si! Si può! Si salta!
Si arriva dall'altra parta a volte a limite, con la rincorsa, rannicchiandosi, aggrappandosi all'erba per risalire l'altra sponda, o alle gambe di chi è già di là.
Qualcuno anche così non ce la fa, ha paura, sa che ha le gambe ancora troppo corte, per qualcuno quel salto è enorme.
Ma c'è chi ha le gambe abbastanza lunghe per piantare un piede di qua e uno di la e fare da ponte per chi era rimasto a guardare.
Tutti saltano. Anche chi sente il vuoto nello stomaco, chi ha bisogno di un grido, un incoraggiamento, un applauso, di silenzio o di solitudine, senza sguardi.
Magari non tutti oggi, domani, fra un po'... e poi ogni volta che arriva qualcuno di nuovo lo si porta lì, al fosso, per passare di là.

La storia
Ci siamo incontrate una decina di anni fa intorno ad un'utopia e un sogno: dare vita a un progetto educativo basato sulle pratiche dell'educazione non autoritaria, libertaria e democratica e volto alla sensibilizzazione delle persone grandi e piccole alla relazione, all'arte, all'ecologia, un progetto dove le scelte filosofiche, economiche e operative andassero nella direzione di uno stile di vita equo e solidale, sobrio e felice.

Il paradigma
Accompagnare bambini e bambine nel loro processo di crescita, emotivo e cognitivo, è per noi partire dal rispetto della soggettività di ognuno, con i propri tempi e modalità. Al centro del processo educativo la relazione e lo strumento dell'assemblea decisionale, per ricercare percorsi, regole e scelte condivise fra persone grandi e piccole. L'immagine che ci guida è quella di un cerchio di persone grandi e piccole che possano crescere insieme attraverso il fare con l'arte, la consapevolezza e il rispetto reciproci, il vivere e pensare ecologico, al cui centro ci sia una grande cucina come cuore vivo e pulsante. Quest'anno il gruppo dei più grandi ha lavorato a lungo per proporre a tutti la Costituzione dei Saltafossi. Ecco il testo redatto da bambini e bambine.

Siamo tutti importanti uguali
Uguali non di aspetto neanche di carattere, ma di importanza.
Importanti: in questa scuola i bambini/e i ragazzi/e sono importanti come le maestre/i.
Tutti: con la parola tutti vogliamo dire tutti quelli che entrano a far parte dei saltafossi.

Abbiamo tutti gli stessi diritti
Tutti: bambini, bambine, ragazzi, ragazze, maestr/i
Il diritto del più piccolo è uguale a quello del più grande, il diritto di un bambino di 3 anni è uguale a quello di uno di 14 anni o una persona di 99 anni e più.
Le persone grandi e piccole sono importanti uguali.
L'insegnante e il bambino sono alla stessa altezza.

Tutti hanno lo stesso diritto di decidere
Bambini e adulti, allievi e insegnanti hanno lo stesso diritto di decidere, con questo intendiamo che è possibile discutere di tutte le cose.

Tutti hanno il diritto di essere ascoltati e di ascoltare
Ognuno con il proprio tempo.

Tutti possono parlare senza paura
È possibile parlarne senza avere paura che gli si dica di no, ma sempre con un minimo di buon senso.

Partecipiamo tutti alle decisioni
Abbiamo tutti il diritto di partecipare o di non partecipare.
Poter ascoltare, guardare liberamente.

Tutti hanno il diritto di stare con tutti
Ognuno ha il diritto di stare da solo o con pochi amici, questo non permette di fare del male e insultare e offendere.
I grandi se interessati possono partecipare alle lezioni dei piccoli e viceversa.

Non ci sono divisioni di età
Tutti abbiamo cura di noi stessi e di tutti.

Non mettersi in pericolo e aiutare chi invece lo è
I più grandi giocano anche con i più piccoli.
Se qualcuno è in difficoltà viene aiutato, che sia piccolo o grande.

Nessuno è più importante di un altro perché sa
Se una persona non capisce o non sa una cosa chi ha capito gliela spiega, non si crede più importante solo perché sa più cose su un argomento.

Tutti hanno il diritto di esprimere la propria rabbia
Questo non gli/le permette di fare del male, rompere le cose o insultare.

Tutti hanno diritto di vivere
Tutti hanno il diritto di odiare.
Odiare nel senso che tu puoi odiare una persona, ma questo non ti permette di fargli del male e insultarlo.
Se lo odi davvero stagli lontano e non prenderlo in giro perché anche se lo odi, non farti odiare a tua volta.

L'educazione incidentale in versi

L'incanto
I costruttori di incanti
i raccoglitori
di piccole conchiglie e sassi
camminano sulla sabbia
lo sguardo a terra a cercare
l'orecchio pieno di fragore
e sussurri di onde che risaccano
scricchiolii impercettibili
camminano insieme
camminano soli
senza perdere il fruscio
di un passo che rallenta
senza inseguire una corsa
senza cercare un sentiero segnato
senza affannare ansimando
trascinando zavorre
guardano lontano
perdono il tempo
e dimenticano i comandi
scritti da chi non ha mai
stretto una mano
che si affida

I saltafossi

Accompagnatori
Il gruppo di accompagnatori è un collettivo che cresce insieme e si confronta continuamente.
Periodicamente accogliamo persone che ci accompagnano per periodi più o meno brevi.
Tutti i Saltafossi grandi e piccoli si confrontano per capire se per quella persona è possibile intraprendere un così complesso percorso di convivenza e rispetto reciproco dove è necessario smontare le proprie idee pregiudiziali sull'educazione e mettersi in gioco in una relazione non adulto-centrica e autentica. Il ruolo dell'adulto come accompagnatore ma anche come testimone, coordinatore e ricercatore. Ci ha aiutato una metafora: il servo di scena è nel teatro giapponese quel personaggio vestito completamente di nero che risulta, contro il fondale teatrale nero, quasi invisibile e che ha la funzione, il compito di intervenire a modificare la scena (portare, togliere, spostare oggetti) senza dover chiudere il sipario. Nel nostro caso significa una presenza che c'è, osserva senza rendere evidente questa osservazione, presenza attenta, non repressiva, come a volo d'aquila.

I nostri spazi e i nostri tempi
Siamo ospiti di due grandi case attigue dove vivono e convivono con la scuola due famiglie che hanno partecipato alla fondazione del progetto. Le case si trovano nelle campagna di Cadriano alle porte di Bologna.
In questi spazi abbiamo organizzato seguendo le richieste dei bambini una grande e fornitissima biblioteca, un luogo per la danza e le attività teatrali, musicali e psicofisiche, un luogo dove è possibile accedere ai materiali per atelier artistici o di assemblaggio, una fornita cassetta degli attrezzi, macchine da scrivere, computer, macchina da cucire, lavagne, mappe geografiche, giochi da tavolo, giochi vari. Tutto quello che ci serve... che ogni giorno un gruppo di bambini riordina per lasciare la casa alla vita dei suoi abitanti.
C'è la possibilità per bambini/e di età diverse di fare percorsi comuni, a seconda dei propri interessi, talenti e fasi di sviluppo individuale. Tale modalità favorisce da una parte un naturale processo di “tutoring” e di apprendimento “per incidentalità” (ma anche “per imitazione”). Dall'altro lato, mette bambini/e di età diverse nella condizione di poter collaborare e lavorare insieme per un obiettivo o un interesse comune, nella prospettiva di un apprendimento cooperativo (cooperative learning). Allo stesso modo offre la possibilità, laddove ve ne sia richiesta o necessità, di poter approfondire percorsi personalizzati.
I protagonisti del processo educativo sono in continuo movimento, rapidi o lenti, diretti o con andamento curvilineo, con giravolte e lunghe soste, ad occhi chiusi per incontrare l'imprevisto, l'impensato, con occhi spalancati per cogliere l'incanto, il particolare e l'insieme, con orecchie sensibili ai silenzi o disposte a sentire tutto, immobili, rilassati o un movimento vorticoso ed incessante, incontrarsi e scontrarsi, cambiare e rimanere saldi, dire sì e no, decidere ogni più piccola cosa e lasciarsi guidare con fiducia, intrecciarsi con parole antiche ed inventate. I Saltafossi sanno raccontare e spiegare il tipo di esperienza che vivono anche in situazioni pubbliche, ne conoscono la particolarità e sanno confrontarla con altre realtà. Hanno in mano la loro storia e il senso di quello che stanno vivendo proprio perché partecipano attivamente ai processi decisionali.
Queste sono le parole di un ragazzo dei Saltafossi che ha concluso la sua esperienza e si prepara ad affrontare le scuole superiori:
“Essendo in una fase finale della mia esperienza in questa scuola, visto che il prossimo anno sarò al liceo, pensavo fosse importante dire quello che questa scuola mi ha insegnato e potrà insegnare agli altri.
Ti dà un grande aiuto se sei una persona che fa fatica a stare in contesti scolastici “classici”, per via della pressione di eccessivi compiti ed eccessive materie da apprendere imposte ai bambini, oppure se hai un immotivato imbarazzo a stare con molti tuoi coetanei.
Più sei piccolo e più hai bisogno di un contesto che ti ricordi il più possibile la famiglia.
Dal mio punto di vista, la cosa più significativa è che ti permette di maturare nel tempo come individuo e alla fine del tuo percorso svolto sei cambiato, ti senti pronto ad affrontare un contesto più pesante e prenderlo con più leggerezza possibile.
Infatti dopo vari anni inizi inconsciamente a cercare e ad avere il “bisogno” di un determinato contesto, che in passato ti sarebbe risultato pesante.
Io adesso sono pronto, mi sento tranquillo e sereno per il futuro.”

Osimo - Serendipità

Lilliput e Serendipità – Osimo (An)

Due strutture: un asilo e una scuola nel parco. Importante il dialogo con le famiglie.

Osimo (An), nel 2009 nasce Lilliput, nel 2013 nasce Serendipità.
Lilliput: 12 bambini.
Serendipità: 25 bambini.
Entrambe le esperienze sono guidate da una ricerca pedagogica appassionata che fa dello sviluppo libero e olistico del bambino il suo aspetto fondante.  L'osservazione attenta dello sviluppo di ciascun bambino e la preparazione di un ambiente adeguato fornisce al bambino il nutrimento necessario a soddisfare le sue esigenze di crescita. Crediamo che lo sviluppo di ciascun bambino avvenga in modo olistico e che ogni sua parte (cognitiva, fisica, emotiva, psicologica) meriti attenzione senza distinzioni di livello o gerarchia. Crediamo che il bambino vada supportato nel suo sviluppo emotivo e nella conoscenza di sé, del proprio mondo interiore, delle proprie emozioni attraverso la cura del dialogo e dell'alfabetizzazione emotiva. Crediamo che i bambini abbiano il diritto di imparare a scegliere, attraverso la conoscenza di sé e la pratica della vita collettiva conviviale. Crediamo che il bambino possa diventare capace di responsabilità verso il proprio percorso di sviluppo solo se lasciato libero di scegliere, di sbagliare, di capire, di ricominciare.

Serendipità [se-ren-di-pi-tà]  n.f. invar.: lo scoprire qualcosa di inatteso e importante che non ha nulla a che vedere con quanto ci si proponeva o si pensava di trovare | attitudine a fare scoperte fortunate e impreviste; capacità di cogliere e interpretare correttamente un fatto rilevante che si presenti in modo inatteso e casuale.
Il nostro nome: una dichiarazione di intenti, la sintesi di un approccio educativo, la base e la sostanza del nostro progetto, un augurio. Serendipità è l'esito naturale di un progetto nato nel 2009 nel cuore di un parco pubblico di Osimo, in una piccola casa dall'aspetto onirico.
Un asilo sperimentale, Lilliput, è nato per “serendipità” e fondato sulla ricerca pedagogica, sull'osservazione, sulla cittadinanza attiva, sul buonsenso, sulla speranza. Una sperimentazione che ha coinvolto anche le famiglie, andando a sostenere e tutelare quella fascia della maternità e dell'infanzia che aveva pochi spiragli di ascolto e riconoscimento nella nostra zona. L'apertura di una realtà in continuità rivolta alla fascia dell'infanzia e della primaria è stato un dovere e un diritto.
Se Lilliput è inserito all'interno ad un parco, per Serendipità è stato scelto l'ambiente rurale, una casa in mezzo alle campagne marchigiane, un grande giardino, un ettaro di terra incolta per l'esplorazione autentica della varietà e complessità biologica e campi a perdita d'occhio, perfetti per esplorazioni e avventure. La terra è la nostra classe, le passeggiate senza meta le nostre discipline, i portoni a cui bussare i nostri compiti, i dialoghi con gli anziani i nostri programmi, la memoria il contenuto dei nostri quaderni. Una delle impronte più determinanti del nostro approccio educativo con i bambini è quella Montessoriana, di cui prendiamo i principi, i concetti, la filosofia e lo sguardo delicato e scientifico sullo sviluppo del bambino.
Lo spazio interno della scuola è un ambiente preparato, ogni materiale e area sono studiati per rispondere ai bisogni psico-fisici dei bambini rispettando le differenti fasi evolutive, costantemente osservate e corrisposte attraverso l'ambiente. La nostra idea di libertà e autonomia dei bambini è strettamente collegata all'organizzazione e studio dello spazio. L'indipendenza di pensiero passa anche attraverso l'indipendenza d'azione e apprendimento. Il paradigma è completamente ribaltato, rifuggiamo la centralità dell'insegnamento a favore della sovranità dell'apprendimento i bambini imparano da sé, conquistando il loro sapere attraverso l'interazione con l'ambiente circostante, fatto di relazioni e speriment-azioni. I bambini apprendono dalla vita, da ciò che accade, dalle passioni che li muovono, dalle domande che incontrano nelle piccole cose quotidiane, incidentalmente, o come ci piace dire, per serendipità, cioè scoperte inattese, capitate mentre si cercava altro, che diventano centrali nella nostra ricerca.

Una comunità educante

Una delle caratteristiche della nostra realtà è quella del sostegno e dialogo con le famiglie. Prima di poter iscrivere i propri figli, le famiglie devono seguire un percorso insieme di 6 mesi, con lo scopo di costruire una cornice di senso e valori all'interno della quale inserire poi le pratiche. Un percorso di decostruzione, e di comprensione delle proprie scelte. Lo scopo non è dare risposte né affermazioni ai genitori, ma aiutarli e aiutarci a porci le domande giuste, rispolverando i bambini educati che siamo stati e gli adulti educanti che siamo diventati, un percorso di ricerca personale di liberazione dalle catene delle aspettative, paure, ansie, speranze, desideri, che sono il principio per un'autentica educazione libertaria e liberatoria. Gli adulti, sia genitori sia accompagnatori, lavorano insieme per rendere possibile tutto questo per gettare le basi di quella che amiamo definire “una comunità educante”, non punto di partenza ma meta del nostro progredire come genitori e accompagnatori, come esseri umani che continuamente mettono in discussione le pratiche implicite, date per scontate, per scegliere, finalmente. Serendipità per noi non è un servizio di cui usufruire ma un progetto a cui partecipare in corresponsabilità. È scegliere di scegliere.


La scuola a Urupia – Francavilla Fontana (Br)

Dopo vent'anni di comune agricola, in un ambiente straordinariamente ricco di stimoli e opportunità.

Nel settembre 2014, a pochi mesi dal ventesimo compleanno di Urupia, nasce il progetto della scuola, ulteriore declinazione della più articolata progettualità della comune che fin dalle sue origini si caratterizza come laboratorio politico libertario a forte vocazione agricola.
Il progetto educativo si colloca quindi in una cornice ben precisa e definita: la comune libertaria e la masseria, situata nella campagna salentina, con tutte le loro specifiche caratteristiche e attività da tempo consolidate. In questo contesto bambine e bambini possono avere esperienza vivente della possibilità di un'organizzazione sociale ed economica basata sull'autogestione, praticata attraverso un'assemblea che trova nel principio del consenso la propria modalità decisionale e che ha nella proprietà collettiva il proprio caposaldo economico.

I terreni circostanti la masseria

I locali destinati specificamente alla scuola sono stati recuperati in uno spazio attiguo al capannone che Urupia ha destinato alle attività socio-culturali e del quale il gruppo dei bambini e bambine può usufruire liberamente; la ristrutturazione di questi spazi è stata possibile grazie anche al generoso sostegno di tante compagne e tanti compagni che con il loro lavoro o il loro denaro hanno coperto circa la metà delle spese necessarie a questa impresa. I terreni circostanti la masseria e i laboratori, che negli anni la comune ha allestito, rappresentano, per chi frequenta la scuola, un'occasione importante di confronto con la terra, sia nella sua parte coltivata a orti, vigne, oliveti, frutteti e seminativi, sia nella sua essenza spontanea, sperimentando anche le varie attività di trasformazione dei prodotti agricoli: il pane viene cotto in un professionale forno a legna, la raccolta delle olive viene sperimentata attraverso le attrezzature agricole e la vendemmia si conclude con la pigiatura nella cantina vinicola.
Elemento significativo è anche la caratterizzazione di Urupia come comune aperta all'ospitalità: ciò offre molteplici occasioni di laboratori proposti e gestiti da ospiti, se accolti con interesse dal gruppo scuola, arricchendo ulteriormente la già composita varietà di attività praticate.
Ecco quindi che bambine e bambini hanno a disposizione un ambiente straordinariamente ricco di stimoli e opportunità, dove l'incontro con l'altro, persona o evento che sia, avviene quotidianamente, sperimentandosi nel continuo divenire della piccola società libertaria che la comune rappresenta.
Nell'arco della giornata, che spesso continua oltre l'orario che ci siamo date per la scuola, possiamo incontrare bambini e bambine che partecipano alla sistemazione di uno spazio, alla riparazione di una bicicletta o alla preparazione di un mercatino; possiamo anche vederle impegnate nell'organizzazione di un torneo sportivo cui parteciperanno la comunarda fondatrice e l'ospite appena arrivato o disquisire sul senso della vita, con gente alta il doppio di loro e mai vista prima, ma anche trovarci in un confronto conflittuale per trovare una soluzione alle diverse esigenze sentite dalle varie fasce d'età, qualche volta di complicata soluzione.
Allo stesso modo le frequenti esplorazioni del territorio, le passeggiate alla scoperta della differenza tra guardare e vedere, tra sentire e ascoltare, fatte con le accompagnatrici o solo tra bambine, fanno riscoprire anche a noi 'grandi' la straordinaria meraviglia del rapporto con la Natura, il nostro esserne comunque parte integrante, al di là delle sue determinazioni più o meno 'antropizzate'.

Forti contraddizioni

Oltre alle materie tradizionali - italiano, storia, matematica, scienze, geografia, inglese - viene riconosciuto grande valore ai lavori manuali, artistici e artigianali, alle attività fisiche e ludiche, ai laboratori di costruzioni e ai momenti assembleari. Proprio la pratica assembleare favorisce lo scambio e la crescita personale e collettiva attraverso l'ascolto reciproco e la creazione di un'organizzazione sociale autodeterminata dal gruppo costituente la piccola comunità: in questi incontri vengono prese o riviste le decisioni di interesse collettivo, vengono stabilite, annullate o rinnovate le regole e l'organizzazione necessaria alla gestione del quotidiano che vede bambine e bambini partecipare attivamente alle incombenze necessarie come le pulizie, la cura e il riordino degli spazi.
La significativa lontananza geografica dalle altre realtà sorelle e la collocazione in un territorio complesso, dalle forti contraddizioni culturali, sociali ed economiche, rende la nostra esperienza una scommessa azzardata; il desiderio è che il gruppo si allarghi, affinché bambini e bambine si possano sperimentare in una comunità più numerosa e varia di quella attuale, e più adulti crescano insieme, condividendo le responsabilità e gli impegni necessari alla sopravvivenza di una proposta educativa che vuole essere anche uno stimolo di cambiamento individuale e collettivo, per un mondo più giusto e libero.

Abbiategrasso (Mi) - Ubuntu

Ubuntu – Abbiategrasso (Mi)

Attenzione particolare alla gestione delle emozioni e all'aspetto relazionale.

Ubuntu nasce dal sogno di Francesca, mamma e educatrice, di una scuola più rispettosa e a misura di bambino. L'incontro con Giulio Spiazzi e la visita alla piccola scuola libertaria Kether rendono questo sogno sempre meno utopico. Inizia il cammino per realizzarlo. Si avvicinano i bambini, si avvicinano nuove famiglie e persone motivate a intraprendere il ruolo di accompagnatore. La crescita del progetto è travagliata e cosparsa di cadute e rinascite. Ubuntu si considera una comunità in divenire e in crescita continua.
Oggi Ubuntu è una comunità autoeducante libertaria, e una scuola dei bambini e dei ragazzi dai 3 ai 14 anni.
Il gruppo è misto ed eterogeneo. Ogni proposta e attività è libera e aperta a tutti secondo interesse e scelta personale. L'apprendimento è attivo e incidentale.
Gli accompagnatori e i bambini stessi possono fare proposte didattiche, lavori di gruppo, laboratori e attività legate all'esperienza diretta attraverso un metodo interdisciplinare e non direttivo.
Le regole della scuola vengono decise e condivise dai bambini e dai loro maestri accompagnatori attraverso lo strumento dell'Assemblea.
Un'attenzione particolare è dedicata alla gestione delle emozioni e all'aspetto relazionale, alla condivisione e alla collettività attraverso un percorso di gioco meditativo e di gestione delle emozioni, momenti di condivisione del pasto e di educazione alimentare.
Perchè Ubuntu? Per dirla con le parole dei bambini: “Come potrebbe uno essere felice se tutti gli altri sono tristi?”. La comunità autoeducante Ubuntu ha come scopo fondamentale la felicità del bambino. Ma la felicità legata inscindibilmente alla libertà e al rispetto non può essere a senso unico, e da qui la proiezione alla collettività attraverso l'istintivo assunto che “posso essere realmente libero se lo sono anche gli altri, posso sentirmi realmente felice se tutti intorno a me sono felici”.
A Ubuntu ogni bambino ha il diritto:
di essere felice, rispettato e compreso nelle proprie emozioni e nelle proprie scelte;
di avere ali per essere libero, autonomo e indipendente;
di avere tempi e luoghi per oziare e giocare;
di avere gli strumenti necessari per conoscere e sperimentare il mondo.
Per l'anno scolastico 2016/2017 molto probabilmente ci trasferiremo in una grande struttura immersa nel parco del Ticino dove avremo la possibilità di sviluppare più attività all'aperto e la scuola nel bosco.

Piumazzo (Mo) - Fucina Buenaventura

Fucina Buenaventura – Piumazzo (Modena)

Gli adulti accompagnatori si vedono poco, ma hanno occhi pronti a cogliere ogni dettaglio. E poi...

C'è un luogo nella campagna a metà strada tra Modena e Bologna che si nasconde tra vigne e alberi di pere, tanti alberi di pere. È una villa settecentesca dimenticata lì all'ombra delle prime colline, troppo piccola e troppo grande. In fondo al giardino c'è la casa del custode, un angolino che sembra stare in disparte. Il giardino e la villa sono popolati di paesani di Piumazzo, di woofer che si fermano nella bella stagione parlando mille lingue, di persone di ogni età che praticano scultura e Do-in con varie associazioni. La casa del custode è popolata dai bambini di Fucina!
I bambini di Fucina saltano, si arrampicano, corrono con grossi stivali di gomma colorati che poi si tolgono per scaldare i piedi davanti alla stufa mentre si immergono in libri piccoli come loro. I bambini spuntano dalla serra che hanno costruito una martellata alla volta, raccolgono erbe selvatiche e, quelle che non mangiano, le catalogano con pazienza da amanuensi.
Gli adulti accompagnatori si vedono poco, ma hanno molti occhi pronti a cogliere ogni dettaglio, e ognuno di quei dettagli diventa argomento di discussione, di confronto, forse lo spunto che fa fiorire ipotesi per una ricerca, o forse una situazione nuova da condividere e affrontare.
Altri adulti, i genitori, si vedono ancora meno eppure sono presenti, silenti, un po' stanchi ma con le maniche sempre rimboccate, e fanno in modo che tutto questo succeda.
Fucina Buenaventura è una comunità autoeducante e autogestita che ora coinvolge un gruppo di bambini tra i 4 e i 9 anni, i loro genitori, gli accompagnatori, diversi insegnanti volontari di materia, qualche saggio e molti amici.
Spesso qualcuno si affaccia a Fucina desideroso di partecipare: l'avvicinamento è cauto, un passo alla volta, e  la relazione preziosa, da coltivare; ci sono incontri, laboratori, tempi larghi per conoscersi e piacersi oppure allontanarsi.
Fucina ha una sua stagionalità: a primavera, come gemme, si incontrano le famiglie, che fioriscono verso l'estate dopo che le radici hanno avuto modo di farsi forti, quando si decide di essere insieme parte di questo percorso e gli accompagnatori studiano sul nuovo gruppo, i genitori modificano lo spazio - materiale quanto interiore - per accogliere ognuno, i bambini si conoscono; a settembre spuntano le prime fronde che vanno a farsi sempre più vigorose ed elastiche ogni anno che passa.
A Fucina Buenaventura l'assemblea, basata sul consenso, è luogo gestionale ma anche di confronto, in cui ci si interroga e ci si accoglie, in cui genitori, accompagnatori ed insegnanti volontari, con pari dignità, elaborano le decisioni.
Il dialogo è assiduo, nella condivisione dei valori e dei metodi come nell'organizzarsi: questo porta una forte coesione ed un grande accrescimento – di gruppo, ma anche personale – attraverso la disponibilità a mettersi sempre in discussione e incoraggiando l'ascolto delle ragioni dell'altro, in una pratica continua di cura e riassestamento.
Il quotidiano, invece, è autogestito ed organizzato dai bambini e dagli accompagnatori attraverso le proposte che arrivano da ognuno: non c'è valutazione ma continuo confronto, non ci sono gerarchie tra persone e nemmeno tra saperi.


Mareggen - Genova

Si autodefinisce “Officina del crescere” ed è nata in campagna. Ora è in città, in pieno centro. Ed è un mosaico in cui...

Il progetto “Officina del crescere” nasce nel 2012 con la costituzione dell'associazione di promozione sociale “Mareggen, officina del crescere”, presso una struttura in aperta campagna, dove è stato portato avanti per due anni. La scelta di “scendere in città” in mancanza di una sede ha permesso la nascita di un progetto itinerante capace di usufruire delle proposte presenti sul territorio, intessendo relazioni con associazioni, cooperative, realtà pubbliche e private: la biblioteca “De Amicis”; lo spazio “Saravà” per attività psicomotoria; la piscina “A. Doria” per attività di nuoto autogestita. L'accordo con l'associazione “Terra onlus” ci ha permesso di avere un piccolo terreno da coltivare mentre l'associazione “Il Ce.sto” ha reso possibile il consumo del pasto presso il locale dei “Giardini Luzzati”. In questa esperienza forte è stata l'educazione incidentale nata a contatto con il territorio cittadino, la ricchezza sperimentata nell'incontro con altre realtà, la possibilità di conoscere persone di età e provenienza culturale differente, la riflessione per noi adulti su cos'è un progetto educativo in assenza di una struttura. Da settembre di quest'anno abbiamo una sede a pochi passi dal centro cittadino. Siamo ripartiti con bimbi tra i 3 e gli 10 anni creando un ambiente diviso per centri d'interesse: accanto a spazi dedicati alle attività manuali e grafico-pittorico e plastiche vi sono angoli dedicati alla lingua, matematica, botanica, geografia, lettura, informatica, uno spazio morbido per il riposo e una stanza polifunzionale. La libera scelta dell'attività didattica all'interno di un ambiente preparato affianca “l'educazione incidentale” grazie alla quale possiamo far tesoro di ciò che accade nel qui ed ora dell'esperienza quotidiana, occasione per soffermarvisi e rielaborarla divenendo possibilità di apprendimento. L'uscita libera nello spazio esterno e l'ubicazione della struttura con facile accessibilità a monti, al centro storico e al mare, consente una moltitudine di esperienze. L'assemblea è il momento dedicato alla decisione comune delle regole, alla definizione delle attività della giornata o delle gite o per organizzare eventi autogestiti; il cerchio come momento di condivisione emotiva e di pensiero. Le proposte didattiche vengono anche definite per materie o si sviluppano attorno ad un tema attraverso cui si organizzano le conoscenze strutturando il lavoro individualmente o in gruppo. Le famiglie si occupano prevalentemente dell'aspetto gestionale e organizzativo con possibilità di mettere a disposizione competenze che si traducono in offerte laboratoriali. Le famiglie si incontrano una volta al mese per discutere aspetti organizzativi e gestionali e una volta al mese con gli accompagnatori e le accompagnatrici per confrontarsi sugli aspetti educativi. Settimanalmente si svolge l'equipe educativa tra accompagnatori/trici e referenti educative.
Ci concepiamo una comunità auto-educante nella quale sperimentarci nelle nostre possibilità comunicative e relazionali. L'intento è che ogni partecipante sia valorizzato per le proprie capacità assumendosi responsabilità in sintonia con esse, nutrendo fiducia negli altri componenti e nelle altre componenti del gruppo rispetto al resto delle incombenze. Ne deriva un mosaico dove ognuno, nel rispetto dell'intento del progetto, svolge una o più mansioni facilitandone il buon andamento.


Selva – Valcamonica (Bs)

Massima libertà di scelta e di partecipazione. Lontani dalle altre scuole e immersi nella natura.

Convinti che l'educazione de* nostr* bambin* sia il miglior investimento per il futuro della società intera, da qualche anno è presente in Valle Camonica Selva (Situazione Educativa Libertaria Val Camonica).
Pensiamo che sia possibile realizzare una scuola dove apprendere sia sinonimo di gioia, dove studiare significhi curiosità, dove imparare voglia dire crescere insieme. Perché imparare una cosa nuova significa diventare qualcosa di meglio.
La nostra realtà, in sintesi:
- Segue pratiche libertarie ed ecologiste (anche intese come ecologia della mente).
- Considera prioritari una sana alimentazione e l'auto-produzione.
- Utilizza l'assemblea come luogo per la discussione e la condivisione di bisogni, regole, valori, come strumento per prendere decisioni e risolvere conflitti.
- Punta alla valorizzazione delle tradizioni storiche locali, del proprio territorio e del verde che lo circonda.

Che cosa avviene concretamente nella nostra piccola realtà
La giornata in Selva comincia sempre dal Cerchio, momento di condivisione, ascolto, confronto, crescita, con tematiche stabilite (Lun: proposte; Mar: cosa mi piace di te; Mer: paure; Giov: conflitti; Ven: desideri), ma con molta flessibilità.
Successivamente si dá inizio alle attività, che hanno già una sorta di calendario (ad esempio il lunedì si fa l'inglese insieme ad un gruppo di ragazzi diversamente abili della zona, il venerdì invece è dedicato al canto, musica e musicoterapia, ecc).
Il tutto con la massima libertà di scelta e di partecipazione, senza vincolo alcuno.
Il lunedì vengono definite anche le responsabilità settimanali, e chi se ne fa carico deve portarle avanti fino alla fine della settimana (come da foto).
Ma la cosa fondamentale è il Gioco, all'aria aperta, nel bosco attiguo, fra i numerosi animali con i quali si condivide l'agriturismo, perché: “Troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà”.


Tanaliberatutti – Parma

Più apprendimento, meno insegnamento. Per un atteggiamento esplorativo verso le conoscenze.

Circa otto anni fa un gruppo di genitori e bambini ha scelto di confrontarsi perché accomunato dalla ricerca di un luogo di continuità tra l'esperienza familiare e quella della socialità “scolastica”. Lo scopo era di creare un luogo in cui i bambini e le bambine fossero posti al centro della relazione educativa e anche dell'organizzazione logistica dei tempi; un'esperienza caratterizzata dalla necessità di non delegare ad altri il ruolo di sostegno nei percorsi di vita dei figli, anzi di condividerlo e costruirlo insieme ad altri (genitori, educatrici, cittadini). Abbiamo iniziato in un gruppo di 5 famiglie a Parma, ora siamo un'associazione (Tanaliberatutti), di cui fanno parte genitori, educatori e persone che sostengono questa ricerca (in tutto siamo circa 70). L'attività delle famiglie si differenzia in funzione dell'età dei figli: per i piccolissimi si mettono in atto forme di mutualismo nella cura dei bambini e di sostegno alla genitorialità, liberando spazi e tempi per le neomamme, garantendo loro una ripresa più dolce del lavoro e soprattutto favorendo una crescita dei bambini in ambiente familiare. Con i bambini più grandi, dai 3 ai 12 anni, l'apporto dei genitori e delle famiglie si sostanzia nella gestione di attività laboratoriali a partire dalle competenze che ciascuno ha (dalla danza alla falegnameria), con lo scopo di aprire i campi del sapere alla pratica e alla socializzazione. Il progetto che abbiamo in mente intende far crescere e innovare questa esperienza nelle sue linee fondative:
- Porre attenzione alle relazioni umane e al lavoro di cura, nella riscoperta delle competenze che ciascun genitore ha e nella ricerca di empatia verso gli altri;
- Praticare solidarietà e cooperazione tra persone attraverso un sostegno attivo verso le fatiche tipiche dell'essere genitori oggi, la condivisione delle esperienze di vita;
- Libertà di apprendimento e valorizzazione dei percorsi di ricerca di ciascuno, specie dei bambini.
Il progetto intende attivare una comunità educante aperta, capace quindi di coinvolgere un numero sempre più ampio di persone: il lavoro avviato, infatti, ha reso evidenti la crescita delle persone nei processi decisionali collettivi, nell'assunzione di maggiori responsabilità verso il prossimo, nella oggettiva riduzione dei carichi familiari (grazie a reti di solidarietà tra famiglie). Nei bambini, in parallelo, si è osservata un'aumentata autonomia e chiarezza rispetto al senso della propria esistenza, una maggior leggerezza rispetto ai ritmi veloci della società adultocentrica. Le nostre giornate sono distinte in quattro momenti fondamentali: la prima parte della mattina è dedicata alle tecniche (italiano e matematica), si possono seguire le lezioni proposte, proporne a propria volta o organizzarsi in autonomia con il materiale a disposizione. Nella seconda parte della mattina ci si dedica ai “saperi”, quest'anno in particolare si tratta di affrontare alcune biografie legate ai 5 continenti. Ognuno sceglie come e cosa fare, insieme poi ci procuriamo il materiale necessario e progettiamo il lavoro. Seguono il pranzo e i laboratori del pomeriggio, spesso organizzati dai genitori, che comprendono capoeira, falegnameria, yoga, massaggi, arte e lotta.
Nella scuola che abbiamo avviato l'apprendimento è protagonista rispetto all'insegnamento, nel rispetto e valorizzazione dei tempi e dei bisogni dei bambini. Si promuove un atteggiamento esplorativo verso la conoscenza e si aiutano i bambini a scoprire il valore di se stessi, delle cose, della realtà, offrendo percorsi formativi rispondenti alle proprie inclinazioni personali; perché la vita stessa è scuola.


I Prataioli – Pavullo nel Frignano (Mo)

In un borghetto, una casa senza recinzioni, aperta al mondo. La possibilità di fare esperienza diretta. Il sapere? Una relazione con il mondo.

È difficile parlare dei Prataioli, se non partendo dallo spazio in cui viviamo ogni giorno.
La casa che tra bambini e adulti stiamo autogestendo, si trova al Piccolo, un borghetto circondato da prati e boschi. Per scelta non ci sono recinzioni che ci separano da essi, ognuno e ognuna si sposta liberamente all'interno e all'esterno, e i confini che delimitano il nostro movimento individuale sono stabiliti in base a limiti naturali – le strade sterrate che ci circondano – o ad accordi collettivi. Lo spazio interno è costituito da 4 stanze, disposte su due livelli: una stanza atelier; una “stanza morbida” con cuscini e materassi e zona lettura; la “stanza della concentrazione”, dedicata a chi sta intraprendendo il percorso della “scuola primaria” e a coloro che desiderano stare in un luogo silenzioso in cui possano “concentrarsi”, un'aula autogestita da bimbi e bimbe, con piccolo teatrino.
È nella dimensione collettiva che vengono prese le decisioni: nell'assemblea fra bambini/e e accompagnatori/trici si affrontano i problemi che giorno per giorno emergono, si cercano soluzioni e se necessario si creano nuove regole, si propone e si sceglie cosa fare, ci si confronta; ma non meno importante è l'assemblea degli adulti che, gestendo concretamente il progetto e riflettendo costantemente sul suo senso, fa sì che i percorsi emersi nella comunità dei bambini e dalla loro assemblea, si possano realizzare.
Ciò che quotidianamente impariamo nasce dalla possibilità di vivere e fare esperienza diretta di ciò che ci sta attorno e che ci interessa: ricerchiamo assieme ciò da cui siamo attratti, seguendolo passo per passo, secondo i tempi che ogni percorso richiede. Per farlo inventiamo materie (come “Esplorazioni”, un'originale variante della geografia nata dalla nostra passione per le mappe); approfondiamo il nostro legame col territorio trasformando i nostri martedì in giornate itineranti, alla scoperta del mondo “oltre il Piccolo”, e tessendo relazioni con chi lo vive (sono molto più buone le uova quando le si va a chiedere alla vicina!); viviamo avventure rocambolesche armati tanto di spade di cartone quanto di lenti d'ingrandimento per indagare il microcosmo che sfuggirebbe al nostro sguardo; impariamo a leggere in cima agli alberi e a far di conto in bottega con la lista della spesa in mano... Perché questo è il sapere: una relazione col mondo e non il mero ottenimento di informazioni su di esso.

Poirino (To) - Baloo

Baloo (da settembre Kirikù) – Poirino (To) (da settembre Buttigliera d'Asti)

Vivere e fare esperienza diretta dove ci interessa.

Il progetto nasce nel 2015 dall'incontro del maestro Simone con quattro famiglie: abbiamo deciso di lanciarci in un esperimento di educazione libertaria perché crediamo in una scuola che formi esseri umani prima che professionisti, dove lo sviluppo emotivo, relazionale e sociale del bambino sia al centro del lavoro educativo. Una scuola dove i “piccoli” insegnano ai “grandi” tanto quanto hanno da apprendere, in un rapporto di crescita reciproca tra accompagnatori e allievi. In questo primo anno di lavoro, giochi e vita condivisi abbiamo coniato insieme ai bambini l'acronimo Lara: libertà, amore, rispetto, autonomia. Questi sono i principi su cui verte il “metodo” educativo della “scuolina”. La relazione con i bambini è fondata su una radicale scelta non autoritaria, ma etica e d'ispirazione libertaria. Le scelte vengono prese insieme dalla comunità formata dai bambini e dagli accompagnatori. Con Baloo, i bambini apprendono che la libertà non serve a niente da sola se non è condivisa e se non è accompagnata dall'autonomia. In questo modo crediamo di creare una società di individui liberi che considerano l'altro come necessario alla loro libertà e non come ostacolo, capaci di collaborare e di comunicare, di vivere assieme, andando contro quello che è uno dei fallimenti umani e collettivi più gravi della contemporaneità: l'incapacità di stare assieme. Siamo consapevoli di star costruendo, attraverso l'educazione, un modello di vita diverso. Per l'anno scolastico 2016/2017 saremo a Buttiglera d'Asti (TO) in una sede in grado di ospitare otto-dieci bambini e due, tre accompagnatori.

Giornata tipo
La premessa doverosa è che non esiste una giornata tipo. La seconda è che le attività della scuola quest'anno hanno assunto la forma che verrà descritta, a seguito delle esigenze e del confronto serrato tra maestro, collaboratori, bambini e genitori. Questo vuol dire che di anno in anno, ma a volte di mese in mese, ci sono stati e ci saranno cambiamenti significativi. Fatte queste doverose precisazioni possiamo dire quanto segue: il maestro e i collaboratori preparano gli argomenti e la lezione del giorno. I bambini entrano a scuola, ci si abbraccia e ci si racconta: la nonna, il sogno fatto, difficoltà incontrate nel lavoro a casa, ecc.. L'inizio è morbido ed è tempo dedicato all'ascolto. Nel caso siano stati dati dei “compiti” da fare a casa, vengono corretti e chiarite difficoltà o errori. Successivamente il maestro propone le attività del giorno: i bambini possono accettare la proposta o non accettarla. Nel caso non venga accettata devono fare una controproposta: possono essere scelte altre attività, altre materie e altri argomenti. Questa forma di confronto fatto di proposte e controproposte va avanti fino a quando non si trova un terreno comune per tutti. Questo per quanto riguarda la parte della mattinata dedicata a quella che è la “didattica” in senso più stretto. Nella restante parte i bambini possono fare qualsiasi tipo di attività, a patto che quanto deciso venga scelto insieme, tutti d'accordo, nessuno escluso. Capita spesso che quanto preparato dal maestro poi sia stravolto dalle richieste e dalle esigenze dei bambini. Le regole sono decise assieme e possono essere messe in discussione in qualsiasi momento, così come le “punizioni” per chi non rispetta quanto deciso assieme (non è raro che anche gli adulti vengano ripresi e richiamati all'ordine!). C'è un momento assembleare a inizio mattinata, ma si ha la libertà di chiedere tempo di discussione in qualsiasi momento nel caso se ne presentasse il bisogno. Anche le gite, le uscite, i laboratori sono decisi assieme tra accompagnatori e bambini. A fine mattinata c'è un tempo dedicato all'attività fisica, viene compilato il registro della giornata sul lavoro svolto e vengono assegnati attività ed esercizi da fare a casa. Anche i “compiti” sono scelti insieme da bambini e accompagnatori: così come per le “lezioni” il maestro fa una proposta che può essere accettata o meno. La discussione va avanti fino a quando di nuovo non si trova un accordo felice per tutti. Un abbraccio, un “ti voglio bene”, una strizzata d'occhio costituiscono l'inizio e la fine del tempo condiviso da “grandi” e “piccoli”.


In fase di progetto

di Maurizio Giannangeli

Tredici nuove realtà, alcune già funzionano a scartamento ridotto, altre stanno per nascere. Accanto a quelle più consolidate ci sono anche queste. E altre (ne siamo certi) arriveranno.

Sul territorio nazionale piccoli gruppi crescono. Dare conto di un fermento e di una diffusione delle diverse realtà interessate a dare vita a contesti libertari autoeducanti non è cosa facile. Ci è sembrato giusto per ora restituire sinteticamente intenzioni e aspettative che le accomunano.
In questa prima restituzione nel presente dossier si può dire che in generale emerge una diffusa consapevolezza di quanto l'esperienza autoeducativa libertaria sia vissuta, anche solo potenzialmente, come esperienza capace di produrre trasformazione sociale.
L'intreccio tra la dimensione educativa, fondata sull'autonomia dei soggetti che vivono proprie esperienze di autoapprendimento liberamente scelte in relazione al contesto vissuto, e la dimensione politica, che nasce dalla consapevolezza di quanto ciascun componente la comunità autoeducante sia di fatto portatore di novità nel “mondo” a partire da sé, dalle proprie personali inclinazioni, desideri, piaceri e disgusti, è inestricabile.
Per dirla sinteticamente pare largamente condivisa la convinzione che un'esperienza di autoeducazione e autoapprendimento libero non possa che opporsi all'idea che l'esperienza educativa abbia come fine primario quello di consentire e favorire l'inserimento del soggetto in apprendimento nel mondo così com'è.
Parimenti queste esperienze si oppongono all'idea che il fine dell'educazione e dell'apprendimento sia quello di costruire una trasformazione dell'esistente a partire da un modello predefinito e pre-costituto di mondo nuovo, per altro definito in modo unilaterale dal soggetto umano adulto.
Dai diversi progetti appare altresì l'aspirazione, sicuramente più ambiziosa, di vivere l'autoapprendimento e l'autoeducazione nella felicità di un'esperienza che consenta a bambin*, ragazz* e adulti di scoprire e coltivare liberamente passioni, interessi, capacità, abilità e, perché no, competenze, vissuti come inediti al mondo; decidendo al contempo per sé liberamente, in relazione agli/alle altri/e, valori, principi, regole e forme di comportamento anche nella possibilità di una trasvalutazione di tutti i valori esistenti e nella consapevolezza di essere parte del vivente e di un mondo più ampio, non solo umano.
Autoapprendimento e autodeterminazione di soggettività reciprocamente libere in relazione al contesto sono in questo senso pensati e vissuti come inseparabili, in un legame di coappartenenza, e quindi di libertà, che si apre non solo alle molteplici esperienze di autoapprendimento vissute da ognun* all'interno della singola comunità di autoapprendimento libero ma anche al territorio e all'ambiente più ampio nel quale e del quale la comunità stessa partecipa.
Alla coerente attenzione nel sostenere e favorire la reale autonomia di bambin*, ragazz* e adulti nel vivere le proprie esperienze di autoapprendimento si accompagna la consapevolezza di quanto il vissuto di tali esperienze autonome coinvolga, in modo più ampio, la quotidianità di tutti i soggetti in forme di socialità e quindi di relazione politica il più estesa possibile.
I diversi contesti che stanno nascendo si propongono quindi come esperienze affatto chiuse, per nulla ristrette entro i confini della singola comunità autoeducante costituita in modo esclusivamente autoreferenziale in forma “elitaria”.
Semmai tali realtà si immaginano e proiettano quali esperimenti di trasformazione sociale e politica che si intrecciano con la comunità più estesa che li accoglie, o con la quale confliggono, aprendo spazi pubblici (non di Stato) di libertà e di autonomia che consentano il libero e autonomo apprendimento di bambin*, ragazz* e adulti insieme.
Infine va detto che, nel complesso, si tratta di un cantiere di lavoro e che ovviamente altri gruppi e iniziative affini probabilmente esistono già o sono in fase di elaborazione.
Attualmente i diversi progetti che partecipano e arricchiscono l'arcipelago Rel sono diffusi in diverse regioni: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Lazio.
Per una completa esposizione della singole presenze dei gruppi e dei loro progetti di autoeducazione libertaria sul territorio nazionale si rimanda alla loro autopresentazione, suddivisa per regioni, che si trova sul sito della Rel al seguente indirizzo: http://www.educazionelibertaria.org/gruppi-sul-territorio/.
Dopo la scheda delle scuole già funzionanti (nelle prossime due pagine), a pagina 140 pubblichiamo la scheda delle nuove realtà in fase di progetto.

Maurizio Giannangeli


Le scuole...

NOME E LOCALITÀ
RIFERIMENTI
Già Non-scuola “Baloo” ora Kirikù
Buttigliera d'Asti (TO)
CONTATTI: 3458801500
scuolaliberakiriku@gmail.com
FONDAZIONE: 2015
N. BAMBINI: 5
ETÀ: 5-10
N. INSEGNANTI E TIPOLOGIA: 2 accompagnatori e 1 collaboratore
GESTIONE: Informale, i genitori possono contribuire alla creazione e gestione di laboratori.
SPAZIO: Cascina – Fattoria didattica “Il pozzo”
Officina del crescere
Genova
CONTATTI: 339 6625210 - 347 1606889
bambiniliberi@libero.it
www.mareggen.jimdo.com
fb Officina del Crescere
FONDAZIONE: 2012
N. BAMBINI: 10
ETÀ: 3-10
N. INSEGNANTI E TIPOLOGIA: 3 accompagnatori, 1 volontaria. Alcuni genitori svolgono laboratori
GESTIONE: Le famiglie si occupano prevalentemente della parte organizzativa, burocratica e economica; organizzano eventi di promozione del progetto e di autofinanziamento.
SPAZIO: Ex-scuola
SELVA (situazione Educativa Libertaria Vallecamonica)
Darfo Boario Terme (Bs)
CONTATTI: scuolalibertaria@libero.it
FONDAZIONE: 2014
N. BAMBINI: 10
ETÀ: 3-10
N. INSEGNANTI E TIPOLOGIA: 3 accompagnatori/trici, 4 accompagnatori/trici di materia
GESTIONE: Le famiglie partecipano alle attività quali organizzazione di eventi, pulizie, incontri culturali.
SPAZIO: Casa all'interno di fattoria didattica vicino ad un bosco
Tanaliberatutti
Panocchia (Pr)
CONTATTI: 340 0018631 - 320 2249630
manupeluk@libero.it
angimary@libero.it
FONDAZIONE: 2008
N. BAMBINI: 33
ETÀ: 3-11
N. INSEGNANTI E TIPOLOGIA: 2 accompagnatori per la scuola materna, 2 per la scuola elementare, 1 per la scuola media
GESTIONE: Le famiglie sono parte integrante del progetto, dal punto di vista pedagogico e economico. Si occupano delle pulizie e delle iniziative promozionali. Al pomeriggio propongono laboratori in base alle loro competenze (falegnameria, capoeira, danza, arte, massaggi e altro). La scuola è interamente sostenuta dalle rette dei genitori.
SPAZIO: Corte in campagna
Piccola scuola libertaria Kether
Avesa (Vr)
CONTATTI: 339 5441739
piccolascuolalibertaria@gmail.com
www.kether.it
FONDAZIONE: 2012
N. BAMBINI: 21
ETÀ: 3-14
N. INSEGNANTI E TIPOLOGIA: 3 accompagnatori stabili, 3 accompagnatori di materia, numero vario di accompagnatori per laboratori
GESTIONE: Il progetto è integralmente autogestito dalle famiglie che aderiscono.
SPAZIO: Edificio in affitto con giardino e accesso ai boschi
Ubuntu
Abbiategrasso (Mi)
CONTATTI: 333 3979255
dallapartedelbambino@gmail.com
FONDAZIONE: 2013
N. BAMBINI: 23
ETÀ: 3-14
N. INSEGNANTI E TIPOLOGIA: 4 accompagnatori stabili, 3 collaboratori di materia, 3 genitori accompagnatori, 1 bambino accompagnatore
GESTIONE: I bambini stabiliscono le attività e le proposte didattiche insieme agli accompagnatori di riferimento. Si svolgono anche attività autogestite dai bambini.
SPAZIO: Cascina nel Parco del Ticino
Prataioli
Pavullo nel Frignano (Mo)
CONTATTI: 366 3211487
iprataioli@gmail.com
FONDAZIONE: 2013
N. BAMBINI: 9
ETÀ: 3-7
N. INSEGNANTI E TIPOLOGIA: 2 accompagnatori/trici
stabili, 3 accompagnatrici a tempo parziale, diversi volontari
GESTIONE: I genitori hanno un ruolo attivo nel progetto e si incaricano anche delle pulizie e dei pasti. Garantiscono l'esistenza del progetto, contribuendo attivamente.
SPAZIO: Casa tra prati e boschi
Urupia
Comune Urupia, San Marzano di
San Giuseppe (Ta)
CONTATTI: comune.urupia@gmail.com
urupia.wordpress.com
fb Urupia educazione libertaria
FONDAZIONE: 2014
N. BAMBINI: 7
ETÀ: 4-10
N. INSEGNANTI E TIPOLOGIA: 5 accompagnatrici
GESTIONE: I genitori partecipano attivamente alla gestione della scuola, occupandosi dell'organizzazione materiale, delle pulizie, dei pranzi e delle iniziative. Il progetto è sostenuto economicamente dalle famiglie. e materialmente e politicamente dalla Comune.

SPAZIO: All'interno della Comune Urupia
Fucina Buenaventura
Piumazzo (Mo)
CONTATTI: 370 3343109
fucinabuenaventura@gmail.com
fb Fucina Buenaventura
www.fucinabuenaventura.wordpress.com
FONDAZIONE: 2014
N. BAMBINI: 6
ETÀ: 3-9
N. INSEGNANTI E TIPOLOGIA: 2 accompagnatori stabili, 12 volontari
GESTIONE: La Fucina Buenaventura è un'associazione di promozione sociale autofinanziata.
SPAZIO: Porzione di villa in campagna
I Saltafossi
Cadriano (Bo)
CONTATTI: assmerzbau@gmail.com
www.associazionemerzbau.wordpress.com
FONDAZIONE: 2010
N. BAMBINI: 30
ETÀ: 4-14
N. INSEGNANTI E TIPOLOGIA: 5 accompagnatori/trici, 4 insegnanti di materia, diversi volontari ed esperti
GESTIONE: Il progetto è autofinanziato dalle famiglie e da varie iniziative sociali.
SPAZIO: Casa in campagna
Lilliput
Osimo (An)
CONTATTI: 348 7855961 - 347 7529732
lilliput2009@hotmail.it
FONDAZIONE: 2009
N. BAMBINI: 12
ETÀ: 1-3
N. INSEGNANTI E TIPOLOGIA: 3 accompagnatori/trici
GESTIONE: I genitori collaborano attivamente attraverso lavori manuali da svolgere, materiali da costruire, incontri pedagogici, assemblee logistiche e di confronto.
SPAZIO: Casa comunale in spazio pubblico
Serendipità
Villa San Paterniano, Osimo (An)
CONTATTI: 348 7855961 - 347 7529732
lilliput2009@hotmail.it
FONDAZIONE: 2013
N. BAMBINI: 25
ETÀ: 3-9
N. INSEGNANTI E TIPOLOGIA: 8 accompagnatori/trici
GESTIONE: I genitori collaborano attivamente attraverso lavori manuali da svolgere, materiali da costruire, incontri pedagogici, assemblee logistiche e di confronto.
SPAZIO: Casa in campagna


... e le nuove realtà

NOME E LOCALITÀ
CONTATTI
Emilia Romagna
LIBERE IMPRONTE
San Giovanni in Persiceto (BO)
libereimpronte@gmail.com
fb libereimpronte
Sara 3394051417, Massimo 3200846154
GRUPPO DI PEDAGOGIA LIBERTARIA
Reggio Emilia (c/o Circolo Berneri)
pedagogialibertaria_re@autistici.org;
Eliana 3388235396
https://gruppopedagogialibertariare.wordpress.com/
fb Gruppo Pedagogia Libertaria Reggio Emilia
A TESTA IN GIÙ
Rimini
atestaingiu@outlook.com
3342833915, Valentina 3391786202, Andrea 3491361844
fb A_testa_in_giù
Friuli Venezia Giulia
IL CERCHIO NEL BOSCO
Trieste
ilcerchionelbosco@gmail.com,
Anna 3396194346, Laura 3391660655
Lazio
SOQQUADRO
Roma
giadatognazzi@gmail.com, lazio@educazionelibertaria.org
www.maninpiedi.it
Lombardia
ASSOCIAZIONE CULTURALE MANDALA - Bambini felici in Valtellina
Postalesio (SO)
educazionelibertariavaltellina@gmail.com,
Daniela 3385899590
fb Mandala: bambini/e felici in Valtellina
BAMBORIN
Milano (c/o La Scighera)
bamborin@inventati.org,
gaia@scighera.org
SCUOLA LIBERTARIA NORD MILANO
Nord Milano (c/o Centro Sociale Sos Fornace)
scuola.libertaria.brianza@gmail.com
http://scuolalibertariabrianza.noblogs.org
Piemonte
LIBERTANDO IN VAL SUSA
Val Susa
libertandoinvalsusa@gmail.com
Maria 349 4745284
fb libertando Invalsusa
Toscana
POGGIO D'ORO
Montalcino (Siena)
giocoscoproimparo2016@gmail.com, claudia.mason@libero.it, fatasilvia@gmail.com
Claudia 3403641194, Silvia 3479149996
Umbria
CARTA BIANCA
Valfabbrica, Assisi (PG)
marchionni.sara@libero.it
Sara 3405323096
Veneto
I PISSACANI
Padova (c/o Associazione di Promozione Sociale “I semi del tarassaco”)
info@pissacani.it
Manuele 3494268462, Francesco 0498715992
fb Educazione Libertaria Padova
http://www.pissacani.it
BIA
Rovigo
bia.femminilenaturale@gmail.com
Irene 3288234951, Chiara 3386893035
fb Bia
Gruppo fb chiuso (Scuola Libertaria Rovigo) al quale gli interessati e i curiosi possono chiedere di iscriversi


Che cos'è la Rel?

di Thea Venturelli

Attiva da una decina di anni, la Rete per l'Educazione Libertaria si è andata consolidando ed estendendo.
Metodologie e obiettivi.


La Rel - Rete per l'Educazione Libertaria - nasce dalla volontà di donne e uomini che, provenienti da diversi percorsi formativi e lavorativi, nel pubblico o in progetti autorganizzati, sperimentano pratiche educative alternative in progettualità comunitarie. La spinta alla creazione della rete è stata data dal desiderio di confronto tra progetti che muovono la loro ricerca teorica e pratica in chiave libertaria, mettendo al centro della propria riflessione il ruolo di bambini e bambine, ragazzi e ragazze.
Fanno parte della rete anche genitori, studenti e altri soggetti interessati a conoscere, confrontarsi e riflettere intorno a un differente modo di pensare e vivere l'educazione.
La Rel ha come obiettivo la crescita delle diverse esperienze, e di chi ne fa parte, attraverso la condivisione di conoscenze, esperienze e pratiche, avvalendosi di molteplici strumenti culturali quali l'organizzazione di seminari – incontri – convegni, la raccolta e divulgazione di materiali e documentazioni relative alle esperienze in atto, la diffusione della storia del pensiero e delle pratiche educative libertarie, la redazione e l'aggiornamento di una bibliografia e filmografia specifiche, la produzione di documenti di critica e di riflessione. Accanto a queste attività un ruolo centrale ha il supporto educativo, didattico e culturale offerto alle esperienze in atto o nascenti; il sostegno mutualistico, offerto da chi ha competenze e pratiche da poter condividere, ha permesso di allargare significativamente il numero delle realtà che si riconoscono in questo percorso, creando un circuito in continuo movimento ed evoluzione. La rete è operativa già da diversi anni e ormai, accanto alle presenze e realtà “storiche”, che le hanno dato vita e ne hanno segnato il percorso, se ne sono affiancate diverse altre sparse sul territorio italiano.
La consapevolezza che un percorso educativo è essenzialmente un percorso politico, il ritenere l'educazione lo strumento privilegiato per un significativo e radicale cambiamento sociale che parta dal singolo individuo: questi sono i punti di partenza per una pratica quotidiana che impegna tutti i mezzi a disposizione di chi ha deciso di accompagnare le donne e gli uomini di domani nel loro percorso di crescita, operando contro ogni autorità che mortifichi l'essere umano e ne ostacoli la libera e soggettiva espressione.
Per una società senza deleghe dove uomini e donne siano protagonisti attivi e non più spettatori obbedienti di un mondo organizzato per mantenere i privilegi di pochi a discapito della felicità di tutti gli altri.
Visitando il sito è possibile leggere i documenti fondativi, la storia e le caratteristiche di questa rete che rappresenta in Italia l'unica organizzazione (per quanto molto libertaria) che raccoglie le esperienze educative che dichiaratamente si richiamano ai principi libertari e che liberamente si sono associate. Ogni anno vengono promossi seminari e incontri per scambi e confronti di esperienze concrete, si promuovono appuntamenti nazionali aperti anche ai semplici interessati e si elaborano opportuni approfondimenti sia culturali che educativi, sia rispetto a specifiche e concrete tematiche, sia progettazioni e supporti a gruppi nascenti. Una sorta di mutuo appoggio costante e continuativo caratterizza, in uno spirito antigerarchico e antiautoritario, ogni incontro e ogni confronto.

Thea Venturelli
www.educazionelibertaria.org

Rete educazione libertaria
7° incontro nazionale

Il prossimo incontro nazionale della Rete si svolgerà presso la scuola Ubuntu nel parco del Ticino ad Abbiategrasso (Milano) sabato 10 e domenica 11 settembre 2016.
L'incontro, aperto a tutt*, si svolgerà, come di consueto, con momenti di discussione seminariale su argomenti vari e riunioni plenarie di confronto e sintesi. Sarà possibile anche campeggiare e sostare con camper oltre che trovare sistemazione in strutture ricettive vicine. Tutte le informazioni necessarie sullo svolgimento dei lavori, le modalità di iscrizione, i costi e le proposte di argomenti per la discussione, sono pubblicati nel sito della Rete.
Questo appuntamento rappresenta un momento importante per i membri della Rete e per quanti sono interessati ai temi e alle problematiche dell'educazione libertaria e costituisce un gioioso e vivace appuntamento che favorisce lo scambio e la relazione attiva e partecipe dei convenuti.

www.educazionelibertaria.org



Che cos'è l'Eudec?

di Marina e Maura Melotti

La Comunità europea per l'educazione democratica rappresenta circa 60.000 persone, 60 gruppi, 43 scuole. Si batte per promuovere questo tipo di educazione in tutti gli stati e per sostenere concretamente le esperienze pratiche in tal senso. Inoltre...

L'EUDEC, ovvero European Democratic Education Community (http://www.eudec.org), la Comunità europea per l'educazione democratica, è un'organizzazione no profit fondata nel 2006, con sede a Lipsia, in Germania. Si prefigge l'obiettivo di promuovere i principi e le pratiche dell'educazione democratica affinché diventino modello e ispirazione dei sistemi educativi di tutti gli stati democratici. Membri di EUDEC sono individui, scuole e istituzioni che in tutta Europa hanno una lunga esperienza di educazione democratica. EUDEC si fa portavoce delle loro conoscenze e della loro esperienza attraverso varie modalità: promuove e sostiene contatti tra scuole, università e organizzazioni, fornisce supporto a gruppi intenzionati a fondare esperienze di educazione democratica, organizza annualmente seminari e conferenze, promuove partnership e scambi tra scuole, offre opportunità per visitare alcune scuole democratiche in Europa, pubblica informazioni sulle teorie e le pratiche dell'educazione democratica, mantiene un sito costantemente aggiornato sui temi dell'educazione democratica. Una delle caratteristiche distintive di EUDEC è il ruolo attivo assegnato alle scuole e agli studenti stessi, attori in prima persona in qualità di singoli membri, rappresentanti nel consiglio di EUDEC, o organizzatori di conferenze, eventi e programmi promossi periodicamente dall'organizzazione.
EUDEC fa parte della Rete internazionale per l'educazione democratica (IDEN http://www.idenetwork.org) fondata nel 1993 e che ogni anno, in collaborazione con le varie scuole e organizzazioni esistenti in tutti il mondo, organizza una conferenza in un continente diverso (International Democratic Education Conference o IDEC). Anche EUDEC, in collaborazione con IDEN, organizza annualmente una conferenza europea aperta a tutti, membri e non. La conferenza annuale IDEC-EUDEC del 2016 si è svolta dal 6 al 10 giugno a Mekkeli, in Finlandia.

I numeri di EUDEC

Al momento EUDEC rappresenta:
circa 60.000 persone e 60 gruppi appartenenti a 29 paesi, per un totale di circa 58.000 studenti;
43 scuole
24 start-up
3 organizzazioni: la Bundesverband der Freien Alternativschulen (BFAS), Associazione delle scuole libere alternative della Germania, la Phoenix Education Trust, fondazione britannica che sostiene la promozione dell'educazione democratica nel Regno Unito e la Union der Schülerorganisationen (USO), l'Unione svizzera delle organizzazioni degli studenti;
200 membri singoli.

Gli obiettivi di EUDEC

- Promuovere e sostenere tutte le esperienze di educazione democratica in Europa.
- Promuovere l'educazione democratica quale modello di educazione possibile in tutti gli stati democratici.
- Stabilire nella giurisprudenza il diritto a fondare e frequentare scuole democratiche
- Fornire sostegno pratico alle esperienze di scuole democratiche già esistenti o a gruppi che vogliono dare vita a un'esperienza di scuola democratica, mettendoli in contatto con scuole ed esperienze esistenti.
- Facilitare e promuovere lo scambio di informazioni tra le scuole democratiche esistenti in Europa e creare connessioni e legami di collaborazione tra scuole, condividendo pratiche e saperi.
- Fornire supporto e informazioni, disseminare pratiche e programmi presso università e centri di formazione perché i futuri insegnanti possano avere una comprensione pratica dei principi e dei fondamenti dell'educazione democratica e delle implicazioni che questa comporta per gli insegnanti stessi, gli studenti, gli ambienti educativi e gli stati democratici.

EUDEC si propone dunque come una rete europea di coordinamento, promozione e supporto delle esperienze di educazione democratica. Inoltre, poiché le scuole e le esperienze di educazione democratica non sono ancora diventate prassi in molti paesi europei, EUDEC opera in particolare affinché l'educazione democratica sia riconosciuta a livello nazionale ed europeo come una tradizione consolidata, poiché non si tratta di una pratica sperimentale, ma di un'esperienza quasi centenaria, che vede nella scuola di Summerhill, fondata nel 1921 in Inghilterra, uno dei primi esempi pratici ancora vivi e pulsanti. Oltre alla creazione di una rete europea di supporto e condivisione tra esperienze esistenti, EUDEC si propone dunque l'obiettivo di disseminare idee e pratiche democratiche a un livello più ampio e sensibilizzare educatori, insegnanti, scuole e istituzioni nazionali a riconoscere e utilizzare tali pratiche come elemento fondante del loro operare.

Marina e Maura Melotti


Ateneo degli Imperfetti - Laboratorio libertario Marghera (Venezia)

di Fiorenzo Urso

Un'esperienza originale, niente a che fare con scuole o altro. Un modo di vivere la socialità, tra adulti, con un occhio attento alle relazioni libertarie. Senza disdegnare mangiate e bevute...

Strani soggetti noi libertari, costretti a vivere in prima persona l'ossimoro di essere “rivoluzionari senza rivoluzione”, testimoni cioè di una mancanza che può annichilire oppure, così vogliamo pensarla, ci può condurre ad una ricerca che include la mancanza e si nutre di essa. Quel “sapere di non sapere”, faticosamente acquisito negli anni oltre a quanto finora detto anziché confinarci in sterili solipsismi ha agito da stimolo per realizzare il nostro “Ateneo degli Imperfetti”, circolo, gruppo, centro sociale, ecc., a noi piace pensarlo e considerarlo nell'ironica particolarità del suo nome che ben descrive la fiera testimonianza di imperfezione rappresentata dai suoi aderenti.
Da molti anni esiste questa realtà che inizialmente ci vide transumanti presso vari ed improbabili luoghi: officina fabbrile, bar con annesso gioco bocce, prestigiosa villa veneta, ecc. per approdare infine all'attuale “casetta” in località Rana a Marghera, mitica zona di lotte operaie, all'epoca popolata da un marxiano lumpenproletariat ormai svanito, a seguito degli implacabili processi di dismissione ed ora luogo di frequentazione delle nuove e numerosissime “marginalità” sociali. L'Ateneo in tutto ciò rappresenta un “Forte Apache”, luogo di resistenza culturale dove si susseguono incontri con autori ed umanità varia per affrontare le tematiche più disparate che spaziano dalla filosofia, all'arte, all'economia, alla politica, all'attualità, ecc. nella ricerca di un'ottica particolare, di un'analisi originale tesa a demolire, a disambiguare luoghi comuni e semplificazioni nella consapevolezza dell'assoluta complessità del reale.
L'Ateneo costituisce un esempio pratico di autogestione, non godendo, infatti, di alcun “appoggio” che non sia riconducibile alla mente e alle tasche dei suoi aderenti, non deve conseguentemente onorare alcun debito, una piena autonomia insomma che ci consente di sperimentare quel percorso che va sotto il nome di educazione permanente fatta di ricerca e di confronto. Può essere considerato una versione attuale delle gloriose Università Popolari o delle Accademie Proletarie di storica memoria, ma si caratterizza soprattutto, nei metodi e nelle pratiche, come uno spazio nel quale uomini e donne promuovono una feconda e interrogativa auto-educazione, attraverso un confronto vero e aperto.
Gli argomenti vengono individuati e discussi collettivamente, cercando di soddisfare le varie istanze. È una realtà esperienziale che nel suo percorso prende le distanze da ogni trionfalismo o da ribellismi troppo spesso stagionali. Risponde a una necessità ed è frutto di una volontà, infatti se da un lato risulta sempre più problematica la comprensione del reale, intesa anche come autodifesa dall'immane valanga di istupidenti messaggi veicolati dai vari mezzi di comunicazione, dall'altro vi è la volontà di rinnovare continuamente una visione originale di ciò che accade, con una lettura libertaria. Una critica attenta dell'esistente e una contestazione dell'ordine sociale dato.
Questo modo di procedere “libertario” risponde al desiderio-necessità di compiere un lavoro, in primis su di noi, allargato a quanti, spinti da puro interesse scelgono di partecipare e finora la partecipazione ha superato qualsiasi aspettativa dimostrando come vi sia la necessità di confronto e discussione che non trovano accoglienza nei luoghi istituzionalmente deputati. Non dobbiamo però pensare all'Ateneo come fosse il materializzarsi di quel minaccioso e straziante rito che sotto il nome di “Dibattito” concludeva le rassegne di film “d'essai”; a scanso di equivoci e nel rispetto dell'aforisma di G.B. Shaw che così recita: “Le cose più belle della vita o sono immorali o sono illegali o fanno ingrassare”, terminiamo puntualmente gli incontri con sostanziose e iperproteiche cene dove improvvisati cuochi e professionali masticatori si confrontano all'ultima forchettata.
Insomma noi resistiamo, continuiamo a graffiare e rivoltare quella dura e sterile crosta che sembra avere ricoperto tutto, per riportare alla luce quei semi di libertà, quelle esperienze, che incredibilmente sono ancora presenti e capaci di germogliare. O almeno ci proviamo.

Fiorenzo Urso
www.ateneoimperfetti.it
digasta@tin.it


Pensare senza corrimano

di Silvia Bevilacqua e Pierpaolo Casarin

Appunti (a tratti refrattari) per una pratica di filosofia a scuola.

Ma lì, dove s'inventano i sogni,
diversi per entrambi non bastavano,
Uno noi ne vedemmo, ma di una forza
Come quando irrompe primavera
1965, Anna Achmàtova

Pensare insieme
Quando un amico chiede di “raccontare ciò che fai” ci si avvicina sempre un senso di leggero disagio e di inadeguatezza. Questo perché pensiamo che raccontare un'esperienza di pratica di filosofia a scuola porti con sé una sorta di tradimento della parola vivente. Perciò per ovviare a questa difficoltà, ma tenendo a cuore l'impegno preso, prenderemo spunto da qualcosa che, in ciò che “facciamo” nell'esperienza, appare muto e senza parole e che tuttavia dice, induce, forma, dispone, organizza a volte struttura, condiziona, libera, trasforma, invita e incidenta il nostro modo di stare al mondo. Ci riferiamo a quello spazio in cui, quotidianamente, si entra per fare ciò che si è immaginato di fare: nel nostro caso incontrare ragazzi e ragazze, insegnanti, bambine e bambini per pensare filosoficamente insieme.
Cercheremo di farlo agitando alcune provocazioni da rivolgere anche a noi stessi, quasi vi fosse fra noi due che scriviamo un facilitatore riluttante, forse un critico della pratica che cerca di non accontentarsi, non dà nulla per scontato e radicalizza le questioni in gioco. Affronta, in modo un po' irriverente, le stesse pratiche libertarie che riteniamo fondamentali e talvolta indiscutibili e in qualche modo legittime per definizione.
Ci addentriamo così senza corrimano, forse in modo decostruttivo, in questa riflessione con l'intenzione di lasciare spazio non solo a “spiegazioni” ma a libere “intuizioni”, mantenendo una posizione sul confine del “nostro modo di vedere le cose”.
Un gioco, una provocazione a noi stessi, un modo per destabilizzarci per ritrovare nuovi assetti e confluenze in possibili aree di libertà. Esercizi per possibili, giusto per riprendere una suggestione molto frequentata, zone temporaneamente autonome.
Lo spazio che incontriamo, la scuola statale, ha tendenzialmente una storia, uno stare e un sostare che ha in sé codici, regole, espressioni dei soggetti che lì già sono.
Venendo da fuori e portando un invito al pensiero libero e critico non possiamo ritenere con presunzione che ciò che andremo ad incontrare sia completamente da trasformare.
Se abbiamo imparato qualcosa, in questi anni di esperienza di pratiche libertarie, fra cui riteniamo siano annoverabili anche la philosophy for children e alcune pratiche di filosofia, c'è il metterci, innanzitutto, in ascolto paziente con ciò che si incontra, in una tensione che Simone Weil avrebbe chiamato di «attenzione» e Iris Murdoch di «nostalgia del particolare».
Non possiamo nemmeno trascurare il fatto che, nella scuola statale, si è obbligati a frequentare e le attività che si fanno sono, tendenzialmente, scelte dagli adulti e che, proprio in virtù di ciò, sentiamo una ulteriore responsabilità nel parlare di pratiche libertarie. Detto questo, già sufficiente per aprire un'interessante riflessione, quando si entra in una scuola chiediamo di poter entrare in relazione con lo spazio di pensiero, cerchiamo una disposizione di sguardi e di ascolto, tendenzialmente in cerchio; lasciamo emergere domande, mettiamo in relazione pensieri, concetti, idee e punti di vista, opinioni in un clima, per quanto possibile, privo di valutazione o giudizi morali.

Spazi in divenire
Non ci è concesso accettare così facilmente questa riflessione. Ci sorprende ostinatamente una prima domanda: si è sicuri che quanto abbiamo prima accennato in merito al cerchio e alla sua presunta condizione di libertà sia qualcosa che funzioni sempre e che davvero garantisca spazi di agibilità e coinvolgimento? E se fosse, invece, semplicemente un'architettura fittizia che ci fa credere di vivere liberamente la nostra assenza o scarsezza di libertà?
Se saltasse fuori lo spirito divergente di un ragazzo o di una ragazza, di un bambino o di una bambina, auspicabile e temibile al tempo stesso, che li o le inducesse ad affermare che nel cerchio non si sentono bene perché non è una disposizione nello spazio che ognuno ha scelto autonomamente? Cosa potremmo fare?
Siamo così sicuri del nostro setting o ci sentiamo banalmente sicuri nel nostro setting?
Nel rispondere al nostro riluttante immaginario interlocutore, respiriamo, e poi riorganizziamo. Sempre in cerchio, appunto.
Immaginiamo che questa disposizione faciliti gli sguardi, favorisca la disposizione all'ascolto e promuova la serenità dell'incontro. La pluralità della pluralità. La pratica di filosofia a scuola si presenta come un esercizio che offre possibilità, disponibilità a creare uno scarto fra le abitudini dello spazio dell'aula abituale, muovendone quei confini che si ritenevamo già definiti e chiari.
L'aula, così pensata, si apre, può divenire spazio vitale, non previsto, che predilige lo scambio, la possibilità all'ascolto. Forse si tratta di qualcosa di insufficiente, ma “mettersi in cerchio” è metafora di una tensione, di impegno, di coinvolgimento critico. Si tratta di prendersi il diritto, insegnanti e alunni/e insieme, di trasformazione e di immaginazione. Qualcosa muta, possono mutare alcune abituali prospettive, alcune postazioni solitamente cristallizzate.
Ecco ciò che potremmo rispondere a noi stessi, a quella parte di noi che rimostra che interroga la proposta che non sembra del tutto paga nemmeno di questa trasformazione.
Si, il cerchio è un invito alla destabilizzazione dell'abituale setting dei consueti rapporti di potere che in esso prendono forma. È un invito, un proposito libertario. Forse non l'unico, non il migliore, ma un tentativo.
Eppure ancora qualche pensiero ribolle, giungono altre riflessioni. Si tratta di far si che una condizione di vicinanza riflessiva, di reciprocità ci trasformi permetta un dialogo. Si potrebbe, forse, parlare di uno spazio in divenire che ha il suo tempo nell'esperienza stessa. È acquisito, almeno da una certa tradizione di riflessione sull'architettura delle relazioni di potere che la frontalità dell'aula1 generi uniformità e direzionalità dell'attenzione (tendenzialmente all'insegnante), sospendendo la possibilità di un confronto in cui tutti i soggetti in gioco possano avere equità di ascolto e possibilità d'intervento. Se riflettiamo sulla pratica del “fare un discorso a qualcuno” e al potere del privilegio di prendere parola pubblica e all'influenza che tale processo potrebbe esercitare sui nostri potenziali uditori e uditrici, ci si renderà conto che se l'invito della pratica è quello di dare spazio ad un esercizio di pensiero collettivo, di spingersi «nel regno dell'utopia del discorso come dialogo2» non si potrà pensare l'aula solo in cerchio, ma come qualcosa di aperto che diviene spazio della parola e di nascita di pensiero. Zambrano ci direbbe che:

Le aule, aperte e vuote che siano, hanno vita propria. Come si sa, in greco la parola aula designa anche un luogo vuoto, un'apertura, in prima battuta, in seguito una costruzione vuota e disponibile [...] Lo spazio delle aule segnala prima di tutto l'esistenza di una società, uno spazio umano o piuttosto umanizzati; una creazione che è parte della creazione propriamente umana, che prima ancora che in opere d'arte e di pensiero, consiste in una società dove tali possono nascere e vivere. Uno spazio dunque, diremmo poetico3.

E che:

più l'uomo si sente individuo e ha tempo di pensare, più chi è al potere ha la possibilità, e anche l'esigenza, di avere dubbi e parlare a voce alta. Perciò tutti i despoti temono il pensiero e la libertà, perché se riconoscessero questa istanza sarebbero costretti a confessarsi non più da soli, ma a voce alta, a essere cioè delle persone, ad agire da persone quando sono al comando4.

Pertanto la nostra idea di cerchio, anche grazie al facilitatore riluttante e provocatorio che abita le nostre coscienze, ci dirige verso questo spazio in divenire che sembra e ricorda un cerchio imperfetto. In pratica in classe invitiamo ad un cerchio non del tutto definito, manteniamo l'idea di cerchio, la proponiamo a bassa densità autoritaria ovvero un po' convinti, ma non del tutto.
Forse proponiamo una disposizione a semicerchio, la chiusura o apertura del cerchio spetta ai ragazzi e alle ragazze ai bambini e alle bambine.

Aprirsi a moltitudini cominciamenti
Ma ecco che dal nostro corteo ipotetico, a volte un po' benpensante potrebbe prendere altra direzione uno spezzone destabilizzante che domanda: perché lavorate nella scuola statale? Perché accettate la sua logica?
Proviamo a rispondere a questo affondo dicendo che la scuola statale in fondo è la scuola di molti e molte, di chi forse non ha scelto o non ha scelta, di chi forse non ha sempre disponibilità economiche; anche di quelli, per esempio, che non si possono permettere altre esperienze. A volte sentiamo il bisogno di stare là dove le questioni sono più complesse e non si possono del tutto prevedere con l'idea che questa moltitudine che è la scuola abbia ancora qualcosa da dire. Queste risposte non ci riportano alla calma e all'ordine, ma forse a sentirci liberi in questo legame in cui la voce alta va restituita a tutti e tutte.
L'occasione di dire, con propria voce, restituisce quanto ci nutre nel pensare silenzioso di ognuno. L'infanzia ha voce e dovrebbe avere questa occasione per farsi sentire ed essere ascoltata. La filosofia a scuola apre questo spazio, un tempo per il dire, per una libertà d'espressione che si è scardinata e desertificata, un tempo per pensare e domandare ponendosi in una disposizione critica di esperienze da significare.
Siamo arrivati al nodo cruciale o almeno ad uno degli aspetti salienti del nostro modo di operare ovvero il domandare.
Ecco che ritorna deciso il nostro provocatore che dice che la domanda è una finzione, è una risposta mascherata, qualcosa di farsesco e che non garantisce indagine, ma solo retorica conoscitiva.
Dunque, riprendendo il filo del discorso, come andare al cuore delle cose al cuore delle questioni?
Cosa rispondere a questo sussulto improvviso, a questa provocazione che noi stessi rivolgiamo a noi stessi, alla nostra stessa procedura che proprio perché individuata corre il rischio di cristallizzarsi e divenire in qualche modo potere?
Foucault ha messo un po' tutti e tutte in guardia dal liquidare troppo serenamente la questione del potere e del dominio. Possiamo solo, e non è poco, essere insieme con gli altri e le altre impegnati a confrontarci con visioni della vita umana complessa, articolata alla ricerca in un continuo cominciamento.
Immaginare e pensare mondi dovrebbe essere una realtà ipotetica, ovvero quell'attività che l'infanzia ci insegna intesa come condizione di una possibile utopia concreta.
Infanzia che così può pensarsi non solo come ad un'età di vita ma come una condizione umana, un modo di stare al mondo e di amarlo.
«La pluralità umana, condizione fondamentale sia del discorso sia dell'azione, ha il duplice carattere dell'eguaglianza e della distinzione». Questo ci dice Hannah Arendt nelle prime righe del suo capitolo: L'azione in Vita activa. Siamo eguali e siamo plurali, ed ogni esistenza ha diritto a resistere ad istanze omologanti o di sottomissione.
In questo senso ancora Arendt, impegnata nel riflettere sul rapporto fra tradizione e modernità, in Tra passato e futuro avvicina alcune parole decisive: libertà, autorità, istruzione e cultura, riportando l'attenzione su una questione fondamentale:

Anche i bambini che si vorrebbero educare a essere cittadini di un utopistico domani, si vedono in effetti negare il proprio futuro ruolo nella società politica: infatti per loro, per i “nuovi arrivati” ogni cosa “nuova” proposta dal mondo adulto, non potrà essere più vecchia di loro. Caratteristica dell'uomo è che le nuove generazioni crescano in un modo vecchio; e dunque preparare una generazione nuova per un mondo nuovo indica solo il desiderio di strappare dalle mani dei nuovi arrivati l'occasione di farsi proprio nuovo mondo.5

Si tratta di un processo delicato; l'adulto ha una responsabilità nei confronti della tradizione e della memoria; senza finalità particolari si dovrebbe aprire a modalità critiche, di significazione e ri-significazione del passato con un'attenzione e una cura nel custodirlo.
Agnes Heller dirà, nell'intervista Solo se sono libera, che le persone che vogliono essere hanno la necessità di impegnarsi nel luogo in cui abitano.
L'abitare è una pratica, anch'essa, che necessita di cura e attenzione.
In questo senso la pratica della filosofia a scuola, può rappresentare l'occasione per un pensiero critico di abitare il proprio spazio in divenire.
Non si cerca ”un'educazione al pensiero critico o filosofico”.
In questo senso ricordando a memoria Arendt in Sulla rivoluzione: non si tratta tanto liberare altri dall'oppressione (atteggiamento molto autoritario e presuntuoso) quanto piuttosto immaginare insieme che il desiderio di libertà possa essere un modo di vivere politico.
E allora riprendiamo forza nella debolezza della decostruzione e ritorniamo a rispondere: si ben vengano gli inviti al domandare. Sarà ogni bambina, ogni bambino ad assumersi la responsabilità del proprio percorso di ricerca, del proprio livello di apertura nel domandare stesso. Forse a noi il compito di interrogare l'interrogare, di esplorare sino in fondo la domanda che emerge.
Andare così al cuore delle domande.
Chiedere ai tutti di chiedere radicalmente per trovare quel che forse non avremmo chiesto e che ci troviamo a chiedere, ora, per la prima volta. In classe non solo abitiamo la domanda, ma forse ce ne occupiamo.
Sì, le domande vanno occupate o forse, o meglio, ci dobbiamo occupare delle domande farle diventare uno spazio comune, un altro paesaggio di senso, significati e ricerca. La classe che non si lascia accerchiare da una forma desueta ma potrà disporsi ad accogliere la molteplicità rizomatica delle sue possibili linee esistenti o ancora da tracciare.
Potremmo addirittura non sapere più chi siamo e cosa abbiamo provocato. Un campo in cui il temuto scontro e conflitto, fuori dalla retorica della tolleranza e dell'omologazione, prende la forma dell'inesauribile pensare e ripensare.

Coinvolti dal mondo
In una non troppo nota espressione Arendt per esprimerci il suo punto di vista sull'idea di attività di pensiero parla di un “pensare senza corrimano” che così ci descrive:

mentre si scendono e si salgono le scale, ci si può sempre tenere al corrimano per non cadere. Ma noi abbiamo perso questo corrimano. È questo che io mi dico. È questo che io cerco di fare6.

Bisogna perdere il corrimano.
L'idea del pensare che ci mostra Arendt è quella di un'attività liberata da fondamenti, da canalizzazioni precostituite, lontani dal desiderio di una certezza del controllo e del metodo. Così esposti e desiderosi di correre incontro ad un rischio quello che tutto ciò che pensiamo e a volte crediamo, anche se appariva denso di significato e certo, «si dissolve non appena si voglia applicarlo alla vita di tutti i giorni7».
Pensare dunque si rivela un'attività, una pratica, che non si abitua a perseguire una regola ma si attiene a questa considerazione:

Ho sempre pensato che bisogna cominciare a pensare come se nessuno avesse pensato prima, e di cominciare a imparare da ciascun altro8.

Nessun appiglio sicuro, dunque.
Un bisogno che appartiene alla libertà di essere coinvolti dal mondo e di farsi coinvolgere nel mondo. Si tratta di un andare scuola non tanto perché ai bambini e alle bambine, ai ragazzi e le ragazza serva la filosofia quanto piuttosto perché è la filosofia che ha, anch'essa, il bisogno di incontrare ancora il mondo.

Silvia Bevilacqua e Pierpaolo Casarin

Note
  1. In merito, davvero interessante come Peter Tillberg artista svedese, in un quadro del 1972, dal titolo: Diventerai utile bambino mio? rappresenti e inviti a riflettere sulla questione dello “spazio che uniforma” e sottrae dall'autonomia di pensare, fantasticare, immaginare e costruisce invece il terreno all'apatia degli sguardi e dell'interesse per cui unica via di fuga resta la distrazione verso il mondo che è fuori.
  2. C. Wolf, Parla, così ti vediamo, edizioni E/O, Roma 2015, p. 44.
  3. M. Zambrano, Per amore e per la libertà, scritti sulla filosofia e l'educazione, Marietti Genova, 2008, p. 63.
  4. M. Zambrano, Persona e democrazia, Bruno Mondadori, Milano, 2008, p.20.
  5. H. Arendt, Tra passato e futuro, Vallecchi, Firenze 1961, p.193.
  6. Micromega, 8/2006, Il pensiero politico senza corrimano, p. 175.
  7. H. Arendt, La vita della mente, Il Mulino, Bologna, 2009, p. 271.
  8. Micromega, 8/2006, Il pensiero politico senza corrimano, p. 175.

Dentro la scuola statale

di Francesco Giordano

Un insegnante della scuola primaria (elementari) riflette su spazio, limiti ed esperienze concrete all'interno della scuola statale.

Non ci soffermeremo molto sui “molti” limiti della scuola statale d'oggi, basti pensare anche solo alle recenti “innovazioni” della Buona scuola e come queste stiano sempre più marcando la tendenza alla “amministrativizzazione” della relazione educativa. È una tendenza a trasformare i processi (educativi) in procedure standardizzate per cui non ci sono più i bambini e bambine ma DSA, ADHD, BES e gli STRANIERI ognuno con il relativo protocollo di gestione e valutazione. Queste nuove forme di cultura “efficientista”, riduzionista e autoritaria si affiancano a quelle tradizionali quali la parcellizzazione dei saperi compressi in discipline e relativi programmi; la valutazione dei “contenuti” e relative (?) “competenze” in modo sempre più standardizzato attraverso l'uso di test in cui la risposta attesa non dà alcuno spazio ai diversi saperi dei bambini/e; i percorsi di apprendimento a successione lineare; la suddivisione di gruppi di apprendimento per età; la centralità dell'ambiente classe come ambiente di apprendimento, ecc...

Acquisizione graduale di un metodo di studio

In questo contesto un educatore libertario deve giornalmente costruire nel sistema “isole” di autonomia, che attraverso un chiaro “patto” con l'utenza (le famiglie) gli permetta di offrire ai bambini/e un percorso di crescita quanto più sereno e rispettoso delle proprie individualità ed intelligenze. Sono sempre più convinto che anche in un contesto così “avverso” un buon educatore possa trovare spazi di apertura verso un rapporto educativo autentico fondato sull'attenzione e sul rispetto reciproco.
È necessario quindi cominciare con un vero e proprio “patto educativo didattico” con le famiglie garantendo (nella scuola primaria è possibile gestirsi un arco di tempo sufficiente) gli obiettivi educativi e didattici necessari per poter affrontare il successivo ciclo scolastico delle medie inferiori svincolandosi da rigide programmazioni annuali preconfezionate, certi del fatto che i tempi dettati dagli interessi dei bambini/e e dalle casualità offriranno ampi e più motivati appigli per sviluppare i contenuti e le abilità necessarie. Una scelta, una volta molto più praticata dagli insegnanti, che agevola questa impostazione didattica è la scelta della biblioteca alternativa ai testi scolastici. Scelta che fa parte dell'autonomia di metodo di insegnamento dei docenti (il fatto che sia sempre meno praticata è un segno di un preoccupante adeguamento ad un modello unico proposto dalle case editrici) e che favorisce, attraverso l'uso collettivo di testi tematici di consultazione e studio, l'acquisizione graduale di un metodo di studio fondato sulla ricerca personale o di gruppo.
Altro elemento fondamentale è la valutazione. Il docente è obbligato ad esprimere una valutazione quadrimestrale numerica ma non c'è nessun obbligo ad estendere questa pratica poco rispettosa delle singole individualità e percorsi di apprendimento dei bambini/e. L'alunno va guidato verso una consapevole soddisfazione del proprio percorso di evoluzione personale e questo è più facilmente raggiungibile se non si sente giudicato dagli adulti con un numero che lo definisce e cataloga ma incoraggiato nel suo percorso con consigli e/o conferme che lui stesso può esprimere.

Pratica quotidiana

Nel contesto quotidiano si può cercare di strutturare l'aula in modo flessibile. Una disposizione a cerchio favorisce la circolarità relazionale ma deve esser possibile fare ampi spazi di lavoro o isole per piccoli gruppi. L'inizio della giornata può esser dedicato ad un momento di incontro e discussione. Nelle mie classi lo chiamiamo “accoglienza” ed ognuno può raccontare qualcosa di sé o porre domande su curiosità o problemi di relazione con altri. Questa pratica quotidiana oltre a favorire la relazione sviluppa nel tempo qualità espressive e di ascolto. Problemi più complessi o decisioni che riguardano l'organizzazione del gruppo nelle varie attività vengono discusse in vere e proprie assemblee di classe che vengono richieste dai bambini/e o dagli insegnanti quando si ritiene necessario.
Negli ultimi dieci anni di insegnamento ho potuto veder crescere in una piccola frazione del mio territorio un'esperienza di scuola che aveva fondato la sua peculiarità nell'ambiente familiare di apprendimento. A piccoli passi in questa scuola si era riusciti a destrutturare parzialmente alcuni postulati della scuola tradizionale. Pochi insegnanti e pochi bambini, una comunità che si aggirava tra i 60 e i 70 alunni/e con la presenza di una pluriclasse. Progetti di plesso espressivi e manipolativi a classi aperte (gruppi di bambini/e di età diverse) con il coinvolgimento di genitori e nonni. Ogni insegnante interveniva in tutte le classi. Spazi comuni di lettura e gioco. “Tutti per tutti” era questo lo spirito della scuola. Ogni insegnante conosceva tutti i bambini/e e ogni bambino/a conosceva tutti gli insegnanti.
Le programmazioni erano collettivi su cui discutevamo ogni singolo problema o progetto. Era in atto un progetto di tutoraggio dei bambini/e più grandi nei confronti dei più piccoli e spesso piccoli conflitti non venivano neanche posti agli insegnanti ma risolti tra loro stessi. Tutte pratiche che costituiscono “tensione” verso una più libera e consapevole partecipazione dei ragazzi/e alle attività educativo/didattiche.
Ma le piccole scuole non sono riconosciute quali luogo di eccellenza della relazione educativo-didattica, bensì come spesa e quindi destinate alla chiusura (come appunto è capitato a questa esperienza) a favore di IPERmercati dell'(d)istruzione dove le relazioni, l'attenzione e la cura vengono compresse da necessità organizzative “funzionali”.

Francesco Giordano


Statale libertario? Un ossimoro

di Maurizio Giannangeli

Il contesto della scuola statale è negativo. Ma a volte la relazione personale prevale sul contesto. La difficile e sofferta esperienza (e riflessione) di un insegnante in un istituto statale superiore.

Domande ricorrenti
Quasi in tutti gli incontri nazionali organizzati dalla Rel sono state poste le seguenti domande: non è meglio promuovere una trasformazione della scuola di Stato in senso libertario anziché investire energie nella costruzione di realtà educative 'altre'? Le esperienze educative libertarie e la scuola di Stato non possono contaminarsi, intrecciarsi e in modo virtuoso modificarsi?
Osserviamo la questione con due sguardi per ora separati. Il primo è relativo al sistema scolastico istituzionale alla luce delle direttive europee; il secondo è più interno al quotidiano, ossia guarda alla relazioni nell'apprendimento ed alla loro possibilità di essere autentiche e significative, o di non esserlo. Risposte, per ora, non ce ne sono.

Il sistema scolastico nell'Europa del XXI secolo
«Finché non si percepisce il dominio come tale, finché non entra nel campo del pensabile e le forme di resistenza che produce non sono vissute come tali, non si danno le condizioni di possibilità dell'anarchia e questa, semplicemente, non esiste.» Tomás Ibáñez, Anarchismo in movimento, Elèuthera, Milano, 2015

Se osserviamo il 'sistema scolastico' Statale entro l'orizzonte delle indicazioni europee questo appare chiuso in una radicale impossibilità di cambiamento e di trasformazione. La scuola di Stato in quanto istituzione che replica e mantiene l'ordine politico e sociale vigente appare sempre più determinata a ribadire e rinforzare il carattere ineluttabile dell'esistente, a sostenere la necessità di adeguarsi al presente. In ambito pedagogico protocolli e modelli europei impongono da anni la loro risposta alle 'sfide del presente' con un lessico che è espressione di un'ideologia che impone il dettato di inserire, integrare e includere le nuove generazioni nella società così come essa è. Ancora una volta ci viene detto cosa la Scuola deve 'formare'. Un tempo era “la classe dirigente”, oggi sono “i cittadini della società della conoscenza”.
Si tratta ancora una volta di riuscire a persuadere e a plasmare le coscienze grazie a presunti valori oggettivi, occultando con abilità quanto questi siano di fatto il frutto di una interpretazione di parte, in modo da imporli più facilmente e farli accettare come necessari per il bene di tutti/e. È così che, a partire da protocolli e modelli imposti a livello europeo, le istituzioni scolastiche dei diversi Stati membri si stanno piano piano adeguando, almeno nella definizione dei presupposti e delle finalità, ad una scuola omologata e omologante.
Nell'allegato alla «Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l'apprendimento permanente (2006/962/CE)» si trovano precisati Contesto ed obiettivi: «Dato che la globalizzazione continua a porre l'Unione europea di fronte a nuove sfide, ciascun cittadino dovrà disporre di un'ampia gamma di competenze chiave per adattarsi in modo flessibile a un mondo in rapido mutamento e caratterizzato da forte interconnessione. L'istruzione nel suo duplice ruolo — sociale ed economico — è un elemento determinante per assicurare che i cittadini europei acquisiscano le competenze chiave necessarie per adattarsi con flessibilità a siffatti cambiamenti.»

Didattica delle competenze

Dal linguaggio utilizzato risulta evidente come l'impianto del 'sistema scolastico' europeo imponga ai diversi sistemi nazionali di far ricorso, nelle loro politiche scolastiche e nei loro piani di 'riforma', a 'tecniche' e 'modelli' didattico-educativo-pedagogici, finalizzati al raggiungimento degli obiettivi indicati, ossia: adattarsi, adattarsi, e ancora adattarsi all'esistente!
Ecco allora che “didattica delle competenze”, “Nuove Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione”, “flipped classroom”, “cooperative learning”, “didattica metacognitiva”, “team working”, “didattica inclusiva”, “aule potenziate”, “comunità di pratiche”, “docente facilitatore”, “relazione orizzontale”, “flessibilità didattica e organizzativa”, “tutoring”, “gestione integrata del gruppo classe”, “contratto formativo”, “setting”, ecc... non nascono con la finalità di offrire al soggetto che apprende le occasioni di quell'autoapprendimento critico che possa consentire di scegliere per sé, insieme ad altr*, se accogliere o rigettare le determinazioni di un mondo del quale partecipa storicamente.
Men che meno mettono in conto di sostenere e accompagnare il 'discente' nel farsi capace di pensare, progettare e mettere in atto forme nuove e diverse del vivere sociale. Tutt'altro! Esse sono solo le 'tecniche strategiche' più adeguate per perseguire il fine della 'formazione' e 'istruzione' di un soggetto le cui competenze hanno tanto più valore quanto più lo rendono soggetto 'flessibile' capace di adattarsi alle determinazioni del presente. Le stesse specificità dei saperi diventano ancillari alle 'competenze' lasciando a queste ultime la funzione di indicatori utili a verificare il raggiungimento o meno degli obiettivi: ossia “assicurare” - in verità non tanto al soggetto quanto al sistema esistente - che il soggetto in apprendimento abbia realmente acquisito le competenze che lo rendono capace di adattarsi in modo «flessibile a un mondo in rapido mutamento e caratterizzato da forte interconnessione.»
La deriva più pericolosa e inquietante di questa rinnovata funzione normalizzante dell'istituzione scolastica Statale è probabilmente quella che individua Edoardo Greblo a conclusione del suo saggio La fabbrica delle competenze, pubblicato su aut-aut (358, 2013, pag.117-131): «Le competenze rappresentano in questo senso un elemento decisivo nel passaggio dalle forme tradizionali alle forme postfordiste di organizzazione della produzione. Per rendere possibile un lavoro sempre più flessibile, che valorizza l'individualizzazione delle biografie professionali, la governamentalità coerente con le forma-impresa postfordista deve investire sulle soggettività dei lavoratori, e cioè sul “capitale umano”, e l'economia non può che trasformarsi in economia delle condotte, delle scelte, delle decisioni e dei comportamenti, applicando la logica dell'impresa alle condotte individuali affinché persino l'esercizio della libertà assuma un modello di comportamento disponibile a seguire regole di condotta di tipo competitivo.»
Il desiderio d'essere è bandito, il dover essere impera. L'adolescente non può fare altro che ringraziare gli adulti per le premurose attenzioni che essi pongono nella definizione della sua personale esperienza di apprendimento in funzione di un futuro già disegnato e assegnato quale il 'migliore dei mondi possibile'.
Tenendo conto che non esistono insegnanti libertari ma solo contesti libertari che possono favorire la libera esperienza di autoeducazione e di autoapprendimento nella relazione tra pari e/o nella relazione asimmetrica tra bambin*, adolescenti e adulti, l'impianto dell'istituzione scolastica statale sin qui descritto appare di segno opposto alla libera espressione dei soggetti, caratterizzato da una univoca identificazione dei bisogni e da una definizione di compiti e finalità imposta dagli adulti.
La possibilità di rompere questo sistema introducendo al suo interno elementi di rinnovamento radicale – perché tali sarebbero le pratiche libertarie – capaci di trasformare l'impianto istituito appare all'oggi difficilmente percorribile; a meno di immaginare un movimento europeo così forte, sui temi dell'autoeducazione e dell'autoapprendimento, capace di ribaltare l'immaginario corrente e indicare a student* e lavorat* la possibilità di una nuova e radicale trasformazione della società, della Scuola e di se stess*.

Incontri
«Io sono qui e ora. Non sono un'autorità, un nome, una teoria, una dottrina... Sono una persona imperfetta che cerca di trovare la verità in questo campo difficile dei rapporti umani. Saremo capaci di parlarci, di incontrarci in tutta sincerità, di concludere qualche cosa insieme?» Carl R. Rogers, Libertà nell'apprendimento, Giunti Barbera, Firenze, 1973

Lo sguardo che osserva la relazione probabilmente coglie la chance di una trasformazione possibile. Possibile almeno per coloro che, a dispetto di un sistema che ottunde, scoprono una reciprocità intimamente affrancata da finalità strumentali di tipo utilitaristico, distante da debiti e crediti, premi e punizioni, come dall'esercizio di un potere dominante. Accade? Sì, talvolta accade, anche dentro la scuola di Stato. Ragazzi e ragazze che si accendono alla fatica nella comprensione di sé e del mondo, che scoprono propri talenti, curiosità e domande, che superano l'unica motivazione del voto per ritrovarsi in un processo di apprendimento collettivo, anche se a tratti ingenuo ed altre persino smarrito e non del tutto consapevole, sono esistiti, esistite, esistono.
Se ciò accade è perché la relazione a volte vince sul contesto. L'incontro si produce spesso a partire da un'affettività non equivoca che scommette sulla fiducia grazie alla mediazione di un oggetto, di un lavoro, di un prodotto. Più felice se quest'ultimo nasce da curiosità propria, altre volte possibile proprio perché proposto dall'adulto.
Se ciò accade è perché ci si dichiara subito, si cerca di prendere consapevolezza del luogo e del contesto in cui si è. Si allungano braccia, mani e tutti i sensi sino arrivare a toccare i muri, le sedie e i banchi cui si è costretti, il tempo che non scorre, a volte lunghi silenzi, a volte il caos, gli scontri e gli alterchi, la campanella attesa, il registro oramai elettronico sempre pronto a registrare fatti, eventi, minuti, note, assenze, ritardi, voti. È bene sapere dove si è per poter scartare. Via i voti, via i programmi. Darsi dei temi, degli oggetti, dei motivi di indagine, delle curiosità, dei percorsi, magari anche a ostacoli; perché partire da sé non sempre è facile, non sempre è gradito, non sempre è accettato e non è giusto forzare. La fatica è tanta e questo mondo complesso e banale al tempo stesso sembra non richiederla: «Mi basta l'opinione prof, perché produrre lo sforzo dello studio, della costruzione di un giudizio da rimettere a quello degli altri? A me piace così!» È un corpo a corpo.

Riaccendere nuove domande

E allora tessere nuovi fili, riaccendere nuove domande, problematizzare una relazione che sembra perdere intensità, piacere e senso in uno sforzo che può arrivare sino alla messa a nudo, e non è frase a effetto ma è ciò che accade. Essere nudi vuol dire essere insieme nella reciproca autorità dello sguardo e della domanda. Non essere colui che porta il sapere, ma colui che insieme si interroga e che insieme si accompagna nella scoperta di un apprendimento spesso imprevisto, di certo non predeterminato, che non rinuncia a confrontarsi con i saperi formalizzati, con i loro codici specifici, anche settoriali. Approdare in tutto questo in una temporanea zona di indistinzione dove i ruoli sfumano e si confondono. Dove insegnare e apprendere si rincorrono e si scambiano senza soluzione di continuità.
Quando accade allora scopriamo che non c'è alcun 'setting' ma solo ambiente e contesto, tessitura continua, mobile e imprevedibile. Che i banchi ci siano o meno, che le sedie siano a cerchio o in fila per due, si è incondizionatamente aperti all'apparire dell'altr*, sempre in movimento, mai fermi, anche quando si è fianco a fianco, uno a uno, uno a una, o in gruppo, seduti a 'valutare' insieme, ossia a riflettere insieme (unica autovalutazione possibile), su quanto ha preso forma, come lo si è realizzato e, soprattutto, a riconoscere quanto nel 'prodotto', che ora è li tra noi sia presente il desiderio di apprendere dell'un* e dell'altr*, di student* e insegnant* insieme.
Non ci sono 'tecniche', ci sono pratiche ed emergenze. Non ci sono 'strategie' ci sono tattiche, un continuo non farsi trovare dove ci si aspetta. Quanta sorpresa a volte e quanto sogno. Così si sono succedut* ragazzi e ragazze che talvolta, anche a dispetto del corso di studi intrapreso, hanno voluto approfondire mondi propri ed una propria messa in gioco rispetto ad essi. Sarebbe bello poter dire i nomi e le esperienze.
Va detto però che questi incontri non sono prevalenti e non sempre si producono. Quanta vuota ripetizione dell'identico a volte, quanta coazione a ripetere e dimenticare in fretta. Quanto rimosso, quanta strumentale passività e attesa di un nulla giorno dopo giorno. Quante energie non spese e quanto potere agito malamente, quante ignoranze. Quanta reciproca violenza. La 'servitù volontaria' è già al lavoro. Quanto sia la macchina istituzionale o quanto siano i soggetti a produrla, adolescenti e noi adulti con loro insieme, è cosa sempre meno chiara, meno netta ed evidente. Si resta confusi nel vedersi dal di fuori, stupiti di sé nell'esser parte.

Maurizio Giannangeli


Non conclusioni, ma nuove aperture

di Francesco Codello

Il movimento delle “scuole libertarie” rappresenta ormai una realtà significativa, presente a macchia di leopardo (in gran parte al Nord), che sta sperimentando spazi e tempi nuovi, al di fuori dalle logiche dello stato.
Il curatore del dossier segnala alcuni punti critici, con cui fare i conti. In un processo di ulteriore crescita, non solo numerica.


In queste pagine si è cercato di dare conto di quanto (e di conosciuto) esiste attualmente in Italia rispetto a pratiche educative libertarie in contesti sociali e collettivi. In questi ultimi dieci anni, dapprima in sordina ora sempre più diffuse, le “scuole” libertarie rappresentano una realtà, seppur ancora minoritaria, che sta sperimentando spazi e tempi veramente anti-autoritari di vivere un'educazione completamente svincolata dalle logiche e dalle “certezze” dello Stato. Uomini e donne (siano essi genitori o accompagnatori) hanno messo in gioco le loro vite (anche professionali) per cercare di offrire a bambini e bambine, ragazzi e ragazze, opportunità e possibilità di una crescita libera da ogni forma di autoritarismo e feconda di pratiche solidali.
Dobbiamo dunque un vero e sincero ringraziamento a quanti stanno dimostrando che non solo un'altra educazione è auspicabile ma anche che essa è possibile qui e ora. Queste scuole rappresentano, di fatto, delle realtà operative e attive che costruiscono non solo un'educazione diversa ma anche momenti di radicale cambiamento sociale. Certo sono “solo” un “seme sotto la neve” ancora, ma possono diventare delle presenze sempre più diffuse, in grado di indicare perlomeno nuove vie e nuove esperienze nella direzione di una visione “altra”, ma fortemente libertaria, dell'intera società. Assieme a tante altre forme di pratiche alternative alla produzione, al consumo, alla promozione, a... tante e variegate forme di trasformazione in senso libertario, anche queste scuole possono contribuire a mutare una visione messianica dell'anarchismo in una pragmatica, dimostrare cioè che non si attende più “il sol dell'avvenir” ma lo si costruisce giorno dopo giorno, adeguando coerentemente i mezzi al fine che si persegue.
Naturalmente l'educazione libertaria, la sua pratica in contesti diversi e molteplici, da sola non basta, lo sappiamo bene e ne siamo consapevoli, e se per caso in qualche momento ce ne dimentichiamo, sono proprio i bambini e le bambine a ricordarcelo con forza e naturalezza. Inoltre c'è anche la consapevolezza dei problemi ancora irrisolti, delle contraddizioni pur presenti, delle possibili sconfitte, dei pericoli nascosti e magari persino talvolta rimossi, tutti temi e discussioni ben visibili all'interno delle singole realtà educanti e nei confronti periodici che si svolgono attraverso gli incontri della Rete e in varie altre opportunità e occasioni.
Ciò che serve, ad esempio, è trovare forme di sostegno concreto in un ambito più largo ed esteso della specifica scuola, un confronto sempre aperto con il contesto locale e nazionale, oltreché internazionale. Le esperienze più diffuse e più storicamente importanti nella loro ampiezza e diffusione (pensiamo ad esempio la Spagna libertaria fino al 1939) hanno trovato accanto un movimento di opinione (quando non direttamente militante) che le ha sostenute, amplificate, incoraggiate, sentite come proprie anche senza parteciparvi direttamente, difese e sostenute finanziariamente. L'ambizione non è solo quella di offrire qui e ora, a questi bambini e bambine, ragazzi e ragazze, uno spazio e un tempo radicalmente diversi dalla scuola ufficiale (privata e statale), ma anche provare a diventare nel tempo una più ampia e duratura alternativa al sistema scolastico autoritario. La consapevolezza che ci attraversa è quella di sentirsi scuole pubbliche non statali, forme embrionali di nuove pratiche autogestite, esempi di apprendimento profondo e autentico, libero e plurale.
Abbiamo bisogno dell'aiuto di quanti desiderano dare il loro aiuto concreto, anche attraverso sguardi critici, ma sempre costruttivi e partecipi, a ciò che si sta facendo per realizzare un sogno senza aspettare ogni volta dei cattivi risvegli.

Francesco Codello



Bibliografia essenziale

a cura di F.C.

Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 2015
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Francesco Codello, La campanella non suona più. Fine dei sistemi scolastici e alternative libertarie possibili, La Baronata, Lugano, 2015
Francesco Codello, La buona educazione, FrancoAngeli, Milano, 2016
Francesco Codello, Né obbedire né comandare, Elèuthera, Milano, 2016
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Gianfranco Zavalloni, La pedagogia della lumaca, EMI, Bologna, 2015