Rivista Anarchica Online
Lo stato assolve se stesso
di Luciano Lanza
Tutti in piazza a manifestare contro la sentenza. Tutti a manifestare contro la strage di stato. La
sentenza dei giudici di Catanzaro che ha assolto tutti gli imputati per insufficienza di prove ha
risvegliato molte coscienze sopite, ha riattivato la volontà di molti e così Milano (come altre
città) ha vissuto, per alcune ore, in un clima politico che sembrava irrimediabilmente sepolto. La
sentenza, solo apparentemente assurda, ha prodotto una reazione emotiva di vaste
proporzioni: molti hanno capito che se continua il disinteresse, la fuga nel più inconcludente
privato, lo svacco, il potere si sente legittimato a compiere le operazioni più ardite e sfrontate. E
la reazione c'è stata e questo è un bene. Meglio tardi che mai. Il fatto poco confortante è che
la
gente si è mossa a cose fatte. Viene in mente, per analogia, la manifestazione fatta a Madrid dopo
che il golpe militare era fallito. Invece prima della sentenza ci siamo mossi solo noi anarchici con
il nostro itinerante "processo allo stato". I giornali che oggi dedicano pagine e pagine alla sentenza, alle reazioni
del mondo politico, alle
reazioni della gente, prima hanno vergognosamente taciuto. Il silenzio dei mezzi di informazione
e delle forze politiche non è stato casuale. C'era la volontà politica di arrivare ad una sentenza
insignificante, una sentenza che annullasse le potenzialità sovversive di questo "scomodo caso".
Con questa sentenza che manda tutti assolti per il reato di strage, lo stato ha reciso, a livello
ufficiale, tutti i legami che univano gli esecutori fascisti ai mandanti, cioè i vertici delle principali
istituzioni dello stato. Ma il modo furbesco con cui si è voluto seppellire per sempre la verità
sulla strage di piazza Fontana ha innescato un'imprevista (dal potere) reazione di disgusto. Molti
hanno percepito il disprezzo che il potere mostra per i suoi sudditi. E allora, per non perdere
completamente la faccia, ecco la sfilata dei politici, dei commentatori e di tutte le puttane del
potere esprimere il loro sdegno, lanciare accuse, chiedere giustizia. Ci mancava solo che anche
Andreotti, Rumor e Tanassi esprimessero la loro indignazione per completare l'idilliaco
quadretto. D'altro canto che cosa ci si aspettava? Qualcuno poteva seriamente pensare che il potere
condannasse se stesso o quantomeno lasciasse aperto lo spiraglio del dubbio? Non si può essere
così ingenui. In assenza di una forte pressione popolare il potere ha le mani ancora più libere e si
comporta secondo la sua logica. Infatti, come accennavo prima, questa sentenza è solo
apparentemente assurda o meglio viene definita assurda solo da coloro che non vogliono capire e
che quindi devono mostrare un disappunto tutto ad uso della platea. Non è assurda perché tutta la
vicenda giudiziaria legata alla strage fino al suo attuale epilogo riflette il declino delle forze
antiistituzionali ed il contemporaneo rafforzamento del potere. Come, non a caso, si è ripetuto
più volte che quella strage era un episodio emblematico della criminalità del potere, così
questa
sentenza è lo specchio dell'irrilevanza dell'attuale movimento rivoluzionario. Irrilevanza così
marcata che già cominciano le prime avvisaglie di una gestione statalizzante anche del
malcontento prodotto dalla sentenza. Umberto Eco, sulle pagine di "La Repubblica" anticipa i
percorsi dell'ideologia progressista. Eco attua un'intelligente operazione: non nasconde quello che
non si può più nascondere ma inquadra il tutto in una dimensione che ne stravolge
completamente il senso: la strage di piazza Fontana è stata "Una strage di Stato contro lo
Stato".
Sembra una barzelletta, ma non lo è, anzi è il segno di come la cultura dello stato sia ogni giorno
di più agguerrita. Il senso della campagna ideologica statalizzante è descritto molto
esplicitamente da Eco: "Ora, se non siamo brigatisti rossi, questo Stato siamo anche noi. E la
strage di piazza Fontana, organizzata per imporre un'idea o una pratica distorta di Stato, deve
essere definita una strage voluta da chi criminalmente ha amministrato, semmai, organi dello
Stato, ma è una strage contro il nostro Stato. È forse giunto il momento di togliere
ai criminali, a qualsiasi livello abbiano agito, questa
copertura verbale che, mentre li accusa, in un certo senso li degnifica. Piazza Fontana è stata
contro lo Stato (almeno quello della Costituzione democratica) voluta dai nemici dello Stato, e la
sentenza che ci indigna gioca oggettivamente, al di là dei patetici drammi del collegio
giudicante, contro lo Stato, e lo Stato siamo noi che per dieci anni, attraverso gli organi di
opinione, le associazioni politiche, le dimostrazioni di piazza abbiamo chiesto una qualche
verità". Un pezzo da manuale che è giusto non lasciar passare inosservato. In esso
c'è compendiata la
strategia della sinistra ufficiale italiana. Parole chiarissime che cogliendo il riaffiorante discredito
delle istituzioni statali pongono già le premesse per una riacquisizione del consenso. Gli elementi
del discorso di Eco sono scelti con attenzione puntando sull'emotività con apparenti formule
razionali. Se non siamo brigatisti - affermazione che la stragrande maggioranza sottoscrive con
immediatezza - allora noi siamo lo stato. I politici che hanno voluto la strage sono un falso stato,
anzi sono i nemici dello stato, il vero stato siamo noi, quindi le bombe le hanno messe contro di
noi che volevamo il vero stato della costituzione democratica. La sentenza così insultante della
ragione non è dettata dalla "ragion di stato", ma è contro di noi che siamo il vero stato che vuole
la verità. La tesi è ben costruita, ma per nostra fortuna non è affatto sicuro che sia anche
convincente. Anzi
proprio la sollecitudine degli intellettuali del potere nel voler esorcizzare una nuova ventata
antistatale è motivo di conforto. Il discredito verso lo stato che serpeggiava tra i giovanissimi
scesi in piazza ieri è un segno da non sottovalutare, anzi sta ad indicare che noi, veri nemici dello
stato, militanti dell'antistato, abbiamo ancora molte carte da giocare nonostante l'invadenza
oppressiva dello stato e del contro-stato delle Brigate Rosse.
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