Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 8 nr. 63
febbraio 1978


Rivista Anarchica Online

Quando la signora Giulia si ammala
di Stefania Orio

"Tu che cosa fai quando ti ammali?"

"Che razza di domanda! Mi curo!".

Sembrano cose molto ovvie, eppure, se da bravi anarchici, non dessimo sempre per scontato tutto quello che il sistema sociale in cui viviamo ci vuol far credere scontato, vedremmo che il concetto "malato", "sano", "malattia", "cura", non sono poi delle cose così "naturali".

Facendoci credere ovvia la comprensione di "malattia" e "cure" si fanno i miliardi: miliardi di trattenute sulla tutela della nostra salute (quante sono le trattenute per la previdenza malattia sulla tua busta paga?); miliardi in medicine.

Niente è così soggettivo della definizione "salute" e "malattia". La signora Giulia ha ottant'anni, si alza tutte le mattine alle sei, va al cimitero a trovare il suo "povero marito", torna a casa con la spesa, fa le pulizie, lava, stira, si fa il pranzo, poi siede a sentire la radio e a sonnecchiare.

"Come sta la signora Giulia?" "Bene!". È malata questa donna? Ci viene spontaneo rispondere di no, ma se un medico la visitasse le troverebbe un mucchio di malattie: artrosi, stenosi mitralica, reumatismi, bronchite cronica. È malata o sana?

Lei "ha deciso" di essere sana, ha deciso cioè che i suoi disturbi non sono tali da richiedere attenzioni specifiche, da impedirle di condurre una vita serena, il più possibile piacevole, in ACCORDO CON L'AMBIENTE CHE LA CIRCONDA.

Luisa vent'anni, sposata da due, senza figli, un marito odioso, che lei odia cordialmente.

Non si separa: non se la sente per come è stata educata, per la famiglia, per i parenti. Da un po' di tempo sta malissimo: mal di stomaco, nausee, febbri, capogiri, dolori in tutto il corpo. Il medico insiste: "son tutte idee", ma lei il male lo sente davvero.

È malata o sana? Ci viene da rispondere "è fissata", cioè matta.

È matta? Lei "ha deciso" di star male fisicamente o di essere "matta" piuttosto che di ribellarsi, di andarsene, di mettersi contro l'ambiente.

Un aspetto della malattia (o della salute) è dunque la decisione soggettiva di una certa persona, il suo sentirsi bene o sentirsi male, il decidere che il male è fisico piuttosto che psichico, psichico piuttosto che sociale, sociale piuttosto che personale, e così via.

Ma continuiamo con i nostri esempi: viene istituito nel quartiere un servizio sociale per anziani, il medico va a visitare tutte le persone che hanno superato i settant'anni, scopre tutte le malattie della signora Giulia e decide di ricoverarla per un periodo di osservazione. Per un po' lei si ribella, poi cede, entra in ospedale, scopre tutti i mali che ha, perde il gusto della vita: si aggrappa alla medicina per ritrovarlo, ma non lo ritrova, diventa una malattia cronica. Non era anche prima malata? O è il medico che ha fatto, usandole violenza una "scelta di non salute" per lei?

Luisa incontra una dottoressa che la capisce, la sostiene, la incoraggia quando riesce a ribellarsi, le dà degli indirizzi che le facilitano la ricerca di un lavoro, di nuovi amici in un'altra città, finché adagio adagio l'idea di abbandonare il marito, da "mostruosa" diventa "naturale". Scompaiono tutti i disturbi: Luisa è guarita? O non era già lei stessa sana? L'ha guarita la dottoressa oppure, lasciata libera, Luisa si è fatta da sola una "scelta di salute"?

Ecco una seconda componente della malattia: la componente tecnica. L'intervento di un medico, di uno psicologo, di uno psichiatra, sul territorio, può essere molto diverso a secondo del modo in cui egli intende i concetti di salute e malattia, e del ruolo che egli ritiene di avere.

Se egli pensa che la malattia sia un fatto oggettivo, di 'organo malato', da riportare alla normalità, egli cercherà pazientemente tutti 'gli organi non normali' e si ostinerà a curarli, separatamente dal territorio, ed indipendentemente da esso. Egli farà, su più vasta scala e con un potere di controllo molto maggiore, quello che già adesso fanno alcuni istituti universitari: aumenterà il suo potere aumentando il numero dei malati, scoprendo malati a più non posso. Li curerà curando i loro organi, uno per uno, come se gli uomini e le donne non fossero esseri umani, ma una somma di occhi cuore fegato polmoni vene ossa cervelli. E guarirà gli organi, ma non i loro proprietari, che continueranno la scelta di malattia.

Se egli pensa che la malattia è un fatto complesso, soggettivo, tecnico, anatomico, chimico, sociale, politico, religioso, messo sul territorio si preoccuperà invece di ricercare, con gli altri abitanti, che cosa determina lo star male sul territorio. Farà con loro una lunga ricerca per vedere come star meglio.

Farà cioè una scelta complessiva di salute.

Molti compagni si chiederanno che cosa significa "malattia come fatto sociale", malattia come fatto "politico", o "religioso".

Con gli esempi non è difficile capirlo.

Torniamo alla Signora Giulia, questa proletaria che ha il culto della sua indipendenza. Finché è stata autosufficiente, non ha dovuto essere "di peso" per nessuno, stare al mondo le piaceva. Da quando la fan sentire "una povera vecchia" e le mandano l'infermiera a casa tutti i giorni, le è venuta una gran vergogna, una gran paura di morire, e insieme il desiderio di morire del tutto, così almeno non ci pensa più. Prima, come diceva lei stessa, "buttava i suoi malanni dietro le spalle", ora li ha tutti davanti agli occhi. Diventa noiosa. Gli altri la trovano noiosa. Prima era una figura simpatica, ora cercano di evitarla. Prima le parlavano per scelta, adesso per compassione. Prima il sociale la guardava con invidia: arrivare così arzille a quell'età! Ora il sociale la considera un peso: non conta più, una proletaria in meno.

E, politicamente, un nemico in meno per il potere. La Giulia arzilla, scatenata contro i "sciuri" dei negozi dove faceva la spesa, era una forza della natura. La Giulia asmatica che borbotta contro i "sciuri" è una biascicona-brontolona: chi l'ascolta più?

E poi, la Giulia ha tanta paura di morire che vuol morire in fretta. Paura, perché, aldilà, c'è il paradiso e l'inferno, lei magari va all'inferno.... Ma forse, se soffre tanto, se espia, se paga in sofferenze i suoi peccati.... Già, adesso il prete viene tutti i venerdì a portarle la comunione, un riguardo che si usa solo per i vecchi vicini alla tomba: bisogna far proseliti per l'altro mondo!

I vicini, i padroni, i preti, tutti d'accordo nel far restare malata la Signora Giulia.

È un esempio, e come tale resta in superficie di molti problemi... ma: compagni medici, compagni infermieri, compagni psichiatri, compagni "malati", perché non ne discutiamo tutti insieme?

Un aiuto in questa direzione forse ce lo danno anche molti articoli comparsi sulla rivista. A me sono sembrate molto stimolanti le parole di un compagno del Ginnasio Nihilista, Olaf, riportato in un articolo di "A" del novembre '77: dopo essere stato ricoverato (si trattava di un ospedale psichiatrico), Olaf viene dimesso "per non competenza" senza riuscire a risolvere il suo problema. "Sconvolto di fronte a questa continua violenza del potere appoggiato dalla medicina... ho deciso di rifiutare qualsiasi tipo di collaborazione che contribuisca a rendermi impotente, alienato e isolato".

Forse riflettendo su queste parole, riusciremo a superare i concetti di salute e malattia voluti e manipolati dal sistema.