Rivista Anarchica Online
Rotaia selvaggia
di Alcuni compagni ferrovieri del Movimento Autonomo di Base - Compartimento di Torino
Forti ritardi ai treni, ira dell'utenza nei confronti di chiunque indossi la divisa FF.SS. con casi di liti finite
male. Sciopero del biglietto contrapposto allo sciopero "autonomo" dei ferrovieri (per protestare contro
i ritardi diversi pendolari, autorizzati dalle Camere del Lavoro, si astenevano dal presentare il biglietto).
Linee emarginate e lente contrapposte a super-linee per super-treni. Treni stracarichi di gente, vetture
vecchie, impianti disagiati, strutture rattoppate. Incidenti con ferrovieri morti, 50 mila infortuni l'anno.
Scioperi: dei macchinisti, del personale viaggiante, di stazione, degli impianti elettrici, degli interessati
ai trasferimenti. Scioperi "autonomi" (cioè indetti dalla F.I.S.A.F.S.), scioperi "unitari", "rotaie
selvagge", "timoni selvaggi". Precettazione degli scioperanti (imposizione del ritorno al lavoro con
provvedimento prefettizio, in barba al diritto di sciopero), occupazione di stazioni da parte di ferrovieri
(ma anche di operai di fabbriche in lotta). Situazione che arriva, a volte, al collasso. Malcontento dei
viaggiatori, malumore del personale FF.SS., propaganda atta a "gonfiare" certi fatti per incrementare
la confusione e la divisione.
Ma cosa succede nelle ferrovie? Se si considera questa situazione cercando di trovarci delle novità, si
troverà ben poco. Tutto quello che accade oggi trova nell'immediato passato un legame, una continuità,
una causa. Come in tutti i settori del lavoro anche nelle FF.SS. l'attuale momento è ricco di fermenti, di
lotte, di malumore. La crisi economica, ovvero la stretta anti-operaia, ha messo i ferrovieri, una delle
ultimissime categorie in assoluto in quanto a reddito, in una situazione davvero critica. Campare con uno
stipendio da ferrovieri è oggi praticamente possibile solo ai vari capi, capetti (ma fino a quando anche
per costoro?) e capoccioni (cioè da capo impianto in su). A questa arretratezza forzata dei livelli salariali
va aggiunta poi la storica arretratezza in quanto a modo di produzione e rapporto di lavoro. Si pensi al
solo fatto che oggi, la più parte dei lavori più pesanti, quando non sono affidati a ditte appaltatrici (un
modo questo per risparmiare mano d'opera e favorire il sottobosco clientelare) vengono svolti dai
ferrovieri con mezzi che non hanno subito mutamenti da cento anni a questa parte, in tempi lunghi, in
maniera insicura e a prezzo di grosse fatiche. Come pure si pensi a certe categorie (i macchinisti p. es.)
la cui prestazione si aggira quasi sempre sulle 10/11 ore! Si pensi allo stato giuridico che regola a livelli
militareschi i rapporti di lavoro, basandoli su una gerarchia su modello militare che mantiene ancora
norme come l'arresto preventivo in caso di incidenti gravi a persone, assolutamente contrari alle più
elementari "leggi" di regolamento del lavoro (o allo stesso "statuto dei lavoratori"); o come il
licenziamento in caso di condanna per vilipendio allo stato od alle istituzioni. Si pensi al meccanismo
della reperibilità che costringe parecchie categorie di ferrovieri a tenersi a disposizione per un
determinato numero di giorni anche dopo il normale svolgimento delle 8 ore, nell'arco delle rimanenti
16 ore! Si pensi a queste cose e facilmente si comprenderà come il mondo delle FF.SS. sia in continuo
"sussulto", anche se oggetto a strumentalizzazioni di vario tipo.
Il potente Sindacato Ferrovieri Italiani, erede ormai lontano di quel Sindacato Ferrovieri sindacalista
rivoluzionario che cinquant'anni fa ha fatto tremare la borghesia rappresentando la punta di diamante del
fronte proletario, il S.F.I., dicevamo, assieme a S.A.U.F.I. e S.I.U.F. (C.I.S.L. e U.I.L.) comincia a
mettere in pratica il "farsi Stato" col suo programma e la sua pratica socialdemocratici con i quali si
propone di ridare snellezza e concorrenzialità all'azienda nel contesto del mondo dei trasporti. In questa
situazione i ferrovieri ribelli vengono additati come provocatori; i delegati eletti dalla base nelle
assemblee, sostituiti dai vertici con altri a loro più congeniali, soprattutto in occasione di scadenze (sia
pure fittizie) come l'assemblea nazionale dei delegati di Riccione: la massa viene spinta ad una
responsabilizzazione atta a creare perlomeno una mentalità cogestionale ("noi siamo l'azienda") e
goliardica; contratti e accordi capestro, magari dopo folkloristiche mobilitazioni all'insegna della
demagogia, svendono ogni giorno di più la categoria al padrone di stato.
Ha mostrato il suo vero volto, sgonfiandosi un po', la cosiddetta alternativa "autonoma" rappresentata
dalla F.I.S.A.F.S., il sindacato nato dalla fusione dei sindacati corporativi del personale FF.SS. ed
ingrossatosi grazie all'esodo proveniente dagli unitari. La F.I.S.A.F.S. guidando lotte a volte lunghe e
sfiancanti, ha poi sempre finito per avallare i risultati conseguiti dalla confederazione unitaria e vano è
stato il suo tentativo di presentarsi come il "sindacato autonomo di base" (le sue frasi preferite nei
volantini sono "azione diretta", "scontro con l'azienda", ecc.) anche se al suo interno, oltre a componenti
criptofasciste e qualunquiste radicate, coesistono frange rilevanti di lavoratori in buona fede delusi dal
sindacalismo "nazionale", o gruppi di ex extraparlamentari, come i compagni di Lotta Continua di
Napoli. Il recente accordo che ci concedeva 80.000 lire di una tantum è un esempio della convergenza
fra tutte le strutture sindacali. Con esso i ferrovieri avrebbero ottenuto il "riconoscimento dell'alta
professionalità della categoria nel contesto di una nuova organizzazione del lavoro per una più elevata
produttività sociale delle FF.SS. (da: "La tribuna dei ferrovieri", organo dello S.F.I., dicembre '77). Ma
ancora ci attendono altre "grandi conquiste": mobilità, straordinari, rinuncia ad ogni tipo di
rivendicazione economica, sono questi i punti "qualificanti" della piattaforma sindacale, mentre ha
trovato una provvisoria conclusione la vicenda delle festività, diventate ferie o giornate recuperabili con
qualche miliardo in più nelle casse dell'azienda, pronta a versarli dall'altra parte, alla miriade di imboscati
scalatori pronti a leccare oggi per poter essere leccati domani, che rappresentano uno dei punti di forza
del fronte aziendale, il crumiraggio e il consenso assicurati.
Noi
Noi restiamo gli isolati che nelle assemblee mettiamo in crisi i leaders sindacali; che riceviamo plausi dai
nostri colleghi e veniamo additati come provocatori dai burocrati; che in un contesto simile, tra ricatti
e abbandoni, siamo riusciti a raggrupparci in quanto minoranza agente. I ferrovieri, condizionati da anni
di politica autoritaria, troppo abituati a delegare, delegherebbero anche a noi il compito di risolvere i loro
problemi. E mentre avremmo potuto, entrando in certe strutture ancora non troppo sputtanate, come
i consigli dei delegati, ricevere i loro consensi, non lo abbiamo fatto cercando di far capire alla massa che
non è con le adesioni formali che si risolveranno i nostri problemi, ma con la partecipazione attiva di tutti
alla loro soluzione. La validità della nostra proposta la vedremo tra qualche tempo. Certo non siamo stati
fermi e i contatti e alcune adesioni ricevute nei diversi settori, sono le basi per la strutturazione futura
dei Nuclei Autonomi di Base.
La nostra propaganda libertaria non è mai cessata, la nostra presenza critica è stata ed è costante.
Abbiamo anche cercato contatti con altri ferrovieri di altri compartimenti, lavoro, questo, concretizzatosi
nel recente convegno di Livorno in cui abbiamo potuto constatare le pessime condizioni in cui i militanti
libertari sono costretti ad operare nel nostro settore, specie in zone dove il P.C.I. si è già fatto Stato (la
Toscana p. es.) o in cui la combattività è stata sempre ben saldamente controllata da vecchie od ora da
nuove burocrazie (Napoli). Tuttavia, come militanti del M.A.B. siamo del parere che, man mano che
cresce il malcontento, e man mano che le false alternative si svuotano di contenuti, emergerà
inevitabilmente l'interesse verso pratiche di lotta non istituzionali, non controllate da nessuno, selvagge
e realmente autonome, verso una forma di organizzazione che non sia il sindacato, con i suoi centri e
le sue periferie, con i suoi leaders e le sue direttive, ma siano i nuclei dei vari settori, pronti a mobilitarsi
in qualsiasi momento ed a mettere in crisi la struttura avversaria, a imporre le prime conquiste od i primi
netti rifiuti. I nuclei dei vari settori pronti per la futura autogestione rivoluzionaria ferroviaria.
Il progetto del Movimento Autonomo di Base, ad un anno di distanza può rivitalizzarsi, molto dipenderà
da tutti noi militanti presenti nelle FF.SS., dalla nostra presenza e coerenza, dalla credibilità delle nostre
proposte e delle nostre azioni, seppur limitate e minoritarie. È altresì la nostra proposta che estendiamo
a tutti compagni libertari e autonomi che nell'ora attuale sono impegnati nella costruzione
dell'opposizione proletaria e nel dibattito attorno al problema dell'anarcosindacalismo.
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