Rivista Anarchica Online
Un malore per il compromesso storico
Pinelli: sentenza D'Ambrosio
Pinelli è caduto per un malore, sostiene il giudice d'Ambrosio
nella sua sentenza.. Non vi fu suicidio ma neppure
omicidio, solo un malore... ed ecco spiegata la tragica notte del 15 dicembre 1969. Una tesi troppo
semplicistica
e da compromesso - oltre a quello storico oggi abbiamo anche quello giudiziario - che suona come
un'offesa
all'intelligenza. È evidente che il "democratico" giudice D'Ambrosio non se la sentiva di
adottare una tesi - quella del suicidio -
ormai squalificata e proponibile solo dai magistrati più reazionari e d'altro canto non se la sentiva
nemmeno di
mettere sotto processo funzionari di quello stato di cui egli è un fedele servitore. La ragione di
stato ha prevalso:
per non scontentare nessuno il "giudice democratico" inventa - è proprio il caso di dirlo - l'ipotesi
della morte
accidentale dovuta a malore. Se riandiamo al clima di quel dicembre '69 dobbiamo riconoscere che
il potere ha dovuto rimangiarsi molte delle
calunnie e delle falsità che aveva diffuso ai quattro venti dopo l'uccisione del nostro compagno.
Glielo abbiamo
imposto, gliel'hanno imposto i rivoluzionari, gli sfruttati e tutta quella gente che non accetta la
verità di regime.
Le precedenti archiviazioni e le assoluzioni a Calabresi e soci hanno lasciato il posto a questa sentenza
che
vorrebbe recuperare un po' di credibilità allo stato e ai suoi funzionari ma che in definitiva mostra
più lacune delle
precedenti e che non riesce a riabilitare quello stato che in molti ormai considerano lo "stato delle
stragi". La funzione svolta dal giudice d'Ambrosio è significativa. Uomo definito
democratico, "vicino" al Partito
Comunista, D'Ambrosio rappresenta quella magistratura che non è direttamente compromessa
con la montatura
antianarchica di questi anti. La sua sentenza quindi dovrebbe apparire imparziale, ma
l'incredibilità della tesi
sostenuta mostra fin troppo chiaramente che la logica a cui sottostà è quella tipica delle
caste privilegiate: non
abbandonare mai i propri membri, anche i più squalificati. In questa dimensione va inquadrata
la sentenza di
D'Ambrosio. Mentre per i democratici essa li coinvolge e quindi la criticano per non esserne considerati
partecipi,
per noi anarchici questa sentenza serve come indicatore dei nuovi equilibri assunti dalle forze che
gestiscono il
potere. Così considerata la sentenza di D'Ambrosio rappresenta una vittoria e una sconfitta
allo stesso tempo. Una vittoria
perché abbiamo, nonostante tutto, ributtato sullo stato le accuse che muoveva nei nostri
confronti, perché
l'assassinio di Pinelli non è passato sotto silenzio, come voleva il potere. Siamo riusciti a creare
su questo episodio
della criminalità statale una considerevole campagna di controinformazione che ha influenzato
una cerchia di
persone notevolmente ampia e lo slogan "la strage è di stato" è divenuto molto
più di un semplice slogan. È stata comunque anche una sconfitta perché non
siamo riusciti a restringere la libertà di manovra del potere su
questo "caso" in misura tale da non lasciargli altra alternativa che quella di condannare i suoi servitori,
in pratica
di autoaccusarsi. Comunque siamo riusciti a far sì che con questa sentenza "democratica"
lo stato si coprisse di ridicolo e questo
è già qualcosa. Il nostro compito oggi è di continuare su quella strada
intrapresa subito dopo la strage di Piazza Fontana e
l'assassinio di Pinelli: mettere sotto accusa lo stato, partendo dalle sue componenti repressive - polizia e
magistratura.
La Redazione
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