Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 5 nr. 37
marzo 1975


Rivista Anarchica Online

Aspettando il messia
di Claudia V.

Frustrazione e speranze fra i primitivi.
La speranza in una redenzione dell'umanità legata all'attesa della "fine del mondo" - Il carattere gregaristico-autoritario dei movimenti messianici - La difficile difesa dell'identità etnica.

"Spunterà il sole di giustizia / e la guarigione salirà sulle ali. /Calpesterete i malvagi che saranno come cenere / sotto la pianta dei vostri piedi / il predatore sarà depredato / il devastatore devastato". Questa e una delle tante frasi tratte dai testi "biblici" che corrono di bocca in bocca tra i "selvaggi". Sono rivolte contro i colonizzatori e i missionari bianchi i quali ne rimangono stralunati, i primi perché scoprono che anche i primitivi possono diventare ribelli, gli altri perché dopo secoli di cristianizzazione si vedono colpire dalla loro stessa religione come da un boomerang.
Ovunque i colonizzatori occidentali hanno messo piede: nella Africa negra, dal Sud-Africa alla Rhodesia, al Tanganyca, all'Africa Equatoriale e Occidentale, all'Angola, Congo, Uganda, Kenya, Melanesia, Polinesia, Indonesia, America indigena settentrionale e meridionale hanno svolto, è ormai noto, una violenta azione di disgregazione sociale, costringendo con la forza gli indigeni ad adattarsi alla cultura occidentale, istituendo la segregazione razziale e distruggendo la loro organizzazione autarchica e autonoma. Gli indigeni si sono ritrovati improvvisamente schiavi di fronte ad una nuova classe di padroni (i bianchi), traumatizzati dall'opera di "umanizzazione" che ai criteri di simpatia, affettività, analogia propri dei primitivi, sostituiva criteri estranei e li imponeva brutalmente. Da questa condizione di estrema sofferenza nell'ultimo secolo sono nati, nei territori della colonizzazione, movimenti religiosi di salvezza in cui la speranza e l'attesa di una trasformazione radicale delle condizioni di esistenza hanno animato violente insurrezioni contro gli oppressori bianchi. Essi costituiscono, secondo la definizione dello studioso inglese Hobsbawn, dei movimenti arcaici di agitazione sociale: sono infatti caratteristici di quelle società che non hanno trovato un linguaggio specifico per esprimere e realizzare le proprie aspirazioni sociali, perciò la presa di coscienza avviene all'interno di un pensiero che per i primitivi è magico-religioso: esso fornisce lo schema di riferimento, il mezzo di interpretazione della realtà sociale e quindi anche della sua trasformazione.
Il ricorso alla religione non è solo inevitabile, in quanto essa svolge per queste popolazioni un ruolo predominante e si identifica con la stessa vita sociale, ma è anche un sintomo di quanto questa liberazione sia sentita in modo radicale e necessario: la trasformazione totale della realtà considerata insieme "naturale e divina" può avvenire solo facendo ricorso al soprannaturale: è un atto estremo perché investe tutti i settori della vita sociale, morale e psicologica, così come la condizione di sfruttamento sconvolge e opprime ogni momento della vita individuale e collettiva. Le rivolte sono sempre precedute da un periodo di attesa messianica, dell'uomo cioè che si farà portavoce della volontà "naturale e divina" di liberazione e intorno alla quale si concentreranno e organizzeranno i "fedeli": è la fase della presa di coscienza, del fermento e della propagazione dell'annuncio dell'età che porrà fine alla alienazione e il rovesciamento apocalittico dell'ordine attuale. È in questa fase che si diffonde quella che è stata definita l'idea millenarista: lo stato sociale futuro di perfezione è associato all'idea che un giorno dovrà giungere la fine del mondo, il succedersi delle ere porterà all'avvento dell'Era del Benessere, della pace e dell'eguaglianza; l'immortalità e l'eternità sostituiranno la morte e il divenire. È l'attesa del millennio in cui Cristo riapparirà sulla terra, regnerà Mille anni e questo regno avrà inizio esattamente mille anni dopo la sua nascita.

La funzione del Cristianesimo

La comparsa del messia, che corrisponde ad una maturazione della situazione, mette in moto la popolazione e dà il via alla rivolta: il messia è la figura centrale: egli detiene l'autorità suprema e intorno a lui si raccolgono gli apostoli e i fedeli. Il messia è un leader religioso e politico: organizza e dirige la comunità in nome della divinità, è il simbolo dell'unità e dei nuovi valori: egli non deve essere imitato, ma ubbidito. Questi movimenti si organizzano quindi al loro interno, in modo fortemente autoritario e gerarchico: è questa una conseguenza della natura stessa di questi fenomeni, che è, abbiamo visto, religiosa: la religione costituisce il loro carattere specifico e il loro limite. I fedeli demandano ad un'autorità o ad una forza soprannaturale il compito di liberarli dall'oppressione. Pertanto non sì può concordare con l'opinione di certi studiosi che considerano questi movimenti come rivoluzionari: non lo sono, in rapporto ad un'ideologia che voglia essere radicale, distruggendo alle radici le cause prime dello sfruttamento e cioè proprio il potere e l'autorità che questi movimenti riproducono fedelmente. Inoltre la lotta contro un oppressore straniero, cioè contro fattori "esterni" che determinano la crisi sociale, richiede una coscienza ben diversa da quella che nasce dalla consapevolezza che lo sfruttamento è interno alla società stessa e che costringe a mettere in discussione i propri valori, i criteri della propria organizzazione sociale e politica. Non ci si stupisce quindi se il medesimo "primitivismo" lo si riscontra anche nel tipo di progetto di trasformazione che accomuna tutti movimenti messianici: la lotta è per un passaggio di potere; l'uguaglianza sarà solo per i negri, gli attuali sfruttati che si sostituiranno ai bianchi che prenderanno il loro posto nell'ultimo gradino della gerarchia sociale.
I movimenti messianici hanno tutti un germe di nazionalismo e comunque anche uno scopo irredentista, mescolato ad altri aspetti quali la riorganizzazione sociale e la creazione di nuovi valori.
Ma sono proprio questi elementi di innovazione che ora ci interessano: il rapporto bianchi e negri è sempre un rapporto di sfruttamento: il messianesimo è prima di tutto una risposta contro la perdita di un diritto fondamentale: quello di ogni gruppo sociale di formare da solo il suo schema di riferimento, la propria organizzazione e i propri modelli di comportamento. È una risposta alla colonizzazione e allo sfruttamento che non accetta più la vecchia realtà tribale, ma neppure quella nuova imposta e tenta la creazione di una nuova concezione del mondo, assolutamente spontanea ed originaria. È in questa creazione, o meglio, innovazione, il significato autentico di questi movimenti. L'opera di innovazione si svolge a tre livelli: nel rapporto fra le tribù e la società dei colonizzatori, nel rapporto fra le diverse tribù e infine all'interno dei gruppi nei rapporti fra gli individui.
È un fatto significativo che dopo secoli di indefessa attività dei missionari che puntava soprattutto sulla diffusione del Cristianesimo, i primitivi abbiano accolto e ripreso solo il tema della attesa del salvatore e, dal Vecchio Testamento, proprio ciò che riguarda le parole dei profeti centrate sul problema della liberazione e dell'avvento apocalittico e rivoluzionario di un era di benessere e felicità. Il cristianesimo, come ideologia di rinuncia e accettazione passiva della realtà, che trasferisce in una dimensione ultraterrena la liberazione dalla schiavitù, è stata rifiutata in blocco: i primitivi si sono piuttosto identificati nella lotta del popolo ebreo che affronta quarant'anni di deserto per sfuggire alla persecuzione degli egiziani.
È qui evidente uno dei caratteri principali del millenarismo: essere religioso nella sua struttura, ma avere motivazioni e soprattutto fini nettamente politici e sociali. Esso non propone una nuova dottrina teologica (il suo fine non è mistico o di rinnovamento religioso): esso prefigura esclusivamente la trasformazione del mondo profano, esprime speranze ed aspirazioni terrestri. Esso presenta le caratteristiche che si ritrovano in tutte le religioni di redenzione dei popoli oppressi: esse derivano da uno stato di carenze e di miseria, il loro nucleo è la teoria della salvezza sociale, il punto di partenza è il rifiuto all'ordine esistente considerato intollerabile e la redenzione si identifica con il rinnovamento sociale. Il sociologo tedesco Max Weber afferma che a differenza della religione delle classi sociali elevate che tende a giustificare lo status quo, la religione in mano agli sfruttati, pur non essendo, per sua natura, rivoluzionaria, esprime però l'esigenza di un cambiamento da realizzarsi in questo modo, una soluzione dei problemi sociali qui ed ora. In altre parole, per quanto riguarda la colonizzazione, la coscienza dello sfruttamento ha vinto sull'opera di indottrinamento e condizionamento ideologico.

Azione individuale o collettiva?

Anche altre considerazioni concorrono a confermare il carattere di rivolta sociale del messianesimo; finora abbiamo inteso con questo termine sia la credenza nella venuta di un inviato divino che porterà agli uomini la giustizia, la pace e la felicità, sia l'azione di tutto un gruppo che opera per instaurare sulla terra la felicità sognata. Esistono numerosi esempi di popoli che hanno espresso la speranza in questo futuro rivolgimento delle condizioni esistenziali, ma soltanto quelli che hanno concepito la necessità di una azione collettiva, in cui la salvezza non è dell'individuo, ma dell'insieme e passa attraverso l'azione pratica di tutti si sono trasformati in movimenti sovversivi.
Inoltre il messianesimo, come progetto globale e sovversivo nasce soltanto ad un certo punto del rapporto di integrazione, quando cioè il modo di vivere della civiltà occidentale non è completamente adottato e continuano ad esistere vitali gli elementi della tradizione tribale. Qui il problema dello sfruttamento si complica intrecciandosi con quello della difesa della propria identità etnica e della conservazione delle proprie tradizioni e, spesso, delle proprie gerarchie sociali: è comunque importante osservare che solo quando il problema dell'identità si unisce a quello della coscienza dello sfruttamento si ha la creazione di nuovi valori; in caso contrario si hanno tuttalpiù movimenti di restaurazione dell'antico ordine tribale. Ed infine, nei rari casi in cui la colonizzazione non ha significato sopraffazione, ma solo scontro di diversi modi di pensare con una reciproca integrazione, nessuna rivolta si è verificata. L'azione di innovazione da parte degli indigeni si è rivolta soprattutto verso se stessi.
Nei rapporti fra i gruppi tribali, in precedenza quasi sempre ostili e comunque in competizione e organizzati secondo il criterio della discendenza patrilineare, il messianesimo sostituisce il concetto della solidarietà sociale e della responsabilità individuale, indipendentemente dal concetto di peccato o di colpa. Ogni individuo collabora attivamente alla liberazione: la responsabilità è la coscienza del tutto nuova di poter trasformare con la propria azione (e pur sempre con l'aiuto divino), il mondo in cui si vive. Prima di concludere, un ultimo aspetto di questi movimenti serve a sottolineare il carattere globale della trasformazione cui essi mirano: molti sono i tratti cristiani reinterpretati in funzione "pagana"; ad esempio il battesimo non ha per gli indigeni la funzione di "mondare" da una colpa originaria, ma viene assimilato ad antichi rituali tribali di guarigione, in un senso nuovo: la guarigione non è solo da una malattia corporea, ma dalla "malattia" sociale, dalla disgregazione della personalità individuale e dalla condizione di subalterni. Anche il sincretismo dunque, comporta elaborazione di nuovi concetti, innovazione.
La ripresa dei rituali antichi è significativa della vitalità della rivolta degli indigeni: ricorrente, ad es., è anche la rinascita del mito della resurrezione dei morti, propria delle civiltà agricole, che ora diventa simbolo dell'affermazione della vita sulla morte "sociale". Nel sincretismo, il complesso religioso tradizionale pagano fa da sostrato e veicolo al Dio del monoteismo giùdaico cristiano; molti simboli del pensiero cristiano (il crocifisso, le figure dei santi) vengono assimilati alla mitologia animalesca, teriomorfa ecc. che affondano le loro radici nelle varie esperienze storiche e culturali di queste popolazioni. Il contrasto con la cultura occidentale e soprattutto il rapporto di sfruttamento che essa ha instaurato ha agito come catalizzatore di tensioni e squilibri già esistenti all'interno delle strutture sociali tradizionali e ha posto i nativi di fronte alla necessità di un profondo rinnovamento interno, fuori e contro ogni imposizione dei bianchi: il sincretismo, la diversità dei rituali attraverso cui si esprimono i movimenti messianici sono la testimonianza più esplicita della possibilità di trasformazione dinamica i di innovazione di uomini sottoposti allo sfruttamento e l'irriducibilità ad esso nonostante e contro qualsiasi mezzo venga adottato per realizzarlo.

Claudia V.