Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 5 nr. 37
marzo 1975


Rivista Anarchica Online

La riforma viene da destra
di S. Parane

Crisi economica e forze politiche in Francia.
Ostilità ed ambivalenza nei rapporti fra comunisti e socialisti - Il ruolo subordinato delle centrali sindacali - L'abile riformismo di Giscard d'Estaing batte in velocità le fumose proposte del "Programma Comune" delle sinistre unite - La difficile prospettiva rivoluzionaria.

L'aumento senza fine del volume della produzione, degli investimenti, dei salari, abbinato ad un'inflazione che tutti denunciavano ma che rappresentava per tutti una sorta di "anticipo sull'avvenire", sembra terminata. L'ultimo trimestre dell'anno 1974 è stato eloquente: il salario reale, cioè il potere di acquisto dei lavoratori, è diminuito dell'1%, ma la disoccupazione parziale, sempre più frequente, riduce di fatto la somma totale dei salari.
Quella che alcuni chiamano crisi, altri recessione, altri ancora un momento di arresto dell'espansione economica, condiziona evidentemente tutto il clima sociale. Dal lato dei lavoratori, la paura della disoccupazione paralizza in gran parte le velleità di mobilitazione sindacale. Le "lotte" - che si limitano molto spesso a scioperi di durata limitata - si verificano soprattutto nei servizi pubblici, nelle amministrazioni o nelle imprese di stato, cioè dove lo status di funzionari mette gli scioperanti al riparo delle sanzioni più dure, come il licenziamento puro e semplice.
È necessario completare questo panorama con qualche tratto proprio alla congiuntura politica francese. Il programma della sinistra, detto Programma d'Unità Popolare, non rappresenta più una bandiera e una promessa di un futuro felice. Da un lato perché esso è stato concepito in un periodo di sviluppo, oggi sparito, dall'altro perché i due firmatari principali, il Partito Comunista e il Partito Socialista, hanno messo maggior impegno da parecchi mesi ad accusarsi reciprocamente che non a cercare un'intesa per delle azioni comuni. Così che l'entusiasmo, di tipo strettamente elettorale, si è spento.
Il P.C. ha scoperto immediatamente - in coincidenza, sembra, con l'eclissi di Brejhnev - una serie di gravi difetti nel comportamento dei suoi alleati socialisti. Francois Mitterrand faceva il gioco degli interessi capitalistici, rifiutava di attaccare apertamente il potere presidenziale, e le sezioni locali del P.S.F. avevano troppo spesso la tendenza a mantenere delle alleanze- municipali o dipartimentali - con delle frazioni politiche centriste o favorevoli al governo.
In breve, la linea politica del PC aveva subìto una trasformazione. La prospettiva di un governo di "sinistra" sembrava abbandonata. E per spiegare questo cambiamento era necessario che il Partito "si sbilanciasse a sinistra", rafforzasse cioè la sua immagine di organizzazione più operaia, più rivoluzionaria, più aggressiva rispetto al suo concorrente socialista. Perciò esso ha fatto un notevole sforzo, spesso disordinato, per mostrarsi in tutti i luoghi e per tutti problemi, e per presentarsi come il solo partito di lotta, senza compromessi né debolezze. Un'immagine che aveva bisogno di essere ripulita ed ridipinta dopo un periodo poco lontano in cui il PC lanciava il suo appello ai "veri gollisti" - quelli che per il loro nazionalismo intransigente sono dei vigorosi avversari del Patto Atlantico - ed anche dopo l'euforia per il nuovo Fronte Popolare la cui vittoria era condizionata dall'adescamento elettorale di categorie sociali piuttosto sospette: "piccoli e medi industriali", "commercianti", "quadri".
Per i socialisti, in rapido aumento sia per nuovi membri che per il peso elettorale, l'avvenire si presentava in modo diverso. Reclutando principalmente nelle nuove categorie "medie": colletti bianchi, lavoratori del settore terziario, impiegati amministrativi, il Partito appariva come un buon veicolo per i candidati alla successione nei diversi servizi di stato: pianificazione, controllo, organizzazione del territorio ecc. L'entourage di Mitterrand, abbastanza diverso come reclutamento della classica SFIO, è formato da gran commis (superburocrati), alti funzionari, in grado di rimpiazzare dall'oggi al domani le équipes ministeriale attuali.
Tanto col Partito Comunista che con quello Socialista, il motore popolare, vale a dire la somma di rivendicazioni operaie, di speranze più o meno precise in una società giusta, egualitaria, si trova così utilizzato per delle operazioni la cui natura è completamente estranea a una vera emancipazione dei produttori salariati o più semplicemente a velleità libertarie. Denunciando le tare, le impotenze del sistema capitalista, i due partiti "di sinistra", affiancati da un Partito Radicale il cui aiuto ha portato la tradizione di vecchie clientele di provincia, offrono come unica prospettiva una gestione più razionale, più organizzata di una società in trasformazione ma fondamentalmente immutata nelle sue strutture e nei suoi meccanismi di sfruttamento e di potere gerarchizzati.
Le centrali sindacali, che hanno la funzione di assicurare la difesa di un certo "egoismo operaio", si prestano in realtà ai giochi e alle manovre dei partiti di sinistra. L'una, la C.G.T., per la sua affiliazione di fatto all'apparato comunista (non sono soltanto i giornalisti detti di informazione a dare un preciso significato a un "incontro" fra il Segretario Generale della C.G.T., Georges Séguy, membro degli organi superiori del PC, e una delegazione dell'Ufficio Politico dello stesso partito); l'altra, la C.F.D.T., che sta perdendo il suo capitale reale dal momento in cui si è decisa a sostenere l'avventura politica del "Programma Comune".
I dati essenziali della situazione sociale che si perdono di vista nella nebbia delle operazioni politiche, condotte non soltanto dai partiti d'opposizione ma anche dai gruppi che costituiscono la maggioranza governativa. Perché questa maggioranza si sforza di adattare il funzionamento delle vecchie leggi ai bisogni di una società che cambia. E su questo terreno essa arriva a battere in velocità i partiti di sinistra e a realizzare quello che era previsto dal Programma. Non senza opposizioni da parte di alcune sue frazioni o di alcuni gruppi di interesse. Ma la vernice ideologica di sinistra o di destra, liberale o socialista, non modifica essenzialmente il senso di diverse riforme: diritto all'aborto, maggiore età legale fissata a 18 anni, salari garantiti per un anno ai disoccupati, ecc. Se un governo d'Unità Popolare avesse preso simili decisioni si possono immaginare le fanfare di propaganda scatenate in nome del socialismo, del progresso, dell'avvenire e molto, molto di più. Mentre queste stesse leggi proposte da un Presidente della Repubblica "conservatore" e adottate infine da maggioranze composite, appaiono come adattamenti all'inevitabile.
Nulla di rivoluzionario in questi mutamenti. Né nei programmi, né nei metodi, e neppure nelle intenzioni. Non vi è che il linguaggio che potrebbe produrre illusioni, anche se le banali realtà passano rapidamente attraverso gli strati di parole sparse dagli apparati propagandistici. Oggi tutto l'affare LIP, le cui peripezie hanno permesso di nutrire tonnellate di carta, si è ridotto a questa relativa vittoria: il personale ha finito per trovare un padrone intelligente, abile e moderno - per di più legato al Partito Socialista Unificato - che ha rimesso in piedi l'azienda.
Così, quando si tratta di un cambiamento di maggioranza, o più chiaramente di una maggioranza di ricambio che sarebbe altrettanto liberale quanto Giscard d'Estaing, che sarebbe altrettanto riformista quanto i tecnocrati consiglieri dell'Eliseo, che sarebbe più attuale di certi fossili del gollismo senza De Gaulle, o di numerosi reazionari che qualsiasi cambiamento rende inquieti, tutte le poste sono autorizzate. Tra i molti piani di battaglia allo studio, quello che corrisponde all'entrata dei socialisti in una nuova maggioranza non è da escludere. Quali che siano le peripezie del teatro parlamentare, cioè della parte visibile di un gioco più serio in cui i fattori economici, le spinte delle categorie sociali in ascesa, le determinanti di politica internazionale sono essenziali. Francois Mitterrand cura il suo personaggio, quello di Primo Ministro o (addirittura) di Presidente della Repubblica.
Di fatto, né la situazione economica, né la volontà dei Partiti e neppure i sentimenti della maggioranza attualmente pongono i problemi in termini rivoluzionari. Agli appelli rituali delle formazioni di estrema sinistra non risponde alcuna delle forze sociali presenti. Le manifestazioni, le proteste, le dimostrazioni dimostrano una certa febbre interiore ma non hanno alcuna presa su una società i cui membri, siano essi beneficiario o vittime, si sentono se non solidali, almeno interdipendenti.
Fare sciopero alla Renault può condurre a un miglioramento dei salari o all'indebolimento della posizione dell'impresa pubblica sul mercato internazionale. Qui è il problema, nei limiti delle confederazioni e dei partiti che vogliono rappresentare non soltanto la classe operaia ma anche numerose categorie sociali esigendo da una società di profitto teoricamente denunciata dei vantaggi o dei benefici. Nessuna condanna fondamentale del sistema è pronunciata da nessuna parte. Malgrado le difficoltà sorte da uno o due anni si conserva ancora la fiducia nelle capacità di recupero o di adattamento del regime. E sotto la copertura di dichiarazioni fragorose le contrattazioni continuano. Con la possibilità che la manipolazione delle correnti inflazionistiche, l'utilizzazione dello spettro della disoccupazione, favoriscano una possibile ripresa economica, dopo un riassestamento dei rapporti fra salariati e imprenditori. Tutto questo senza scontri eccessivi né grandi drammi. In nome della destra o della sinistra.

S. Parane