Rivista Anarchica Online
La riforma viene da destra
di S. Parane
Crisi economica e forze politiche in Francia. Ostilità ed ambivalenza nei rapporti fra
comunisti e socialisti - Il ruolo subordinato delle centrali sindacali -
L'abile riformismo di Giscard d'Estaing batte in velocità le fumose proposte del "Programma
Comune" delle
sinistre unite - La difficile prospettiva rivoluzionaria.
L'aumento senza fine del volume della produzione, degli investimenti, dei
salari, abbinato ad un'inflazione che
tutti denunciavano ma che rappresentava per tutti una sorta di "anticipo sull'avvenire", sembra terminata.
L'ultimo
trimestre dell'anno 1974 è stato eloquente: il salario reale, cioè il potere di acquisto dei
lavoratori, è diminuito
dell'1%, ma la disoccupazione parziale, sempre più frequente, riduce di fatto la somma totale dei
salari. Quella che alcuni chiamano crisi, altri recessione, altri ancora un momento di arresto
dell'espansione economica,
condiziona evidentemente tutto il clima sociale. Dal lato dei lavoratori, la paura della disoccupazione
paralizza
in gran parte le velleità di mobilitazione sindacale. Le "lotte" - che si limitano molto spesso a
scioperi di durata
limitata - si verificano soprattutto nei servizi pubblici, nelle amministrazioni o nelle imprese di stato,
cioè dove
lo status di funzionari mette gli scioperanti al riparo delle sanzioni più dure, come il licenziamento
puro e
semplice. È necessario completare questo panorama con qualche tratto proprio alla
congiuntura politica francese. Il
programma della sinistra, detto Programma d'Unità Popolare, non rappresenta più una
bandiera e una promessa
di un futuro felice. Da un lato perché esso è stato concepito in un periodo di sviluppo,
oggi sparito, dall'altro
perché i due firmatari principali, il Partito Comunista e il Partito Socialista, hanno messo maggior
impegno da
parecchi mesi ad accusarsi reciprocamente che non a cercare un'intesa per delle azioni comuni.
Così che
l'entusiasmo, di tipo strettamente elettorale, si è spento. Il P.C. ha scoperto immediatamente
- in coincidenza, sembra, con l'eclissi di Brejhnev - una serie di gravi difetti
nel comportamento dei suoi alleati socialisti. Francois Mitterrand faceva il gioco degli interessi
capitalistici,
rifiutava di attaccare apertamente il potere presidenziale, e le sezioni locali del P.S.F. avevano troppo
spesso la
tendenza a mantenere delle alleanze- municipali o dipartimentali - con delle frazioni politiche centriste
o
favorevoli al governo. In breve, la linea politica del PC aveva subìto una trasformazione. La
prospettiva di un governo di "sinistra"
sembrava abbandonata. E per spiegare questo cambiamento era necessario che il Partito "si sbilanciasse
a sinistra",
rafforzasse cioè la sua immagine di organizzazione più operaia, più
rivoluzionaria, più aggressiva rispetto al suo
concorrente socialista. Perciò esso ha fatto un notevole sforzo, spesso disordinato, per mostrarsi
in tutti i luoghi
e per tutti problemi, e per presentarsi come il solo partito di lotta, senza compromessi né
debolezze. Un'immagine
che aveva bisogno di essere ripulita ed ridipinta dopo un periodo poco lontano in cui il PC lanciava il suo
appello
ai "veri gollisti" - quelli che per il loro nazionalismo intransigente sono dei vigorosi avversari del Patto
Atlantico
- ed anche dopo l'euforia per il nuovo Fronte Popolare la cui vittoria era condizionata dall'adescamento
elettorale
di categorie sociali piuttosto sospette: "piccoli e medi industriali", "commercianti", "quadri". Per i
socialisti, in rapido aumento sia per nuovi membri che per il peso elettorale, l'avvenire si presentava in
modo
diverso. Reclutando principalmente nelle nuove categorie "medie": colletti bianchi, lavoratori del settore
terziario,
impiegati amministrativi, il Partito appariva come un buon veicolo per i candidati alla successione nei
diversi
servizi di stato: pianificazione, controllo, organizzazione del territorio ecc. L'entourage di
Mitterrand, abbastanza
diverso come reclutamento della classica SFIO, è formato da gran commis
(superburocrati), alti funzionari, in
grado di rimpiazzare dall'oggi al domani le équipes ministeriale attuali. Tanto
col Partito Comunista che con quello Socialista, il motore popolare, vale a dire la somma di
rivendicazioni
operaie, di speranze più o meno precise in una società giusta, egualitaria, si trova
così utilizzato per delle
operazioni la cui natura è completamente estranea a una vera emancipazione dei produttori
salariati o più
semplicemente a velleità libertarie. Denunciando le tare, le impotenze del sistema capitalista, i
due partiti "di
sinistra", affiancati da un Partito Radicale il cui aiuto ha portato la tradizione di vecchie clientele di
provincia,
offrono come unica prospettiva una gestione più razionale, più organizzata di una
società in trasformazione ma
fondamentalmente immutata nelle sue strutture e nei suoi meccanismi di sfruttamento e di potere
gerarchizzati. Le centrali sindacali, che hanno la funzione di assicurare la difesa di un certo "egoismo
operaio", si prestano in
realtà ai giochi e alle manovre dei partiti di sinistra. L'una, la C.G.T., per la sua affiliazione di
fatto all'apparato
comunista (non sono soltanto i giornalisti detti di informazione a dare un preciso significato a un
"incontro" fra
il Segretario Generale della C.G.T., Georges Séguy, membro degli organi superiori del PC, e una
delegazione
dell'Ufficio Politico dello stesso partito); l'altra, la C.F.D.T., che sta perdendo il suo capitale reale dal
momento
in cui si è decisa a sostenere l'avventura politica del "Programma Comune". I dati essenziali
della situazione sociale che si perdono di vista nella nebbia delle operazioni politiche, condotte
non soltanto dai partiti d'opposizione ma anche dai gruppi che costituiscono la maggioranza governativa.
Perché
questa maggioranza si sforza di adattare il funzionamento delle vecchie leggi ai bisogni di una
società che cambia.
E su questo terreno essa arriva a battere in velocità i partiti di sinistra e a realizzare quello che
era previsto dal
Programma. Non senza opposizioni da parte di alcune sue frazioni o di alcuni gruppi di interesse. Ma
la vernice
ideologica di sinistra o di destra, liberale o socialista, non modifica essenzialmente il senso di diverse
riforme:
diritto all'aborto, maggiore età legale fissata a 18 anni, salari garantiti per un anno ai disoccupati,
ecc. Se un
governo d'Unità Popolare avesse preso simili decisioni si possono immaginare le fanfare di
propaganda scatenate
in nome del socialismo, del progresso, dell'avvenire e molto, molto di più. Mentre queste stesse
leggi proposte
da un Presidente della Repubblica "conservatore" e adottate infine da maggioranze composite, appaiono
come
adattamenti all'inevitabile. Nulla di rivoluzionario in questi mutamenti. Né nei programmi,
né nei metodi, e neppure nelle intenzioni. Non
vi è che il linguaggio che potrebbe produrre illusioni, anche se le banali realtà passano
rapidamente attraverso
gli strati di parole sparse dagli apparati propagandistici. Oggi tutto l'affare LIP, le cui peripezie hanno
permesso
di nutrire tonnellate di carta, si è ridotto a questa relativa vittoria: il personale ha finito per trovare
un padrone
intelligente, abile e moderno - per di più legato al Partito Socialista Unificato - che ha rimesso
in piedi l'azienda. Così, quando si tratta di un cambiamento di maggioranza, o più
chiaramente di una maggioranza di ricambio che
sarebbe altrettanto liberale quanto Giscard d'Estaing, che sarebbe altrettanto riformista quanto i tecnocrati
consiglieri dell'Eliseo, che sarebbe più attuale di certi fossili del gollismo senza De Gaulle, o di
numerosi
reazionari che qualsiasi cambiamento rende inquieti, tutte le poste sono autorizzate. Tra i molti piani di
battaglia
allo studio, quello che corrisponde all'entrata dei socialisti in una nuova maggioranza non è da
escludere. Quali
che siano le peripezie del teatro parlamentare, cioè della parte visibile di un gioco più
serio in cui i fattori
economici, le spinte delle categorie sociali in ascesa, le determinanti di politica internazionale sono
essenziali.
Francois Mitterrand cura il suo personaggio, quello di Primo Ministro o (addirittura) di Presidente della
Repubblica. Di fatto, né la situazione economica, né la volontà dei Partiti
e neppure i sentimenti della maggioranza
attualmente pongono i problemi in termini rivoluzionari. Agli appelli rituali delle formazioni di estrema
sinistra
non risponde alcuna delle forze sociali presenti. Le manifestazioni, le proteste, le dimostrazioni
dimostrano una
certa febbre interiore ma non hanno alcuna presa su una società i cui membri, siano essi
beneficiario o vittime,
si sentono se non solidali, almeno interdipendenti. Fare sciopero alla Renault può condurre
a un miglioramento dei salari o all'indebolimento della posizione
dell'impresa pubblica sul mercato internazionale. Qui è il problema, nei limiti delle confederazioni
e dei partiti
che vogliono rappresentare non soltanto la classe operaia ma anche numerose categorie sociali esigendo
da una
società di profitto teoricamente denunciata dei vantaggi o dei benefici. Nessuna condanna
fondamentale del
sistema è pronunciata da nessuna parte. Malgrado le difficoltà sorte da uno o due anni
si conserva ancora la
fiducia nelle capacità di recupero o di adattamento del regime. E sotto la copertura di
dichiarazioni fragorose le
contrattazioni continuano. Con la possibilità che la manipolazione delle correnti inflazionistiche,
l'utilizzazione
dello spettro della disoccupazione, favoriscano una possibile ripresa economica, dopo un riassestamento
dei
rapporti fra salariati e imprenditori. Tutto questo senza scontri eccessivi né grandi drammi. In
nome della destra
o della sinistra.
S. Parane
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