Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 5 nr. 37
marzo 1975


Rivista Anarchica Online

LETTURE
a cura della Redazione

LA STORIA,
di E. Morante, Einaudi, Torino 1974, pp. 649, Lire 2.000

Il romanzo della Morante si articola in due momenti distinti che si alternano nel corso della narrazione, il primo dei quali corrisponde alla cronistoria dei principali eventi mondiali del nostro secolo, trattati nel primo e nell'ultimo dei nove capitoli in cui è suddivisa l'opera e nell'introduzione a ciascuno di essi, il secondo che si identifica con le vicende del romanzo vero e proprio, narrate secondo due differenti livelli di realtà in rapporto dialettico. Una realtà della coscienza per cui i fatti vengono esposti secondo l'interpretazione propria di ogni personaggio e si presentano quindi sotto diverse angolazioni, ed una realtà della situazione in base alla quale, alle condizioni che si danno via via i personaggi, la risposta è sempre una delle tante umanamente, realisticamente possibili. Il soggetto di questo secondo momento è una coralità di personaggi che hanno come caratteristica comune l'essere vittime involontarie di eventi storici che li segnano negativamente. La realtà si presenta con una compiutezza e complessità tali da spingere molti critici a definire il romanzo un capolavoro del realismo del dopoguerra. La definizione di realismo è però restrittiva ed esclude la considerazione di un elemento veramente nuovo per la storia letteraria introdotto dalla Morante nel primo momento del romanzo. In una frase all'inizio del I capitolo leggiamo "1908-1915. Non troppe novità nel gran mondo. Come già tutti secoli e millenni che l'hanno preceduto sulla terra, anche il nuovo secolo si regola sul noto principio immobile della dinamica storica: agli uni il potere e agli altri la servitù...": da qui la narrazione procede con un linguaggio scarno e sintetico e il riferimento costante è sempre il potere: esso viene indicato come causa principale di una storia negativa, di una storia cioè di uomini dominati e vittime del potere. La struttura generale dell'opera si articola perciò, con un'ottica che continuamente si allarga e si restringe, tra una "visione al telescopio", che ha come soggetto il potere, ed una "visione al microscopio", in cui si ha una analisi in profondità di vicende particolari in cui il soggetto è l'uomo vittima della storia. Vero protagonista del romanzo è dunque il rapporto tra questi due soggetti e la storia, che né da il titolo, è al tempo stesso il tessuto e il risultato tragico di questo rapporto. La scelta di un riferimento preciso di interpretazione della realtà, il potere, porta la Morante al di fuori della tradizione documentaristica del nostro neorealismo (in cui si operava la scelta con una "fetta di realtà" indifferente e "impersonale") e la storia diventa scandalo nella misura in cui le vicende che la contrassegnano non sono naturali, ma determinate, imposte dall'interesse dei "potenti" contro la volontà o in virtù dell'ignoranza di chi il potere lo subisce. Qui il giudizio che si può dare sul romanzo diventa strettamente ideologico ed è quindi necessario considerare un terzo fattore fondamentale nella tesi espressa dalla Morante e che ci interessa da vicino. Lo spunto ci è offerto dalla presenza di due anarchici: Giuseppe e, con maggiore rilievo, Davide; due figure che hanno il merito (forse l'unico) di uscire dall'oleografia letteraria che ci vuole banditi inconcludenti o avvinazzati senza criterio, ma che, all'interno del romanzo e all'interno dell'ideologia che esso vuole esprimere hanno una funzione ambigua e, per noi, negativa. Il punto centrale è dato da alcune pagine del penultimo capitolo in cui Davide espone le tesi anarchiche. Si ha qui un contrasto tra l'ampiezza, l'integrità dei principi esposti e le caratteristiche del personaggio, travolto da conflitti psicologici che l'esperienza della guerra portano all'esasperazione e alla follia distruggendo qualsiasi tentativo di rivolta reale; può sembrare che la Morante abbia voluto affidare a Davide l'ultima parola, con la funzione di rendere esplicita quell'interpretazione della storia che si dà nel corso della narrazione. Ma il romanzo manca di un fattore fondamentale perché questa parola sia realmente rivoluzionaria, anarchica: la presenza di un'alternativa che si ponga contro e oltre la dialettica potere-servitù e che strutturalmente si costituisca come terzo momento, quello dell'utopia positiva. Le parole del personaggio non si collocano in questa dimensione, ma al contrario restano chiuse nella sua esperienza che è individuale, isolate e fallimentare: un discorso rivoluzionario poteva esistere solo avendo una propria dimensione nella struttura stessa del romanzo, ponendosi chiaramente contro la storia negativa: mancando questa base a noi sembra che il risultato sia di farci naufragare in essa, svuotando l'anarchismo della sua forza rivoluzionaria ed escludendo la comprensione del suo più autentico significato.

AA.VV.-Ai compagni su: capitalismo, ristrutturazione e lotta di classe, Crescita politica, Firenze 1975, pagg. 62, prezzo L. 600.

Questo opuscolo (frutto di un lavoro collettivo di alcuni compagni di Firenze) è un documento politico sulla crisi attuale e sulle prospettive di intervento degli anarchici nelle lotte sociali. Dopo una ricostruzione della politica internazionale delle superpotenze negli anni che vanno dal 1944 al 1973, gli autori analizzano la strategia delle società multinazionali (con particolare riguardo a quelle operanti nel settore petrolifero) prima e durante l'attuale crisi congiunturale.
Il terzo e il quarto capitolo sono dedicati all'analisi della strutture economiche italiane in questa fase di ristrutturazione e alla critica delle soluzioni proposte dal P.C.I.
L'opuscolo si conclude con una serie di proposte organizzative e di modalità di intervento nelle lotte per i militanti anarchici.
L'articolazione del documento denota senza dubbio la volontà di fornire strumenti per un approfondimento ed un rinnovamento del bagaglio teorico del movimento anarchico.
Dobbiamo però constatare che ancora una volta non si è saputo o non si è voluto uscire dagli schemi interpretativi "classici". Se in alcune formulazioni, riguardanti i singoli fenomeni, possiamo riscontrare un certo acume analitico-interpretativo, dobbiamo anche rilevare che nel suo insieme questo lavoro non individua nella crisi quegli elementi sintomatici che ne fanno un qualcosa di più che non un abile e coordinata manovra del capitalismo per potersi ristrutturare e per piegare la volontà di lotta degli sfruttati.
Tutta la nuova realtà socio-economica di cui la crisi è uno dei più significativi sintomi non viene neppure accennata, anzi l'interpretazione si muove su direttive che tendono a negarla. In definitiva si tratta di un lavoro che risente della suggestione delle analisi del nuovo marxismo eterodosso.