Rivista Anarchica Online
Il morocolore
di A. B.
Sullo scorso numero della rivista avevamo previsto ("All'italiana", A 33),
a dire il vero senza bisogno di grandi
sforzi previsionali, che la nuova crisi governativa si sarebbe conclusa con un governo Moro "nell'ambito
del
centro-sinistra". Infatti, neppure una ventina di giorni dopo l'editoriale, e grazie alla mazzata
anti-democristiana
delle elezioni parziali amministrative, Moro ha costituito una sorta di monocolore con appendice
repubblicana
che dichiaratamente si colloca nell'ambito del centro-sinistra. Per quello che può significare,
cioè poco. In pratica
significa solo (o poco più) che il nuovo governo è sorto e si reggerà su un
accordo tra i soliti quattro partiti. Dietro
il governo DC+PRI, cioè, funzionerà una sorta di governo ombra
DC+PRI+PSI+PSDI. Un paio di indicazioni si possono trarre da quest'ultima crisi. Innanzitutto si
è confermato ancora una volta che
la dialettica politica italiana vive pressoché soltanto all'interno della democrazia cristiana, che la
lotta per il
potere si gioca prevalentemente tra le correnti della DC e che gli altri partiti "giocano" sui riflessi che
riescono
a suscitare all'interno del mefitico microcosmo democristiano. Il PSDI punta sulla "destra" DC, il PLI
sul "centro
destra", il PSI ed il PCI sulla "sinistra" e "centro-sinistra"... per quello che valgono queste etichette
all'interno
di un partito che in realtà non è di centro di destra o di sinistra ma solo di potere. La
composizione del governo Moro ci dice molto sull'esito delle feroci lotte in seno alla DC. Vi sono
elementi
contraddittori. Da un lato la destra democristiana e Fanfani (il quale non è né centro
né destra né sinistra:
personificazione dell'anima democristiana) è riuscito a cacciare Taviani, che s'era riscoperto
antifascista, ed a
spostare Andreotti dalla Difesa. D'altro lato però ad Andreotti è stato dato un
mistero-greppia ricchissimo e
dunque un grosso centro di potere. Inoltre le correnti "di sinistra" hanno avuto proporzionalmente
più incarichi
della loro presenza nella DC. Infine, La Malfa è a modo suo un nemico del sottogoverno
(cioè del vero potere)
democristiano e Visentini (ministro delle Finanze) è indicato come persona non grata al potente
binomio Cefis-Fanfani. Tutto sommato, forse, una tenue vittoria della "sinistra" DC. Certo, i risultati
delle elezioni parziali del 17 novembre (che confermano le tendenze emerse nel referendum e
nelle elezioni sarde) hanno pesato all'interno della DC. Le elezioni hanno indicato abbastanza
chiaramente che
la provincia italiana (principale riserva elettorale democristiana) più rapidamente al Nord,
più lentamente al Sud,
si sta svegliando e cerca modelli culturali e politici meno immobilisti di quelli DC, incrinando così
la certezza
e la permanenza del suo potere. La crisi si è chiusa, tutto sommato, in modo diverso e forse
opposto a quello
sperato da chi l'ha voluta. La crisi si è chiusa (per ora, ma il ministro Donat Cattin ci dice che
il governo attuale
è di transizione) con un rafforzamento (per lo più psicologico) di chi "guarda a sinistra"
(cioè al compromesso
storico).
A. B.
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