Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 4 nr. 33
novembre 1974


Rivista Anarchica Online

Azione diretta
di P. F.

Le tre confederazioni sindacali condannano con fermezza le azioni avventuristiche compiute da sparuti gruppi di estremisti che, ricorrendo a metodi assolutamente estranei e contrari a quelli del movimento dei lavoratori, ostacolano le lotte in corso per una società più giusta. Più o meno, la musica è sempre la medesima. D'altra parte è sempre stato così. Ogni volta che gli sfruttati attuano forme di lotta diverse da quelle preventivate dalle burocrazie confederali, queste ultime si affrettano a dissociarsi, a condannare, a calunniare.
Nelle ultime settimane se n'è avuta ulteriore conferma. Di fronte all'intensificarsi ed all'acutizzarsi del conflitto sociale, ed in particolare di fronte ai numerosi momenti di lotta extra-sindacale portati avanti da sempre più consistenti gruppi di lavoratori, i vertici sindacali hanno confermato la loro vocazione istituzionale al pompieraggio ed all'interclassismo. Ci riferiamo, per esempio, alla cosiddetta "disobbedienza civile", cioè al fatto che molti sfruttati hanno dimostrato in pratica di non essere disposti a subire sempre e comunque le imposizioni dei padroni, soprattutto in materia di aumenti dei prezzi. E' così avvenuto che il "ritocco" (come viene gentilmente definito l'aumento) dei prezzi dei trasporti pubblici è stato rifiutato, in alcune zone, in massa dai lavoratori, soprattutto dai pendolari residenti nelle "cinture" delle grandi metropoli del Nord. Con una esemplare faccia di... bronzo, le segreterie provinciali CGIL-CISL-UIL non hanno saputo far altro che condannare l'autorizzazione organizzata delle tariffe, giudicandola (non si capisce bene in base a quale assurdo ragionamento) "estranea agli interessi dei lavoratori ed alla loro lotta per una riforma radicale e globale del settore del trasporto pubblico".
E' vero anche che, a volte, i comitati unitari di zona CGIL-CISL-UIL (cioè, le organizzazioni unitarie di quartiere) si sono schierate a favore dell'iniziativa autonomamente presa dai lavoratori di pagare il biglietto al vecchio prezzo: ma ciò è dovuto semplicemente al fatto che localmente i sindacati non possono permettersi di perdere troppo la faccia, nello stesso momento in cui in sede provinciale e nazionale i vertici confederali condannano apertamente questo tipo di lotta che sfugge al loro controllo. Di fatto, però, in nessuna occasione il sindacato si è fatto promotore di un allargamento di questo tipo di lotta, limitandosi al più a prendere atto tutte le volte che non se la sentiva di condannarlo.
Così, di fronte al sempre più vasto fenomeno dell'occupazione degli appartamenti e dell'auto-riduzione dei canoni d'affitto (l'ormai famoso "sciopero dei fitti"), l'unico concreto aiuto alle famiglie proletarie impegnate nella lotta per l'elementare diritto alla casa è venuto ai raggruppamenti della sinistra extra-parlamentare (di tutte le sfumature) e dagli anarchici. Ormai non si tratta più di occupazioni saltuarie ed isolate: sempre più frequentemente si viene a conoscenza di azioni spontanee compiute da gruppi di famiglie prive di casa (o almeno di un'abitazione degna di quel nome), anche se ormai solo le occupazioni più clamorose "fanno notizia" per i quotidiani. Gli inquilini che praticano l'auto-riduzione dell'affitto sono stimati ormai in decine di migliaia. Va poi ricordato il fenomeno (anche questo sempre più generalizzato) dell'autoriduzione della bolletta della luce, che in alcuni centri dell'Italia settentrionale è applicata ormai da decine di migliaia di famiglie. Nella sola Torino (riferisce allarmato in prima pagina il "Corriere della sera" del 30 ottobre) 37.000 cittadini si sono già rifiutati di pagare l'aumento delle tariffe della luce ed hanno fatto pervenire all'E.N.E.L. il 50% delle somme pretese dall'Ente. Anche in questa lotta il sindacato, dopo che l'agitazione era scoppiata, ha preso sotto controllo la situazione e preme per la costituzione di una commissione incaricata di rivedere le tariffe.
Anche in questo settore di lotta le tre confederazioni sindacali non fanno altro che stimolare il governo a concedere alcune riforme, invitando nel contempo gli sfruttati a non esasperare il conflitto per non dare esca agli onnipresenti provocatori.
Se tale è stato il comportamento dei vertici sindacali di fronte alla "disobbedienza civile" ed allo sciopero dei fitti, non sarà certo difficile immaginare le loro reazioni di fronte agli "episodi teppistici" (così li hanno appunto definiti) accaduti a Milano il 19 ottobre. Quel giorno alcune decine di lavoratori e di giovani militanti della sinistra extra-parlamentare ed anarchici, dopo aver "occupato" due grossi supermercati proprio nel momento di massimo affollamento (il pomeriggio del sabato), cercarono di convincere i presenti a servirsi liberamente dei prodotti esposti, limitandosi a pagare poi alla cassa un bassissimo "prezzo politico" in un caso e non pagando affatto nell'altro. Le due azioni, che tanto scalpore hanno provocato sulla stampa di ogni colore, non ebbero una piena riuscita sia a causa del rapido intervento delle forze dell'ordine sia per il mancato accoglimento del loro invito ad autoridursi i prezzi da parte dei clienti presenti.
Al di là del risultato immediato, è evidente che azioni di questo tipo sono positive, in quanto tendono a risvegliare la coscienza degli sfruttati, dimostrando con i fatti che è possibile rigettare gli aumenti vertiginosi dei prezzi dei generi di prima necessità. Più in generale (ed è questo che ci sta maggiormente a cuore) tutte queste forme di azione diretta risvegliano negli sfruttati la fiducia nelle loro capacità di lotta autonoma, al di là ed anche contro i voleri delle burocrazie sindacali.
Non è nostro costume "vender fumo" in modo da nascondere la verità: non ci facciamo dunque soverchie illusioni sulle immediate possibilità di estensione e di durata di questa riscoperta dell'azione diretta da parte degli sfruttati. Nemmeno ci nascondiamo il dato di fatto innegabile che per lo più lo stimolo e l'organizzazione di queste forme di lotta autonoma viene da anarchici e da militanti della sinistra extra-parlamentare, il cui apporto è dunque spesso determinante. Tutto ciò non toglie niente alla importanza che queste lotte vengono assumendo nello scontro sociale in atto, favorendo (fra l'altro) negli sfruttati la presa di coscienza della reale funzione - riformistica e pompieristica - delle burocrazie sindacali. Non dai capi (dei sindacati, dei partiti, del governo, ecc.) può venire una spinta verso l'eliminazione dello sfruttamento: debbono essere i lavoratori stessi a prendere nelle proprie mani l'organizzazione delle lotte, rifiutando una volta per tutte il principio della delega. Solo così, contro il riformismo e l'interclassismo delle confederazioni, è possibile fare dei concreti passi avanti sulla via indicata dalla Prima Internazionale, della quale noi anarchici siamo rimasti, da oltre un secolo, gli unici coerenti sostenitori: l'emancipazione dei lavoratori deve essere opera dei lavoratori stessi .

P. F.