Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 4 nr. 27
marzo 1974


Rivista Anarchica Online

Il socialismo dal volto disumano
di C. L.

Quando nel 1962 Nikita Kruscev (allora segretario del P.C.U.S. e primo ministro) autorizzò la pubblicazione di Una giornata di Ivan Denisovic sulla rivista letteraria Novi Mir, il gesto fu giustamente considerato una delle prime conseguenze pratiche del rapporto che lo stesso Kruscev aveva tenuto due anni prima al XX Congresso del P.C.U.S. e con il quale aveva dato il via al processo di "destatalizzazione".
Il libro succitato, infatti, confermava l'esistenza - sempre negata dalla propaganda staliniana - di lager, nei quali il dittatore georgiano aveva fatto rinchiudere ed aveva eliminato centinaia di migliaia, forse milioni, di oppositori politici. L'autore del libro, allora completamente sconosciuto, era Aleksandr Solgenitsyn, che dal 1945 al 1953 era stato rinchiuso in un campo di concentramento in Siberia, e poi fino al 1956 al confino: scriveva dunque con ottima cognizione di causa. Dopo la pubblicazione del suo libro sulla più importante rivista artistica sovietica, Solgenitsyn si sentì autorizzato a proseguire nella sua produzione letteraria e nella sua denuncia dei crimini stalinisti. Solgenitsyn però, non si limitava a denunciare gli "errori" del passato, ma combatteva anche contro tutto ciò (ed è molto) che dello stalinismo sopravvive nell'URSS di oggi. Le "noie" non tardarono ad ostacolargli il lavoro: fu sottoposto a critiche pubbliche, intimidito, espulso dall'unione degli scrittori: quest'ultimo provvedimento lo costrinse a pubblicare le sue opere all'estero, poiché in Russia ciò non gli era più consentito. Quel che ha fatto precipitare la già difficile situazione di Solgenitsyn è stata la pubblicazione (a Parigi) del suo ultimo libro Arcipelago Gulag, nel quale sono raccolte centinaia di testimonianze di reclusi nei campi sovietici o comunque di vittime della persecuzione bolscevica a partire dal 1918.
E' proprio questo fatto che deve aver provocato la decisione dei dittatori russi di farla finita con Solgenitsyn: volentieri l'avrebbero rinchiuso in un lager o in un manicomio, per lasciarvelo morire come già è successo e continua a succedere con chi nell'URSS non accetti di "ragionare" con la testa del partito. Ma la notorietà internazionale raggiunta dallo scrittore Premio Nobel e la conseguente necessità di non ostacolare troppo il processo di "distensione" con l'occidente hanno spinto Breznev e compagni a più miti consigli, per cui Solgenitsyn è stato semplicemente privato della cittadinanza russa ed espulso dall'URSS.
Si impongono a questo punto alcune considerazioni sulla funzione svolta dall'opposizione intellettuale nella Russia: indubbiamente - come molti hanno già sottolineato - si tratta di individui appartenenti ad un ambiente privilegiato, economicamente e politicamente, rispetto alla grande massa degli sfruttati sovietici. Non solo, ma a volte, come nei primi tempi per Solgenitsyn, la loro critica può essere funzionale alle autorità, servire da copertura ad una politica repressiva o essere contrattata anche in sede di politica estera. A volte, poi, la critica viene da posizioni dichiaratamente filo-occidentali, "di destra", ed allora viene utilizzata dal regime per screditare anche coloro che, pur criticando il sistema, non per questo esaltano il capitalismo.
Al di là di queste pur necessarie osservazioni, però, non si può misconoscere il coraggio individuale e l'importante funzione politica svolta da alcuni di questi intellettuali, fra i quali Solgenitsyn, nel portare alla luce quante più prove delle tragiche "purghe" che il potere bolscevico ha regolarmente attuato e attua per annientare qualsiasi forma di opposizione. Come anarchici, infatti, non possiamo che essere d'accordo con chi vuol far luce sulla storia dell'URSS, al di là delle menzogne e delle reticenze della storiografia ufficiale.
Il movimento anarchico, che pure era stato in prima fila nei lunghi anni di preparazione e nelle infuocate giornate della rivoluzione russa del '17, subì immediatamente le conseguenze della presa del potere da parte del partito bolscevico guidato da Lenin. Tutti i libri scritti dagli anarchici russi nei primi anni dopo il 1917 parlano delle persecuzioni inflitte dal nuovo potere a quanti continuavano la lotta per la realizzazione di una società socialista autogestita e decentrata: mi riferisco alle opere di Volin, E. Goldman, Arscinov, Machno, Ida Mett, Maximoff, ed alla lettera ai lavoratori occidentali con la quale l'anziano rivoluzionario Kropotkin denunciava la realtà e le ancor più tristi prospettive del potere bolscevico. All'inizio degli anni venti il movimento anarchico nell'URSS era già praticamente annientato, i suoi militanti uccisi, rinchiusi nei lager o esiliati. La stessa sorte toccò progressivamente alle altre forze di opposizione.
Oggi solo grazie ad alcuni intellettuali coraggiosi come Solgenitsyn filtrano notizie relative alle persecuzioni continue contro gli oppositori. Fra le poche notizie che provengono dallo stato-carcere russo, alcune parlano esplicitamente di anarchici che continuano clandestinamente la lotta. Nonostante la più brutale persecuzione, dunque, il socialismo libertario continua ad opporsi - seppure in una lotta per ora disperata - alla dittatura tecnoburocratica del bolscevismo.

C. L.