Rivista Anarchica Online
I limiti dello sviluppo
di A.G. Agnese
In questo articolo Gino Agnese, docente di fisica
all'università di Genova, ci presenta una sua "lettura",
anarchica, del noto rapporto del Massachusetts Institute of Technology sui limiti dello sviluppo. Egli
utilizza
le ipotesi di tale rapporto, accettandone sostanzialmente la validità oggettiva, per prospettare
nuovi temi e
nuovi compiti ai rivoluzionari, nel rifiuto egualitario e libertario delle soluzioni capitalistico-tecnocratiche
prospettate esplicitamente ed implicitamente dal gruppo di studio del M.I.T.. Sul prossimo numero della
rivista pubblicheremmo un articolo del nostro redattore A. Di Solata che non condivide questa "lettura"
non
solo perché non accetta le soluzioni ma anche perché contesta la validità della
metodologia impiegata dal
M.I.T. e dunque la oggettività delle sue "proiezioni".
I paesi tardo-capitalisti (U.S.A.-Europa Occ.) e post-capitalisti (U.R.S.S., Germania Est, Polonia,
ecc.) (1) sono
travagliati oggi - specialmente i primi - dalla scarsità del petrolio e più in generale dalla
crisi dovuta alla
insufficienza delle fonti di energia tradizionale. Il razionamento della benzina ed il blocco domenicale
della
circolazione automobilistica, la mancanza di riscaldamento nelle scuole, nelle fabbriche e nelle case ha
comportato una sgradita sorpresa per tutti gli utilizzatori, sia per i "consumisti", sia per quelli che, avendo
più
basso reddito, utilizzano solamente i servizi.
Sono stati scritti fiumi di parole, si sono abbozzate spiegazioni a vario livello, si è dato grande
risalto alla
responsabilità che ha comportato la recente guerra medio-orientale. Ma è mancata una
analisi complessiva del
fenomeno. La crisi dell'energia non è un fenomeno isolato imputabili allo stato d'animo di
questo o quello sceicco che apre
e chiude i rubinetti del petrolio; è invece un fenomeno che si inquadra in una crisi globale di ben
più gravi
proporzioni che investe l'assetto futuro dell'intera umanità. Il sistema mondiale, cioè
il "sistema Terra e suoi abitanti", costituisce un sistema che si può ritenere in buona
approssimazione isolato (paste escludere la radiazione solare e le comunicazioni interplanetarie). Se
vogliamo
studiare l'evoluzione del sistema mondiale nel prossimo futuro occorre analizzare le interazioni che
occorrono
tra almeno cinque fattori critici: l'aumento della popolazione, la produzione di alimenti,
l'industrializzazione,
l'esaurimento delle risorse naturali e l'inquinamento. È solamente all'interno di questi fattori che
dobbiamo
trasportare il grido d'allarme che ha provocato in questi giorni - su scala mondiale - la crisi
energetica. Scopo di questo articolo è di dare una rapida e sommaria informazione sul modo
con cui questo "maledetto
sistema isolato" che si chiama Terra sta evolvendo. È un'evoluzione che sta conducendo
rapidamente ad una
catastrofe generale per cui la mancanza di benzina nei serbatoi delle macchine è una cosa di ben
scarsa rilevanza.
Esso vuole essere anche un richiamo a tutti militanti anarchici, perché è oggi impensabile
non tenerne conto se
si vuole elaborare una analisi globale nella ricerca dei "mezzi" rivoluzionari. La lotta di classe, intesa
come lotta
degli sfruttati contro gli sfruttatori al fine dell'abolizione delle classi, potrà così assumere
anche contenuti nuovi,
non solo lotta contro il padrone e contro lo stato, ma anche lotta contro il tempo per la salvezza
dell'umanità.
In questa sede non ci proponiamo di trovare soluzioni o di dare indicazioni valide, speriamo
solamente di
risvegliare l'interesse dei compagni ed aprire un dibattito che sia proficuo per la causa rivoluzionaria.
Il rapporto M.I.T.
Nel marzo 1972 è stato pubblicato un rapporto del System Dynamics Group del M.I.T.
(Massachusetts Institute
of Technology) (2) riguardante le ricerche svolte nella simulazione su calcolatore dell'evoluzione futura
del
sistema mondiale. Questo lavoro è stato portato avanti utilizzando la tecnica matematica della
"dinamica dei
sistemi" nell'ipotesi che l'attuale linea di sviluppo continui inalterata nei cinque settori fondamentali sopra
indicati
(popolazione, industrializzazione, alimenti, consumo delle risorse naturali, inquinamento); cosa del resto
molto
probabile a meno che non avvenga subito un radicale mutamento delle strutture politiche che governano
il
mondo. Dalla lettura del libro elaborato dai ricercatori del M.I.T. si rileva subito un fatto abbastanza
semplice e di cui
non si è praticamente mai tenuto conto: la quantità finita di terra coltivabile, di acqua,
di metalli, ecc., condiziona
enormemente sia la crescita della popolazione, sia lo sviluppo dell'industrializzazione. Oggi lo sviluppo
cresce
con caratteristiche esponenziale, cioè con tempi di raddoppiamento sempre più brevi.
Ciò comporta un
avvicinamento a dei limiti naturali imposti dal fatto che il sistema mondiale è finito; in
prossimità di questi limiti
non può che verificarsi un arresto dello sviluppo ed il crollo successivo. Vediamo alcuni
dati:
La popolazione
Nel 1970 la popolazione mondiale era di 3,6 miliardi di individui, con tasso di accrescimento del
2,1% che
corrisponde ad un tempo di raddoppiamento di 33 anni. Prima della rivoluzione industriale il numero
delle
nascite prevaleva di poco su quello delle morti, quindi l'accrescimento era modesto. Con il diffondersi
della
medicina e delle pratiche igienico-sanitarie, con una migliore distribuzione degli alimenti, l'indice di
mortalità è
decresciuto enormemente tanto che la vita media è passata in meno di tre secoli da 30 a 53 anni.
Questo ha
comportato un accrescimento veloce della popolazione mondiale, per il 2000 sono previsti sette miliardi
di
abitanti e tra 60 anni addirittura 15 miliardi. Osserviamo che per il ritardo che intercorre tra nascita di
un
individuo e capacità procreativa dello stesso, anche se venissero prese immediatamente drastiche
misure di
controllo delle nascite, non ci sarebbe alcuna possibilità di arrestare la crescita fino all'anno
duemila. Il tasso di sviluppo industriale pro capite negli ultimi dieci anni è stato di circa il 7%
(i dati sono mediati tra tutti
paesi partendo dal Giappone con passo del 10% fino alla Nigeria che presenta un tasso dello 0,3% e che
quindi
è in "via di sotto sviluppo industriale"), quindi con tempo di raddoppiamento di circa 14 anni.
Osserviamo che
questo sviluppo è circoscritto ai paesi già industrializzati, mentre la crescita della
popolazione è sostanzialmente
circoscritta ai paesi non industrializzati, per cui il divario economico aumenta vertiginosamente tra le une
e le altre
popolazioni. Nel 2000 si prevede un prodotto nazionale lordo pro capite di 23.000 dollari in Giappone,
di 11.000
dollari negli U.S.A., di 6.000 dollari in U.R.S.S. e di soli 60 dollari in Nigeria (non si tiene conto
dell'inflazione).
Gli alimenti
Un terzo della popolazione mondiale (secondo la F.A.O.) non dispone del fabbisogno di calorie di
proteine.
L'aumento della popolazione mondiale impone quindi una ancor maggiore aumento della produzione
alimentare.
La superficie coltivabile sulla terra è di circa 3 miliardi di ettari e attualmente ne sono coltivati
solo la metà. Per
rendere produttiva la restante metà occorrono enormi investimenti di capitale per l'irrigazione e
la fertilizzazione,
mediamente occorrono 1.150 dollari per ettaro. Anche supponendo che vengano fatti gli investimenti
necessari in modo da aumentare al massimo la produzione
agricola, nell'ipotesi che per il sostentamento di un individuo bastino 0,4 ettari (negli U.S.A. un individuo
"consuma" circa un ettaro), si rileva che nell'anno 2000 si avrà una notevole carenza delle
disponibilità di terra
necessaria al fabbisogno; infatti bisogna tenere conto che ogni individuo occupa almeno un decimo di
ettaro per
l'abitazione ed i servizi, e la popolazione nel 2000 supererà i sette miliardi... Sì
può prevedere che aumentando gli investimenti in modo enorme in trattori, fertilizzanti e con
l'uso di moderne
tecniche si riesca anche a quadruplicare la produzione per ettaro, ma questo non sposterebbe la crisi che
di 20
o 30 anni. Inoltre un raddoppiamento del raccolto segue la legge economica dei costi crescenti che
insieme
all'accrescimento della popolazione implicherebbe l'arresto della produzione industriale per usi non
agricoli e
quindi verrebbero a mancare i capitali necessari per gli investimenti nell'agricoltura.
Le risorse naturali
La domanda di oro, piombo e zinco è oggi superiore all'offerta. Con un tasso di incremento
nei consumi industriali
pari a quello odierno tutti principali minerali saranno esauriti nel giro di 80 anni. Consideriamo il
petrolio che costituisce un argomento di attualità. Le riserve conosciute sono di circa 450 miliardi
di barili, l'incremento nel consumo ha un tasso annuo del 40% quindi si ha una curva di consumo di tipo
esponenziale che porta all'esaurimento delle riserve mondiali in circa 20 anni. Supponiamo che il
razionamento
in corso riesca ad annullare il tasso di incremento (cosa assai ardua perché dovrebbe essere molto
più
consistente), allora il consumo rimane costante ma l'esaurimento delle riserve si avrà lo stesso
tra 30 anni.
Supponiamo infine che si abbiano dei ritrovamenti spettacolari per cui si quadruplicheranno le riserve,
ebbene
il petrolio si esaurisce lo stesso tra 50 anni. La prevedibile mancanza di materie prime porta quindi
all'arresto dello sviluppo industriale. Ma può anche essere
che il limite di questo sviluppo non venga neppure raggiunto a causa del peggioramento delle relazioni
tra paesi
produttori (di solito sottosviluppati) e paesi consumatori (paesi altamente industrializzati). Quando le
riserve agli
sgoccioli saranno concentrate in aree molto più ristrette della attuali i paesi tardo e post-capitalisti
potrebbero
accordarsi nella completa spartizione neo-colonialista di queste aree.
L'inquinamento
La maggior parte delle sostanze inquinanti presenti nel sistema mondiale ha un tasso di incremento
che da luogo
ad una crescita esponenziale. L'aumento è dovuto sostanzialmente alla crescita della popolazione,
all'industrializzazione, al sempre più grande consumo di fertilizzanti
nell'agricoltura. L'inquinamento produce sull'uomo effetti immediati ed effetti a lungo termine (ad
esempio solo oggi si incomincia
ad avvertire il danno provocato dall'uso fatto nel passato dal D.D.T.). Per ogni sostanza inquinante
c'è un limite
massimo di sopportabilità da parte degli individui. Un tipo di inquinamento molto pericoloso
per l'ecologia è quello termico. Tutta l'energia dissipata dall'uomo si
trasforma in calore che provoca in ultima analisi un innalzamento della temperatura atmosferica. Un
ulteriore
aumento della produzione industriale comporta un aumento dei consumi energetici e questo può
provocare a
lungo termine degli sconvolgimenti climatici su scala mondiale. Impiego futuro dell'energia nucleare
(osserviamo che se l'energia tradizionale sarà sostituita, come è prevedibile,
da quella nucleare il problema dell'esaurimento dell'energia si porrà in epoca molto remota)
comporta un effetto
inquinante, dovuto alle scorie radioattive, anch'esso preoccupante. Si prevede che l'inquinamento
totale nell'anno 2000 sarà dieci volte quello di oggi e ciò comporterà la
distruzione
di piante e di molte specie animali. I pesci non saranno più commestibili per l'alto contenuto di
mercurio,
ammesso che riescano a sopravvivere in un mare altamente inquinato. Pertanto si può
osservare che essendo la Terra un sistema finito praticamente isolato, essa presenta nei confronti
della produzione alimentare, del consumo di materie prime, dell'inquinamento, dell'industrializzazione,
dei limiti
naturali di cui bisogna tenere conto. Se una di queste quantità arriva al limite del suo sviluppo
si ha
indubbiamente un'influenza anche sulle altre e ciò mette in moto un meccanismo di reazioni non
controllabile.
L'equilibrio globale
In questa sede non è possibile esporre nei dettagli il modello del mondo considerato dai
ricercatori del M.I.T. per
ciò che riguarda tutte le possibili interazioni che intercorrono tra gli elementi, considerati prima
come separati
l'uno dall'altro. Per questo rinviamo alla lettura - che risulta abbastanza agevole - del libro-rapporto. La
risposta
data dal calcolatore per quanto riguarda l'andamento delle grandezze in esame nel periodo che va dal
1900 al
2100 è riportata in fig. 1. In essa si può rilevare l'andamento della popolazione, del
prodotto industriale pro-capite, degli alimenti pro-capite e dell'inquinamento riferito al livello 1970 posto
uguale ad 1. B indica l'indice
di natalità, D l'indice di mortalità ed S la disponibilità di servizi pro-capite. I
valori riportati tra il 1900 e il 1970 sono tra i più attendibili tra quelli che erano a disposizione.
L'indice di
natalità va diminuendo gradualmente, ma quello della mortalità diminuisce ancora
più rapidamente. Ciò è dovuto
al fatto che i servizi, l'alimentazione ed i prodotti industriali aumentano esponenzialmente (si tenga
presente che
si affronta il problema nella sua globalità e quindi ciò non significa un maggior benessere
per tutti, al contrario
i paesi ricchi diventano sempre più ricchi mentre i paesi poveri non riescono a stare al passo con
quelli ricchi).
Negli anni '70 le risorse naturali sono ancora il 95% di quelle che erano all'inizio del secolo, ma
è proprio in
questi anni che esse diminuiscono drasticamente. Allora significa che siamo ai "limiti naturali" delle
materie prime con conseguente collasso provocato
dall'esaurimento delle materie prime non rinnovabili. Nel frattempo il capitale industriale cresce e richiede
un
apporto enorme di materie prime, ma ciò provoca una grossa lievitazione dei prezzi di queste
ultime sempre meno
reperibili sul mercato, per cui bisogna impegnare una frazione sempre più larga del capitale e
ciò va a discapito
degli investimenti. Ma ecco che gli investimenti non riescono più a seguire il deprezzamento del
capitale ed allora
ne consegue il collasso dell'industria, dell'agricoltura e dei servizi (infatti l'agricoltura rimane senza
fertilizzanti
e insetticidi nel momento in cui è soggetta al massimo sforzo per il sostentamento della
popolazione sempre
crescente, infatti ai servizi vengono a mancare le attrezzature industriali e l'energia). La popolazione,
a causa dei ritardi che caratterizzano il ciclo produttivo e i processi sociali in genere, continua
a crescere, ma la carenza di alimenti e di servizi provoca un aumento enorme della mortalità per
cui ad un certo
punto essa decresce rapidamente. È evidente che si verificano - a quel punto - le condizioni
per cui anche l'inquinamento crolla. Dopo un breve
periodo si va verso un periodo di stabilità in condizioni di miseria e di arretramento rispetto alla
situazione
attuale. I ricercatori del M.I.T. hanno reimpostato i calcoli più volte cambiando di volta in
volta i dati di ingresso, ad
esempio considerando una disponibilità di risorse naturali doppia di quella attualmente
conosciuta, ma ciò non
modifica in alcun modo l'andamento del modello, al più la catastrofe viene posposta di pochi
anni. C'è da osservare solamente una cosa (che per gli anarchici è della massima
importanza): il modello del sistema
mondiale funziona in questo determinato modo e va verso il collasso nell'ipotesi che non ci sia una
variazione
sostanziale nel nostro comportamento. Nella parte finale del rapporto i ricercatori del M.I.T. studiano
le condizioni sotto cui evolverebbe il sistema
mondiale nel caso venissero prese al più presto alcuni provvedimenti di tipo drastico la cui natura
è però
impensabile per il sistema politico attuale. Se la popolazione venisse mantenuta costante uguagliando gli
indici
di natalità e di mortalità a partire dal 1975. - Se il tasso di investimento del capitale
industriale venisse eguagliato
al tasso di deprezzamento a partire dal 1990. - Se il consumo delle materie prime venisse
immediatamente ridotto
ad un quarto del valore attuale. - Se la società attuale trasferisse tutte le sue attività
economiche e si impiegasse
ogni sforzo nell'agricoltura anche quando ciò risulti "anti-economico" (secondo parametri
mercantili). - Se infine
si approntassero tecniche specifiche per la riutilizzazione delle materie prime già consumate;
allora dopo tutti
questi "utopistici se" si ottiene un diagramma dell'evoluzione del mondo per cui dopo un certo periodo
di relativo
benessere ci si stabilizza su di un livello di vita sopportabile (fig. 2).
Aveva ragione Malthus?
L'asserzione neo-maltusiana secondo la quale le nostre risorse di spazio, aria, acqua, ecc., hanno dei
limiti finiti,
mentre i nostri consumi crescono esponenzialmente è comprovata dalla "storicità" dei
dati in nostro possesso
sull'evoluzione dall'inizio del secolo fino ad oggi. Quindi, o si fa la scelta di incidere subito e di forza
sulla struttura sociale presente, o si va verso la catastrofe
globale. Supponendo che il movimento rivoluzionario anti-autoritario abbia la capacità di
assimilare questa nuova realtà
e di operare un intervento drastico in senso libertario in tempi brevi (cosa assai improbabile), allora si
potrebbe
giungere in modo egualitario e libertario alle condizioni che conducono allo stato di equilibrio globale.
Ciò
comporta un preciso intervento al fine di inserire nella "lotta di classe" anche la lotta per il
raggiungimento della
"crescita-zero", e questo vuol dire combattere affinché nei paesi industriali si diminuisca la
produzione (primo
stadio: eliminazione del capitalismo e dello Stato, secondo stadio: autogestire o autoregolare la
diminuzione
progressiva del prodotto lordo pro-capitale). Parallelamente occorre sviluppare la "coscienza
internazionale" per
trasferire il processo di industrializzazione nei paesi sottosviluppati per portarli rapidamente allo stesso
sviluppo
di quelli industrializzati. Perché se arrestassimo lo sviluppo economico globalmente, senza
intervenire in modo
differenziato nelle varie situazioni, ciò non sarebbe rivoluzionario (in senso egualitario e
libertario). Se il movimento rivoluzionario non avrà la capacità di intervenire, allora
potrebbe anche succedere che il sistema
attuale, basato sullo sfruttamento e l'ingiustizia sociale, pur di non essere travolto esso stesso dalla
catastrofe
potrebbe scegliere ed imporre lo sviluppo-zero (magari con il papa che fa un'enciclica in
favore della immediata
limitazione delle nascite) che, ma questa scelta indubbiamente sarebbe differenziata, per cui i poveri
diventerebbero ancora più poveri, e non è improbabile che si giunga addirittura alla
soppressione violenta del
terzo mondo.
A.G. Agnese
(1) Per una definizione di tardo-capitalismo e post-capitalismo cfr. Anarchismo '70,
ed. L'Antistato (1973).
(2) I limiti dello sviluppo, Biblioteca EST, ed. Mondadori (1972).
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