Rivista Anarchica Online
Not in my name
di Cristina Valenti
Il 22 marzo a Bologna, in Piazza Maggiore erano circa 1200 le persone che hanno
fatto cerchio attorno al Living
Theatre per partecipare all'azione di protesta contro la pena di morte che il gruppo rappresenta dal 1994 a New
York, in Times Square, ogni volta che viene eseguita una sentenza capitale. La versione italiana della performance
è stata creata collettivamente nel corso di un laboratorio condotto a Potenza dagli attori del Living
Theatre: Gary
Brackett Jerry Goralnick, Tom Walker, Joanie Fritz Zosike, e ha coinvolto sette ragazzi italiani: Luca Acito,
Mariangela Brindisi, Rocco Catalano, Michele Franzese, Antonella Mazzei, Maria Riboli, Giovanna Staffieri.
Solo cinque le tappe del lavoro: Lagopesole (Castello, 13 marzo), Potenza (Piazza Pagano,14 marzo), Milano
(Centro Sociale Leoncavallo, 19-20 marzo), Riccione (Viale Ceccarini, 21 marzo) e quindi Bologna, dove Judith
Malina (che ha firmato testo e regia della versione originale) e Hanon Reznikov hanno partecipato alla
processione iniziale per poi unirsi al cerchio degli spettatori. Attraverso azioni fisiche fortemente ritualizzate,
cori parlati e cantati, biomeccanica e tableaux vivants, si
sviluppano le immagini che compongono il ciclo della vendetta. Il condannato è inseguito dai boia e
giustiziato:
Non in mio nome, esclamano una dopo l'altra le voci della protesta. Il contratto su cui si fonda lo stato di diritto,
che consente al sistema giudiziario di emettere sentenze e condanne in nome del popolo, è infranto dal
grido di
chi rifiuta di sentirsi rappresentato dalla legge degli Stati, denunciando l'inefficacia e la barbarie del sistema della
punizione. «Due torti non fanno una ra-gione» recita un coro, e intanto il ciclo della vendetta si compie,
avvolgendo in una spirale senza fine il gesto del carnefice e quello della vittima. Gli attori danno voce alle
domande, ai dubbi, ai pensieri che si agitano nel pensiero comune: È giusto uccidere in qualche caso? Gli
assassini non meritano di morire? Come dar soddisfazione alla rabbia di chi è stato privato di una persona
cara?
Chi ha ucciso non deve pagare con la vita? Ma, al termine del ciclo della vendetta, tutti cadono al suolo. Nella
versione italiana è inserito il brano Caino e Abele, da Sei Atti Pubblici (creazione collettiva del Living
Theatre,
1972): mentre gli attori che rappresentano Abele e Caino si fronteggiano su due linee contrapposte, eseguendo
gli studi biomeccanici degli agricoltori e del tiro con l'arco, un'attrice legge il testo che descrive la prima lotta
per il dominio dell'uomo sull'uomo, fino all'«istante assoluto» dell'Omicidio originario: «E da questo atto
violento sono nate le regole che governano il nostro comportamento, le leggi della forza e della violenza che
hanno portato a un mondo in cui nessuno muore e tutti sono uccisi». La proposta di un nuovo patto sociale si fa
strada attraverso la promessa scambiata fra attori e spettatori: «Ti do la mia parola che non ti ucciderò
mai... Me
lo prometti anche tu?». Un gesto debole e disarmato, che per avvenire ha bisogno però di tutta la forza
dello
sguardo che non si abbassa, mentre cerca gli occhi stranieri ai quali legare la promessa. È un vero e
proprio tabù
a New York, in Times Square, avvicinare uno straniero, tenergli la mano e parlargli in modo così diretto,
ha
spiegato Judith Malina. Ma l'unico modo per spezzare il ciclo è cominciare da se stessi e da chi ci sta di
fronte:
«Io non sarò mai un boia, perché ho promesso di non ucciderti - continua la formula del
giuramento: - Io non
sparerò mai sulla folla, perché ho promesso di non ucciderti. Io non bombarderò mai una
città, perché ho
promesso di non ucciderti». Il patto individuale si allarga ai fondamenti della convivenza sociale, nel rifiuto della
complicità con ogni sistema di morte, primo fra tutti il militarismo. L'azione termina con la lettura della
lista dei
giustiziati negli Stati Uniti dal 1997. Una litania senza fine, assolutamente inaspettata, come non si stancheranno
di ripetere gli spettatori: abituati come siamo ai pochi nomi che accedono alle cronache, nei pochi casi di
campagne diffuse di protesta, la maggior parte di noi non immagina che le esecuzioni capitali si susseguano al
ritmo di una al giorno o ogni due giorni. Gli attori si mescolano al pùbblico, il dialogo continua
individualmente
o t`ra capannelli di persone. E la piazza stenta a vuotarsi. Si sente il bisogno di rimanere, per testimoniare una
presenza immediata. Si sente il bisogno di parlare con voce personale: a proprio nome. Come in anni passati
avveniva forse con maggiore frequenza.
The Living
Theatre Not in my
name Non in mio nome Un'azione di protesta contro la pena di morte testo
di Judith Malina regia di Judith Malina, Hanon Reznikov, Gary Brackett, Jerry Goralnick, Tom Walker,
Joanie Fritz Zosike e
l'assistenza di Maria Riboli con Luca Acito, Gary Brackett, Mariangela Brindisi, Rocco Catalano,
Michele Franzese, Jerry Goralnick, Antonella
Mazzei, Maria Riboli, Giovanna Staffieri, Tom Walker, Joanie Fritz Zasike
Musiche originali di Joe Diebes, James Jacobs e Joanie Fritz Zasike
La versione italiana dello spettacolo è stata realizzata grazie al sostegno dell'Associazione
Basilicata Spettacolo,
in collaborazione con Centro Teatrale La Soffitta e Teatri & Musiche, Riccione
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