Rivista Anarchica Online
A nous la libertè diario a cura di Felice Accame
Nella fogna del comportamento
Tra il 1947 ed il 1961, a Rockville, nel Maryland, l'etologo John Calhoun, nel suo granaio, costruì
una complicata
struttura di 3 metri per 4,20 per effettuare un curioso esperimento. Si trattava di osservare l'esistenza quotidiana
di un gruppo di topi liberi di riprodursi a piacere, o, meglio, liberi di arrivare fino a ottanta individui - una misura
oltre la quale, in considerazione dello spazio ristretto, sarebbe stato difficile capire checchessia. Era partito da
gruppi di dodici, perché le prime esperienze avevano insegnato a Calhoun che dodici era il massimo
numero dei
componenti di una comunità, almeno di una comunità in cui gli individui riescono a convivere
in buona armonia.
Li lasciò riprodurre e, intanto, ne osservava i comportamenti. I risultati, in breve, sono stati i seguenti:
1. In ogni
gruppo si distinguono uno o due maschi dominanti e si distinguono grazie alla distanza maggiore che riescono
a mantenere dagli altri, dai subordinati. Tuttavia, allorché il numero dei membri del gruppo era
aumentato questa gerarchia sociale si rivelò meno stabile.
Con una proliferazione di classi e sottoclassi. 2. Il rituale di corteggiamento del maschio nei confronti della
femmina, e il comportamento sessuale in genere, cambia. Mentre in condizioni normali il maschio segue la
femmina che si rintana, si esibisce in una specie di danza e poi si decide ad un tenerissimo e lesto rapporto
sessuale di 5 secondi circa, con affettuosi mordicchiamenti sul collo; in condizioni di sovraffollamento, il maschio
non perde tempo in corteggiamenti e abbranca la femmina hic et nunc, protraendone il possesso anche per
parecchi minuti. Non solo: perlopiù i topi diventano pansessuali e non guardano affatto di che sesso sia
il partner
sul quale rivolgono le loro attenzioni sempre più pesanti. 3. La femmina non si occupa più della
manutenzione
del nido, e neppure della prole, che diventa preda dei maschi. Aumentano anche i casi di aborto. 4. Alcuni topi
maschi prendono l'abitudine di muoversi nel branco mentre gli altri dormono. 5. Si verificano frequentemente
aggressioni, anche episodi di sadismo gratuito. 6. Infine, nelle condizioni di sovraffollamento, nelle femmine si
sviluppano tumori alle mammelle e agli organi genitali. L'esperimento di Calhoun è un classico della
riflessione
etologica. Ci dice chiaramente che, nelle comunità animali, è necessario rispettare le distanze fra
gli individui e
che, superate queste, si ingenera quella che con metafora felice viene definita "fogna del comportamento".
Soprattutto, ci spiega che ogni variazione nell'organizzazione sociale, prima o poi, ha un suo corrispettivo nella
biochimica dell'individuo. Se la farfalla del baco da seta riesce a localizzare il partner a una distanza di cinque
chilometri e se a uno scarafaggio maschietto bastano poche molecole di volatile biochimismo di origine sessuale
per prepararsi ad un incontro con la femminuccia come racconta Edward Hall ne La dimensione
nascosta (Milano
1966) -, è perché gli animali sono organizzati biologicamente per risolvere i propri problemi a
notevoli distanze
l'uno dall'altro. Anche se l'analogia va presa con le pinze - perché non sempre è facile liberare le
osservazioni
scientifiche dal moralismo dell'osservatore -, è innegabile che questo esperimento qualcosa sulla nostra
esistenza
di cittadini metropolitani ci dica. Come minimo ci spiega perché la scrivania del capoufficio è
più larga di quella
del semplice impiegato, o perché, al passaggio del nobil'uomo, si apre la folla, o perché gli scranni
dei vescovi
sono lontani dal soglio pontificale, o perché si è così tesi nella ressa del metrò
e così pronti ad irritarsi, in coda,
al volante di un'automobile. Per l'ovvia ragione che i topi non parlano una lingua a noi nota, invece, l'analogia
non ci dice un granché sugli effetti strettamente linguistici della fogna del comportamento. Ci ho pensato
spesso,
allorché sono capitato per caso in un gruppetto di amici. Se con una o con due persone riesco a parlare,
ad
esprimermi normalmente, ascoltando e replicando, inserendomi tempestivamente nella conversazione, come
aumenta il numero dei partecipanti all'interazione mi sento perso. Salto i miei turni, bofonchio, cerco di mimare
una seriosa attenzione al discorso altrui, ma mi accorgo che finisco con l'ingenerare quelle micidiali pause di
silenzio che inducono ben presto tutti gli interlocutori al malumore. Non è né affar soltanto mio
né granché nuovo.
Anne Louise-Germaine Necker Stael-Holstein, meglio nota come Madame de Stael, in un suo romanzo,
Delphine,
descrive un suo personaggio assicurando che dispiegherebbe "fascino" e "intraprendenza" nel discorso in misura
inversamente proporzionale al numero dei suoi interlocutori. A quanto riferisce Dan Hofstadter in quel suo bel
libro dedicato a La storia d'amore come opera d'arte (Roma 1997), Madame de Stael si era ispirata
a Juste de
Constant, che era nato nel 1726, il padre di Benjamin Constant, che, da arringatore di folle e oratore sarcastico,
entrando in una stanza "dove c'erano più di tre persone", si chiudeva in un mutismo assoluto. La soluzione
più
frequentemente adottata per risolvere il problema è quella del "divide et impera". La compagnia numerosa
si
frammenta gradualmente in piccoli universi conversazionali tenuti assieme, al mero livello simbolico, dalla
struttura complessiva dell'occasione sociale. Così, in virtù di steccati mentali, noi riusciamo
ancora, pur immersi
fino al collo in situazioni che favorirebbero fior di fogne del comportamento, riusciamo ancora a fare qualcosa
di quel che ai compagni topi non riesce più. La parola maschera le degenerazioni più evidenti e,
nelle nicchie che
il posto da noi occupato nella gerarchia sociale ci concede, siamo capaci di rappresentare la vita come dovrebbe
essere.
P.s.: In Naturalmente buoni (Milano 1997), Frans de Waal, lo zoologo
noto per i suoi studi sui bonobo, riferisce
di ulteriori ricerche sul sovraffollamento, successive a quelle di Calhoun. Esperimenti sui primati e sulle manguste
nane confermerebbero la sostanza di quanto appurato da Calhoun, registrando, tuttavia, anche l'aumento di forme
di "groomingn", ovvero dello spidocchiamento - un'attività da intendersi più in senso affettivo
che igienico. Così
si scopre che, allo stress indotto dalle condizioni di vita sfavorevoli, c'è chi reagisce con le opportune
contromisure affinchè la struttura sociale non ceda. P.p.s.: Forse
involontariamente, La storia d'amore come opera d'arte di Hofstadter è un libro fortemente
critico
nei confronti degli intellettuali e della loro capacità di amare con lealtà e dignità.
C'è da dubitare che, a darsi da
fare con il grooming, siano gli intellettuali: se dipendesse da loro, alle prime difficoltà, la struttura sociale
andrebbe a scatafascio. Madame de Stael si innamora di Benjamin Constant, sulle cui malefatte chiude più
di un
occhio e di cui paga spesso i forti debiti, ma, poi, gli chiede di bruciare tutte le sue lettere. Anche Rosalie de
Constant, cugina dello scapestrato autore de l'Adolphe, gli chiede di bruciare tutte le sue lettere.
George Sand,
invece, falsifica sé stessa: riscrive anni dopo alcune sue lettere d'amore ad Alfred De Musset,
aggiustandole un
pochino e, soprattutto, accomodando con il senno di poi, il senso del loro rapporto. Anatole France, poi -
addirittura -, manteneva due linee distinte di corrispondenza con Leontine de Caillavet, una per
l'ufficialità ed
una per l'intimità. Tutta gente che, del coraggio delle proprie azioni, non ne voleva sapere. Peccato,
perché della
lettera sarebbe opportuno avere più considerazione. Nel rumore di fondo delle nostre vite
insopportabilmente
affollate, costituiva un'àncora di salvataggio, una consuetudine pacata in cui, facendo i conti con
sé stessi, ci si
provava a capire con l'altro. I nostri postini ne portano sempre meno. In compenso ci riempiono la cassetta di
depliant pubblicitari, prestampati con vaglia, annunci del nostro giorno fortunato, multe, rendiconti bancari e
bollette da pagare. Tutta letteratura anonima per folle solitarie.
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