Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 28 nr. 245
maggio 1998


Rivista Anarchica Online

La strada degli artisti
di Dino Taddei

Il primo biglietto da visita che notiamo in qualsiasi città europea, è la folta presenza di artisti di strada che allietano i passanti, svettando da vertiginosi trampoli o improvvisando concerti nelle stazioni della metropolitana. Lo stesso purtroppo non si può dire accada a Milano che, in fatto d'arte, al di fuori dei rassicuranti circuiti delle gallerie o dei luoghi istituzionalmente preposti, offre ben poco ed anche quel poco viene accolto nel migliore dei casi con una gelida diffidenza o con un bell'articolone sul Corriere enfio di ammiccamenti a proposito delle mode dei nostri figli: preparatevi, adesso è il turno degli squatters.
D'altronde non ci vuole molto a capire che in un paese dove gli intellettuali mirano ad uno scanno di Accademici d'Italia vi sia poca attenzione per quest'ultimo scampolo di cultura popolare rappresentato dall'arte di strada.
Dietro questa definizione generica si nasconde una vivace varietà di scelte espressive che spaziano dal musicista al tradizionale madonnaro, dal mangiafuoco alla spettacolarità dei giocolieri, accumunati però da un ingrato destino: essere trattati - unici in Europa - da malfattori, grazie ad una legge ereditata dall'era fascista e tuttora in vigore la quale ostacola con pervicacia gli spettacoli in strada...
D'altronde è risaputo, se in economia i parenti europei ci considerano l'ultima ruota del carro, nel campo della repressione abbiamo da insegnare a tutti: una autorevolezza plurisecolare.
Naturalmente, nel quotidiano, le amministrazioni locali mostrano maggiore flessibilità, perpetuando il modello interpretativo inaugurato con l'obbligo delle cinture di sicurezza: ogni singolo comune chiude più o meno gli occhi a seconda della sensibilità o del quieto vivere della giunta di turno, con il risultato di creare un quadro complessivo di semi legalità a macchia di leopardo in cui convive il comune emiliano di San Giovanni in Persiceto prodigo verso gli artisti di strada, la città di Torino che ha ospitato nel '97 l'incontro annuale internazionale dei giocolieri e, per l'appunto Milano, capace solo di mandare la vigilanza urbana a redigere verbali contro i burattinai.
Insomma una vita non facile quella dell'artista di strada, tanto più che l'incertezza economica è la norma e non l'eccezione: c'è una bella differenza tra avere un pubblico che paga un biglietto e quindi volente o nolente segue la rappresentazione e una platea da "catturare" che nulla ti ha chiesto e che desidera solo andare per la sua strada. Eppure questo rapporto diretto, senza intermediazioni, è forse l'aspetto più coinvolgente della professione, gli applausi non sono di rito ma bisogna veramente sudarseli, la gente non vive quella sorta di timore reverenziale che incutono i maestri parrucconi (non comprendo ma mi adeguo) e l'artista legge immediatamente negli occhi e nei commenti della gente il gradimento al suo lavoro, oltre naturalmente a comprenderlo dalle somme lasciate dentro il cappello, un modo di vivere dialetticamente la cultura e non solo di subirla.
Capacità di coinvolgere che non si può improvvisare ma deve essere affinata attraverso lunghe ed estenuanti esercitazioni, come ho potuto appurare visitando la più importante palestra di giocoleria presente a Milano presso la cascina autogestita Torchiera, una vera e propria scuola senza maestri precostituiti, dove chi ha maggiore dimestichezza con clave e palline aiuta gli altri a migliorarsi ed anche l'ultimo arrivato può cimentarsi senza sentirsi fuori luogo. Non c'è male per un centro sociale da cui sono usciti i migliori talenti dell'ultima generazione, capaci di alternare le piazze di periferia con il tour del cantante Ligabue, la loro presenza nel programma televisivo Scatafascio di Paolo Rossi con la voglia di difendere una dimensione schiettamente sociale dell'arte.
Forse chi ha intrapreso questa via sarà condannato eternamente ad occupare una nicchia del tutto marginale nel grande meccanismo dell'industria culturale ma è un dato di fatto che il fenomeno è in netta ripresa, capace di aggregare un numero crescente di ragazzi che riscoprono attraverso l'autodisciplina che la pratica impone e la forza comunicativa propria di questo lavoro, filoni di ricerca espressiva assolutamente innovativi, creando interazioni tra musica e teatro, tra danza e tradizione circense.
Scordiamoci le immagini fruste dell'improvvisatore di paese apprezzato dai palati forti, oggi il mondo dell'arte di strada è un laboratorio che, partendo da tradizioni diverse (dal cantastorie nostrano al Living Theatre) propone - un po' come era avvenuto con la musica delle posse cantata in dialetto - una sperimentazione capace di indicare nuove vie alle sorelle "maggiori": d'altro canto è impensabile che chi vive nelle strade si faccia ridurre a museo folkloristico buono per i turisti di passaggio.
Questa vitalità è emersa dirompente nella manifestazione di protesta che si è tenuta a Milano a metà marzo, un corteo-spettacolo che ha saputo portare in strada quella sacrosanta irriverenza che è da sempre l'espressione più temuta da chi, pensando di fare cosa giusta nel condannare i pagliacci, esprime un'innata propensione a questa antica e nobile arte.