Rivista Anarchica Online
Luce & Luigi
di Massimo Ortalli
A quasi 90 anni, Luce Fabbri ha pubblicato una biografia del padre Luigi, che non è solo una biografia...
Il panorama della saggistica libertaria si è recentemente arricchito di
un'opera fondamentale per la ricostruzione
e lo studio della storia del movimento anarchico. Attraverso una lunga e rigorosa ricostruzione storica, mai
disgiunta dall'affettuoso riandare della memoria, la figlia Luce ci consegna la biografia del padre Luigi Fabbri
nella quale ricostruisce le tappe dell'esistenza straordinaria di un intellettuale e di un militante che ha segnato,
come pochi altri, il percorso dell'anarchismo italiano ed internazionale di questo secolo (Luce Fabbri,
Luigi
Fabbri. Storia di un uomo libero, Pisa, Biblioteca Franco Serantini, 1996). Il libro si presenta
come un piccolo grande tesoro, impreziosito dall'affetto e dall'umanità che ne sono alla base,
ed è il regalo che l'autrice ha voluto fare a quel movimento di uomini e di idee al quale lei e il padre hanno
dedicato l'intera esistenza. Del resto, la storia raccontata nel libro non può essere separata da quella
dell'autrice
che fin dalla giovinezza si è dedicata, con consapevole e affettuosa adesione, a portare avanti il lavoro
di
elaborazione teorica e di chiarificazione dell'anarchismo intrapreso da Luigi Fabbri, interpretandone e
rafforzandone il versante costruttivo, organizzatore e sperimentale. Il racconto procede facendo convivere
l'ampiezza della prospettiva storica con la coerente e minuta ricostruzione dell'ambiente familiare, così
inscindibile dal senso complessivo dell'esistenza di Luigi Fabbri e del suo insegnamento. Luce sentiva che
l'amore di cui il padre la colmava era porzione di quel sentimento "che era per tutti" e dal quale egli attingeva
"dignità di ribelle" e "volontà rivoluzionaria". Dell'uno e dell'altro amore Luce si sentiva
partecipe, e si sarebbe
sentita depositaria dopo la morte del padre. Lo dice con parole illuminanti e commoventi, chiudendo l'ultimo
capitolo: "M'avvicino ai novant'anni e penso a lui come se fossi ancora l'adolescente che, ad ogni vento freddo,
nelle nostre passeggiate, egli copriva ansiosamente con la sua giacca, per proteggerla dalla minaccia sempre
incombente della bronchite. Quell'amore era infinito e non era solo per me. Sentivo che il suo calmo
ragionamento, la sua dignità di ribelle, la sua volontà rivoluzionaria avevano le loro radici in
quell'amore che era
per tutti. Ed oggi quella giacca, ch'egli così naturalmente si toglieva per mettermela sulle spalle è
ancora per me
molto più d'un simbolo famigliare".
Storia collettiva Riesce difficile sintetizzare il contenuto di un libro tanto ricco
e complesso, ed altrettanto difficile è ricondurlo
a una chiave di lettura univoca, in quanto può essere letto al tempo stesso come un saggio storico e come
un'opera
letteraria, come un volume di memorialistica e come uno studio critico sulle teorie e sulle vicende del pensiero
e della lotta anarchica. La vita di Luigi Fabbri, nato a Fabriano nel 1877 e morto a Montevideo nell'estate del
1935, scorre parallelamente
a quella del movimento libertario italiano, di cui condivide tutti i momenti più importanti e formativi. Nel
pubblico come nel privato, egli partecipa alle sofferenze e alle gioie che hanno contrassegnato il periodo
più
fecondo e significativo dell'anarchismo militante nel nostro paese. La sua biografia, quindi, è anche la
storia
indiretta di tanti militanti anarchici che vissero esperienze profondamente simili a quelle di Luigi Fabbri e che,
come lui, consacrarono la vita all'indefessa lotta contro il potere. E' dunque anche una storia collettiva, quella
che Luce Fabbri costruisce, sempre consapevole del fatto che l'unicità e l'esemplarità della vita
del padre furono
tali proprio in quanto accanto a lui, lungo lo stesso percorso, agivano altri uomini e donne, compagne e compagni
illustri o sconosciuti, che si muovevano in sostanziale sintonia, spinti dalle stesse tensioni e dai medesimi ideali.
Se Luigi Fabbri è stato una figura così imponente dell'anarchismo, se il suo pensiero e il suo
esempio sono ancora
così vivi e densi di significato, lo si deve anche al fatto che egli non si è mai trovato solo nella
lotta, perché i suoi
ideali, i suoi comportamenti, la sua etica sono stati patrimonio comune a un intero movimento. La sua è
dunque
la "storia di un uomo libero", come l'autrice la definisce fin nel titolo, ma al tempo stesso è la storia
collettiva di
un movimento di idee e di uomini che volevano sentirsi liberi ed uguali. E vale la pena sottolineare, fra i tanti,
questo merito di Luce Fabbri, che - con l'amore della figlia e l'affinità della
militante - è riuscita a raccontare la vita del padre riconoscendovi tutta l'importanza, ma senza esaltarla
nella sua
eccezionalità: mantenendone piuttosto il profilo intimamente legato all'ambiente e alle idee in cui
è cresciuta e
si è mossa. Eppure la vita di Fabbri si presenta come un romanzo avvincente, in cui il protagonista
partecipa a
un vorticoso rincorrersi di avvenimenti, di incontri, di frequentazioni e di azioni che segnano la storia del
Novecento, e in cui la maturazione intellettuale della persona coincide con quella di un anarchismo che esce
progressivamente dalle secche del ribellismo e dell'individualismo per diventare cosciente e organizzato
movimento di idee. Giunto all'anarchismo in giovanissima età, nel 1897 incontra per la prima volta
ad Ancona Errico Malatesta, che
resterà sempre per lui un maestro e un vero e proprio padre spirituale. La descrizione di quell'incontro,
significativamente rievocato attraverso uno scritto dello stesso Fabbri, ci fa comprendere l'importanza
dell'influenza malatestiana nella sua formazione etica e teorica. Nei primi anni del secolo nuovo, affermatosi
come abile polemista e lucido ragionatore, coglie prepotentemente
la necessità di contrastare l'influenza crescente dell'individualismo stirneriano - allora sostenuto da alcune
delle
migliori penne del movimento - per affermare una dimensione sociale ed organizzatrice dell'anarchismo, e
strumenti di lotta coerenti con il progetto anarchico di liberazione e affrancamento dallo sfruttamento. E' questo
uno dei momenti più importanti nella lunga attività militante di Luigi Fabbri, che con grande
efficacia concentra
i suoi sforzi per mantenere l'anarchismo sul piano della lotta sociale, mettendo al centro i contenuti della
coscienza proletaria, contro la sterile affermazione delle necessità "egoistiche" del singolo. Sarà
una lunga ed
aspra polemica, che accompagnerà l'impegno militante di Fabbri e che durerà fino a quando i vari
Tancredi e
Rygier - facendo propri gli ardori nazionalisti e militaristi che soffocheranno l'Italia nel 1915 - non si porranno
automaticamente fuori dal movimento anarchico. In questo processo di formazione e di maturazione della
sensibilità anarchica, strumento preziosissimo sarà la rivista "Il Pensiero", che Luigi
Fabbri fonda assieme a Pietro
Gori nel 1904, proprio allo scopo di far uscire l'anarchismo dal ghetto "estremista" in cui l'aveva cacciato la
"propaganda col fatto".
Educazione libertaria Nello stesso periodo il sorgere - sull'esempio francese
- di un movimento sindandale autogestionario, ostile alle
burocrazie riformiste delle camere del lavoro, permette a Luigi Fabbri di individuare nuovi strumenti di intervento
sociale che lo porteranno, al Congresso internazionale anarchico di Amsterdam, ad appoggiare le tesi monattiane
in contrapposizione, per una volta, a quelle di Malatesta. Ormai terminata e consegnata alla storia l'epoca
dell'iniziativa individuale e dell'atto esemplare, uno degli obiettivi primari degli anarchici torna ad essere la
necessità dell'organizzazione di massa, che si affianchi al movimento specifico, o addirittura lo
sostituisca;
un'organizzazione che ricomincia ad individuare nel movimento operaio il motore dei movimenti di
emancipazione economica e liberazione sociale. Il ruolo di Fabbri sarà allora quello di attenuare una certa
infatuazione operaista (che in Francia, ad esempio, sposterà gradualmente il baricentro dell'anarchismo
dal
movimento specifico al sindacato) e al tempo stesso di proporre con convinzione un percorso organizzativo e di
lotta che non prescinda dalla grande forza del proletariato industriale. Quando poi ottiene la cattedra di
maestro elementare, Luigi Fabbri si dedica all'insegnamento, riversando in
questo lavoro che tanto ama i propri rigorosi principi morali, coniugati a una concezione profondamente libertaria
dell'educazione. Allo scoppio della guerra, rimasto coerentemente antinterventista come la grande maggioranza
degli anarchici, si batte contro l'impostazione revisionista espressa da alcuni dei più importanti militanti
europei
nel famoso Manifesto dei sedici, contribuendo così a fermare la frana aperta dalle
dichiarazioni filofrancesi,
favorevoli all'intervento armato contro gli Imperi centrali. Tutto il suo sforzo è diretto a riportare
l'anarchismo
nel suo naturale alveo antimilitarista e antibellicista. E' di grande impatto il modo in cui la figlia Luce riesce a
ricreare l'atmosfera di quei momenti, quando il cedimento di tanti che fino a quel momento gli erano stati maestri,
divenne per Fabbri occasione di sofferto ma positivo atto di autoemancipazione - anziché dar luogo, come
avrebbe
potuto, a un doloroso ripiegamento individuale. Finito il maceo europeo, il proletariato italiano misura la
propria maturità nella occupazione massiccia delle più
importanti fabbriche, mentre il forte movimento anarchico si dota del quotidiano "Umanità Nova", a cui
collaborano gli esponenti più prestigiosi dell'anarchismo. In questa fase - che Luce ricostruisce
descrivendo con
apparente pacatezza ma con grande partecipazione il lavorio febbrile del padre - Luigi Fabbri dedica gran parte
delle proprie energie a quel progetto di ricostruzione e rafforzamento del movimento che vedrà il proprio
compimento nella fondazione della Unione Anarchica Italiana. E' questo forse il vero capolavoro politico
dell'anarchico fabrianese, il coronamento di una lunga marcia organizzatrice e chiarificatrice, che saprà
compattare su posizioni limpide e inequivoche la gran parte degli anarchici italiani, lasciando all'esterno dell'UAI
quelle propaggini ancora legate a personalismi superomistici e ad esasperate forme di individualismo. Al sorgere
della reazione fascista, Luigi Fabbri diviene una delle vittime designate delle squadracce nere, e subisce frequenti
pestaggi e ripetute intimidazioni. Perso il posto di maestro elementare per il rifiuto di giurare fedeltà al
neonato
regime (furono solo due i maestri che operarono questa scelta), ripara in Svizzera e poi in Francia, dove è
raggiunto dapprima dalla moglie Bianca e solo in un secondo tempo, nel 1926, dalla amatissima figlia Luce.
Anche in Francia non cessano le persecuzioni del governo democratico e repubblicano; e quindi, dopo una breve
parentesi in Belgio, la famiglia ripara a Montevideo, attesa e fraternamente accolta dalla numerosa colonia
anarchica e democratica di lingua italiana residente in Argentina e Uruguay.
Anni dolorosi e fecondi Saranno anni dolorosi ma al tempo stesso di grande
interesse. Dolorosi per le vicende famigliari, segnate dalle
ristrettezze e dalla lontananza dei compagni più cari; interessanti per le nuove esperienze di vita e di lotta
che la
famiglia intraprende nel nuovo mondo. E saranno anche, per Luigi Fabbri, anni fecondi di scritti e di
collaborazioni letterarie, purtroppo spesso amareggiati dalle polemiche (anche fra i compagni a lui più
cari) che
fiaccano un ambiente apparentemente disgregato dalla reazione fascista e incapace di trovare una comunione di
idee e di progetti. Sono commoventi le pagine in cui la figlia Luce rievoca gli ultimi anni di vita del padre, sempre
più consumato dal dispiacere che lo tormenta nel vedere come quel movimento a cui ha dedicato tutta
la vita
sembri in balia di una crisi, soprattutto morale, apparentemente senza via d'uscita. Tutti i suoi sforzi non possono
che andare nella direzione di ricomporre i dissidi e i contrasti, soprattutto quando questi appaiono dovuti
più ad
incomprensioni e ad antichi rancori che non a distanze ideologiche o di orientamento. E la sua intransigenza
teorica, mitigata dalla dolcezza del carattere e dai sensi di profondissima umanità che lo
contraddistinguono, lo
rendono il più ascoltato fra i compagni. E' straordinaria l'affinità che emerge fra padre e figlia,
il modo in cui
Luce riesce a restituire con estrema vivezza questa figura così coerente e severa con se stessa, e al tempo
stesso
così intelligentemente indulgente - anche se non condiscendente - verso le debolezze dei compagni. La
morte,
dolorosa ed improvvisa, giunge proprio alla vigilia della rivoluzione spagnola, quando anche l'anarchismo
italiano saprà ritrovare una profonda unità d'azione e di intenti nel calore della lotta contro il
franchismo e il
fascismo internazionale. Purtroppo il destino che già tanto si era accanito contro Luigi Fabbri gli
impedirà di
assaporare questi preziosi momenti di gioia e di entusiasmo, sottraendo al suo sguardo quella tanto attesa
rivoluzione sociale e libertaria che stava affrancando il proletariato spagnolo dallo sfruttamento e dal potere.
Traccia indelebile Ho avuto la fortuna, recentemente, di passare alcuni giorni
a casa di Luce a Montevideo, e di leggere e lavorare
nel suo studio. Vi si respira un sentimento, più che un'atmosfera, di fratellanza e di libertà. E
l'impressione più
profonda che resta è quella di come possa essere naturale vivere un sentimento che è così
raro e difficile da
provare, condizionati come siamo dal mondo esterno: il senso di uguaglianza fra tutti gli esseri umani.
Uguaglianza reale, intendo, non un astratto principio filosofico o sociale. L'insegnamento che Luce ci trasmette
non è soltanto quello che discende dai suoi scritti e dalle sue parole, pur così importanti, lucide
e chiare, ma anche
quello che si forma, che prende vita e sostanza, che diventa apprendimento e memoria col semplice starle vicino,
col chiacchierare con lei, col parlare di qualsiasi cosa e di qualsiasi argomento che la sua mente vivacissima non
si stanca mai di indagare e di approfondire. Nulla è banale con Luce, perché non c'è nulla
di banale che la interessi
e non c'è nulla di quello che le interessa che venga affrontato in modo banale. Penso che soprattutto in
questo
Luce sia davvero figlia di suo padre: in quanto non è solo l'intellettuale lucida e fine dalla piacevole e
interessantissima conversazone, ma è anche e soprattutto l'autentica militante anarchica, incapace di
separare
anche solo per un istante il modo di vivere dalla propria griglia di interpretazione della vita. Il suo libro
è davvero straordinario, talmente ricco di contenuti e di umanità, che non può non lasciare
una traccia
indelebile in chi vi si accosta, sia che il lettore condivida gli ideali di Luigi e Luce Fabbri, sia che, più
semplicemente, avverta il valore della libertà e della dignità dell'individuo. E la
peculiarità di queste due figure
così eccezionali è in qualche modo riassunta, con inimitabile efficacia, nelle righe con cui Luce
conclude la storia
del padre e la difficile impresa di tradurla in libro: "Adesso ho fatto l'esperienza di quanto sia arduo parlare d'una
persona che s'è molto amata: arduo, ma confortante. Malgrado questa sensazione d'insufficienza, mi costa
mettere
la parola "fine" a questa rinnovata comunione con mio padre, che non s'esaurisce certo nel ricordo. Scrivo queste
ultime righe in giugno del 1995, sessant'anni giusti dopo la sua morte. Molte costruzioni gigantesche sono crollate
in quest'intervallo. Il suo socialismo, il socialismo libertario, è rimasto intatto ed è
l'eredità che il nostro secolo
morente lascia alle lotte del secolo XXI. Per questo, vorrei esser riuscita a far sentire questa Vita di Luigi
Fabbri
come la sento io, come una biografia aperta verso il futuro".
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