Rivista Anarchica Online
Le azioni di risparmio
di L. L.
I primi caldi di questa soleggiata estate hanno risvegliato i pruriti
riformatori della nostra beneamata
classe dirigente. Lasciate nel cassetto le riforme sociali, troppo impegnative e difficilmente mediabili con
la classe padronale, i nostri cervelloni hanno rispolverato la riforma della società per
azioni. Da molti anni se ne parlava, nel 1967 l'allora ministro Preti aveva annunciato l'ormai
prossimo avvento
della tanto "desiderata" riforma. Oggi il progetto di legge ha forma compiuta e presto il governo di
centro-sinistra (che probabilmente verrà formato) avrà tra gli impegni prioritari il
compito di riformare
l'istituto delle società per azioni. Diciamo subito che le riforme, in quanto rivoluzionarie,
ci interessano poco o punto, ma la loro
applicazione va analizzata per meglio comprendere come i padroni, vecchi o nuovi che siano, cerchino
di sfruttare con più abilità i lavoratori. In verità la riforma delle
società per azioni va inquadrata più che per i riferimenti con la classe sfruttata,
in una logica tutta interna alla classe padronale ed alle rivalità e contese in essa esistenti. Questo
progetto
di legge tende ad adeguare la struttura delle S.p.A. italiane a quelle delle altre società dei paesi
più
avanzati. I punti fondamentali di questa riforma sono così schematicamente
riassumibili: a) progressiva eliminazione delle partecipazioni incrociate e divieto di voto per azioni
incrociate; b) divieto di rappresentanza in assemblea delle banche e limitazione della rappresentanza,
al fine di
evitare il rastrellamento delle deleghe; c) disciplina delle obbligazioni convertibili in azioni; d)
speciale disciplina per le società quotate in Borsa e istituzione di una commissione nazionale
con
funzioni di vigilanza su di esse; e) creazione di "azioni di risparmio". Tutti i punti della riforma,
ci paiono, dal nostro punto di vista, poco interessanti, salvo l'ultimo. Inoltre,
al di là della enunciazione, i vari divieti e le nuove discipline non incantano nessuno, tanta
è la facilità
con cui si potrà ovviare ai disposti della legge. Soprattutto l'arma delle partecipazioni incrociate
è troppo
appetita dai dirigenti delle S.p.A. perché si possa seriamente credere che una disposizione di
legge,
nemmeno troppo vincolante, abbia la capacità di arrestare il processo di autonomizzazione dei
dirigenti
rispetto agli azionisti. Le finanziarie estere di proprietà italiana serviranno anche a
questo. Tutte queste norme ci paiono più una tiratina d'orecchi che serio programma
riformatore. La classe politica sembra dire: "Managers, direttori, non siate troppo
scoperti nei vostri giochi di potere,
un può di pudore, diamine! I lavoratori potrebbero anche accorgersene e capire...". Quello
che ci ha interessato, come dicevamo prima, e che ci sembra avere un qualche riflesso sui
lavoratori è la futura creazione delle cosiddette "azioni di risparmio". Questo istituto, nuovo
per l'Italia, vecchio di moltissimi lustri per altri paesi europei e americani, consiste
nella possibilità concessa alle società di emettere azioni privilegiate nella distribuzione
dei dividendi e
nel trattamento fiscale, ma private del diritto di voto. Nelle intenzioni della classe dirigente queste
azioni dovrebbero essere appetite dalla gran massa dei
lavoratori e dei piccoli risparmiatori, tra l'altro per poter salvare i loro sudati (e magri) risparmi dalla
galoppante inflazione. Infatti quei pochi risparmi investiti in "azioni di risparmio" più
difficilmente
risentirebbero della svalutazione monetaria, subendo un continuo aggiornamento dei prezzi ed in
più
fornirebbero una remunerazione preferenziale. L'allettamento è di facile presa, e purtroppo
non pochi saranno gli sfruttati che, attratti dal miraggio di
divenire "padroni" daranno i loro soldi per il consolidamento del loro sfruttamento. In questo modo si
avvierà un processo di compartecipazione dei lavoratori allo sfruttamento di altri lavoratori e
di essi
stessi. Ma fenomeno ancora peggiore, si darà un'altra arma di potere ai dirigenti delle
imprese. Se in regime
attuale gli azionisti hanno perlomeno il diritto formale di esprimere il proprio dissenso sull'operato
dei
managers, con queste riforme la maggioranza degli azionisti non avrà neppure questa
larva di diritto,
dovrà solo tacere. Al di là della triste ironia dobbiamo rilevare che questa nuova
legge si inserisce nell'ambito di
ristrutturazione aziendale del momento, essa rappresenta un graduale avvicinamento delle istituzioni del
diritto ad una situazione di fatto sempre più affermantesi. Il decadimento della
proprietà privata quale fonte del potere e del privilegio lascia il passo al possesso
esercitato dalla nuova classe dei managers. Le leggi e i regolamenti lentamente si
adeguano alla nuova realtà, gli azionisti raramente possono influire
sulla loro società, quindi occorre adeguare la forma alla sostanza, ed ecco le "azioni di
risparmio".
L. L.
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