Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 25 nr. 217
aprile 1995


Rivista Anarchica Online

Zuccherini qualunquisti
di Elisabetta Minini

Difficile commentare lucidamente e onestamente qualcosa che è stato un riferimento quasi mitizzato e improvvisamente, per qualche ragione, cade di tono o si snatura o inciampa in grossi difetti che la nostra conservazione intellettuale, già messa a dura prova, riconosce col rancore e la rabbia dei tradimenti delle speranze. Gaber non si fa detronizzare così facilmente, ma il suo ultimo spettacolo mette ampiamente in guardia «E pensare che c'era il pensiero», titolo in perfetto e riconoscibile stile gaberiano, prima mai così esposto, mi pare piuttosto scaduto anche solo rispetto allo spettacolo dello scorso anno «Il teatro canzone», più tradizionalmente descrittivo nel titolo e per niente superficiale nei contenuti. Gaber, si sa, è comunque un mago del palco, un intrattenitore irresistibile anche per le movenze associate alle parole, un comunicatore abile. Per questo mi sembra tanto più grave che certi messaggi, o vuoto di messaggi, vengano proprio da lui. La bravura provoca alte pretese a chi la riconosce.
Lo sberleffo degli uomini politici, mettendo in forma gradevole i luoghi comuni (a Cuba con Bertinotti e Berlusconi
Fini sembra rispettabile ma sotto sotto ... )è tanto di moda quanto inutile.
È il cabaret della politica da palazzo, coi nomi degli attuali «protagonisti» da prima pagina in
battuta rimata: mi sembra davvero il modo più banale di provocare la risata del grande pubblico, la risata innocua e sdrammatizzante delle strisciate televisive o forattiniane. Anche perché questo è un momento in cui il balletto della politica interna fa concorrenza alla satira (lo diceva, mi pare, Michele Serra), quindi è fuori luogo la rielaborazione acuta o irriverente su quei temi (lo spostamento è puramente estetico). Sarebbe come ridere delle barzellette sulle barzellette. Più di una volta nello spettacolo Gaber ricorre a quasi «zuccherini».
E giù risate da un pubblico ancora più assolto e leggiadro perché Gaber non dimentica nessuno - nessuna parte del Parlamento - e a ognuno dispensa la stessa dose di disprezzo e compatimento.
Non prende posizione, non dico una posizione parlamentare, niente affatto indispensabile o più responsabile; non prende posizione politica, assecondando ragioni qualunquiste che mai figuriamoci ora - hanno avuto bisogno di essere stimolate per esistere. «La politica è una disgrazia che è capitata a tutti». (Meno male che sono arrivati i giudici, forse???). Usare il bersaglio in questo modo non permette di prenderne alcuna distanza. E così sberleffa destra e sinistra ridotte a «sfumature» minimaliste e paranoiche: la doccia e il bagno, la Nutella e il cioccolato svizzero. Il balletto delle attribuzioni, molto divertente invero, è sicuro che non viene sfottuto come moda ridicola, ma come cifra delle posizioni politiche destra e sinistra. (Se è necessario ripensare i termini, ridotti a vacuità, non è lo stesso annullare la differenze con una battuta sagace). Altro tema: l'elogio del «sano egoismo», tradotto come di chi fa del bene a sé e agli altri senza saperlo. All'altruismo finto per conquistarsi un posto in paradiso contrappone un sano egoismo. D'accordo. Ma non ci vuole molto a contrapporre una cosa farlocca a una «verace». L'altruismo, inutile dirlo,è anche altro e, ammesso che non si presti facilmente a diventare «valore», allora nemmeno il «sano egoismo» di chi riconosce le proprie miserie e in tale riconoscimento si acquieta, mi sembra una grande trovata. È terreno troppo friabile per farci danzare beatamente tutti quelli che già da tempo si sono votati al disimpegno etico, al culto delle proprie relazioni, alle gratificazioni nei propri luoghi (casa, lavoro, amici). L'individualismo così chiuso e l'umanesimo così vago sono il concime e il riflesso di una situazione di assenza di stimoli di lotta, riflessione, desideri, speranze, organizzazione. Vale tutto fuorché il compiacimento. L'appello finale a costruire una «nuova utopia» sembra più un salvataggio che una convinzione. Come se non ci fosse niente prima e fuori di ognuno di noi cui attingere. È vero che occorre rimettersi a pensare - anziché prediligere come i cretini l'azione in quanto tale - e ripartire da ognuno di noi serve a meglio fondare le future azioni, ma appelli come questo significano tutto e niente se rimangono sospese come massime di saggezza in uno spettacolo così disorientante ...