Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 22 nr. 189
marzo 1992


Rivista Anarchica Online

DOSSIER WESPE

Lo scorso autunno è passato a Milano Horst Stowasser, un anarchico tedesco che conosciamo da quasi un ventennio e che più volte ha collaborato con la nostra rivista. E' venuto a parlarci del progetto "A", o meglio della sua (parziale) realizzazione a Neustadt: da qualche anno, infatti, in questa cittadina tedesca è in atto un'esperienza comunitario-cooperativa che coinvolge, con diverse gradazioni, un centinaio di persone. Non una microcomunità di "alternativi", chiusi nel bozzolo della loro diversità: quella che si sta sviluppando a Neustadt è un'esperienza di segno libertario ed ecologista radicata e proiettata nella società circostante. Alcuni giovani libertari milanesi - Annalisa Bertolo, Rossana Caroni, Serena Fogaroli, Alberto Mauro, Dario Sabbadini, Francesca Tondi - hanno deciso di approfondire la conoscenza delle Wespe. Alcuni di loro sono andati a Neustadt, tutti insieme hanno curato questo dossier

Le basi del progetto "A"

Nel 1986, a Melbourne, in occasione del centenario del movimento anarchico in Australia, Horst Stowasser presentava una relazione sul progetto da cui è nata la Wespe.

Il "Progetto A" vuole caratterizzarsi, prima di tutto, come progetto MULTIDIMENSIONALE, con l'obiettivo di coinvolgere contemporaneamente la vita politica, la vita economica e la vita privata unificandole, superando i limiti artificiali che vengono posti fra di esse.
Quest'idea riprende il sogno anarchico di tutti i tempi ed il fallimento di questo sogno è una delle ragioni principali per cui tanti progetti ed iniziative non solo libertari - sono deboli, sterili, si creano i loro ghetti o semplicemente falliscono.
Generalmente il lavoro, la vita personale e l'attività politica sono tre ambiti separati nella vita dell'"anarchico medio" che fa politica, e questo spiega la mancanza di popolarità dell'anarchismo di oggi, la sua assenza di radici nella vita quotidiana della grande maggioranza della gente.
L'anarchismo di oggi è capace di assicurare la sopravvivenza della cultura e della tradizione libertaria, di criticare in modo eccellente la società, ma non sa indicare una via d'uscita possibile per questa società, un modo di cambiarla, e neanche un modo per creare nuove forme sociali libertarie per e con la maggioranza della gente. Il "Progetto A" vuole proporsi come una delle tante alternative possibili per superare lo sterile ed isolato anarchismo "vecchio stile", un'alternativa in cui la felicità personale, il successo politico ed una forma decente per guadagnarsi la vita abbiano uguale importanza. Questo significa essere anarchici per "egoismo positivo": io voglio prima di tutto essere felice, ma mi rendo conto di non poter esserlo se le persone che mi circondano non sono ugualmente felici, libere ed autonome, e quindi devo propormi di cambiare sia la mia vita che la società.
Questa è la base di ogni progetto politico: non ha senso essere rivoluzionari nei principi senza includere se stessi, senza cambiare la propria vita.
In questo senso, il "Progetto A" vuole opporre all'anarchismo "pamphletario" l'anarchismo"vissuto".
L'anarchismo "pamphletario" diffonde le idee anarchiche tramite la carta scritta, i libri, i volantini,i discorsi, e in misura minore la musica, il teatro,... così si chiude in un ghetto, perché non potrà mai raggiungere più del 3-6% della popolazione, per la semplice ragione che pochi sono abituati a leggere.
Solo gli "intellettuali" e, a volte, nei periodi di lotte sociali, i gruppi emarginati ed oppressi possono essere raggiunti dall'anarchismo, ma la "gente normale" ne è automaticamente esclusa.
Questa gente, nelle esperienze libertarie del passato, si è interessata e compromessa con l'anarchismo o con altre idee rivoluzionarie solo se questi movimenti erano capaci di proporre vie di soluzione concrete, comprensibili e non esotiche ai problemi che esistevano nella vita quotidiana.
L'anarchismo "pamphletario" è necessario, ma solo in una proporzione "sana" rispetto alla cultura, vita, lotta anarchica reale, ossia l'anarchismo "vissuto".
Questa deve essere la base di un cammino popolare, in cui i contatti sociali sono fondamentali per mostrare alla gente la possibilità concreta di realizzare ciò che noi sentiamo e desideriamo; la possibilità di risolvere i nostri e i loro problemi di vita quotidiana.
Per me l'anarchismo è una forma di vita creativa e costruttiva concreta e il progetto è formato da due aspetti fondamentali: la micro-struttura organizzativa ed economica, che costituisce la base solida del progetto, e la dinamica politica, lo sviluppo e la prospettiva che devono emergere da questa base.
Il "Progetto A" è, nella sua fase iniziale, un piano di "conquista" di una città tedesca di medie dimensioni (circa 50.000 abitanti) da parte di un movimento libertario di tipo politico-economico-culturale, per rendere l'anarchismo una forza popolare, accessibile ed importante nella vita sociale di questa città e dei dintorni. Questo intento deve realizzare per i suoi abitanti la possibilità di una vita migliore e, contemporaneamente, deve costituire una prospettiva libertaria politica.

Tolleranza libertaria
L'unità più piccola che compone la base del progetto è il "doppio progetto", con cui si vuole combinare un'attività più "commerciale" che guadagna soldi, con una più "politica" che ne spenda.
Tuttavia questa separazione è arbitraria, perché vogliamo che tutti i progetti abbiano una certa importanza politica.
Esistono molte combinazioni utili ed intelligenti di doppi, tripli o quadrupli progetti (ad esempio il Centro di Documentazione Anarchica sarà combinato con un servizio di fotocopie ed una cartoleria).
Con questa combinazione vogliamo anche evitare la produzione di articoli di "sinistra", "hippy" o "ghetto" che non sono necessari alla vita quotidiana della gente, bensì folkloristici.
Ogni doppio progetto è a sua volta unito ad una comunità di convivenza nella quale coloro che organizzano e lavorano in un doppio progetto condividono la casa, lo stile di vita, l'educazione dei bambini, l'attività politica, il divertimento...Così creiamo comunità, completamente autonome.
Allo stesso tempo sperimentiamo modi e stili differenti di vita, lavoro, attuazione, che sono collettivi senza opprimere l'individualità.
Evitiamo così l'uniformismo e il terrore di un falso collettivismo di tipo autoritario, senza cadere nell'altro estremo di una dispersione individualistica.
Abbiamo la possibilità di apprendere una virtù indispensabile per l'anarchia: la "tolleranza libertaria" combattendo i nostri pregiudizi, cooperando e imparando 1'uno dall'altro.
Nessuno è obbligato a vivere una certa morale, uno stile di vita o un livello di consumo determinati, sempre che le varie forme di vita realizzate non si oppongano ad un consenso minimo, che possiamo chiamare "etica libertaria generale".
Vogliamo dimostrare che nella nostra "microsocietà" possono coesistere vari modi di vita per rendere comprensibile a tutti la visione anarchica dell'abolizione dello Stato come livellatore artificiale.
Naturalmente la vita in comunità è solo un'idea modello e non un dogma. Diamo solo schemi generali e non formiamo nuove leggi e regole scritte di comportamento anarchico corretto.
Ad ogni modo, ciò non sarebbe nulla di straordinario.
In molte città tedesche, oggi, troviamo una rete più o meno densa di piccoli progetti e comunità alternative, in parte di ispirazione libertaria. Ma rimangono sterili, inerti, e con gli anni diventano pure imprese commerciali, che non partecipano a lotte sociali o attività politiche.
Il primo passo per superare l'isolamento delle "unità" in vista di una prospettiva più ampia è l'uso del guadagno generato dai doppi-progetti e della cassa comune per espandersi continuamente, creando nuovi doppi-progetti e inoltre per finanziare attività politico-sociali che abbiamo sempre organizzato.
La differenza è che ora diamo ad esse una base solida di gente, infrastruttura collettiva e denaro, e la possibilità di una vasta partecipazione per le centinaia di contatti sociali che creiamo tramite i doppi-progetti.
Quindi il campo politico-sociale-culturale è la prospettiva più ampia che deve unificare i diversi doppi-progetti, evitando che essi entrino in decadenza e spirito apolitico di autosufficienza.
Per realizzare questa prospettiva creiamo il "consiglio", le cui funzioni sono molto più ampie della semplice amministrazione e redistribuzione della "cassa comune".
Questa specie di "foro" o "parlamento" sia che rimanga una "riunione plenaria" sia che diventi con la crescita del progetto una riunione di delegati (con rotazione delle funzioni), deve sempre essere strutturato in modo da impedire la burocratizzazione ed ogni struttura autoritaria. Non ha potere esecutivo e non può decidere, bensì realizza decisioni collettive. Può solo dar consigli, strutturare i dibattiti e la critica, arrivare ad accordi, il compimento dei quali spetta sempre ai diversi collettivi e, alla fin fine, ai singoli individui che li compongono.

Non è la rivoluzione ma..
Infine il consiglio non può pronunciare pene o sentenze, ma può arrivare ad escludere degli individui quando sono falliti tutti i tentativi per giungere ad un accordo.
In realtà, il consiglio è uno sforzo per praticare la "democrazia" anarchica, cercando di arrivare al consenso rispettando le nostre diversità. Pertanto è uno dei punti più delicati del nostro progetto.
Crediamo che in questo modello ci sia una notevole dinamica sovversiva... è una struttura che si può diffondere, e vogliamo immaginarci cosa succederebbe se riuscissimo a "rubare" i giovani della città; essi potrebbero vedere perfettamente che lavorare in condizioni più libere, gradevoli, soddisfacenti, senza capi e senza essere sfruttati, partecipando alle decisioni, significa lavorare in un collettivo anarchico. Essi saranno la seconda generazione del nostro progetto.
Senza spaziare troppo con l'immaginazione, pensiamo che una possibilità realistica dopo i primi 5-10 anni dall'inizio del progetto sia che gran parte della popolazione - che prima o poi, in un modo o nell'altro, deve venire a contatto con noi e prendere una posizione nei nostri confronti - simpatizzi apertamente con la nostra proposta.
Ciò nonostante non è questa la nostra meta finale: è solo un modo per preparare il campo, creare basi solide sulle quali possano organizzarsi e svilupparsi lotte offensive e difensive, con la speranza di un appoggio da parte della popolazione locale.
Quindi il "Progetto A" non è la rivoluzione, bensì una serie di passi preliminari e necessari verso di essa, ne è la base necessaria, costituita da una "tolleranza positiva" verso le idee e le forme anarchiche di vita.
In tal modo, vogliamo che ogni persona acquisti fiducia nelle proprie forze e capacità, e la sostituisca all'identificazione negativa con lo Stato, al timore della rivoluzione, diffuse tra la gente.
L'identificazione negativa con lo Stato si esprime come un malcontento generale verso di esso, insieme all'idea che sia possibile farne a meno: è il "meno peggio".
Una rivoluzione significherebbe perdere il poco che si ha, visto che l'alternativa offerta dai rivoluzionari è molto nebulosa. Bisogna perciò creare strutture solide per dimostrare alla gente che l'autogestione è possibile, e farle perdere ogni timore, rispetto e fiducia nelle istituzioni statali; renderla capace di prendere il destino nelle proprie mani e darle il coraggio necessario.
Solo in questo modo si può sgretolare la "linea immaginaria di resistenza" alla rivoluzione che esiste nella mente della gente.
Naturalmente, questa "linea immaginaria" ha anche un altro fronte, quello della resistenza attiva dello Stato.
Anch'essa va perforata e distrutta con colpi continui.
Ogni rivoluzione deve quindi operare su entrambi i fronti: con il lavoro quotidiano, per vincere le resistenze mentali della popolazione, e con le ribellioni, gli scioperi, i momenti violenti per vincere la resistenza statale.
Entrambe le forme sono necessarie e il compito degli anarchici è di usare la forma violenta il meno possibile.
Non bisogna infatti confondere la rivoluzione con l'insurrezione: pensare che tutto ciò che è violento è automaticamente rivoluzionario e che tutto ciò che è pacifista è riformista significa confondere la forma di un avvenimento con il suo contenuto, il fenotipo con il genotipo.

Poco riposo molto lavoro
Questo concetto di rivoluzione risolve l'apparente contraddizione per cui nella storia delle rivoluzioni sforzi identici portano a risultati differenti.
Il fatto è che per il trionfo di una rivoluzione non è sufficiente il grado di eroismo ed impegno; sono necessari insieme la stabilità e il livello della base da cui la rivolta emerge.
Quindi alle critiche di chi ci considera "riformisti" risponderemo che, pur esistendo il rischio dell'integrazione, il "Progetto A" è rivoluzionario, in quanto demistifica il mito della lotta violenta per cercare di creare, nella situazione odierna, le condizioni per una vittoria sul sistema in molteplici forme e livelli apertamente e segretamente.
Con tutte queste considerazioni politiche, non dobbiamo dimenticare le prospettive individuali.
Naturalmente, nella fase iniziale dei primi anni, ci sarà poco riposo e molto duro lavoro. Ma successivamente, una volta raggiunta una stabilità politica, morale ed economica, ognuno avrà la possibilità di realizzare i suoi progetti e i suoi sogni.
Ovviamente la nostra meta finale non è di creare una specie di isola anarchica in una piccola città.
Vogliamo che 1o spirito del "Progetto A" cresca e si diffonda, così, tramite una rivista informativa, un lavoro di relazioni pubbliche ed un continuo scambio di visite, pensiamo sia possibile creare una rete di progetti ed iniziative simili in tutta la Germania.
Inoltre un'intensificazione dei contatti e della cooperazione con il movimento libertario internazionale può permettere una diffusione in tutto il mondo del progetto, adattandolo alle singole realtà dei Paesi.
Non si tratta naturalmente di creare una nuova corrente ideologica, bensì di trasferire alcune idee fondamentali come la rottura del "ghetto" anarchico, la conquista della popolarità e la fiducia tra la gente, il tentativo di unire il settore politico con quello privato e quello economico.
Tutto ciò può apparire molto ottimistico.
Ma noi siamo coscienti anche dei punti deboli del nostro progetto. Il più importante è certamente la natura umana, con tutti i comportamenti assurdi e i sentimenti irrazionali che essa comporta. Un altro punto debole è il pericolo che il progetto sia integrato al sistema, si imborghesisca o si commercializzi.

Esigere l'impossibile
Un altro ancora è costituito dalle varie forme possibili di repressione.
Ma pensiamo che gli ostacoli vadano superati e i problemi risolti; chiaramente possiamo solo cercare di ridurre i rischi, ma non possiamo eliminarli: non esiste nessuna garanzia su cosa succederà.
Ma conoscete qualche alternativa?
Sempre la vita è un insieme di rischi ed esperimenti. Noi vogliamo che essi non rimangano nelle mani degli altri.
Io voglio prendere i rischi della mia vita nelle mie mani!
Bakunin lo disse con altre parole:
"Coloro che esigono il possibile non ottengono mai niente. Ma coloro che esigono l'impossibile almeno ottengono il possibile".

Horst Stowasser

Questo è il riassunto (con traduzione dallo spagnolo) della Conferenza pronunciata il 4 maggio 1986 nella sala 218 del "Melbourne College for Advanced Education", in occasione della celebrazione del 100° anniversario del Movimento Anarchico in Australia. La conferenza è a sua volta un "estratto" del libro che espone il Progetto A, purtroppo mai pubblicato in Italia. Quindi ci scusiamo per le riduzioni ed eventuali male interpretazioni del progetto, dovute alla tripla traduzione (tedesco-spagnolo-italiano) e soprattutto a ciò che può risultare dal "riassunto di un riassunto", del resto necessario per ovvi motivi di spazio.

Aggirare il vuoto tra teoria e pratica

Incontriamo Horst, l'autore del progetto "A", a Milano, ritagliando spazi al nostro tempo sempre corto. Le poche idee che abbiamo sul progetto Wespe ci "ronzano" intorno rumorose e non ce le sappiamo spiegare. Di quale paradiso Horst è il barbuto profeta?
Il nostro esiguo gruppetto lo scruta con curiosità. Lui sorride distinto e ha voglia di cominciare presto a raccontare. Da qualche giorno sta girando l'Europa per parlare di Neustadt e di quel che lassù stanno costruendo. Dentro la sua valigetta tiene decine di opuscoli e fotografie: tira fuori tutto per darci un'idea di come è nato e come funziona il progetto: le facce, le case, gli scritti, le attività.
Noi lo ascoltiamo attoniti: Neustadt sembra davvero una fantasia libertaria, il coronamento contemporaneo di utopie millenaristiche, e non smettiamo di fargli domande, ansiosi di ridimensionare una realtà così dura e bella, che si vorrebbe far conoscere a tutti, a tutti dire: esiste, proviamo anche noi. Le pagine che seguono vogliono essere un piccolo spazio informativo per tutti i compagni italiani come noi alla ricerca di un "progetto Wespe", della possibilità, alle soglie del duemila, di sperimentare altre economie, altri tipi di sviluppo, diversi rapporti umani: con la speranza che anche in Italia si riesca, prima o poi, ad aggirare il vuoto che sta tra la teoria e la pratica libertaria.

Francesca Tondi

Nel nido di Wespe


Nel racconto di Annalisa Bertolo, l'impatto e le sensazioni di una "visitatrice" con la realtà autogestionaria di Neustadt.


Tre giorni di permanenza a Neustadt permettono giusto di intravedere le trasparenti maglie di una
rete libertaria, di odorarne i nascenti profumi e fotografarne la vivida atmosfera. Non di più.
Ma quanto mi resta dell'incontro novembrino con la WESPE può contribuire a dare un'anima a un
corpaccione gravido di dati e intenzioni quale forse può apparire questo dossier. E dunque mi cimenterò nel raccontare (in modo certamente frammentario) quelli che sono i ricordi e le impressioni che affiorano senza continuità: i più forti e per me significativi.
Il giorno d'arrivo io ed i miei 2 compagni di viaggio l'abbiamo trascorso vagando incuriositi per le strade della cittadina alla ricerca, credo, di un segnale evidente di ciò che si stava realizzando da più di due anni: qualcosa che testimoniasse di un nuovo modo di vita, una scelta precisa. Invece nulla, non c'era nulla di particolare, di anomalo: tranquillità e benessere troneggiavano nelle fiorite villette di una ricca città di provincia.
Chissà perché mi aspetto sempre che un cambiamento interiore profondo debba per forza lasciar dei segni, quasi squarciare l'immacolata facciata esteriore.
E, credo, un desiderio di conferma, di sicurezza anche formale, che il cambiamento sia reale.
Ma ora ho capito che una delle forze di WESPE è proprio quella di non essere appariscente e provocatoria. Di non creare una distanza formale tra sé e la realtà circostante affinché l'approccio della "gente comune" non sia traumatizzante, né foriero di luoghi comuni e marginalizzazione.
Pertanto niente anarchia per le strade.
Così ci siamo avventurati nelle maglie del progetto, entrando nelle case e conoscendone i protagonisti: giovani, bimbi, donne, persone come tutti, persone anche generose e piene di vita.
Siamo stati ospiti di Horst, il "papà" del progetto sia in senso politico che effettivo: di lui ho in mente l'ottimismo, la forza e la generosità che riversa orgogliosamente nella WESPE come nella vita (che poi è lo stesso) e nelle persone che gli si avvicinano incuriosite, alla ricerca di impulsi e possibilità reali...Horst ci racconta di sé. Lui teme soprattutto l'elitarismo intellettuale, da cui rifugge come da qualsiasi condizione privilegiante che inevitabilmente conduce al riconoscimento di una autorità. Tiene a sottolineare che è arrivato a Neustadt quando la WESPE già esisteva e che si è avvicinato disposto a rimettere in discussione ogni dogma, ogni certezza che la sua cultura e il suo impegno politico come anarchico gli avevano trasmesso. Prima la vita, i problemi reali, il contatto con la gente, l'esperienza diretta e i suoi risultati, quindi la conferma o meno di una teoria impeccabile (quasi mai tale).
Così è stato ed è tutt'ora: conoscendo le loro attività economiche e sociali ho respirato proprio questo raro desiderio di mettersi in discussione, di adeguarsi di volta in volta alle esigenze della gente, pur mantenendo una solida e trasparente etica libertaria di fondo.
Guidati da Horst abbiamo visitato alcune ditte: un'officina di materiali ecologici da costruzione, una falegnameria, il laboratorio di biciclette, la libreria, la bottega di prodotti alimentari biologici...Era domenica ma in alcune ditte si lavorava ugualmente; immagino per scelta.
Nel laboratorio PIRAD (i PIRATI delle biciclette) l'atmosfera era molto rilassata: quasi tutti ragazzi e ragazze giovani alle prese con bicicli di ogni forma e dimensione, una piccola officina dove i clienti possono utilizzare gli attrezzi messi a disposizione per aggiustarsi i propri veicoli, e la palese soddisfazione di aver cominciato da zero un'attività divenuta in breve tempo una tra le più conosciute e redditizie all'interno di WESPE.
Anche il negozio di prodotti ecologici sembra sbocciare, grazie anche alla sempre più diffusa coscienza (o moda?) ecologica di questi ultimi anni.

Spirito festaiolo e goliardico
Horst si entusiasma nel descriverci le singole storie e le prospettive di ciascuna attività: s'immagina e prospetta futuri trasferimenti, locali più ampi, nuove comunità di convivenza, nuove aperture... Non riesco a scorgere quel delicato confine tra fantasia, ottimismo e realtà, ma l'aspetto di ciò che vedo è di stabilità e palpabile crescita continua.
Mi sorprendono l'impeccabile organizzazione e la "lussuosità" di certe imprese: strutture e macchinari moderni ed efficienti, locali spaziosi e ben tenuti, vetrine invitanti...In tal modo WESPE allunga i suoi tentacoli, si fa conoscere, propaganda la propria esistenza e le proprie istanze, coinvolge, offre servizi...
Non meno importanti dal punto di vista "socializzante" sono gli incontri collettivi: le feste. Ciò che non manca, ci confessa Horst, è lo spirito festaiolo e goliardico e ogni occasione è buona per festeggiare, commemorare, inaugurare. Come dicevo la funzione di questa componente non è soltanto quella evasiva (fondamentalmente comunque in ogni progetto di vita) : le feste diventano luogo di incontro, scambio, conoscenza, discussioni, consolidamento dei rapporti... sia tra i componenti stessi della WESPE, sia tra loro e gli "avventori" esterni. Come siamo noi, del resto.
Conosciamo così Paolo, siciliano d'origine e di piglio, che da qualche anno ha deciso di vivere a Neustadt insieme alla sua compagna Cristiana, tedesca.
Grazie alla loro disponibilità e gentilezza siamo riusciti a penetrare più a fondo nelle problematiche di WESPE, scambiandoci opinioni e curiosità.
Entrambi sono molto realistici e disincantati (voglio dire: meno facilmente entusiasmabili di Horst...); non mancano di sottolineare gli effettivi problemi finanziari e i diversi progetti ancora irrealizzati che si accumulano in cantiere. Lamentano, inoltre, uno scarso dibattito politico che coinvolga l'intera comunità e che è presupposto necessario per una continua crescita e per la definizione di finalità comuni.

Frastornati ed entusiasti
Questo comunque non basta a demoralizzarli. Tutt'altro: Paolo è impegnatissimo nel gruppo "culturale-gastronomico" che sta lavorando alla realizzazione del "doppio-progetto" (appunto culturale e gastronomico) all'interno dell'Okohof. Ed inoltre conviene con Horst che i miglioramenti rispetto alla qualità della vita "sono moltissimi, come lavorare insieme ad altra gente, collaborare a progetti comuni, poter autogestirsi, contare sulla solidarietà reciproca. Sono tutti risultati enormi...".
Cristiana con il suo modo di fare dolcissimo ed energico evidenzia problemi concreti legati all'essere donna, tutti ancora da discutere ed approfondire. E per questo lotta, insieme ad altre donne, per conseguire un ruolo attivo e realmente paritario anche all'interno di WESPE, cui tiene visibilmente e a cui riconosce le molteplici potenzialità positive. Purtroppo anche il discorso con Paolo e Cristiana deve essere interrotto.
Ripartiamo dunque a malincuore dopo questa fulminea immersione nella variegata composizione di WESPE. Frastornati e colmi di un entusiasmo sano, quello che deriva dalla conoscenza inaspettata di possibili alternative realizzate, di vite parallele reali che sembrano utopie se sentite solo raccontare...È l'anarchia vissuta? Non saprei. Se al concetto di anarchia si associa un concetto di purezza assoluta no, ma se dagli scanni dei teorici la si cala nella dimensione popolare, della vita quotidiana direi di sì; per lo meno: il migliore dei modi che ho visto; fintanto che non ce ne saranno di nuovi per poter fare un confronto.

Annalisa Bertolo

Noi della WESPE, ecologici e radicali

Un progetto ecologico può essere coerente solo se fa qualcosa contro le radici dei mali ecologici. "Protezione dell'ambiente" non vuol dire soltanto raccolta di lattine di coca vuote, ma anche fare qualcosa perché non ci sia più bisogno di lattine di coca!
Queste radici si trovano prima di tutto nel nostro sistema politico ed economico. L'atteggiamento di noi tutti nei confronti della natura, dell'ambiente, del consumo ne è solo la necessaria conseguenza.
Ecco perché la rete WESPE non è "puramente ecologica", ma anche economica, politica, sociale, culturale...: è proprio perché vogliamo cogliere il male anche alla radice che siamo "radicali" nel vero senso della parola.
Non riusciamo a vedere per esempio come un sistema economico centrale, sfruttatore e spietato (poco importa se "statale" o "privato"), che pensa solo alla crescita, all'incremento, al concentramento e ai sempre maggiori profitti, possa essere veramente ecologico. Semplicemente, non è umano.
Questo è il motivo per cui pratichiamo un'altra forma di economia, nella quale non dipendiamo da uno Stato e dai suoi titoli e preferiamo fare affidamento sulle nostre proprie forze; nella quale le aziende sperperano meno materiale e lavorano in modo compatibile con la natura; nella quale costruiamo in modo biologico ed economico, utilizzando solo materiali amici della natura; nella quale ci riduciamo l'un l'altro il traffico monetario e ci avvicendiamo negli incarichi; nella quale ci organizziamo da soli, ci aiutiamo reciprocamente e percepiamo lo stesso stipendio, fissato in ogni azienda dagli stessi dipendenti.
Pratichiamo una politica differente: non abbiamo bisogno di padroni e non ne abbiamo, discutiamo democraticamente i problemi, li affrontiamo e li risolviamo. Da noi non si prendono decisioni in base alla maggioranza, ma in base al consenso. In poche parole, diamo spazio all'autorganizzazione, all'aiuto vicendevole e all'umanità nei rapporti in ogni settore della vita.
Questo modello di vita senza Stato né padroni lo chiamiamo "libertario" e lo troviamo meravigliosamente vivibile! Ma soprattutto, non c'è denaro che possa ripagare una qualità di vita di questo genere...
I modelli comportamentali da noi messi in pratica e sperimentati evitano il centralismo, le gerarchie, il concentramento, lo spreco delle risorse, la gigantomania e il dominio di uomini su altri uomini. Tutto ciò è inerente con l'ecologia almeno quanto la scelta del detersivo giusto da usare. L'illusione del "dominio sulla natura" affonda infatti le radici in quella del "dominio dell'uomo sugli uomini".

(estratto dal prospetto informativo dell'associazione WESPE di Neustadt/Weinstrsse)

Una rete di persone impegnate

Le Wespe sono animali meravigliosi, che esistono da 49 milioni di anni, in piena armonia con la natura. Di piccole dimensioni, per i lavori impegnativi si associano tra loro. Se attaccate, a volte reagiscono pungendo. E' così che sono riuscite a sopravvivere ai dinosauri.
WESPE (Werk Selbstverwalteter Projekte und Einrichtungen) significa Progetto e Orientamenti di Lavoro Autogestito. A questa associazione promotrice hanno aderito singoli individui, imprese autogestite, gruppi vari e iniziative e anche comuni abitative.
Perché? Per ottenere tutti assieme migliori obiettivi, aiutandosi reciprocamente. Che obiettivi vogliamo raggiungere? Vorremmo dar vita a nuovi modelli lavorativi e di vita, radicarli nella nostra città, incoraggiare individui e progetti nuovi ad afferrare le possibilità che sono date loro e a realizzare i propri sogni. Qui vengono equiparate l'una all'altra economia, politica (attività sociale e culturale) e il "tempo libero" (l'abitazione, il divertimento, il "privato"). Ogni persona, gruppo o azienda rimane tuttavia autonoma e decide per conto proprio in cosa e fino a che punto vuole impegnarsi.
Tutte le ditte e i gruppi WESPE sono autogestiti, vale a dire sono privi di padroni e gerarchie, con diritti e doveri uguali per tutti. Si aiutano a vicenda sul piano economico, ideale e personale. Uno dei più importanti punti fermi del nostro progetto è l'ecologia, in particolare nell'uso di materiali che non danneggino l'ambiente, ma anche nello sviluppo e nella ricerca di una tecnologia meno dura e la partecipazione attiva alla società che ci circonda.
Il primo frutto di questo sforzo comune realizzato fin qua è l'Ökohof. Abbiamo comprato un vecchio stabilimento a Neustadt in cui abbiamo avviato un multiforme progetto ecologico-culturale-politico-economico. L'Ökohof è solo uno dei tanti progetti, uno solo di una dozzina buona di posti in cui la Wespe ha deposto le sue uova...Ma ce ne saranno sempre più.
In questo modo vorremmo accostare l'abitante della città al nostro modello alternativo e di lavoro e, passo dopo passo, creare esempi funzionanti, ecologici, libertari, autogestiti che si muovano in direzione di un cambiamento della società.
La WESPE vuole essere una rete, non un manipolo di associazioni centralizzate. Cerchiamo persone impegnate, con cui collaborare attivamente e che portino le proprie idee. Non ci interessano "pecoroni" e "imbrattacarte".

Com'è nato e come funziona

Realizzazione

Il "Progetto A" ha cominciato ad esistere in tre città tedesche: Alsfeld, nel centro (Hesse), Leer, nel nord (Frisia, vicino all'Olanda) e Neustadt, nel sud-ovest (Palatinato). In queste tre città si sono fatte le più svariate esperienze, sia positive che negative.
Ad Alsfeld il progetto prende forma molto lentamente. Sebbene si siano potute comprare due case, il gruppo non prospera, a causa soprattutto di questioni personali, originate principalmente da dogmatismi politici di ogni genere e da una considerevole mancanza di tolleranza negli anni passati. In questo momento il gruppo cerca di irradiarsi nella cultura locale per superare la crisi, congedandosi da ambizioni forse esagerate. Esiste un progetto agricolo, un altro di intervento culturale, e un bar,gestito da un compagno.
Anche se a Leer l'atmosfera tra i compagni è più gradevole e tollerante, il piccolo gruppo attivo si sviluppa con lentezza. Hanno un negozio di alimentari e sono attivi nell'importazione e distribuzione di alimenti biologici; hanno vari progetti in fase di preparazione nei rami del metallo e del legno, la cui realizzazione è ancora dubbia.
In queste due città il gruppo degli attivisti non supera la decina.
Neustadt sembra essere l'unica città dove il "Progetto A" si sta sviluppando bene e più o meno come previsto, fors'anche meglio. Attualmente a Neustadt si sono federate tredici imprese economiche, una dozzina di iniziative politico-culturali, e 6-8 comunità di convivenza raggruppando circa ottanta adulti più i rispettivi bambini e circa 100-200 simpatizzanti.
Si è potuto disporre di vari edifici, comprati o ereditati, tra cui una fabbrica nel centro della città, dove si sta preparando un progetto multidimensionale. Il gruppo di Neustadt cresce costantemente.
A parte queste tre città, il "Progetto A" come corrente politica a livello nazionale continua ad esistere con i suoi incontri, gli spettacoli culturali e i circoli di dibattito.
Così l'impatto del libro e dell'idea del progetto tra la sinistra libertaria è stato notevole. Anche se non sempre si possono rilevare concretamente le influenze dirette ed indirette, il "Progetto A" continua a produrre a largo raggio le più svariate conseguenze, sia teoriche che pratiche. Inoltre in varie città tedesche ci sono gruppi di iniziative che cercano di avviare il progetto nelle loro località.

Traiettoria

Dopo più di dieci incontri nazionali nei quali ha preso forma la preparazione pratica e teorica del progetto, alla fine si è svolta nel luglio l988 una riunione per scegliere la città adeguata e iniziare la realizzazione concreta. Per varie ragioni, soprattutto di tipo geografico e pratico, i compagni non si sono potuti mettere d'accordo su una sola località, e così sono state scelte le tre città già menzionate.
A Leer e a Neustadt esistevano già nuclei di compagni, mentre Alsfeld era la città vergine. In una prima fase, a partire dall'autunno del 1988 alcuni militanti hanno iniziato a trasferirsi ad Alsfeld, mentre i gruppi delle altre due città cercavano di organizzare la loro crescita qualitativamente e quantitativamente. Fino ad oggi si può dire che ad Alsfeld, dopo una crescita iniziale, il gruppo ha subito divisioni e perdite; a Leer è stabile, mentre a Neustadt il progetto è in crescita e in sviluppo costante, dentro e fuori la città.
Dato che dal gennaio del 1990 (dopo nove mesi ad Alsfeld) vivo a Neustadt voglio limitarmi d'ora in poi alla situazione di questa città, perché mi può servire ad esempio, positivo e negativo, di sviluppo dell'idea del "Progetto A". Oltretutto le informazioni che posso dare su Neustadt si basano sulla mia esperienza quotidiana, mentre le informazioni sulle altre due città al momento sono indirette.

Neustadt / sviluppo

Dopo essersi messi in contatto con i coordinatori del "Progetto A", a Neustadt, una ventina di compagni si sono riuniti nel maggio 1988 per leggere e discutere il libro, e decidere di realizzare il progetto nella loro città. La base locale era costituita da quattro imprese "alternative" che avevano già vari anni di esperienza d'autogestione alle spalle. Così questo gruppo ha potuto contare fin dall'inizio su una certa maturità e una buona dose di pragmatismo evitando lo sviluppo di dogmatismi e la paralizzazione purista che il progetto subì ad Alsfeld.
Presto il gruppo ha iniziato a crescere con l'aumento delle persone e delle imprese coinvolte.
Quando si è presentata l'occasione di comprare un terreno in centro con una antica fabbrica di mobili è nata l'idea di stabilirvi l'"Okohof" un progetto misto con laboratori, negozi, bar, ristorante, abitazioni, spazio ricreativo e luoghi per i più piccoli. Questo progetto multiplo ha significato uno sforzo comune ed un legame unificante tra tutti i partecipanti. Per affrontare questa immensa opera che richiede un investimento totale di circa 1.700.000 marchi (circa un miliardo e 400 milioni di lire), nell'aprile del 1989 è stata fondata l'associazione "Wespe" sigla che significa: "opere di progetti e iniziative autogestite" e, contemporaneamente, con un gioco di parole, vuol dire vespa. "Wespe" si è costituita legalmente e funziona formalmente come associazione di utilità pubblica; in realtà è un collettivo libertario basato su principi di autogestione generalizzata.
I lavori nell'Okohof sono iniziati nell'autunno del 1989 e continueranno fino al termine del 1999. Intanto, alcune parti della fabbrica sono già in funzione, sono stati installati un negozio di prodotti ecologici, una falegnameria, un laboratorio d'impianti a energia alternativa, una cantina provvisoria e l'ufficio di Wespe. L'"Okohof" gode di una certa simpatia pubblica, poiché ha saputo difendersi con successo dalle trappole amministrative della giunta locale tramite una molto ben accorta campagna pubblicitaria a carico del gruppo di relazioni pubbliche del progetto. Nello stesso tempo l'"Okohof" è rapidamente diventato un luogo di incontri, attività e comunicazione per tutto il progetto, visto che si realizzano lì buona parte delle riunioni, delle feste e il lavoro di coordinamento.

Funzionamento

Il coordinamento e la comunicazione si realizzano tramite una riunione plenaria mensile, in cui si prendono tutte le decisioni col consenso unanime. Vari "consigli" come quello di finanziamento, amministrazione, coordinamento di opere, comunicazione interna, ecc..., assicurano la realizzazione delle decisioni e una preparazione adeguata delle plenarie, facilitando così i dibattiti fondamentali e le decisioni pratiche.
Una volta al mese si realizza un grande "buffet", che è un'enorme attrattiva per amici, simpatizzanti, visitatori e curiosi, dove oltre a mangiare si stabiliscono molteplici contatti. Il dibattito di tipo politico e strategico, che superano il confine tecnico-pragmatico delle plenarie, generalmente si realizzano in forma di riunioni notturne nelle diverse case o comunità, e son chiamati "feste politiche".
Due volte all'anno si realizza una "clausura", dove si discute sullo sviluppo del passato e si fissano i piani per il futuro a breve e medio termine.
Esistono due periodici per la comunicazione interna, uno attuale (Stichpunke, mensile) e l'altro retrospettivo (Kraftbruhe: semestrale) con cronologia, e documentazione, che assicurano la trasparenza del dibattito e dello sviluppo così come l'ampia diffusione delle notizie e informazioni.
Questa struttura "ufficiale" di comunicazione è completata da tutta una serie di incontri, cene, feste
e riunioni "private tra gruppi" comunità e nuclei spontanei. Si sono anche realizzate, con grande successo, feste pubbliche, in cui la Wespe si è potuta presentare a un vasto e interessato pubblico. Queste forme "non organizzate" hanno contribuito molto alla formazione di un sentimento comune nel progetto di Neustadt.

Horst Stowasser

Ökohof vuol dire...

...casa (o corte) ecologica. E' il progetto più grosso e conosciuto della Wespe. Vediamo come funziona.

Riorganizzazione

L'Ökohof per il momento si colloca nel punto cruciale della fase di riorganizzazione. Un anno fa, era troppo presto per poterne individuare lo sviluppo: innanzitutto bisognava ripulire, pianificare, corroborare un minimo la sostanza della cosa. Oltre a riparare il tetto e a sistemare le finestre abbiamo dovuto metter mano anche agli impianti, alle condutture, al consolidamento delle fondamenta, tutte cose che da fuori non si vedevano.
Nel frattempo si compivano con successo le prime separazioni strutturali. Tra queste, la messa in funzione del mercato delle competenze biologico-edili "Ökohaus Firnis" (giugno 1990), la fondazione della falegnameria "Holzwork", e della ditta di impianti elettrici "Wiese", che oltre a ciò si occupa anche di forme di energia alternative. Anche il WESPE-Büro, come gli uffici delle altre ditte, ha un proprio posto all'interno dell'Ökohof. E' stato portato a termine inoltre lo spazio di esercitazione per gruppi musicali nello scantinato.
Per realizzare tutto ciò, bisognava prima effettuare una serie di lavori: isolamento acustico, ricopertura del tetto, riparazione di finestre e porte, rinnovamento e pulitura della facciata, ristrutturazione interna, consolidamento dei muri, impianti, lavori di imbiancatura e decorazione interna.
Nel frattempo erano stati posti su tutto il terreno pozzi di smistamento e di smaltimento dei rifiuti e si era iniziata la ristrutturazione interna dei piani superiori negli edifici 1 e 2. Qui si trovano ora, come da progetto, gli spazi per le attività e per le abitazioni.
In gran parte questi lavori sono stati realizzati con forze proprie, vuoi da ditte WESPE, vuoi da volontariato autorganizzato. Dall'originario "collettivo di ricostruzione" sono nate due ditte autogestite, che hanno anche commissioni di lavoro esterne, oltre ad alcuni posti di lavoro liberi, temporaneamente limitati. Complessivamente finora, sul territorio dell'Ökohof ci sono circa 20 posti di lavoro nell'ambito dell'autogestione, e 3-4 posti di supplenza.
La successiva separazione strutturale comincia con la costruzione dell'edificio 4, dove troverà sede l'ambito gastronomico. L'iniziativa culturale e di taverna "Wespennest" (nido di vespe) ha impiantato nel parterre una locanda con osteria e ristorante, oltre a una birreria sul terreno comune. Al primo piano si trova lo spazio per le riunioni. Qui si svolge la pianificazione e nel marzo 199I, con una concessione, il consiglio comunale ne ha finalmente approvato il cambiamento di funzione. Poiché anche il finanziamento di questo sventramento della struttura è assicurato solo per metà (il "Wespennest" cerca continuamente nuovi finanziatori), il completamento di questo spazio importantissimo per la WESPE può essere previsto entro un anno circa.
Nell'ultima separazione è prevista l'inaugurazione dell'edificio 3, che ospiterà l'iniziativa "socio-sanitaria", e il completamento dei lavori sul terreno comune, dove troveranno posto un campo giochi per bambini, un prato, un pergolato e un giardino d'inverno. Nuovo è il gruppo "Kunst am Baun" che curerà l'aspetto estetico dell'Ökohof. Ci sarebbe anche l'idea di creare uno spazio per i bambini, ma non è ancora un progetto concreto.
Contiamo di terminare i lavori strutturali dell'Ökohof nei prossimi due anni. A quel punto il primo progetto autogestito di Neustadt, con aziende, iniziative e spazio per il tempo libero sarà pienamente funzionante.

Struttura

Con l'aumento delle persone impegnate si sono sviluppate anche le strutture organizzate e di comunicazione dell'Okohof .
Tutto ciò che riguarda l'Ökohof viene discusso durante l' "Hofrat", che si svolge ogni quattordici
giorni: dalle questioni interpersonali di carattere tecnico ed economico fino alle questioni organizzative quotidiane, questo plenum è il luogo delle discussioni e delle decisioni. Il "gruppo riorganizzazione" si incontra settimanalmente con i rappresentanti di tutte le ditte di Ökohof e supervisiona il coordinamento della riorganizzazione. Alle spalle del gruppo "Hosoh" (Kollektive Selbstorganisation im Ökohof - Autorganizzazione collettiva dell'Ökohof) vi è la squadra organizzata (per il momento quattro persone), il cui compito è di far sì che tutte le deliberazioni prese prima o poi vengano applicate: di sua competenza sono dunque tutte le questioni edilizie, di gestione dell'informazione e della loro trasparenza, la pianificazione economica e lavorativa, la contabilità, i rapporti con l'autorità e gli aspetti giuridici.
Naturalmente questi compiti non riguardano soltanto l'Ökohof, ma anche tutti i campi collegati nella rete della WESPE. Occasionalmente a espletare questi compiti danno una mano anche le aziende WESPE e singoli individui che non risiedono nell'Ökohof.

Funzione

In passato abbiamo visto che il grosso del nostro progetto globale, l'"Ökohof", svolgeva già una funzione importante per la WESPE. E' una delle pietre angolari e dei punti di svolta più amati di tutte le attività della WESPE: vi si incontrano i partecipanti, le persone interessate e le iniziative, vi si incrociano i visitatori, vi sono state fatte importanti esperienze in relazione alla gente e l'autogestione e, last but not least, è diventato il punto di partenza di tutti gli aderenti alla WESPE, di tutti gli amici e i curiosi: dall'estate del 1990 nello spazio provvisoriamente allestito per la
"Wespennest", una volta al mese viene organizzato un grande Buffet della colazione a cui partecipano fino a 150 persone, fra bambini e adulti.
Questo evento, insieme al plenum WESPE e alle bicchierate serali, è l'occasione più importante di divertimento, svago, informazione, conoscenza reciproca e scambio di idee.

Status quo

La "rete" di iniziative e ditte che costituisce la WESPE e direttamente o indirettamente fa parte dell'"Ökohof" nel frattempo si è andata ingrossando e in parte raggruppando. Oggigiorno si presenta così:
Iniziative partecipanti: Gruppo culturale e di taverna "Wespennest" - Progetto "Ökohof" - Iniziativa socio-sanitaria - Gruppo donne - Iniziativa ciclistica "Amici della bici" - AnArchiv/Max-Nettlau-Institut - Comunità Libertaria Lavoro-Ambiente e Comitato Inquinamento (LAUS) - Banda rock "Das lokale Pack" (Gentaglia locale) - Gruppo Media "pubblico" - Gruppo foto - Musica e artigianato - Ambiente-Tecnologia.
Ditte partecipanti: Libreria "Quodlibet" - Okohaus "Firnis" - Trasporti "Aus & Davon" - Atelier editoriale e di pubblicità "Die Letter" - Negozio di biciclette "pirad" - Costruzione di mobili in legno
"BAUM' - Negozio di anticaglie Gimmeldingen und Deidesheim - Restauro di mobili antichi "Firnis" - JPL Costruzioni laboratori - Lavori di falegnameria "Holzwork" - Impianti elettrici, energia solare "Wiese" - MSR - Tecniche di misurazione e di regolazione.
Tutte le ditte sopra elencate esistono e funzionano; non elenchiamo quelle ancora in fase di progetto o di preparazione. Fra le iniziative per il momento qualcuna esiste ancora in modo informale, come proposta per le persone interessate, in quanto coloro che intendono mandare avanti questi gruppi nel frattempo sono ancora molto impegnati con le loro ditte, per esempio nel lavoro di ricostruzione. Anche in questo caso, le iniziative che non hanno ancora raggiunto un buon grado di concretezza non sono riportate.
A queste ditte e a questi gruppi vanno aggiunte alcune famiglie e alcune comuni, strettamente legate, sia pure a livello differente, alla WESPE, nelle quali comincia a svilupparsi ne la vita di tutti i giorni un accenno non meno importante della nostra cultura libertaria quotidiana . Complessivamente per il momento del "mondo WESPE" fanno parte un'ottantina di adulti; a Neustadt il progetto può contare inoltre 100-200 simpatizzanti interessati.

Problemi

Ma la realizzazione di un progetto come questo naturalmente non è immune da problemi, crisi e contrasti.
Un punto sempre dolente sono i soldi. Bisognava intanto comperare il terreno e fondare l'associazione.
Nell'insieme tuttavia si può dire che la nostra copertura finanziaria è scarsa ma solida, anche il calcolo dei costi si è rivelato complessivamente realistico.
Avremmo scoperto ben presto che la parte preponderante dei nostri compiti consiste nell'autofinanziamento: con depositi bancari, con il nostro stesso lavoro e con la riscossione dell'affitto. La falle più grosse provocate dalle ristrutturazioni normalmente vengono sanate grazie alla solidarietà attiva degli amici e dei simpatizzanti. Qui vi sono essenzialmente due possibilità, che si concretizzano in una strettissima collaborazione con la GLS-Bank ("Geben, Leihen, Schenken": Dare, Prestare, Regalare): nella "comunità del prestito" si trovano riuniti amici e promotori del progetto, i quali garantiscono un piccolo credito mensile, che mettono a disposizione del progetto nella forma di un grosso prestito. I contributi mensili possono essere fatti all'associazione WESPE come prestiti o come doni, a scelta. Il "conto di risparmio WESPE" offre così l'opportunità di sostenere il progetto senza impiego diretto di capitali; il maggior numero possibile di simpatizzanti potrà dunque aprire il proprio conto, invece che presso una banca "normale", alla GLS, la cui "filosofia di gestione" non è il profitto, ma l'avanzamento del progetto. Sulle due forme di sostenimento vi sono appositi opuscoli informativi.
Il finanziamento di non facile soluzione è quello del sovraccarico al quale sono soggetti gruppi e persone, peraltro sempre più numerosi. In tal senso, determinante è l'inserimento massiccio di forze lavorative, l'impegno finanziario e l'idealismo. Anche se spesso i progressi e la gioia per quanto realizzato ripaga della stanchezza e delle frustrazioni, qua e là ci capita di arrivare ai limiti delle nostre possibilità. Qualcosa potrebbe essere migliorato con un'organizzazione più efficace, e l'aumento dell'esperienza di lavoro contribuisce non poco all'andamento delle cose, ma ci sono ancora sufficienti punti di attrito, su cui ultimamente troviamo sollievo soltanto con la speranza che questo eccesso di lavoro termini in un prossimo futuro.
Altri problemi sono stati generati dalla crescita sorprendentemente rapida della WESPE, soprattutto nel campo della comunicazione e dell'amministrazione. I più grossi, nati dalla difficoltà di gestione delle informazioni fra così tanti aderenti, sono stati già soddisfacentemente risolti con due bollettini interni, con l'ufficio WESPE e con i vari appuntamenti e riunioni di ogni tipo. Il sempre maggiore lavoro di gestione per il momento viene espletato in comune da quattro membri; l'associazione continua a cercare personale qualificato, esperto e politicamente motivato, da stipendiare per occupare una posizione di coordinamento del lavoro.

La parola ai wespisti

A colloquio con Gianpaolo Silvestri e Horst Stowasser, due membri della Wespe.

Annalisa - Vorrei, Horst, chiederti di spiegare brevemente le connessioni che ci sono state tra il "Progetto A" e la sua realizzazione a Neustadt e il rapporto che c'è adesso tra uno e l'altro.

Horst - Secondo la mia interpretazione il "Progetto A" è un libro con una determinata idea. Nel migliore dei casi l'idea è un impulso per fare qualcosa nella vita reale. Quando è nata WESPE (io non abitavo ancora qui) il libro è stato un impulso per alcune persone che già svolgevano un'attività qui a Neustadt ad entrare in un dibattito e a maturare l'idea del progetto. WESPE si basa su alcuni concetti espressi nel mio libro, però non è il "Progetto A", ben definito nella teoria.

Annalisa - Paolo, tu eri tra le persone che hanno iniziato?

Paolo - Io ho abitato qui per un anno e mezzo quattordici anni fa poi sono ritornato quattro anni fa circa: ero qui quando si iniziava a parlare e ad organizzarci, conoscevo già molta gente, poiché ho continuato a mantenere i contatti anche durante il mio periodo di assenza. E' iniziato così: ci siamo incontrati qui a Neustadt tra persone che avevano in mente di realizzare qualche cosa di concreto e abbiamo iniziato a parlare del "Progetto A"; per un anno, un anno e mezzo, si è continuato a discutere sulla base teorica del progetto fino a che è venuta l'idea di realizzarlo qui a Neustadt, sebbene la città prescelta nella decisione finale fosse un'altra.

Annalisa - Quale?

Paolo - Alsfeld. La scelta di rimanere a Neustadt fu presa poiché molti di noi erano tornati per realizzare qualcosa nella propria città ed altri non volevano abbandonare il loro lavoro già avviato. La cosa ha funzionato e dopo poco tempo c'è stata la possibilità di comprare una ex fabbrica (diventata poi l'Ökohof, ndr) del centro cittadino...

Annalisa - In che anni siamo?

Paolo - All'inizio dell'ottantanove abbiamo fatto questo primo incontro ufficiale per capire chi effettivamente voleva darsi da fare nella realizzazione del progetto.

Alberto - WESPE è nata come progetto dichiaratamente anarchico?

Paolo - Ci siamo posti fin dall'inizio questo problema, cioè il rapporto tra anarchia e la gente che
faceva parte del progetto e ci è stato subito chiaro che in una piccola città come Neustadt sarebbe
stato impossibile trovare una risposta politica adeguata. Inoltre neanche noi eravamo tutti d'accordo su questo punto: molti non si dichiaravano anarchici e in generale non si voleva ricreare un ghetto anarchico, cioè non ci si voleva isolare.

Horst - Il fatto che la maggior parte dei fondatori non fosse anarchica, che non avesse un'esperienza politica alle spalle, mi sembra uno dei segreti per cui il progetto funziona, perché quando ci sono troppi anarchici (come ad Alsfeld) è molto più difficile. La vera forza è la base pratica. Io, per esempio, come anarchico, devo sottomettere le mie idee alla prova pratica, che per me è un'esperienza fondamentale, un'avventura interessante, perché è qualcosa di concreto mentre il resto è teoria. Il nostro modo di vivere è libertario nella pratica, ogni ulteriore definizione non ci interessa. Piuttosto il problema lo vedo all'incontrario; ci può essere gente che si sente strumentalizzata da
un'élite politica, per esempio da quelli che si occupano del centro documentazione o della pubblicità, per questo bisogna dimostrare la massima trasparenza, non dire in nome del progetto cose che non hanno il consenso di tutti.

Paolo - Quello che si può chiamare problema politico io 1o riporto direttamente al fatto che fino a quando eravamo un gruppo di persone abbastanza limitato e che aveva avuto il tempo di conoscersi, sapevamo quale linea seguire in ogni circostanza. Da quando il gruppo è aumentato considerevolmente la difficoltà nel mantenere stretti contatti tra
di noi ha creato un frazionamento in gruppi e l'impossibilità di sostenere un discorso collettivo, nonostante rimangano chiari e condivisi i principi di base.

Annalisa - Parliamo del presente: io immagino che lo scopo principale di questo progetto sia di aggiungere una migliore qualità di vita, pur rimanendo in stretto contatto con la realtà esterna. Cioè dovrebbe essere un esempio e non un'isola felice. Vi sono stati dei miglioramenti effettivi?

Paolo - I miglioramenti secondo me sono tantissimi; dopo vari tentativi precedenti, a cui ho partecipato, che sono falliti, finalmente posso parlare di risultati concreti; il fatto di riuscire a vivere e lavorare insieme ad altre persone con cui condividi un progetto è già un risultato enorme e lo si capisce giorno per giorno... anche se è impossibile, ovviamente, eliminare alcuni aspetti problematici. Per esempio vivere in comunità significa da un lato una equa condivisione dei doveri e un reciproco appoggio, dall'altro confrontarsi con diversi modi di vivere scontrandosi spesso con abitudini e situazioni personali diverse.

Horst- volevo intervenire con alcune esperienze a proposito del miglioramento della qualità della vita: io abito nel centro città in una casa quasi di lusso che non potrei permettermi da solo, abito con altra gente, ho di che mangiare ogni giorno (di ottima qualità!) e mi occupo una sola volta alla settimana di cucina e pulizia. Non è necessario che ognuno possegga una macchina, possiamo utilizzarne una in tanti; se devo trasportare qualcosa utilizzo il servizio trasporti di WESPE; se ho bisogno di costruire qualcosa in legno posso utilizzare la nostra falegnameria...
Dal punto di vista economico ciascuno guadagna mille marchi circa al mese, in realtà facendo il calcolo di tutti i servizi gratuiti che offre il progetto, si raggiunge un salario "reale" molto maggiore. Nonostante ciò penso che non si possa dire "abbiamo una struttura autogestita e libertaria, quindi la vita è perfetta". Non è vero. Un aspetto che è sentito negativamente e talvolta si trasforma in tragedia, è quello legato alla sfera sentimentale. Problemi di tipo emotivo (gelosie, incomprensioni, rivalità...) sorgono dall'instaurarsi di stretti rapporti tra i conviventi all'interno delle comunità. Inoltre è necessario spesso sacrificare gran parte del proprio tempo libero per partecipare alle riunioni, per svolgere lavoro volontario nell'Ökohof: tutto questo è stancante. Anche l'autogestione è una scelta bellissima però prima dobbiamo superare le difficoltà iniziali dovute all'apprendimento di una attività professionale. Aspetti positivi e negativi alla fine si bilanciano, altrimenti non mi spiegherei perché la gente rimane nel progetto.

Dario - In particolare l'autogestione come è articolata, come funziona?

Paolo- Per noi è fondamentale mantenere innanzitutto l'autonomia delle singole iniziative. Non chiediamo ad alcun gruppo di attenersi ad una specifica teoria, per cui anche la pratica dell'autogestione è risolta in maniera differente tra un gruppo e l'altro. Personalmente ho notato, nei gruppi che hanno cominciato a lavorare a Neustadt, l'importanza data alla rotazione nei compiti. Autogestione significa principalmente tutti in grado di svolgere qualsiasi mansione; solo alcuni gruppi sono riusciti a realizzarla, in quanto bisogna scontrarsi anche con la realtà del mercato e vivere questo tipo di gestione significa spesso non essere "concorrenziali".

Annalisa - Perché?

Paolo - Perché la tendenza ad eliminare la specializzazione e la settorialità nel lavoro comporta, in qualche modo, una perdita di efficienza. Oramai ciascun collettivo ha trovato un proprio equilibrio
interno, arrivando ad una situazione intermedia ottimale. Autogestione significa per tutti i gruppi essere partecipi a qualsiasi decisione oltre ad avere la conoscenza dei fondamentali processi produttivi ed amministrativi; naturalmente senza delega.

Horst - Tramite la mia esperienza qui a Neustadt ho potuto constatare che applicare ciecamente la teoria di eguaglianza e rotazione nel lavoro è una scelta limitante e controproducente, perché ostacola l'andamento delle attività produttive. Per me è fondamentale la trasparenza e la fiducia reciproca che ho riscontrato all'interno dei vari gruppi.

Annalisa - un altro aspetto basilare è il salario uguale per tutti.

Paolo - In realtà il salario è definito da ogni collettivo in base alle esigenze di ciascun individuo; si cerca di valutare i problemi personali caso per caso. Sapendo esattamente quanti soldi ci sono (cosa facile in collettivi autogestiti), si tratta soltanto di dividerli in maniera equa.

Alberto - E questo viene accettato tranquillamente?

Paolo - In genere le controversie che ne nascono sono facilmente risolvibili.

Horst - La prospettiva comune è di trovare dei modelli economici ancora più libertari e fare i primi passi verso un'economia più solidaristica fra le ditte.

Dario - Di che dimensione sono i collettivi?

Paolo - In genere i nostri sono abbastanza piccoli, il più grande è quello cultural-gastronomico siamo in quindici.

Horst - Quando c'è un gruppo troppo grande con anche l'intenzione di convivere, spesso si impone una visione anarco-bolscevica, ossia la soppressione dell'individualità, dell'indipendenza. C'è un certo terrorismo ideologico, che ho visto in tanti progetti comunitari in Germania, nel dire "dobbiamo essere tutti uguali". La collettivizzazione deve essere volontaria, non forzata. Nel nostro progetto le scelte ideologiche sono volontarie e individuali, come ad esempio l'abolizione della proprietà privata o la partecipazione al Plenum. Se alle iniziative proposte non c'è una sufficiente partecipazione, dobbiamo cercare di cambiare le stesse iniziative e non fare pressione perché la gente partecipi.

Annalisa - Cioè questo vuol dire modellare la teoria sull'esperienza e non viceversa.

Horst - Sì,mi sembra che questo sia il funzionamento della WESPE: non c'è un'ideologia dominante che regola l'agire collettivo. Credo che non siamo gli unici all'interno del movimento anarchico che cercano di rompere con le vecchie strutture dogmatiche.

Annalisa - Come prendete le decisioni che interessano l'intera collettività?

Paolo - Le decisioni vengono prese con lo stesso principio sia nei piccoli collettivi che nella riunione plenaria. In genere si parla prima tra piccoli gruppi e si arriva a proposte che costituiranno poi il tema di discussione collettiva. Bisogna che siano tutti d'accordo per poter prendere una decisione.

Annalisa - Non esistono votazioni, quindi?

Paolo - No, neanche in assemblea.

Horst - Mi sembra importante dire che ciò non è stato teoricamente stabilito in precedenza. La gente ha sempre voluto evitare le votazioni e fino ad ora ciò è stato possibile.

Alberto - Quindi raggiungete sempre l'unanimità?

Paolo - Non sempre, ma le piccole divergenze che si sono presentate fino ad ora sono state risolte tramite discussione. Esiste ed è applicato volontariamente il diritto di veto: chiunque può opporsi ad una decisione rimettendola in discussione.

Dario - Mi sembra che voi all'inizio vi foste preoccupati di organizzare una risposta adeguata ad una eventuale reazione negativa esterna al vostro progetto. Si è rivelato necessario?

Paolo - Io credo che ci sia bisogno sempre di persone che stiano sulla difensiva. Ci sono dei pericoli effettivi in una piccola città come Neustadt (circa cinquantamila abitanti, ndr), come essere messi al muro in quanto anarchici, sia dalla gente che dalle autorità. Per questo non ci dichiariamo apertamente anarchici, ma ci facciamo conoscere attraverso il nostro lavoro. Altri tipi di pericoli sono dipendenti dall'ondata di estremismo di destra che sta rinascendo in Germania.

Dario - Comunque la reazione esterna è stata migliore di quella prevista, vero?

Paolo - Sì, anche perché all'inizio abbiamo pubblicizzato moltissimo le attività economiche anche attraverso inserzioni sui giornali, per vincere la diffidenza della gente. Ora siamo molto conosciuti, e questo ci consente di avere una certa credibilità sia da parte della gente comune che dell'amministrazione comunale. Grande effetto in questo senso hanno avuto i contatti diretti con la popolazione che abbiamo instaurato tramite iniziative come l'Assemblea pubblica e le domeniche "porte aperte" all'Ökohof.

Alberto -Che rapporto avete con le istituzioni?

Paolo - A volte ci siamo trovati davanti alla scelta tra non riconoscere le istituzioni e avere rapporti con esse. È un problema serio, i rischi sono enormi. Se noi avessimo optato per una scelta estrema, probabilmente non avremmo comprato bensì occupato la ex fabbrica e in questo momento probabilmente non saremmo più qui. Siamo dovuti scendere ad un certo tipo di compromessi, questo è fuori di dubbio. Noi non riconosciamo in toto la validità delle istituzioni e da questo derivano iniziative come l'assemblea popolare o il contatto diretto con la popolazione, cose che speriamo diventino un'arma per noi.

Dario - Visto che vi definite libertari e che mantenete i principi base quali il mutuo appoggio, l'autogestione, l'assenza di gerarchia, l'ecologia... quali di questi aspetti hanno avuto il miglior impatto sulla popolazione, quali una funzione provocatoria?

Horst - In questo momento mi sembra che l'ecologia sia un messaggio molto importante da tutti i punti di vista. Ogni nostra attività è collegata al discorso ecologico, sia per i materiali che utilizziamo, sia per i prodotti che vendiamo. Non la consideriamo una mossa tattica, ma una esigenza etica della maggior parte di noi. Semplificando si potrebbe dire che WESPE è libertario ed ecologico: due aspetti ugualmente importanti che ci differenziano da molti altri progetti politici. Per quanto riguarda il concetto dell'autogestione devo dire che è stato meno condiviso, anche se ha destato una certa curiosità.

Alberto - Quanta importanza date all'aspetto esteriore delle vostre attività commerciali?

Paolo - Sicuramente molta; è stato importante in questo senso esserci appoggiati a ditte che già esistevano e avevano una buona immagine e clientela. Non dimentichiamoci che Neustadt è una cittadina dove tutti si conoscono: questo facilita molto.

Horst - Volevo aggiungere, a questo proposito, che il nostro obbiettivo non è di provocare bensì di proporre un'alternativa accessibile a tutti.

Alberto - Qual'è la situazione attuale della WESPE, quali i progetti per il futuro?

Paolo - In questo momento siamo in una fase di stasi voluta, per risolvere una serie di problemi interni legati ai rapporti interpersonali ed economici. Per adesso, quindi, non siamo in grado di accogliere persone che non abbiano una solida base professionale. Dopo una fase di veloce crescita in questi primi anni, abbiamo il bisogno di rafforzarci all'interno per poi passare ad una nuova fase di espansione. Credo che l'obiettivo principale in questo momento sia di concludere i lavori all'Ökohof.

Horst - Una cosa che io mi auguro e che in parte ho già riscontrato nella WESPE è che le persone che vi partecipano operino una scelta a lungo termine e globale, piuttosto che come parentesi momentanea di vita. Inoltre spero che questo dossier, insieme a qualsiasi tipo di divulgazione del nostro tentativo, contribuisca a dare uno stimolo per la realizzazione di qualche nuovo progetto in Italia o altrove, nella speranza che si crei finalmente una rete internazionale di piccoli progetti "rivoluzionari".

a cura di Anna Bertolo, Alberto Mauro e Dario Sabbadini

Intervista a Cristiana, giovane donna della WESPE

Abbiamo saputo che esiste un gruppo donne all'interno del progetto.

Sì, ci incontriamo una volta al mese. Siamo circa una quindicina e fin'ora abbiamo cercato di utilizzare questo spazio per conoscerci meglio.

Avete un progetto, delle finalità precise?

Prima di tutto vorremmo chiarire che parte hanno le donne nella WESPE, perché in molte attività, come i negozi, le ditte e altre iniziative ci sono meno donne che uomini; e poi capire cosa davvero comporta avere dei bambini, capire quale sia, se c'è, in questo nuovo progetto, un reale salto di qualità nell'intendere la libertà delle donne.

Quindi anche all'interno del vostro progetto si ripropongono i soliti problemi legati al ruolo della donna...

Sì, per certi versi, per altri ammetto che ci siano stati dei miglioramenti reali.

Quali per esempio?

Per esempio il fatto di vivere in comunità comporta numerosi vantaggi per una madre, legati soprattutto alla distribuzione delle mansioni domestiche tra tutti i membri del gruppo (pulizia della casa, spesa, cucina) e alla possibilità di contare sulla collaborazione nella cura dei bimbi.

Come funziona la divisione dei turni a casa?

Nella mia comunità di convivenza ci siamo organizzati in modo tale che ogni giorno della settimana uno di noi rimanga a casa.

Quindi per una giornata questa persona non lavora?

Sì. Per chi lavora all'interno della Wespe è previsto che la giornata in casa venga retribuita come giornata lavorativa. Più difficile è il discorso per chi lavora all'esterno.

Avete in progetto un centro educativo per i bambini?

Fino ad ora non ha avuto successo. All'inizio io e altre persone tra le quali assistenti sociali e psicologi ci siamo incontrati per realizzare questa idea, però ci sono stati grandi problemi per il finanziamento e le persone si dichiarano disponibili solo una volta pronto l'edificio. E quindi questo è rimasto uno dei tanti progetti che aspettano di essere realizzati in futuro.

Il gruppo donne è esclusivamente limitato alle donne?

Sì, a noi sembra una cosa logica, ma non per tutti è così.

Avete sentito la necessità di dare una spiegazione a quelli cui non sembrava logica l'esistenza del vostro gruppo?

Abbiamo discusso parecchio, anche perché un ragazzo si era accanito nell'esprimere la sua contrarietà.

Per quali motivi?

Noi siamo convinte dell'importanza di stare tra donne, aver tempo di parlare di cose che ci riguardano in un modo che ci è proprio e che sarebbe senz'altro diverso se partecipassero anche gli uomini. Lui invece sosteneva di poter avere lo stesso livello di comunicazione e di poter partecipare senza problemi.

E tra di voi eravate tutte d'accordo su questo punto?

Sì.

Le critiche di questo ragazzo sono rimaste isolate o altri le hanno sostenute?

Sono rimaste isolate perché non abbiamo neanche provato a metterle in discussione.

Ti sembra che la reazione del resto degli uomini sia sintomo di indifferenza e disinteresse oppure di consenso?

Più che altro di disinteresse: mi capita raramente che un uomo mi chieda: "che cosa avete fatto e di che cosa avete parlato". Anche nel caso di questo ragazzo se per lui fosse stata una questione di grande importanza avrebbe insistito nella discussione e l'avrebbe portata al plenum.