Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 3 nr. 18
febbraio 1973


Rivista Anarchica Online

L'assurdo mito di Peròn
di Luisito

C'è una pianta, l'"ayahuasca", che, provocando uno stato di schizofrenia temporanea, porta alla luce parte dell'inconscio dell'individuo, e a questo scopo è stata usata in medicina psichica. Ugualmente Juan Domingo Peròn, "el chueco", il vecchio arnese che ha dilapidato le fortune di un Paese, l'Argentina, che dopo la guerra mondiale aveva i corridoi della Banca Centrale stracolmi di lingotti d'oro (usava i corridoi perché le stanze erano tutte piene zeppe), serve ora da miccia per fare esplodere la rivolta popolare contro il regime della spazzatura militaresca. I Lanusse, i Gnavi, i Rey, i Levingston (quest'ultimo, anche se ufficialmente estromesso, ha sempre i suoi poteri, sia pur limitati) sono terrorizzati.
Le "villas miserias", le immense periferie urbane dove vivono in condizioni miserabili milioni di poveri, stanno ribollendo. Parrebbe che alla radice di tutto ci sia lui, Peròn. E ci si chiede (da parte degli intellettuali, preoccupati, e, come al solito, abituati a lavorare secondo schemi) come milioni di diseredati possano invocare un uomo che, quando era al potere, nel momento dell'inizio della crisi economica, sperperò le ultime riserve auree per costruire una "ciudad de los niños" di marmi pregiati, in riva al mare, città mostruosa che mai venne popolata da alcun bambino. Di un uomo che costrinse, attraverso la violenza e le minacce, tutto un popolo a partecipare al grottesco omaggio alla salma della sua defunta signora, Eva Duarte de Peròn, la "santa Evita".

Tragica buffonata

Ricordo ancora (e pensandoci arrossisco per lui, per Peròn, per la sua arrogante idiozia) le file di gente di tutti i ceti che sfilavano davanti alla salma di Evita, in una bara col coperchio di vetro, nella hall del piano-terra della Centrale Sindacale, guardata da armati, magari gli stessi fanatici nazifascisti che avevano mitragliato la folla che inneggiava alla liberazione di Parigi durante la guerra. Ricordo l'uomo con un panno imbevuto d'alcool che puliva il punto del vetro sul quale si era poggiato il labbro di ogni componente della lunga fila. Un bacio svelto e disgustato, come quelli che si danno alle vecchie zie coi porri, poi la passata di alcool: avanti un altro!
Peròn era questa buffonata. E non solo questo. C'era di peggio: la sopraffazione, le botte, la galera, gli assassinii. Lo sfacelo economico che cominciava. E come si fa, ora, ad inneggiare a Peròn, si chiedono tutti. Bisogna andare a cercare nel passato e nel presente.
L'Argentina visse un lunghissimo "boom" economico che, partito lento, divenne sempre più accelerato, dalla fine del secolo scorso alla prima guerra mondiale. Il "boom" coincise con il definitivo sterminio degli indios delle pampas e della Patagonia, con la cacciata nelle foreste di quelli dell'estremo nord, con la grande immigrazione europea (soprattutto italiana, ebraica e galiziana) e con la fine dei governi conservatori di signorotti di campagna, "los hombres de a caballo". Il partito radicale vinceva le elezioni, il clima politico era piuttosto liberale, senz'altro migliore, all'epoca, di quello degli U.S.A. e delle maggiori nazioni europee.

Socialisti e anarchici

I grandi sindacati erano cresciuti via via che si affermavano le industrie della trasformazione, conservazione e inscatolamento della carne, l'edilizia, i trasporti. Socialisti ed anarchici (CGT e FORA) dominavano incontrastati tra le masse proletarie, anche sotto la spinta dell'immigrazione dall'Europa di molti elementi politicizzati, fuggiti lì proprio per sfuggire alle persecuzioni. Molti dei grandi anarchici europei vi soggiornarono: da Malatesta a Fabbri (una figlia di questi, Luce Fabbri de Cressatti, vive ancora a Montevideo, in Uruguay) da Gori a Durruti, da Ascaso ad Abad de Santillán.
La prima guerra mondiale accentuò il "boom" argentino e l'affermazione radicale: ora questo partito rappresentava chiaramente gli interessi della nuova borghesia industriale. La vecchia "aristocracia" terriera deperiva via via che la nuova si arricchiva. Di elementi dei "terratenientes", in posti di potere, ne erano rimasti soltanto nell'esercito; dal governo e dal sottogoverno erano spariti. L'opinione pubblica andava via via disprezzando sempre più la nuova classe dirigente radicale, corrotta e rozza quanto la precedente conservatrice. Quando i governi radicali si dimostrarono incapaci di spezzare le lotte sindacali, verso la fine degli anni '20, all'inizio della grande crisi economica mondiale, l'esercito intervenne.

I militari al governo

Intenzione dei generali era quella di dar vita a normali governi conservatori o misti. Ma la situazione era precipitata. Si lottava per le strade. L'anarchico italiano Severino Di Giovanni e i suoi compagni assalivano la polizia scopertamente, ammazzavano i delatori. Il proletariato non si accontentava di promesse, ma gli U.S.A., che avevano iniziato una vasta penetrazione economica, volevano la "pace sociale". I militari dovettero assumere in proprio il governo.
Il governo Justo e quello Uriburo (entrambi generali) non furono certo teneri. Pena di morte (fucilarono Severino Di Giovanni, dopo giorni di torture: i giornalisti che assistettero all'esecuzione scrissero: "È morto come sognerebbe di morire un generale sul campo di battaglia"). "Sovversivi" appesi per i genitali legati con fil di ferro ai soffitti dei commissariati. Donne sospettate di fare da "staffette" ai ribelli, violentate con pezzi di ferro incandescenti. Bambini torturati a morte per far "cantare" i genitori. Fu l'esercito argentino, allora, ad inventare la tortura con la corrente elettrica.
Intanto la crisi economica continuava. Gli scioperi e le manifestazioni venivano "trattati" con le mitragliatrici. In Argentina questo periodo viene chiamato "década infame", (il decennio infame). Quando, alla fine circa degli anni '30, tornò un barlume di "democrazia", l'Argentina era rovinata. Non economicamente, ma nel suo tessuto connettivo sociale. Restavano odi e paure, diffidenza e miseria intellettuale, provincialismo e isolamento, qualunquismo e apoliticismo.
L'impegno politico era costato tanto che pareva che il proletariato ne rifuggisse. Non erano anni belli. Erano gli anni del trionfo di Mussolini e Hitler, degli altri fascismi europei, dell'imperialismo economico U.S.A. che si espandeva sotto l'ala del socialdemocratismo interno di Roosevelt, il movimento operaio sembrava totalmente conquistato allo stalinismo. L'Argentina si trascinò, ancora sotto i militari.
Questa volta erano meno "duri", meno bestiali. Peròn era uno di loro. Preso il ministero del lavoro cominciò un'operazione di rara abilità. Dopo quindici anni di repressione e calci nel sedere padronali, gli operai argentini si videro concedere assegni familiari e mutua malattie, diritto di sciopero e assistenza parto, conservazione del posto per il servizio militare, aumenti considerevoli dei salari e introduzione di ispezioni per la salubrità dei luoghi di lavoro. Tutto questo piano piano, mese dopo mese. I colleghi di Peròn cercarono di fregarlo, ma non poterono truccare a suo danno le elezioni successive: "el chueco" era uno di loro, aveva il suo seguito tra le spalline di varie caste.

Plebiscito per Peròn

Juan Domingo ottenne un plebiscito. Reggendosi sulle masse proletarie urbane, sui sottoproletari (conquistati con distribuzioni gratuite di beni vari, con l'azione accurata di sottogoverno, con la propaganda di sua moglie Evita) e sugli aspetti deteriori dei piccoli borghesi (riaprì per loro i casini, prima aboliti) e sul senso anticlericale popolare (concesse il divorzio) Peròn arrivò fino al '55.
Aveva contro l'"aristocracia" terriera che aveva umiliato in ogni modo (fece arrestare, una notte, dalla polizia, schedare e visitare alla clinica dermosifilopatica le donne dei "terratenientes", trovate, a notte alta, coi loro mariti, o padri, o fratelli, nei clubs di lusso di Buenos Aires) e i cui profitti aveva colpito. Aveva contro la borghesia industriale, legata al partito radicale e impressionata dalla "arrogancia" delle masse proletarie. Aveva contro i contadini che aveva sempre ignorati e sfruttati. Aveva contro la chiesa, alla quale aveva tolto molti beni (oltre ad averla colpita "spiritualmente" con la faccenda dei casini e del divorzio). Aveva contro gli U.S.A. e gli inglesi, ai quali non aveva concesso il diritto pieno di sfruttamento dei giacimenti petroliferi e auriferi della Patagonia.
Fuori dall'Argentina, non aveva alcuno dalla sua parte. L'U.R.S.S. ancora non aveva scoperto che i giochi del tipo di Peròn potevano farle comodo, potevano venir sfruttati nella sua lotta mondiale per la supremazia imperialista. Qualche anno dopo lo scoprirà, lo chiamerà "nasserismo" e lo benedirà ufficialmente, continua a benedirlo con alterne vicende, ancora. Ma allora si opponeva a Peròn.

L'esilio e il mito

Ancora una volta i "terratenientes" scatenarono la loro arma: i miliardi. Con l'appoggio scoperto U.S.A. e inglese, i militari attaccarono Peròn. Fallirono per una insurrezione dei "descamisados". Non fallirono pochi mesi dopo. Peròn se ne andò via in un modo un po' ridicolo: pareva screditato; finito. Ma, si sa, i militari riescono sempre nell'impossibile. Rojas, Leonardi e Aramburo vollero fare i "duri". Il radicale Frondizi, che succedette, organizzò un sottogoverno alla democristiana che disgustò tutti. Poi ancora militari, poi Illía, poi Oganía, poi Levingston, poi Lanusse. Generali, generali, ammiragli ecc. ecc.
L'economia è andata completamente a rotoli. L'Argentina è socialmente un disastro. Ira sorda, che esplode a tratti. Ogni tanto ribellioni domate nel sangue, scioperi generali, "guerrilleros" in città e in montagna. Ma a quale ideologia possono rifarsi i ribelli? A un socialismo o a un anarchismo che ben pochi conoscono? Sì, alcuni. Ad alcune delle varie ortodossie o eresie marxiste-leniniste? Sì, alcuni sparutissimi gruppetti.
Ma la massima parte del popolo chi ha conosciuto, chi conosce, di chi gli hanno parlato padri, madri, zii o fratelli maggiori? L'unico è Peròn. "All'epoca sua ci aumentavano i salari". "Quando c'era lui si mangiava carne tutti i giorni". "Quando Peròn ed Evita ci proteggevano, i ricchi non ci opprimevano". Ecco quindi, miserabile e terribile, grande e assurda, l'immensa folla che applaude Peròn di ritorno.
E di lui non sa nulla, sa solo che, invocando il suo nome, vuole giustizia e libertà.

Luisito