Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 3 nr. 18
febbraio 1973


Rivista Anarchica Online

Economia e potere nell'Europa della C.E.E.
del Gruppo Autogestione Bologna

Poiché il risultato politico che ci siamo proposti, con la pubblicazione di questo studio, è quello di aprire una discussione sui temi dell'internazionalismo rivoluzionario anarchico fra tutti i compagni, crediamo sia valido che siate voi ad aprire la discussione eventualmente con una nota politica redazionale.
Per noi sarebbe interessante discutere sulla dinamica dei rapporti tra strutture sindacali, burocrazia statale, tecnocrazia delle società per azioni. In particolare si può proporre all'approfondimento il fatto che la mediazione avviene a livello di strutture verticali e solo tra di esse (sindacato, stato, S.p.A.).
Gruppo AUTOGESTIONE di Bologna

Prendiamo atto della volontà degli estensori di questo articolo di non esplicitare un'interpretazione dei dati economici da essi raccolti, limitando il loro intervento alla scelta ed alla presentazione degli stessi (il che presuppone naturalmente un'ipotesi di lavoro, cioè un'interpretazione). Essi non hanno voluto sviluppare apertamente e dettagliatamente tale ipotesi forse per lasciare maggiore spazio ad una discussione fatta di contribuzioni creative e forse anche perché essi stessi hanno appena iniziato un lavoro in tale senso. Un lavoro che, per quanto possiamo capire, in questo studio e nella sua prosecuzione è teso a ricercare attraverso le cifre ed al di là di esse la natura dei rapporti tra economia e potere, indicando come essi non siano univoci (secondo l'impostazione marxista-economicista) cioè di tipo strutturale-sovrastrutturale, ma come anzi si possa identificare una derivazione sociale delle vicende economiche essenziali.
la Redazione

Nell'impostare questo articolo crediamo più valido e corretto scartare subito l'uso di un metodo storico deduttivo tipico dei teorici marxisti per orientarci su di un metodo induttivo su dati di fatto. In altre parole questo lavoro non è in nessun caso un'analisi ma piuttosto può essere definito come una ricerca delle relazioni e dei rapporti tra dati economici e realtà politica. In questo modo pensiamo di fare una precisa scelta: un tipo di discorso sul concreto che è proprio del movimento proletario.

la comunità economica europea

Dai dati O.C.S.E. riportati nella tab.1, si ricava che la C.E.E. a sei era l'entità economica con il maggior volume di scambi ed era al secondo posto dopo gli U.S.A. come prodotto nazionale lordo (tenuto conto anche di quello dell'U.R.S.S.); possedeva inoltre il secondo P.N.L. pro capite nel mondo. Tutto ciò fino a pochi mesi fa. All'interno di questa situazione apparentemente esaltante si può verificare che la struttura dell'occupazione percentuale rispetto al totale della popolazione nei singoli paesi ha caratteristiche opposte: infatti dai dati ICSO relativi agli anni 1960 e 1970 si vede bene che l'occupazione decresce dal 42,9% al 41,3% in Francia, dal 47,1% al 44,1% in Germania, dal 41,1% al 36,1% in Italia e in misura lievemente minore negli altri paesi europei. È da tener presente che questi dati sono sicuramente inferiori alla realtà, in quanto 1°) non tengono conto delle forze di lavoro in cerca di prima occupazione, 2°) non vi figurano i sottoccupati, 3°) non sono considerati 3.800.000 emigranti che si spostano continuamente all'interno dell'Europa. Al termine del frenetico vertice di Parigi in cui si è celebrato l'allargamento della C.E.E. (nove stati invece di sei) la situazione dichiarata è che la C.E.E. a nove diverrà l'entità economica più popolosa, consoliderà il proprio primato nel commercio internazionale; inoltre sarà al primo posto nel mondo nella produzione di acciaio, ghisa e automobili e possiederà anche la più grande flotta mercantile. Il coro delle dichiarazioni fatte nei primi mesi del 1971 da tutti gli stati e le parti politiche è in diligente armonia con la dichiarazione del segretario di stato americano Rogers che suona così: "I nostri alleati europei sono oggi in grado di assumersi maggiori responsabilità militari ed economiche in ragione del loro crescente potenziale economico... l'ampliamento della C.E.E. creerà una zona di produzione pari agli U.S.A., l'Europa diventerà un interlocutore più forte e sicuro sul piano economico, militare e in politica mondiale. Il governo U.S.A. appoggia vivamente e chiaramente il processo di integrazione europea... se pur ritiene probabile che il riassetto economico che ne deriverà può portare a dissidi in fase di adeguamento". Gli fa eco il segretario di stato aggiunto Nathaniel Samuels: "Nonostante le possibili controversie gli americani ritengono che un'unità più stretta può servire gli interessi 1°) degli U.S.A., 2°) dell'intera comunità mondiale (?), 3°) della stessa comunità europea". Queste dichiarazioni chiudono la prima parte di un progetto padronale che gli U.S.A. attuano dal dopoguerra. Riportiamo a questo proposito alcune brevi dichiarazioni ufficiali di allora. "Esordì il segretario di stato Marshall, il 5 giugno 1947, su temi di politica internazionale: "si consigliano i paesi europei di formulare un programma organico di ricostruzione economica che gli U.S.A. avrebbero accolto favorevolmente e largamente finanziato". Il piano di finanziamento fu approvato con l'Economic Cooperation Act che è una legge di notevole importanza economica e politica nella quale sono per la prima volta affermati due asserti fondamentali del neocapitalismo: "il benessere della comunità internazionale presuppone il benessere in tutti i paesi... esso è a sua volta il presupposto per la conservazione dell'indipendenza politica dei paesi e delle loro istituzioni" (Truman). Il risvolto economico e tecnico chiariva meglio: "I paesi debitori potranno pagare gli interessi sui capitali presi a prestito e le quote di ammortamento in un solo modo, cioè esportando merci e servizi "ed ancora" gli U.S.A. debbono mirare a mantenere gli acquisti nei paesi stranieri ad un'alto livello... negli U.S.A. i prestiti esteri sono considerati un mezzo efficace per stimolare le esportazioni americane"... "l'esperienza dimostra che il commercio più lucroso per noi ha sempre avuto luogo con i paesi industriali" (sottosegretario di stato Clayton).
Si parla esplicitamente di lucrosi commerci, ma è implicito che occorre in un primo tempo consolidare l'organizzazione capitalistica per esercitare in seguito forme di potere e sfruttamento più efficaci e raffinate. Lo strumento più adatto a gestire questo progetto è l'organizzazione di stati o comunità sovranazionali; e non basta l'astuto paternalismo di Rogers a mascherare questo disegno. D'altra parte la prospettiva di aver potere su tanta massa di ricchezza e di uomini stimola le avidità: nel dividersi la torta i golosi dimenticano i patti. Lo spettacolo sdolcinato delle trattative di vertice si movimenta, si trasforma in una commedia degli equivoci, in cui tutti fanno finta di non capirsi: gli Europei fra di loro, gli Europei con gli U.S.A. e così via. A mettere ordine nella scomposta assemblea intervengono gli U.S.A., che con una minacciosa protesta ammoniscono che l'area del Mediterraneo è anche roba loro, poiché vi hanno una flotta da addestrare e gli fa comodo. Non sono i soli ad esserci, è vero, ma con gli altri pare si siano già messi d'accordo, per il favore che gli U.S.A. hanno fatto all'U.R.S.S. aumentando del 80% il prezzo dell'oro, che tutti sanno essere la materia prima più importante per l'economia sovietica. Ecco la cronaca dei fatti.

orgoglio e pregiudizio

I Nove entro il '77 vogliono che fra la Comunità e tutti i paesi mediterranei che ne faranno richiesta (per il momento ne sono interessati 13: Egitto, Giordania, Israele, Spagna, Grecia, Portogallo, Turchia, Malta, Cipro e stati del Maghreb) non dovranno più esistere barriere doganali per i prodotti industriali e per l'80% dei prodotti agricoli. Ma gli U.S.A. non vedono di buon occhio il sorgere di un ulteriore legame fra la C.E.E. e questi paesi, che verrebbe ad aggiungersi ai numerosi accordi che già legano i Nove a stati africani, latino-americani ed asiatici. Dicono gli americani che ciò danneggerebbe le loro esportazioni agricole. Nella realtà, oltre alle esigenze strategiche vi è un'altra questione, ed è che il petrolio diverrà merce di scambio tra i nord africani e la C.E.E., assicurando ai Nove rifornimenti diretti.
Pare però che i ministri degli esteri europei il 7 novembre abbiano fatto dei loro corpi un fascio ed abbiano dichiarato tutti assieme che l'opposizione degli U.S.A. non impedirà la nascita di una grande zona di libero scambio tra i Nove della C.E.E. e i paesi del Mediterraneo, e che insomma gli europei vogliono avere delle "responsabilità" in questa zona.
Una settimana dopo Agnelli raggiunge New York per agitare la bandiera dell'Europa con la stessa vivacità che aveva suo nonno nell'agitare il tricolore. Protesta che quest'ultimo anno non ha fatto assistere a sviluppi soddisfacenti nelle relazioni tra i principali centri di potere nel mondo non comunista. Lo stato delle relazioni euro-americane è particolarmente insoddisfacente.... È come se gli Stati Uniti avessero come unici avversari, se non come nemici, i loro alleati.... Non dobbiamo permettere che il tessuto vitale dei rapporti euro-americani sia fatto a pezzi da una combinazione di ORGOGLIO E PREGIUDIZIO.... Non dobbiamo permettere che la cessazione della guerra fredda economica tra amici di lunga data.... Gli Stati Uniti e la Comunità hanno legami politici, culturali ed etnici speciali. Essi rappresentano il centro vitale dell'economia mondiale: se questo centro non sta insieme l'economia mondiale potrebbe avere un collasso. D'altra parte un solido rapporto tra partners di questo centro vitale potrebbe fornire la base per un management economico su scala globale. L'incapacità di risolvere le nostre divergenze economiche potrebbe avvelenare gli accordi di mutua sicurezza, e ciò potrebbe solo vulnerare le nuove e promettenti prospettive di pace e sicurezza nel mondo.... Conclude proponendo un vertice economico atlantico che riunisca il Presidente degli Stati Uniti, il primo ministro del Canada e i nove leaders politici della Comunità.
Per i proletari le prospettive sono ben diverse. Leggiamo i dati. Un recente studio dell'OCSE (organizzazione europea di cooperazione e sviluppo economico) ha messo in rilievo le divergenze di reddito pro-capite (uno dei più significativi indicatori del benessere di una nazione) dei 23 paesi non comunisti che fanno parte dell'organizzazione stessa. La graduatoria è la seguente (tra parentesi il reddito pro-capite in dollari U.S.A.): 1) U.S.A. (4.760); 2) Svezia (4.050); 3) Canada (3.740); 4) Danimarca (3.160); 5) Germania Occ. (3.040); 6) Svizzera (3.030); 7) Lussemburgo (2.950); 8) Norvegia (2.940); 9) Francia (2.920); 10) Australia (2.860); 11) Belgio (2.670); 12) Olanda (2.400); 13) Islanda (2.350); 14) Finlandia (2.210); 15) Regno Unito (2.170); 16) Austria (1.940); 17) Italia (1.710). Inoltre secondo una stima approssimativa dovuta a studiosi, il reddito pro-capite in U.R.S.S. è di 1.944 dollari.

indagine sulla disoccupazione in Europa

Il "Comitato permanente dell'impiego ha reso noto che nei sei paesi della comunità europea la disoccupazione ha raggiunto un nuovo record alla fine del marzo 1972: 2.200.000 senza lavoro. Un disoccupato su due in Europa, è italiano (tot. 1.167.000), ma l'incremento più forte rispetto allo scorso anno si è registrato in Germania (115 mila per un totale di 37 mila lavoratori) seguita dall'Italia (più 112 mila) e dalla Francia (più 105 mila).
Fra i dati significativi sulla situazione economica riguardante i lavoratori troviamo altri aspetti che dimostrano il peggioramento delle loro condizioni.

aumento del costo della vita

L'aumento del costo della vita è qui riferito quasi totalmente all'aumento dei prezzi al consumo dei generi di prima necessità. Si comprende bene che il volume dei bisogni di generi alimentari e/o indispensabili, difficilmente ha sensibili variazioni nel tempo di un periodo economico e che quindi l'aumento dei prezzi opera sicuramente un decurtamento dei salari reali con conseguente diminuzione del potere di acquisto dei lavoratori. In realtà l'aumento dei prezzi è imposto per fini politici, fini che non sono specifici di un singolo paese ma vanno inquadrati in una strategia padronale operante in funzione dipendente da accordi commerciali presi a livello internazionale.
Vediamo nella realtà le cause che determinano l'aumento dei prezzi in Europa e nel mondo.
1) Aumento del costo delle materie prime del 25% sui mercati mondiali causato anche dai consumi militari nel Vietnam e dalla sempre maggiore richiesta di armi da parte degli stati.
2) Spese di ristrutturazione industriale (riconversione degli impianti) in vista di una ripresa del commercio internazionale e per ridurre i costi da lavoro; spese recuperate con l'aumento dei prezzi dei prodotti finiti.
3) Aumento delle scorte di prodotti finiti che i produttori non possono per ora esportare convenientemente nell'area del dollaro. Il motivo è questo: i saldi attivi delle bilance dei pagamenti degli stati europei sono stati finora equilibrati dal forte saldo passivo della bilancia dei pagamenti U.S.A. Questa passività non è determinata dalle differenze nella bilancia commerciale (esportazione ed importazione di merce) dato che l'America esporta una quantità uguale se non maggiore di merci di quanto ne importa, ma da una fuoriuscita di dollari che vengono successivamente investiti in Europa. In un primo tempo l'afflusso di dollari è servito ai "nove" per fluidificare i pagamenti internazionali favorendo l'espansione economica dell'Europa oltre che l'integrazione e l'interdipendenza dei mercati mondiali. In un secondo tempo questa quantità di dollari ha innescato tutta una serie di processi inflazionistici. Più semplicemente gli U.S.A. pagano le merci acquistate con una moneta di valore intrinseco molto inferiore del valore nominale ed esportano merci facendosele pagare ad un valore altrettanto superiore. Questa inflazione interna viene esportata per finanziare le spese militari, lo sviluppo tecnologico, la ricerca scientifica e soprattutto la politica degli U.S.A.. Volendo riacquistare la competitività commerciale perduta a causa delle enormi spese militari nel Vietnam, per diminuire il tasso di inflazione interno e per trasferire direttamente le spese militari agli altri stati alleati, l'America ha seguito questa politica: svalutazione del dollaro e protezioni doganali sulle importazioni. In questo modo gli U.S.A. divengono più competitivi a spese degli altri stati. Contemporaneamente le società finanziarie multinazionali con capitale americano immettono sul mercato del credito un volume di eurodollari (moneta internazionale non controllata dalle banche centrali europee) che ostacola tutte le politiche che i governi impiegano per controllare la dinamica dei redditi. Per i partners europei queste manovre comportano una diminuzione delle esportazioni ed una conseguente caduta dell'occupazione. D'altra parte se i "nove" immettessero sul mercato interno le merci invendute produrrebbero un aumento dei consumi interni con una conseguente modificazione dei rapporti di forza sul mercato del lavoro; politica questa che avrebbe ripercussioni sociali difficili da reprimere specie in questa fase di ripresa dell'autonomia operaia. Per mantenere i profitti allo stesso livello i padroni inviano al consumatore solo una parte di questi prodotti giacenti a prezzi notevolmente superiori.
4) Acquisti anticipati di materie prime a carattere speculativo essendo previsti ulteriori aumenti del prezzo delle stesse e del tasso di sconto.
5) Intermediari commerciali che gonfiano i prezzi per aumentare i propri margini di profitto.
6) Aumento del prezzo dei servizi pubblici.
7) Per l'Italia va aggiunto l'incremento ai prezzi dovuto all'introduzione dell'IVA per adeguare il sistema delle imposte indirette italiane a quelle europee.

salari e produttività

Quanto abbiamo detto a proposito dei prezzi vuole dimostrare che i lamenti padronali sulle cause della crisi economica sono inopportuni. Si vede facilmente che la crisi è strutturale e interamente voluta e governata dalla borghesia. Infatti anche per quanto concerne la produttività il cui presunto calo viene attribuito all'assenteismo operaio possiamo far notare che poiché la produzione non è calata, anzi è in ripresa nonostante l'aumento della disoccupazione, la diminuzione delle ore lavorate e gli impianti attivi al 75%, l'indice di produttività dato dal rapporto PNL-ore lavorate, non può che essere aumentato. In queste condizioni lo sfruttamento ha raggiunto livelli record.

cogestione

Per rilanciare l'economia i padroni vogliono imporre il blocco dei salari in tutta la C.E.E. (gli U.S.A. lo fanno già) ad un livello di pura sussistenza rapportato all'odierna società dei consumi. Ma oltre a ciò vogliono obbligare i lavoratori a versare parte del loro salario alle stesse Società per Azioni che li sfruttano. Concludiamo fornendo questa documentazione:
"Direttiva della commissione sul coordinamento del diritto delle S.p.A.
La partecipazione dei lavoratori alla costituzione dell'organo che assume il controllo della gestione delle società in cui sono occupati più di 500 dipendenti salariati è contemplata dalla commissione europea in una nuova proposta di DIRETTIVE in materia di coordinamento del diritto delle S.p.A. negli stati membri. La commissione Europea propone per tutte le società per azioni di generalizzare l'introduzione OBBLIGATORIA della struttura dualistica (cogestione) esistente in parecchi stati membri.
Ci viene fatto sapere che si è deciso di rifare meglio e di più nei prossimi anni per arricchirsi e soprattutto per sviluppare un mostruoso meccanismo di controllo sociale sui lavoratori e su tutti i sudditi.
In altri termini hanno deciso che l'aumento di ricchezza che si ricaverà dal lavoro delle nazioni associate in seguito all'espansione economica dei prossimi anni verrà impiegato per migliorare le condizioni di vita di chi, d'accordo o no, si trova integrato nel loro sistema. Un risultato che, assicurano, è possibile ottenere se, e solo se, i lavoratori continueranno a cedere gran parte del valore prodotto dal loro lavoro per rinnovare radicalmente i loro impianti, le loro terre, il loro esercito, la loro organizzazione statale, la loro scuola. Ci dicono insomma che dobbiamo aiutarli perché loro sanno (e chi ne dubita) come fare per assicurarsi un ordinato e proficuo aumento del benessere. A questo punto il discorso ritorna alle lotte o meglio al tipo di lotte che il movimento operaio e contadino avrebbe forse potuto fare e a quelle a cui viene condotto, dalle burocrazie sindacali e dei partiti.

Gruppo Autogestione Bologna

Tab. 1 - La nuova comunità e gli altri "Grandi". (dati 1970)
CEE a sei CEE a nove USA Giappone URSS
Popolazione (000) 190.706 254.542 206.017 103.990 241.700
Superficie (km2) 1.175.586 1.531.586 9.363.400 369.700 22.403.700
PNL (mil.$) 488.331 629.245 999.183 198.621 - **
PNL pro capite ($) 2.561 2.472 4.850 1.910 - **
Import. (mil.$) 112.210* 147.190* 59.310 20.920 8.365
Esport. (mil.$) 116.860* 153.450* 62.900 23.110 9.441
* Gli scambi infracomunitari interessano un po' meno della metà di tale cifra.

** La contabilità nazionale sovietica non è comparabile con quelle occidentali.

Fonte: OCSE