Rivista Anarchica Online
Il mio signornò pur leggero
come un sibilo senza eco
di Massimo Passamani
Massimo Passamani, studente presso
il liceo di Rovereto (Trento), ha compiuto 18 anni il 12 agosto.
Rifiutandosi di presentarsi alla visita dei "tre giorni"
corre il rischio di essere incarcerato. Ecco il testo della sua
dichiarazione. Per contatti e informazioni scrivere a: Il graffio,
Cas. post. 45, 38068 Rovereto (Tn)
Avrei dovuto
presentarmi presso il consiglio di leva di Trento il giorno 6 luglio
1990, per accertamento dell'idoneità a servire la patria. Dico
"avrei" dato che non ho intenzione alcuna di sottopormi
alla visita militare in quanto non voglio nella maniera più
assoluta che al mio nome si accompagni la notazione di "abile
arruolato"; vale a dire di soldato in attesa di prestare le
proprie funzioni, perché IO NON SONO NÉ SARÒ
MAI UN SOLDATO. Non sono disposto ad assolvere alcun obbligo di leva
né a farmi sottrarre anche una sola ora della mia vita dallo
stato. Come individualità
pensante, rifiuto di essere un soldato (quindi di sottopormi ad una
visita che lo accerti) perché questo è contrario alla
mia visione del mondo ed alla mia concezione di convivenza pacifica
tra le genti. Non sopporto i
modelli e i valori su cui si fonda la società in cui vivo, non
tollero che i rapporti tra le persone siano determinati dalla
violenza, dalla forza, dalla sottomissione, dall'accettazione supina,
dallo sfruttamento, dall'obbedienza, non condivido che per "vivere"
si debba vendere la propria dignità, rinunciare ai propri
sogni, soffocare la propria tensione verso la libertà. La mia concezione
dell'uomo è del tutto incompatibile con un'ideologia
asfissiante come quella su cui si basa la gerarchia militare che, di
conseguenza, io rifiuto in blocco. Combatterò
sempre tutti gli eserciti perché trovo disumano che vengano
spesi in armi ingenti fondi, mentre i ¾ della popolazione
mondiale vertono in condizioni di fame e miseria e che si insegna a
dei ragazzi a rinunciare alla propria dignità, alla speranza
di un mondo migliore dal quale siano banditi tutti quei dis-valori
che si trovano in sintesi nell'istituzione militare (culto del
potere, del servilismo, della gerarchia). Non sono disposto
a legittimare con il mio silenzio e la mia sottomissione la rapina
che lo stato compie ogni anno a danno di quelle migliaia di giovani
chiamati ad assolvere gli obblighi della leva, né la
diseducazione che che viene loro impartita (che prevede
l'inconcepibile passaggio da individuo, da persona, a pedina, ad
oggetto da gestire come più torna comodo). Individuo
l'esercito come una struttura che garantisce enormi profitti ai
fabbricanti d'armi (di morte), come lo strumento più efficace
nelle mani dello stato per la difesa degli interessi delle classi
dominanti, opposti a quelli della povera gente, come un maestro che
insegna ad accettare la società divisa in classi, a non
ribellarsi, ad odiare i "diversi", a servirsi
dell'individualismo più bieco per raggiungere il proprio
benessere, magari prendendo a pedate in faccia chiunque si opponga. Io non mi
convincerò mai dell'ineluttabilità di questo stato di
cose e credo che gli sforzi di ognuno di noi contro la prepotenza,
l'ingiustizia, i soprusi, la subordinazione, possano contribuire alla
creazione di un modo umano, solidale e fondato sull'eguaglianza
sociale. Considero il
sottopormi ad una visita di leva ed il sottostare ad una qualsiasi
imposizione dello stato un attentato alla mia persona, perché
mi sento un uomo e non un soldato (e non importa se alcuni test
medici concordano o meno con questa mia affermazione). Inoltre dichiaro
subito la mia ferma indisponibilità tanto a svolgere il
servizio militare, quanto ad "optare" per quello civile
sostitutivo, in quanto considero il secondo funzionale al primo. Ritengo il
servizio civile "sostitutivo" (già il termine è
in perfetto contrasto con le mie idee, dato che io il servizio
militare lo voglio eliminare e non sostituire) un efficace mezzo
statale per procurarsi lavoro nero, malpagato e poco sindacalizzato,
e una istituzione attraverso la quale vengono annullati scomodi
atteggiamenti di critica nei confronti dello stesso servizio
militare. Mi rifiuto di
diventare un uomo-strumento, sia in uniforme che non, perché
nutro un profondo rispetto per la dignità dell'uomo e non
voglio rinunciare alla mia. Non sono convinto
che il dominio dell'uomo sull'uomo sia una componente immutabile del
vivere umano perché credo nell'uguaglianza e nella giustizia e
questo mi porta a disprezzare l'autorità con tutto me stesso. Non rinuncerò
mai alla mia libertà di parola e di azione pacifica e
continuerò a lottare per esse senza impugnare, come vorrebbero
insegnarmi, un fucile, forte solamente delle mie idee e dei miei
sogni, con la consapevolezza di aver già vinto una battaglia
nel momento in cui lo stato italiano (ma al posto di italiano
potrebbe esserci tedesco, francese, inglese, turco, rumeno, polacco,
salvadoregno, guatemalteco), democratico e pluralista, risponderà
alla mia presa di posizione, tanto concreta quanto pacifica e inerme,
con tutta l'arroganza e la violenza di cui è capace, relegando
la mia persona e le mie "utopie" in un carcere militare
proprio perché (spudorata contraddizione) soldato non sono e
non vorrò mai esserlo. Ma l'assurdità
non ha confini e lo stesso stato italiano, pacifico e tollerante, tenterà
di "rieducami" con una serie di abbietti e degradanti
obblighi a cui non sottostarò mai (divisa senza stellette –
in senso dispregiativo, a suo avviso, come se l'uomo acquistasse
importanza in base alla latta che indossa -, taglio dei capelli ed
altri "addestramenti operativi"). Cercherà di
recuperare la mia sete di giustizia e uguaglianza, rispetto alla
dignità, trasformandola in rassegnazione, remissività
ed accettazione della gerarchia, della sottomissione e di tutte
quelle assurdità che costellano la "vita militare" e
non solo. Allora sarò
costretto ad urlare più forte quel NO per il quale subirò
e sarò imprigionato, aumentando così la pena che lo
stato italiano, radioso e mirante alla pace ed al benessere di tutti
i suoi figli, è costretto ad infliggere per questioni di
ordine e sicurezza ad un giovane disarmato, quasi fosse chissà
che criminale. Ma non è
umanamente concepibile che un padre tratti così i suoi
figlioletti, si tratta del solito giovane sfaticato che blatera e
farnetica cose senza senso. Allora
l'appuntamento è per Peschiera, dove sembra che il sentimento
di riabilitazione dei pericolosi non-sottomessi insubordinati abbia
creato un carcere militare, ma forse mi sbaglio. E forse credono
che sia tutto uno sbaglio anche quelle centinaia di giovani che sono
rinchiusi nelle galere della patria (8 in tutto la penisola) perché
non hanno servito e non si sono umiliati a dovere, si sono alzati ed
hanno detto "BASTA" magari senza motivazioni ideologiche e
politiche come le mie, solamente per un fattore "corporeo",
perché hanno sentito sulla loro pelle la lama
dell'ingiustizia, hanno sentito morire soffocata la loro libertà;
aspettano il giorno in cui arriverà un uomo verde e stringerà
loro la mano chiedendo perdono per l'errore commesso. Chi invece non
crede che sia uno sbaglio sono i familiari di tutti quei ragazzi
strappati alla vita dall'assurdità, dalla follia di un anno di
soprusi ed attentati ai loro occhi ed ai loro cervelli. "PERCHÉ?"
si domandano continuamente ed è questo l'interrogativo che più
volte mi sono posto anch'io senza mai trovare una risposta. Perché
un uomo può arrivare a calpestarne, ad annullarne, ad
umiliarne, a maltrattarne un altro? Perché tutti questi
ragazzi si adattano, subiscono in silenzio, spesso con le lacrime
agli occhi quando viene loro rifiutata una licenza? Perché
"non ne vale la pena", perché "passerà",
"sarà dura ma finirà" o, nel peggiore dei
casi "Perché è dovere, è giusto e
necessario". Ed allora io
vorrei sapere che cos'è il dovere, cos'è il giusto ed
ancora con che diritto la STATO CI RUBA UN ANNO DI VITA, con che
diritto annulla le nostre personalità e defeca sui nostri
sentimenti. Solo una cosa posso rispondere, che quest'anno lo stato
italiano avrà una persona in memo da calpestare, perché
MASSIMO PASSAMANI NON CI STA... un mattone in meno nel muro del
militarismo, nel muro dell'ingiustizia, ed uno in più in
quello della solidarietà, del rispetto, dell'uguaglianza. La
patria ha chiamato...se pur leggero come un sibilo senza eco, il mio
SIGNORNÒ!!!
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