Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 2 nr. 16
novembre 1972 - dicembre 1972


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I.V.A. la terribile
di L. L.

Il primo gennaio 1973 entrerà in vigore l'I.V.A. (imposta sul valore aggiunto): il mondo dell'industria e degli affari rumoreggia, si parla di aumento di prezzi ed altre amenità di questo genere. I lavoratori stanno a guardare impotenti e già pensano alla diminuita capacità di acquisto dei loro stipendi.
Per comprendere quanto c'è di oggettivo nel rialzo dei prezzi e quanto invece è dovuto a mene speculatrici o a timore del nuovo, ci converrà innanzi tutto esaminare le caratteristiche e il funzionamento di questa nuova imposta. L'I.V.A., al contrario dell'I.G.E., è un'imposta neutra, cioè non si incorpora nel costo del prodotto durante i suoi passaggi intermedi, ma colpisce unicamente i parziali valori aggiunti sino alla fase della vendita al consumatore, momento in cui l'aliquota di imposta diviene completa sul valore finale.
La nuova imposta pone su un piano di maggiore concorrenzialità le piccole imprese nei confronti delle grandi imprese verticalizzate perché i più numerosi passaggi che avvengono nel primo tipo di aziende è parificato tributariamente ai minori o quasi inesistenti passaggi nel secondo tipo di aziende.
Vediamo il meccanismo dell'imposta, come verrà attuato praticamente. I contribuenti (imprese ed altri soggetti economici cessionari di beni o prestatori di servizi) pagheranno l'imposta sulle fatture dei loro fornitori, incasseranno imposta dai loro clienti ed entro la fine del mese successivo a quello in cui sono svolte le operazioni imponibili verseranno all'Erario l'imposta risultante dalla differenza tra quella pagata e quella incassata. Questo è grosso modo il meccanismo dell'I.V.A.: i contribuenti di imposta funzioneranno da esattori per conto dello stato, unico vero tassato sarà il contribuente finale, cioè il consumatore che non potrà rivalersi su nessuno per l'imposta pagata.
L'entrata in vigore dell'I.V.A. comporterà l'abolizione o l'attenuazione di numerose altre imposte, l'imposta di consumo sparirà, l'imposta di registro avrà aliquote sensibilmente inferiori, l'imposta ipotecaria sarà meno gravosa e così per molte altre imposte. Si dovrebbe dedurre che in teoria i prezzi non dovrebbero aumentare nel loro complesso, perché ad una aliquota più elevata (le aliquote dell'I.V.A. sono del 6%, del 12%, e del 18% contro l'attuale 4% dell'I.G.E.) sul prezzo fatturato dovrebbe corrispondere la non incorporazione, nel prezzo netto, dell'I.G.E. precedentemente pagata e la mancata corresponsione dell'imposta di consumo (dazio) perché abolita. In breve, il carico fiscale totale non dovrebbe sostanzialmente mutare. Potremmo altresì rilevare che l'aumento di prezzo di un prodotto dovrebbe essere compensato da una riduzione di prezzi per altri prodotti.
Tutto questo però non avverrà, in primo luogo perché difficilmente la maggioranza delle industrie italiane (cioè le piccole e le medie) saranno in grado di calcolare l'incidenza di I.G.E. incorporata attualmente nelle materie prime che utilizzano, in secondo luogo perché anche qualora riuscissero a calcolare esattamente il valore incorporato non diminuiranno conseguentemente i prezzi ma cercheranno di lucrare questo maggior utile.
Le grandi industrie verticalizzate si troveranno invece ad applicare prezzi maggiori causa la maggiore incidenza dell'I.V.A. rispetto all'I.G.E. sul loro valore aggiunto che proprio perché imprese verticalizzate sarà maggiore. Ad esempio, considerato che in una grande impresa a produzione verticalizzata l'incidenza di I.G.E. sia del 6%, considerato 100 più 6 di I.G.E., cioè 106 il prezzo oggi fatturato, in regime I.V.A. il prezzo sarà di 94 (prezzo decurtato dell'I.G.E. incorporata) più il 12%, cioè 105,28.
Quindi i prezzi aumenteranno e per cause oggettive e per cause soggettive. Non bisogna dimenticare inoltre che a causa della maggiore difficoltà di evasione parziale o totale delle imposte, gli imprenditori cercheranno di scaricare sul consumatore finale anche parte delle maggiori imposte dirette che dovranno pagare. In definitiva i veri tassati saranno i lavoratori che percependo un reddito fisso non potranno modificare le loro entrate in relazione all'aumentato costo della vita.
Le piccole e medie imprese che hanno osteggiato questa nuova imposta si ritroveranno, in parte, avvantaggiate rispetto ai colossi dell'economia, così gli sfruttatori a formato ridotto potranno tirare un po' il fiato e riprendere con più energia la loro funzione. I grossi oligopoli assorbiranno bene, data la loro struttura, la prevedibile contrattazione della domanda dovuta all'aumento dei prezzi, anche perché in definitiva gli oligopoli hanno la possibilità di variare i prezzi senza che le loro capacità reddituali vengano intaccate in maniera sensibile.
Se consideriamo che questo rialzo dei prezzi andrà ad inserirsi in un rialzo generale e costante dovuto alla continua e progressiva inflazione, vedremo ancora con maggiore preoccupazione cosa ci aspetta domani e quale capacità di acquisto avranno i nostri salari e stipendi.

L. L.