Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 2 nr. 16
novembre 1972 - dicembre 1972


Rivista Anarchica Online

Cefis chiude bottega?
di E. Cipriano

"E io faccio fallimento!". Sembrano le parole di un bottegaio, o di un imprenditorello qualsiasi che, sgomento delle "difficoltà congiunturali" dell'attuale momento economico, decide di chiudere tutto, di gettare la spugna. Invece queste sono state, grosso modo, le parole di Eugenio Cefis il presidente della Montedison quando l'E.N.I. non ha accettato il suo piano di ristrutturazione dell'industria chimica nazionale.
Che Cefis fosse un manager decisamente spregiudicato l'avevamo capito da un pezzo, ma che potesse usare forme così scopertamente ricattatorie nei confronti del potere politico non l'avremmo mai creduto. D'altro canto la carriera di Cefis è costellata di pregevoli amenità, basti ricordare quando, presidente dell'E.N.I., decise di acquisire un controllo della Montedison comprando circa centoventi milioni di azioni (per oltre un miliardo e duecento milioni di lire) facendo poi approvare il suo operato dal governo sempre con un ricatto: "la Montedison - disse Cefis in quella occasione - è troppo potente e troppo indipendente dal potere politico, anzi si permette di indirizzare la politica del paese con finanziamenti a partiti e uomini politici, bisogna che lo stato, tramite l'E.N.I., regoli ed indirizzi l'operato di questo colosso della chimica" (1).
Oggi divenuto presidente della Montedison Cefis chiede che l'E.N.I. ceda la sua compartecipazione ad istituti non impegnati nel settore chimico. Ha accennato anche ai successori della proprietà E.N.I. nella Montedison: il pacchetto azionario dovrebbe passare all'I.M.I., all'I.N.A. e all'I.N.P.S., cioè ad enti che in pratica non potrebbero controllare pressoché nulla. Il presidente dell'E.N.I., Girotti, da parte sua non ha alcuna intenzione di cedere le azioni della Montedison e motiva questa sua decisione con le stesse argomentazioni usate quattro anni fa da Cefis per fare approvare la sua scalata alla Montedison. Francesco Forte, vice-presidente dell'E.N.I., ha inoltre fatto sapere (tramite una intervista a "L'Espresso") che "... la decisione di tenersi le azioni Montedison non è una impuntatura del presidente dell'E.N.I. ma una inevitabile conseguenza giuridica che promana dalla legge istitutiva dell'ente. Il quale, dice appunto la legge, è portatore degli interessi dello stato nel campo del petrolio e della chimica.
A questa presa di posizione decisa, Cefis altrettanto decisamente ribatte che entro la fine dell'anno convocherà una assemblea straordinaria dei soci e due saranno le soluzioni: o svalutare del 50% il capitale sociale, oppure portare i libri della società in Tribunale e chiedere fallimento.
Si tratta di una guerra ai ferri corti, di una lotta di potere tra i due feudatari della chimica italiana e dubbio per il momento è l'esito dello scontro che nel frattempo produce, indirettamente, licenziamenti e chiusura di posti di lavoro di operai. Ma la "guerra della chimica" non si circoscrive ai due signori sopra accennati ma, buon terzo contro tutti e due, c'è Nino Rovelli, il presidente della S.I.R., il paladino dell'industria chimica privata, come lui stesso ama definirsi, anche se in effetti di privato - a ben guardare - la S.I.R. ha ancora poco, (basti pensare alle ingenti sovvenzioni statali ed ai finanziamenti dell'I.M.I.).
Rovelli in sede di commissione parlamentare (dopo che erano stati ascoltati i suoi concorrenti) ha attaccato in maniera vivace il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica accusandolo di aver passato all'E.N.I. ed alla Montedison i progetti della S.I.R., citando a suffragio di questa accusa numerosi esempi concreti. Eccone qualcuno dal verbale stenografico della seduta. "L'inizio della nostra attività in Sardegna fu immediatamente seguito da Saras (gruppo Moratti) e Rumianca; parte del nostro programma iniziale per Porto Torres divenne il programma di queste due società, con l'approvazione degli organi competenti. Ciò comportò un ritardo nell'attuazione dei nostri piani di sviluppo di cinque anni. Successivamente studiammo un programma di integrazione a valle della chimica derivata nella Piana di Villacidro; anche in questo caso le autorità affidarono ai concorrenti la realizzazione delle iniziative da noi proposte. E questa volta con quali risultati? Su invito del governo abbiamo in seguito studiato un programma di industrializzazione del nuorese, per contrastare la piaga del banditismo. Ma la nostra iniziativa è divenuta come tutti voi sapete il programma E.N.I. - Montedison per Ottana. Analoga storia ebbe la nostra iniziativa per la produzione di aromatici: il nostro progetto "Sarda Aromatici" è ora diventato la "Saras chimica". Ci siamo successivamente associati con l'ente minerario siciliano nella Sarp sviluppando un magnifico progetto per la realizzazione in Sicilia di un centro di industrializzazione basato su attività elettrometallurgiche e petrolchimiche. Ma il progetto per la parte elettrometallurgica venne preso dai nostri concorrenti ed è diventato un programma con l'approvazione del C.I.P.E.; per la parte petrolchimica è diventato il progetto consortile proposto dal C.I.P.E. a Montedison, A.N.I.C., Liquichimica e Sarp.
La situazione del settore chimico in Italia è pertanto caratterizzata da tre società oligopolistiche, di cui una statale naviga in acque incerte, la seconda a capitale misto realizza la perdita di un miliardo al giorno, la terza a capitale privato ma finanziata dallo stato, dice di essere un'azienda con buona redditività che potrebbe essere ottima se il C.I.P.E. non funzionasse da servizio di spionaggio a favore delle prime due.
In effetti Rovelli, è oggi quello che può guardare al futuro con più serenità dopo il fallito accordo fra E.N.I. e Montedison per la spartizione del mercato. La S.I.R. qualora l'accordo si fosse perfezionato avrebbe visto ridurre notevolmente la sua incidenza nel settore chimico, ma oggi con i due colossi in lotta, Rovelli può cercare di sfruttare questa rivalità a favore della sua società.
Lo stato Italiano sempre dispotico nei confronti del cittadino è invece "timido", "confuso", "incerto", nei riguardi di questi mandarini della chimica, ma non si tratta di una novità per noi anarchici, solo dei "progressisti" come Eugenio Scalfari possono scandalizzarsi di questo "non-governo" sui potenti.

E. Cipriano

1) È di questi giorni la notizia che la Corte di Cassazione ha dichiarato la competenza del giudice istruttore di Roma nel processo contro Scialotti ed altri, pendente presso il Tribunale di Roma, e quello contro Valerio ed altri pendente presso il Tribunale di Milano, ordinando inoltre la riunificazione dei due processi.
In questi due processi ci sono molti aspetti interessanti per quanto riguarda il grado di corruzione che la Montedison, guidata dall'ingegner Giorgio Valerio, esercitava nei confronti del parlamento e dei partiti politici, dell'esistenza di società di comodo della Montedison per meglio svolgere attività non propriamente commerciali o industriali, dell'esistenza di libretti di banca della Montedison intestati a nomi di fantasia per l'ammontare di svariati miliardi.