Rivista Anarchica Online
'68, ieri e oggi
di Roberto Ambrosoli
Nel week-end a cavallo tra la fine di
settembre e l'inizio di ottobre si è tenuto a Torino il già
annunciato Convegno internazionale sul '68, organizzato dal Centro
culturale "Mercier Vega" (di Torino, appunto). Convegno
celebrativo-evocativo, a differenza di altri già visti nel
corso di questa ricorrenza del ventennale, ma almeno nelle intenzioni
convegno di studi, o per meglio dire di riflessione.
Non spetterebbe a me che scrivo, in
quanto facente parte degli organizzatori, dire in che misura lo scopo
sia stato raggiunto, ragguagliando il lettore circa la qualità
degli interventi ed il livello del dibattito. Ma a quanto pare non è
stato possibile trovare un cronista meno coinvolto (forse perché,
permettetemi la battuta, col '68 "siamo tutti coinvolti"...).
"Il '68 tra rivolta, progetto
politico e mutazione culturale" era il titolo (un po' pomposo,
riconosco) del Convegno. È
stato rispettato solo in parte. Specie nella giornata di sabato le
relazioni hanno centrato la propria attenzione soprattutto sui vari
aspetti di quel "cambiamento di prospettiva", di quel "modo
diverso di vedere le cose", del quale il '68 è stato - se
non l'iniziatore - certo il primo stimolo rivelatore.
C'è stato chi si è
interrogato circa il significato psicologico di questa apparentemente
brusca rottura dell'immaginario collettivo tradizionale (E. Colombo),
chi ne ha ricordato le origini (successivamente rimosse)
rivoluzionarie (O. Alberola, A. Gransac), chi ha visto nel '68
l'evento soglia di un'epoca, capace di tracciare la linea di
demarcazione tra modernità e post-modernità (S.
Vaccaro), chi ha tentato di ricostruire la situazione socio-politica
che ha tenuto a battesimo il gran sommovimento in Francia (J.P.
Duteuil), chi ha parlato dell'arte e degli artisti (J.J. Lebel, M.
Padovese e F. Santin), chi del '68 nel cinema (P. Gobetti), chi di
teatro (C. Valenti), e tanti altri che sarebbe troppo lungo citare (e
speriamo che non si offendano).
Riscaldato da queste relazioni, il
dibattito ha affrontato preferenzialmente l'argomento dell'eredità
del '68, tentando di rispondere alla domanda ("che fare?")
che da sempre, ma specialmente oggi, perseguita i libertari.
Un simpatico gruppo di giovani ha
richiamato l'attenzione dell'uditorio sul punto di vista degli
appartenenti all'ultima generazione, i figli (nel senso stretto del
termine, perché nati in quell'epoca) del '68, implicitamente
invitando i più anziani partecipanti a non limitarsi ad
interpretare il passato, ma a fornire indicazioni per il presente.
Hai detto niente...
Conclusioni? Nessuna, come è di
rigore in simili occasioni. Solo l'impegno (anch'esso di rigore) a
continuare ad essere presenti, in un modo o nell'altro, a non
mollare.
Speriamo di farcela.
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