Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 17 nr. 143
febbraio 1987


Rivista Anarchica Online

Re Ubu a Chernobyl
di Marina Padovese / Fabio Santin

Dal 15 al 19 dicembre scorso, in un'aula della facoltà di Architettura, a Milano, sono state esposte le sagome di generali (e di altri "mostri ordinari e straordinari", come si leggeva nella presentazione) realizzata da Enrico Baj, Gianni Bertolo, Luca Bertolo, Mario Castellani, Anna Monis, Marilena Osnaghi, Antonella Padovese e Marina Padovese. Re Ubu a Chernobyl (oppure: Da Pinelli all'Apocalisse) è il titolo dell'iniziativa e dello spettacolo che, nelle serate di apertura e chiusura, è stato allestito con la partecipazione di un gruppo di mimi (Maurizio Arena, Laura Banfi, Marianna Cappelli, Tonina Cattaneo, Livia Grossi, Roberto Lun, Sandro Pinna, Claudio Rossi, Barbara Valsecchi), che hanno "animato" le sagome, e la regia di Mario Mattia Giorgetti. Preparato nel corso di un anno - durante il quale sono state tra l'altro ritagliate e dipinte le grandi sagome - questo "spettacolo" decisamente insolito è stato organizzato dal Centro Studi Libertati. Lucilla Salimei ha realizzato un video che ne documenta i momenti salienti. Il servizio che pubblichiamo in queste pagine è curato da Marina Padovese e Fabio Santin. Ecco la loro intervista a Baj e Giorgetti.

Questa è la prima volta che si tiene una performance teatrale usando personaggi in legno tratti da grandi quadri di Baj. Quali possibilità in più o in meno ha offerto questo lavoro, rispetto ad uno tradizionale in cui gli attori sono i protagonisti?

Baj - Credo che valga la pena di citare un precedente. Qualcosa di molto simile è stato fatto a Stoccolma dal Marionetterteater diretto da Micael Meschke nella primavera del 1978, quando il "Pinelli" che era stato esposto al Modern Museet di Stoccolma, fu ricostruito in sagome separate fatte in parte di legno e in parte, credo, di gesso e fiberglass. Queste sagome mosse da mimi e attori del Marionetterteater servivano a mettere in scena l'"Affare Pinelli" nelle piazze e per le vie di Stoccolma, all'aperto. Andai alla prima rappresentazione con Roberta, mia moglie, e fu una bellissima esperienza. Si partiva dalla ricostruzione del mio quadro, il quale si scomponeva e, alla fine della rappresentazione, si ricomponeva. La colonna sonora, registrata, era un collage tratto, oltre che da brani della "Morte accidentale di un anarchico" di Dario Fo, dagli articoli dei giornale dell'epoca, dalle dichiarazioni del questore Guida, del commissario Calabresi e dalle deposizioni dei testimoni.
L'attuale spettacolo, messo in scena dal Centro Studi Libertari, è molto più complesso poiché nel suo contesto il "Pinelli" è solo una parte, ovvero un episodio, anche se determinante, dato che dà l'avvio alla rappresentazione. La maggiore complessità comporta una notevole serie di difficoltà nella realizzazione e nella rappresentazione scenica, difficoltà queste che Mario Giorgetti ha affrontato con grande slancio e competenza tecnica.
Naturalmente non bisogna dimenticare che si tratta qui, sia in pittura che in teatro, di un work progress, suscettivo di ulteriori sviluppi e invenzioni.

Giorgetti - Io penso che la sagoma di Baj offra più possibilità rispetto a quello che può offrire un attore, poiché obbliga lo spettatore a mettere in moto il suo immaginario fantastico. L'attore, in genere, non vi riesce in quanto essere reale; la sagoma, invece, già di per sé, come materiale, come segno, come immagine è fantastica.
Lo spettatore crea nello spazio in cui la sagoma agisce, crea lui stesso i significati e il mondo che intorno alla sagoma si muove; è l'attore che anima la sagoma e gli suggerisce un rapporto dialettico. Lo spettatore si trova quindi di fronte a due elementi: uno reale ed uno fantastico.
Le sagome di Baj, anche se non animate, hanno sicuramente dei significati molto alti e precisi, ma con l'animazione, secondo me, ne acquistano di più.
L'animazione, cioè, ci dà una novità sul piano del teatro: un teatro di figura in cui l'attore è in rapporto inscindibile con la sagoma; e siccome la sagoma ha in questo caso delle dimensioni che sono uguali o superiori a quelle di un essere umano, questo rapporto è ancora più sentito. Ci troviamo, infatti, di fronte due "figure" che si muovono: la sagoma di materia, con colori e contorni, con segni particolari e l'attore che propone, invece, il suo stato d'animo, la sua partecipazione emotiva, la sua interpretazione, il suo mondo. Unire gli attori con le sagome è sicuramente un risultato in più rispetto a quello che sarebbe stato se avessimo agito solo con gli attori. Anche se qui ci troviamo di fronte a delle sagome che sono protagoniste, non significa che la sagoma condizioni quello che può trasmettere in maniera autonoma l'animatore.
Mi spiego meglio: la sagoma, proprio perché è materica, ha un segno finito nello spazio, che è statico al suo interno; l'attore, invece, muove dei sentimenti, comunica degli stati d'animo, comunica delle sensazioni, comunica delle intenzioni. Ecco, sono proprio questi elementi che l'animatore comunica che, contrapposti agli elementi che la sagoma a sua volta trasmette, danno allo spettatore un risultato più importante; e cioè: lo spettatore si trova di fronte a una proposta dove la finzione è manifesta. Lo spettatore la riconosce, ma proprio perché la riconosce, la legge in chiave fantastica, attraverso una serie di ragionamenti che deve sviluppare per poter seguire questa finzione.

Baj - Si tratta di possibilità sperimentali, ovvero di sperimentazioni, di allargare e di caratterizzare il linguaggio teatrale, servendosi dell'apporto e della partecipazione delle arti figurative. Nel nostro caso si tratta di una vera e propria ipotesi di "teatro in pittura", ovvero dell'ingresso della pittura in teatro.
La pittura ha spesso ricoperto anche in passato i ruoli scenografici e teatrali: basti pensare alla stanze di Raffaello, al Palazzo Te di Giulio Romano a Mantova e alle pitture pompeiane nelle quali spesso fa la sua apparizione il mimo. Il fatto che personaggi di un grande quadro come il Pinelli, o di più quadri - come nel Re Ubu a Chernobyl - si mettano in movimento, prendano forma e si animino, risolve l'eterno sogno dell'artista che l'arte possa tramutarsi in vita.
Dicono che Michelangelo, ultimato nel marmo il suo Mosè, dall'espressione potentemente espressiva, gli si rivolse apostrofandolo: "Perché non parli?". E poiché la sua statua non parlava affatto, dicono che Michelangelo infuriato la colpisse con un martello: della qualcosa il ginocchio destro recherebbe ancora il segno.

La scelta delle sagome e dei testi è stata simultanea, una ha condizionato l'altra? Oppure...

Giorgetti - Diciamo che i testi hanno seguito le sagome, nel senso che è attraverso i valori che esse hanno comunicato che sono emersi i testi. D'altra parte, abbiamo già detto che le sagome erano le protagoniste del momento da proporre. I testi sono stati scelti non a supporto ma in termini dialettici o a commento di quello che le sagome in sé esprimevano.
Senza i testi, senza i commenti, anche musicali, le sagome avrebbero avuto sì dei valori, ma valori che avrebbero viaggiato su un binario unico; mentre con l'altro linguaggio, che è quello della parola recitata, della poesia interpretata, della parte fonica, ecco che le sagome hanno acquistato una profondità maggiore. Si sono immerse in uno spazio più "ampio", uno spazio non solo fisico ma anche sonoro e quindi hanno acquistato un alone, un'importanza superiore.
Non parlerei di condizionamento, ma parlerei semplicemente di relazione indispensabile.

Come è nata l'iniziativa? Come è stato impostato e portato a termine il lavoro di gruppo?

Baj - L'iniziativa, quasi per germinazione spontanea, è nata dagli incontri con Amedeo, Marina, Antonella, Gianni, Anna, Luciano, Luca, Mario, Marilena e con tutto il Centro Studi Libertari.
La prima idea era quella di un percorso che da Pinelli portasse all'Apocalisse. Poi a complicare il tragitto vennero fuori le mie figurazioni dell'Ubu Re e l'invasione nucleare Chernobyl. Sicché ora il viaggio parte sempre dal Pinelli passa attraverso l'Apocalisse e si conclude con l'ascensione di Ubu e con la sua apoteosi nei cieli di Chernobyl.

Giorgetti - Il lavoro di gruppo premesso che i testi sono stati scelti e selezionati ed elaborati a tavolino, premesso che il gruppo che ha animato le sagome non è stato coinvolto nella parte interpretativa dei testi, possiamo dire che il lavoro, per quanto riguarda l'animazione delle sagome, è stato impostato in questo modo: i ragazzi dovevano trovare a ciascuna sagoma un movimento che potesse corrispondere esattamente alla sua personalità, alle sua caratteristiche, alla sua dimensione, al suo modo di apparire.
Una volta che siamo riusciti a individuare come la sagoma andava animata, l'attore-animatore, doveva anche riuscire a trovare uno stato d'animo a commento di quanto stava proponendo, proprio perché dovevamo evidenziare che non si trattava di animare la sagoma, ma di proiettare il valore della stessa e commentarlo contemporaneamente. Quindi anche se i ragazzi non hanno recitato dei testi hanno recitato dei personaggi che si contrapponevano, oppure commentavano, le sagome.

"Re Ubu a Chernobyl, oppure da Pinelli all'Apocalisse" una storia fantastica con troppe analogie con la realtà?

Baj - In genere io amo l'arte di invenzione ed ho una notevole inclinazione verso l'espressione, quindi verso l'espressionismo in tutte le sue accezioni, dal fantastico al mostruoso. Purtroppo nella realtà degli uomini e delle cose, oggi spesso si cela il mostro, il monstrum orrendum, non il monstrum mirabile dictu. E questo è il limite e la coincidentia oppositorum a cui oggi va incontro l'arte di invenzione: la convergenza cioè tra la fantasia e realtà nel territorio dei mostri.

Giorgetti - Sì, è vero, che questa proposta da Pinelli all'Apocalisse assume un valore allegorico riscontrabile poi nella realtà, ma in questo caso non è il Pinelli che si rapporta all'Apocalisse verso cui stiamo andando, ma sono i "Pinelli", cioè tutti coloro - e sono tanti - che sono stati soppressi da un sistema, che non solo tende anche a sopprimere la comunità in cui questo individuo si trova a vivere.
Quindi un'allegoria verso un sistema che distrugge e si autodistrugge.