Rivista Anarchica Online
Re Ubu a
Chernobyl
di Marina Padovese / Fabio Santin
Dal 15 al 19
dicembre scorso, in un'aula della facoltà di Architettura, a Milano,
sono state esposte le sagome di generali (e di altri "mostri
ordinari e straordinari", come si leggeva nella presentazione)
realizzata da Enrico Baj, Gianni Bertolo, Luca Bertolo, Mario
Castellani, Anna Monis, Marilena Osnaghi, Antonella Padovese e Marina
Padovese. Re Ubu a
Chernobyl (oppure: Da Pinelli all'Apocalisse) è il titolo
dell'iniziativa e dello spettacolo che, nelle serate di apertura e
chiusura, è stato allestito con la partecipazione di un gruppo di
mimi (Maurizio Arena, Laura Banfi, Marianna Cappelli, Tonina
Cattaneo, Livia Grossi, Roberto Lun, Sandro Pinna, Claudio Rossi,
Barbara Valsecchi), che hanno "animato" le sagome, e la regia di
Mario Mattia Giorgetti. Preparato nel
corso di un anno - durante il quale sono state tra l'altro
ritagliate e dipinte le grandi sagome - questo "spettacolo"
decisamente insolito è stato organizzato dal Centro Studi Libertati.
Lucilla Salimei ha realizzato un video che ne documenta i momenti
salienti. Il servizio che
pubblichiamo in queste pagine è curato da Marina Padovese e Fabio
Santin. Ecco la loro intervista a Baj e Giorgetti.
Questa è la
prima volta che si tiene una performance teatrale usando personaggi
in legno tratti da grandi quadri di Baj. Quali possibilità in più o
in meno ha offerto questo lavoro, rispetto ad uno tradizionale in cui
gli attori sono i protagonisti?
Baj
- Credo che valga la pena di
citare un precedente. Qualcosa di molto simile è stato fatto a
Stoccolma dal Marionetterteater diretto da Micael Meschke nella
primavera del 1978, quando
il "Pinelli" che era stato esposto al Modern Museet di Stoccolma,
fu ricostruito in sagome separate fatte in parte di legno e in parte,
credo, di gesso e fiberglass. Queste sagome mosse da mimi e attori
del Marionetterteater servivano a mettere in scena l'"Affare
Pinelli" nelle piazze e per le vie di Stoccolma, all'aperto. Andai
alla prima rappresentazione con Roberta, mia moglie, e fu una
bellissima esperienza. Si
partiva dalla ricostruzione del
mio quadro, il quale si scomponeva e, alla fine della
rappresentazione, si ricomponeva. La colonna sonora, registrata, era
un collage tratto, oltre che da brani della "Morte accidentale di
un anarchico" di Dario
Fo, dagli articoli dei giornale dell'epoca, dalle dichiarazioni del
questore
Guida, del commissario Calabresi e dalle deposizioni dei testimoni.
L'attuale
spettacolo, messo in scena dal Centro Studi Libertari, è molto più
complesso poiché nel suo contesto il "Pinelli" è solo una
parte, ovvero un episodio, anche se determinante,
dato che dà l'avvio alla rappresentazione. La maggiore complessità
comporta una notevole serie di difficoltà
nella realizzazione e nella rappresentazione scenica, difficoltà
queste che Mario Giorgetti ha affrontato con grande slancio e
competenza tecnica. Naturalmente
non bisogna dimenticare che si tratta qui, sia in pittura che in
teatro, di un work progress,
suscettivo di ulteriori sviluppi e invenzioni.
Giorgetti
- Io penso che la sagoma di Baj offra più possibilità rispetto a
quello che può offrire un attore, poiché obbliga lo spettatore a
mettere in moto il suo immaginario fantastico. L'attore, in genere,
non vi riesce in quanto essere reale; la sagoma, invece, già di per
sé, come materiale, come segno, come immagine è fantastica. Lo
spettatore crea nello spazio in cui la sagoma agisce, crea lui stesso
i significati e il mondo che intorno alla sagoma si muove; è
l'attore che anima la sagoma e gli suggerisce un rapporto dialettico.
Lo spettatore si trova quindi di fronte a due elementi: uno reale ed
uno fantastico. Le
sagome di Baj, anche se non animate, hanno sicuramente dei
significati molto alti e precisi, ma con l'animazione, secondo me, ne
acquistano di più. L'animazione,
cioè, ci dà una novità sul piano del teatro: un teatro di figura
in cui l'attore è in rapporto inscindibile con la sagoma; e siccome
la sagoma ha
in questo caso delle dimensioni che sono uguali o superiori a quelle
di un essere umano, questo rapporto è ancora più sentito. Ci
troviamo, infatti, di fronte due "figure" che si muovono: la
sagoma di materia, con colori e contorni, con segni particolari e
l'attore che propone, invece, il suo stato d'animo, la sua
partecipazione emotiva, la sua interpretazione, il suo mondo. Unire
gli attori con le sagome è sicuramente un risultato in più rispetto
a quello che sarebbe stato se avessimo agito solo con gli attori.
Anche se qui ci troviamo di fronte a delle sagome che sono
protagoniste, non significa che la sagoma condizioni quello che può
trasmettere in maniera autonoma l'animatore. Mi
spiego meglio: la sagoma, proprio perché è materica, ha un segno
finito nello spazio, che è statico al suo interno; l'attore, invece,
muove dei sentimenti, comunica degli stati d'animo, comunica delle
sensazioni, comunica delle intenzioni.
Ecco, sono proprio questi elementi che l'animatore comunica che,
contrapposti agli elementi che la sagoma a sua volta trasmette, danno
allo spettatore un risultato più importante; e cioè: lo spettatore
si trova di fronte a una proposta dove la finzione è manifesta. Lo
spettatore la riconosce, ma proprio perché la riconosce, la legge in
chiave fantastica, attraverso una serie di ragionamenti che deve
sviluppare per poter seguire questa finzione.
Baj
- Si tratta di possibilità sperimentali, ovvero di
sperimentazioni, di allargare e di caratterizzare il linguaggio
teatrale, servendosi dell'apporto e della partecipazione delle arti
figurative. Nel nostro caso si tratta di una vera e propria ipotesi
di "teatro in pittura", ovvero dell'ingresso della pittura in
teatro. La
pittura ha spesso ricoperto anche in passato i ruoli scenografici e
teatrali: basti pensare alla stanze di Raffaello, al Palazzo
Te di Giulio Romano a Mantova e
alle pitture pompeiane
nelle quali spesso fa la sua apparizione il mimo. Il fatto che
personaggi di un grande quadro come il Pinelli,
o di più quadri - come nel Re Ubu a Chernobyl
- si mettano in movimento, prendano forma e si animino, risolve
l'eterno sogno dell'artista che l'arte possa tramutarsi in vita. Dicono
che Michelangelo, ultimato
nel marmo il suo Mosè, dall'espressione potentemente espressiva, gli
si rivolse apostrofandolo: "Perché non parli?". E poiché la sua
statua non parlava affatto, dicono che Michelangelo infuriato la
colpisse con un martello: della qualcosa il ginocchio destro
recherebbe ancora il segno.
La scelta delle
sagome e dei testi è stata simultanea, una ha condizionato l'altra?
Oppure...
Giorgetti
- Diciamo che i testi hanno seguito le sagome, nel senso che è
attraverso i valori che esse hanno comunicato che sono emersi i
testi. D'altra parte, abbiamo già detto che le sagome erano le
protagoniste del momento da proporre. I testi sono stati scelti non a
supporto ma in termini dialettici o a commento di quello che le
sagome in sé esprimevano. Senza
i testi, senza i commenti, anche musicali, le sagome avrebbero avuto
sì dei valori, ma valori che avrebbero viaggiato su un binario
unico; mentre con l'altro linguaggio, che è quello della parola
recitata, della poesia interpretata, della parte fonica, ecco che le
sagome hanno acquistato una profondità maggiore. Si sono immerse in
uno spazio più "ampio", uno spazio non solo fisico ma anche
sonoro e quindi hanno acquistato un alone, un'importanza superiore. Non
parlerei di condizionamento, ma parlerei semplicemente di relazione
indispensabile.
Come è nata
l'iniziativa? Come è stato impostato e portato a termine il lavoro
di gruppo?
Baj - L'iniziativa, quasi per germinazione spontanea, è
nata dagli incontri con Amedeo, Marina, Antonella, Gianni, Anna,
Luciano, Luca, Mario, Marilena e con tutto il Centro Studi Libertari.
La prima idea era quella di un percorso che da Pinelli
portasse all'Apocalisse. Poi a complicare il tragitto vennero
fuori le mie figurazioni dell'Ubu Re e l'invasione nucleare
Chernobyl. Sicché ora il viaggio parte sempre dal Pinelli
passa attraverso l'Apocalisse e si conclude con l'ascensione
di Ubu e con la sua apoteosi nei cieli di Chernobyl.
Giorgetti - Il lavoro di gruppo premesso che i testi sono
stati scelti e selezionati ed elaborati a tavolino, premesso che il
gruppo che ha animato le sagome non è stato coinvolto nella parte
interpretativa dei testi, possiamo dire che il lavoro, per quanto
riguarda l'animazione delle sagome, è stato impostato in questo
modo: i ragazzi dovevano trovare a ciascuna sagoma un movimento che
potesse corrispondere esattamente alla sua personalità, alle sua
caratteristiche, alla sua dimensione, al suo modo di apparire.
Una volta che siamo riusciti a individuare come la sagoma andava
animata, l'attore-animatore, doveva anche riuscire a trovare uno
stato d'animo a commento di quanto stava proponendo, proprio perché
dovevamo evidenziare che non si trattava di animare la sagoma, ma di
proiettare il valore della stessa e commentarlo contemporaneamente.
Quindi anche se i ragazzi non hanno recitato dei testi hanno recitato
dei personaggi che si contrapponevano, oppure commentavano, le
sagome.
"Re Ubu a
Chernobyl, oppure da Pinelli all'Apocalisse" una storia fantastica
con troppe analogie con la realtà?
Baj - In genere io amo l'arte di invenzione ed ho una
notevole inclinazione verso l'espressione, quindi verso
l'espressionismo in tutte le sue accezioni, dal fantastico al
mostruoso. Purtroppo nella realtà degli uomini e delle cose, oggi
spesso si cela il mostro, il monstrum orrendum, non il
monstrum mirabile dictu. E questo è il limite e la
coincidentia oppositorum a cui oggi va incontro l'arte di
invenzione: la convergenza cioè tra la fantasia e realtà nel
territorio dei mostri.
Giorgetti - Sì, è vero, che questa proposta da Pinelli
all'Apocalisse assume un valore allegorico riscontrabile poi
nella realtà, ma in questo caso non è il Pinelli che si
rapporta all'Apocalisse verso cui stiamo andando, ma sono i
"Pinelli", cioè tutti coloro - e sono tanti - che
sono stati soppressi da un sistema, che non solo tende anche a
sopprimere la comunità in cui questo individuo si trova a vivere.
Quindi un'allegoria verso un sistema che distrugge e si
autodistrugge.
|