Rivista Anarchica Online
Mamma ENI
Sfruttamento e integrazione nel colosso petrolchimico di stato
Un posto di lavoro sicuro, uno stipendio discreto o addirittura
decisamente buono, una prospettiva per
una carriera brillante, il progressivo miglioramento di se stessi attraverso l'esercizio di funzioni
responsabilizzate al più alto livello e per mezzo della ricerca e dell'applicazione scientifica con
le tecniche
più avanzate, un lavoro in un ambiente altamente qualificato e qualificante, tutto questo
promette una
qualsiasi delle Aziende del Gruppo ENI, che, costituisce l'optimum, non solo
in campo nazionale, di
moltissimi settori della produzione. In realtà la sicurezza del posto è una cosa molto
aleatoria; e la testimonianza più lampante si è avuta
quando una delle società del Gruppo, la STIEM, operando nel settore grafico, fu ceduta in
blocco, con
tutti i dipendenti (oltre 300) ad un privato. Trecento famiglie si trovarono alla mercè di un
bandito che
nel giro di breve tempo provvide a chiudere baracca ed a mettere sul lastrico gli ex "fortunati"
dipendenti
ENI. "Mamma ENI ", molto buona, arrivò dopo alcuni mesi a reinserire sotto le sue ali quei
pochi che,
per sopravvivere, non furono costretti a fare il primo lavoro che trovarono. Questa situazione di
fluttuante compravendita di piccole e medie aziende si verifica costantemente nell'ambito dell'ENI, e
tanti
piccoli casi simili a quello STIEM, pur senza averne la stessa clamorosità, si succedono molto
frequentemente. L'ENI, Ente Nazionale Idrocarburi (a partecipazione statale), del quale fanno parte,
fra le altre minori,
le società AGIP, ANIC, SNAM, SNAMPROGETTI, non vive solo di intrallazzi ad alto livello
per
mezzo dei quali riesce ad avere agevolazioni fiscali di tutti i tipi (mentre notoriamente i comuni
lavoratori
non riescono in alcun modo a sfuggire al fisco), ma anche di piccoli sotterfugi che gli permettono di
"fregare" il piccolo dipendente. La responsabilizzazione degli individui avviene, di fatto, attraverso
l'esercizio costante di una funzione
fine a se stessa, non solo in fabbrica dove esistono cicli di lavorazione altamente automatizzati e quindi
semplificati, ma anche negli uffici, soprattutto in quelli centralizzati a San Donato Milanese, dove in
massima parte succede che il lavoro si riduca a saper mettere le mani sulla tabella appropriata ed
eventualmente a compilarla secondo schemi già preparati. Non si può uscire dalla casella
nella quale si
viene inquadrati, e le regole sono ferree: chi le trasgredisce paga sempre in qualche modo. Dal fattorino
che con le sue centomila lire mensili scarse viene spostato nel posto più infelice, al piccolo
dirigente che,
quando non viene sbattuto fuori, viene schiaffato in qualche ufficio marginale e inutile. Le
applicazioni scientifiche, le tecniche più avanzate, sono completo dominio di una ristretta
minoranza
che mantiene il più stretto riserbo sul modo in cui avvengono le "pensate". A tale proposito si
può
constatare come i dipendenti delle società del Gruppo, che hanno libero accesso in tutti gli uffici
di tutte
le società, si trovino di fronte ad uno sbarramento invalicabile quando devono entrare alla
SNAMPROGETTI. Il lavoro più qualificante è fatto da chi, sotto il naso del proprio
capo, riesce a dormire tutto il giorno
alla propria scrivania. In questo ambiente il sistema riesce ad integrare gli individui in un modo
veramente incredibile. La quasi totalità delle persone è convinta di vivere "bene", crede
che meglio di
così non potrebbe stare. Timbra il cartellino quasi con gioia, si dedica anima e corpo a
manovrare fogli
di carta che non servono a niente (ad avallare questa affermazione basta il fatto, che ogni impiegato
può
verificare di persona, che qualsiasi documento che venga lasciato "a riposo" per qualche mese "in attesa
di sviluppi", potrà poi essere tranquillamente archiviato senza difficoltà di sorta), vive
e sogna nella
prospettiva di una promozione che forse non verrà mai. E in questa situazione, in un
ambiente considerato privilegiato, si sviluppano le tendenze reazionarie più
pericolose. Pericolose e nefande in quanto si radicano tra i lavoratori, che non riescono a vedere dove
inizia il benessere e dove invece procede lo sfruttamento. La Società, naturalmente, cerca di
utilizzare
tutti i mezzi possibili per annebbiare la potenziale coscienza politica di ogni lavoratore, per
addormentarono e renderlo così inoffensivo; sa benissimo che concedendo alcuni piccoli
privilegi di
carattere economico e sociale si accaparra le coscienze di molti, i quali difenderanno con tutte le loro
forze il sistema basato sullo sfruttamento. Avviene così che in alcune società del
Gruppo i contratti di lavoro vengano accettati dai lavoratori (il
sindacato fa un lavoro pressoché nullo) di primo acchito, senza che venga fatta neppure un'ora
di
sciopero. Il caso più clamoroso è stato quello dell'AGIP che si è verificato con
l'ultimo rinnovo
contrattuale, col quale è stato concesso (ripeto concesso, non ottenuto) un aumento lordo di
17.500 lire
mensili, ma nessun sensibile miglioramento di carattere normativo per gli operai e per le categorie
più
basse. Lo stesso fatto che il Gruppo ENI sia costituito da Società che, pur operanti negli
stessi settori, abbiano
contratti collettivi di lavoro inquadrati in settori molto differenti contribuisce notevolmente a creare
divisioni fra i lavoratori. E su queste divisioni, evidentemente, il sistema continua la sua marcia
trionfale. Un esempio. La SNAMPROGETTI, società di progettazione che svolge il suo
ruolo nell'area chimica,
petrolchimica e petrolifera, dalla bellezza di otto anni circa si trovava in un'area contrattuale
"transitoria",
che non ne definiva esattamente la posizione e non era collegata direttamente a nessuno dei grossi
contratti nazionali di lavoro; di fatto era la società del gruppo ENI col contratto più
scadente. In occasione dell'ultimo rinnovo (autunno '71) la piattaforma rivendicativa era basata su
queste
fondamentali richieste: definizione esatta dell'area contrattuale con inserimento nel settore del petrolio;
parità normativa per operai ed impiegati. Le lotte sostenutissime dei lavoratori,
nell'impossibilità di
fermare una produzione (una società di progettazione, non fa "produzione"), portavano a
bloccare i punti
nevralgici dell'ENI: la centrale elettrica ed il centralino telefonico (ambedue questi impianti sono comuni
per tutte le società ENI). Gli scioperi procedevano a ritmo molto pesante (circa 180 ore in
tre mesi) ed erano fatti dalla quasi
totalità dei dipendenti sulla base di decisioni prese autonomamente dalle assemblee generali. I
sindacati
come al solito tentavano di fare da schiuma frenante senza troppo riuscirvi. Tanto compatta era
l'azione che la direzione padronale decise di ricorrere alla sua ultima arma: LA
POLIZIA. Squadre di agenti stazionavano in permanenza a presidiare centralino telefonico e cabina
elettrica ed occupavano militarmente il territorio di Metanopoli. La provocazione poliziesca
portò ad
incidenti di varia entità e in qualche caso addirittura al fermo di alcuni impiegati! (peraltro subito
rilasciati). In questa situazione, e qui si rivela il lavoro svolto positivamente dai padroni per se stessi,
i lavoratori
SNAMPROGETTI non furono quasi per niente sostenuti ed appoggiati dai lavoratori delle altre
società,
che si ritenevano estranei alla vicenda; il loro stato di presunto privilegio faceva sì che la
questione non
li toccasse: la presenza della polizia neppure li infastidiva!! Fatalmente il contratto fu accettato su
posizioni quanto mai negative per i lavoratori, la cui posizione
contrattuale rimase la stessa di prima, e lo stesso accadde per la parte normativa. Risulta chiaro che
l'ENI, considerato all'avanguardia nel campo della politica industriale, tiene
perfettamente fede alla sua nomea soprattutto per quanto riguarda i rapporti politici nel campo
economico-sociale. Persegue i suoi fini di avanzata neocapitalistica, e quindi di sfruttamento, nei modi
più subdoli ed efficaci. Contribuisce al permanere dello stato di profonda differenziazione tra
il nord e
il mezzogiorno, favorisce il fenomeno negativo delle ditte appaltatrici, dà un notevole apporto
alla
distruzione della natura e all'inquinamento dei mari (e nello stesso tempo fabbrica e vende depuratori
per
il valore di miliardi di lire) crea difficili e complicatissime situazioni locali con la costruzione di
stabilimenti enormi in zone non preparate a riceverli.
Un compagno dell'ENI
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