Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 2 nr. 10
febbraio 1972


Rivista Anarchica Online

I fascisti "rivoluzionari"
di Gianluigi Cereda

Il valtellinese movimento d'azione rivoluzionaria è uno dei gruppi fascisti più interessanti nella storia dinamitarda degli ultimi due anni

L'opera di controinformazione (che ha preso il via dalla convinzione che solo la completa conoscenza dei fatti da parte di tutti è l'unico mezzo per spezzare il disegno provocatorio repressivo che ha trovato il suo punto più alto nell'accusa infamante a Valpreda e agli altri anarchici (non può non prendere in considerazione un gruppo come il M.A.R. che appare decisamente legato ad una serie indefinibile di attentati terroristici provocatori.

Lucca. I guerriglieri di destra appartenenti al Movimento di Azione Rivoluzionaria o MAR, della Valtellina (Carlo Fumagalli, Orlando Gaetano, Giulio Franchi, Armando Carrara, Franco Romeri, Pietro Romeri, Albino Salatenna) e al Movimento Nazionalista di Italia Unita della Versilia (Raffaele Bertoli, Franco Del Ranieri, Amedeo Birindelli, Enzo Salcioli, Gino Bibbi), tutti imputati di cospirazione politica, di organizzazione ed esecuzione di attentati dinamitardi (quelli ai tralicci in Valtellina e in Lombardia della primavera 1970), di detenzione di armi ed esplosivi più una serie di reati minori, sono stati rinviati a giudizio dal giudice istruttore di Lucca, Francesco Tamilia, ma con un radicale alleggerimento delle imputazioni formulate a suo tempo dal procuratore della Repubblica di Sondrio Bruno Mazzotta. Il giudice Tamilia, a cui il procedimento è arrivato dopo la dichiarazione di incompetenza territoriale di Sondrio (è lo stesso giudice che dal caso Lavorini volle escludere ogni componente politica) ha visto nel MAR un'organizzazione criminale ma tesa solo a risolvere questioni di rivalità locali valtellinesi, nel movimento di Italia Unita un'associazione che mirava ad operare "nei limiti della legalità repubblicana sostituendo all'attuale sistema un altro della stessa specie ma meno disonesto" e infine l'occultamento di dinamite e il traffico di armi ed esplosivo come "un'insensata esuberanza, l'esibizionismo di qualche elemento più fazioso". Risultato: derubricazione del reato di cospirazione politica in quello di associazione a delinquere e immediata revoca del mandato di cattura emesso dal giudice istruttore di Sondrio a carico del latitante Carlo Fumagalli il 18 maggio 1970. Il Fumagalli non è mai stato catturato né si è presentato al magistrato a mandato revocato. L'iter di questa istruttoria ricorda da vicino quello di cui hanno beneficiato i neo-nazisti Giovanni Ventura, Franco Freda e Aldo Trinco che, in un analogo trasferimento per incompetenza territoriale da Treviso a Padova si sono visti accogliere la richiesta di scarcerazione e cadere la grave imputazione di associazione sovversiva.
(dal bollettino di controinformazione democratica, n.7, del 25 ottobre 1971).

Il M.A.R. (Movimento d'azione rivoluzionaria), gruppo terrorista fascista, composto da ex repubblichini e da ex partigiani di destra (badogliani, monarchici, liberali), dall'ideologia contorta a cui contrappone programmi e metodi ben chiari e precisi, chiaramente fascisti, ha fatto la sua apparizione solo recentemente (1969), ma le sue origini vanno ricercate più a monte fino risalire alla Resistenza. Nei rapporti dei carabinieri viene definito come la branca militare della lega "Italia Unita".

Siamo nell'inverno 1944-45, ormai la sorte dei nazifascisti è segnata, in tutta Europa gli "alleati" avanzano a spartirsi nuove zone di influenza. Nei paesi ancora occupati la "vecchia" resistenza corrode le retrovie nemiche, con sempre maggior successo e quindi appare ovvio che al suo fianco se ne sviluppi un'altra di resistenza, antifascista di comodo ma sostanzialmente reazionaria che nella battaglia ormai perduta dal fascismo cerca di non perdere le sue posizioni di privilegio, il mantenimento dei profitti.
E come controllare la resistenza rivoluzionaria, già impastoiata dalle beghe di partito, se non inserendo al suo interno propri elementi, se non costituendo nuove bande, da conservare intatte, per avere maggior peso di contrattazione nella lotta per il potere che si avvicina?
Ed ecco Giuseppe Motta (Camillo) che inviato dal CNL (Comitato Nazionale di Liberazione) di Milano, prende il comando della brigata Valtellina, con sede a Bormio. Tramite un certo Foianini tiene contatti con la CIA americana, a Livigno, che gli assicurerà continui lanci di armi e munizioni, trascurando completamente le brigate garibaldine (comuniste) di fondovalle.
Raccoglie intorno alla sua brigata tutti i partigiani monarchici, badogliani o comunque di destra della zona fino a quando raggiunge una certa consistenza per dare inizio ad una pesante campagna denigratoria (calunnie, provocazioni) nei confronti della Brigata Garibaldi, comandata da Nicola, presente a fondovalle, costringendola ad abbandonare la zona, insieme alle altre componenti di sinistra.
Nello stesso periodo compare Carlo Fumagalli, comandante di una banda di partigiani apolitici, "I Gufi", il quale diviene il braccio destro del Motta, per poi entrare in Sondrio, il giorno della liberazione, alla testa della divisione "Alta Valtellina".
E qui incominciano i fatti strani:
- la mattina tra il 25 ed il 26 del '45, il col. Alessi viene assassinato in un'imboscata (grazie ad una spiata di cui si sa anche l'autore). Alessi, che aveva iniziato nel '44 ad organizzare la resistenza in Valtellina, e che, individuato dai tedeschi, aveva dovuto riparare in Svizzera, era rientrato in Italia il 13 o 14 d'aprile per assumere il comando di tutta la zona. Chi aveva interesse al suo silenzio?
- nello stesso periodo, viene assassinato il vecchio Fossati, proprietario di cotonifici. Si disse che fu ucciso per sbaglio, al posto di un gerarca fascista; voci degne di fede indicano invece in due suoi congiunti i veri colpevoli, con lo scopo di impadronirsi dell'impero manifatturiero.

Finita la resistenza, ci pensò la DC locale, clerico-fascista, a non fare dimenticare troppo presto i soprusi del ventennio. Il Motta, intanto, dà la scalata ai gradi militari; lo ritroveremo colonnello dell'esercito a reprimere duramente gli altoatesini dal 1952 al 1960. Uomo di fiducia del S.I.M. (Servizio Informazioni Militari), quindi in pensione e, guarda caso, sempre in Valtellina, prima a Bormio, poi a Sondrio.
Per parecchi anni tutto tace, poi, improvvisamente, arriva il 1969. Incomincia il terrorismo (attentati ai tralicci della Valtellina ed in Lombardia nella primavera del 1970).
La polizia indica come responsabili (per forza di cose, di anarchici, lì, non ce ne sono):
Carlo Fumagalli (il capo partigiano), Gaetano Orlando, Giulio Franchi, Armando Carrara, Franco e Pietro Romeri e Albino Salatenna. Ma Fumagalli è introvabile, (forse, come Borghese, possiede il dono dell'invisibilità) e l'attività del M.A.R. continua indisturbata.
Trento 1971, attentato alla ferrovia, compare Antonino Garofalo, autodefinitosi il piccolo Stalin della Valtellina, mercante d'armi e di esplosivi, lavorava a pochi metri dal luogo dell'attentato, da allora è sparito.

Ma il M.A.R. non è solo questo, non è solo un gruppetto fascista che tira bombe ai tralicci, no, è qualcosa di più serio, qualcosa che va in profondità; vediamo perché:
il M.A.R. ha agito scopertamente in due zone, la Valtellina e la Versilia, installando centrali radio fantasma che "disturbarono" i programmi radio-TV in più occasioni (vale ricordare quella attuata due giorni dopo gli attentati ai tralicci e che invitava la popolazione a prendere le armi in difesa dei sacri valori nazionali). E, proprio in queste zone, erano presenti due uomini del S.I.D. (ex SIM, ex SIFAR) Camillo Motta in Valtellina ed Enzo Salcioli in Versilia, operante all'interno del gruppo fascista "Movimento Nazionale Italia Unita". A questo proposito riportiamo la notizia pervenuta dalla redazione del periodico tedesco "Der Spigel ", dove Enzo Salcioli si sarebbe presentato dicendo di possedere una serie di documenti contenenti: prove di forniture di armi da parte dell'esercito, per un colpo di stato nel 1964 (De Lorenzo), prove che i servizi segreti inviarono il Fumagalli nello Yemen ad organizzare un colpo di stato, documenti del S.I.D. che indicano gli autori delle bombe del 12-12-69 (quelle per cui i compagni sono in galera da più di due anni) in appartenenti al già citato "Movimento Nazionale Italia Unita" e dai quali sembrerebbe che l'ordigno per la Banca dell'Agricoltura sia stato preparato dal Fumagalli in persona, con esplosivi provenienti da Brusio e da Campo Cologno in Svizzera, mentre per gli attentati a Roma, l'esplosivo sarebbe stato fornito da Birindelli, appartenente al M.N.I.U., o da elementi di Ordine Nuovo (altra organizzazione nazi-fascista) Sante Casone e Pierluigi Cartocci (vedi "La strage di Stato").
Di certo si sa che il Salcioli giunse in Versilia subito prima degli attentati, che partecipò a riunioni, che si interessò ad armi ed esplosivi dopo di che scomparve. E come nel '45 si incontra una morte misteriosa (ma non troppo): quella del giornalista che passò le informazioni sul caso Salcioli.

Ai tempi del fantasmagorico tentativo di "golpe" di Borghese, la Valtellina, nei progetti del principe nero, doveva servire da ridotta, ed infatti c'era gente con dei piani in mano secondo i quali i compiti del M.A.R. consistevano nell'occupazione delle centrali idroelettriche al fine di sospendere l'erogazione di corrente elettrica per Milano, mentre altri rottami del ventennio vennero contattati con l'invito di tenersi pronti.
Appare ora abbastanza delineata la collocazione di questo gruppo di Sanfedisti alla riscossa, nello schieramento dell'estrema destra nazionale (viene da ricordarsi le parole che Mussolini, in un attimo di lucidità, ebbe a dire: "Se il fascismo morrà, sotto la sua pietra tombale non potranno che risorgere dei Vermi").
E come nel '19, anche ora si trova un collegamento, per niente nascosto, tra esecutori e mandanti, tra bombaioli e amanti dell'ordine. Infatti il M.A.R. è in contatto con esponenti della finanza valtellinese e non. Il 7.7.1970, all'albergo Europa di Sondrio, ci fu una riunione ristrettissima, proseguita poi in settembre in località Sassella, in casa di proprietà dell'industriale Rigamonti, per finire a Tirano con la partecipazione di un sacerdote, Don Bonazzi, parroco di Vallepinta, redattore del periodico clerico-fascista "L'Ordine". A questa riunione partecipava anche il Fumagalli, già da allora latitante introvabile.
Seguì poi, a dimostrare maggiormente gli interessi difesi, il tentativo di organizzazione di una sommossa di tipo corporativo e campanilistico in Valtellina (come Reggio Calabria? o L'Aquila?) per la situazione precaria della strada statale n.36. In tale opera si distinsero la Camera di Commercio di Sondrio, e, soprattutto, il presidente dell'Associazione Albergatori, Tato Sazzoni, il cui amici intimi compaiono come gli esponenti principali degli investimenti nelle infrastrutture turistiche locali, dopo essersi assicurato il controllo di alcune catene di alberghi nella Grecia dei colonnelli.
In quel periodo si verificarono due frane che bloccarono la S.S.36, in località Dervio, per diversi giorni; non se ne ha la certezza, ma non è da escludere la dolosità di quelle frane, verificatesi entrambe nello stesso punto e la seconda dopo che l'ingegnere del Genio Civile aveva completamente escluso il pericolo di nuovi cedimenti del terreno. Sempre nello stesso periodo, al giornale radio delle 7.30, fu annunciato il rinvenimento, sulla ferrovia Sondrio-Milano, di due bombe inesplose; stranamente la notizia scomparve dei giornali radio successivi e non se ne seppe più nulla. Parallelo è il tentativo di agganciare i lavoratori delle centrali elettriche soprattutto in alta valle per coinvolgerli in una azione di massa (giusto secondo i precetti di Verona, 1944).

Ma altre domande si impongono.
Che fine hanno fatto le armi, lanciate dagli americani, durante la Resistenza? Chi, oltre a Fumagalli, controlla i numerosi depositi? Quello che è certo sono le radio e le attrezzature televisive e telefoniche per intercettazione in possesso del Fumagalli, i tentativi di scissione portati all'interno dell'A.N.P.I. (Associazione nazionale partigiani d'Italia) dal Fumagalli, le conferenze pro maggioranza silenziosa (primavera del '71) del Motta, i contatti con alcuni grossi nomi di Milano, come il medico Guido Pasquinucci, capo del Fronte degli Italiani (fascista) e l'avv. Adamo Degli Occhi, difensore di Gaetano Orlando, rappresentante della maggioranza silenziosa, il continuo traffico d'armi dalla Svizzera all'Italia per canali misteriosi ma non troppo, ed infine, più grave di tutti, l'assassinio di un giovane tedesco, rimasto senza identità e senza movente, ritrovato nei boschi sopra Gardalo, campo di battaglia del sempre latitante Carlo Fumagalli, ex partigiano.

Gianluigi Cereda