Rivista Anarchica Online
Il problema della
lettura
di AA. VV.
Voci e opinioni
sulle comprensione del messaggio artistico nel passato, nel presente,
nel futuro.
Vivere nella
realtà(V. Accame)
È
difficile che il narcisismo possa diventare o risultare un buon
alleato dell'artista. L'artista vero ha la consapevolezza di quello
che sta facendo e l'invenzione comporta sempre una fatica. La
"necessità" di creare è la stessa "necessità"
connaturata all'uomo, di essere libero. L'artista, più di ogni altro
uomo, capisce il senso e il valore della libertà. È
evidente che l'artista possa anche provare piacere a "comunicare
agli altri le sue emozioni ecc...", ma il fatto più importante
è che le "deve" comunicare. Qualunque sia il suo tipo di
lavoro, l'artista lavora "per dare poesia al mondo". E in
quanto al rapporto tra messaggio e linguaggio, il problema non si
pone neppure; perché l'artista non "sceglie" un
linguaggio; messaggio e linguaggio si identificano; l'artista
comunica soltanto come sa comunicare (in questo è esattamente
l'opposto del politico!). L'artista non può
estraniarsi dalla realtà, anzi, deve vivere nella realtà, nella
realtà in trasformazione. Non esiste un artista "inconsapevole".
L'arte è in continua evoluzione (i "ritorni" sono soltanto
mode, speculazioni di mercato, che nulla hanno a che fare con l'arte:
perché l'arte è, prima di tutto, invenzione). È difficile comunque
configurare una funzione dell'artista (dove? nella società!); e non
credo che l'artista sia più "sociale" perché dipinge
operai o canta la fatica dei contadini nei campi; o sia più "utile"
all'umanità perché dipinge una colomba. Ben inteso: un artista può
anche dipingere una colomba, e con questo esprimere un messaggio di
pace, ma la colomba ha ben poco a che fare con la sua arte. Se
Picasso avesse dipinto una colomba negli anni Dieci, poniamo, nessuno
l'avrebbe percepita come un messaggio di pace. Pensiamo del resto a
quanti milioni di colombe sono state probabilmente dipinte, a quanti
canti di libertà sono stati scritti... senza lasciare alcun segno
determinante nel mondo. Sì, quella di modificare il mondo, dandogli
appunto "poesia", è una delle più sentite - e recondite
- ambizioni dell'artista, e probabilmente è anche la sua unica
ragione d'essere; ma il mondo non è sempre... dello stesso avviso.
Anzi, diciamo pure che l'artista, nel mondo, è sempre un emarginato,
e che una sua "integrazione" comporta una necessità di
compromesso che toglie autenticità alla sua arte, fino ad
annullarla. Ogni epoca storica, ogni regime sociale, hanno sempre
cercato di condizionare l'artista, anche se, ovviamente, in misure
diverse. (. .) Non ritengo
libertario nessun "ritorno", nessun rifacimento e nessuna
soluzione semplicistica del problema dello stile (cfr. "postmoderno"
ecc.); come non sono libertarie le compiaciute proclamazioni di
"crisi", di "debolezza" o d'altro, assunte a
teoria estetica o filosofica. Libertaria può essere soltanto un'arte
"al di fuori del sistema": ma questa è soltanto una
premessa, perché, ovviamente, di per sé, non basta. Un'estetica
libertaria, del resto, non può che guardare verso il futuro.
L'utopia, comunque, è sempre meno improbabile di quanto riusciamo a
immaginarla.
Nemmeno
sull'astronave (R. Aricò)
Come fa un artista
ad estraniarsi dalla realtà? Neanche vivendo su una nave
interstellare ci riuscirebbe. L'artista è un uomo, un uomo che pensa
e vive subendo gli "stimoli sociali" come qualsiasi altro
uomo che esplica in una qualsiasi altra attività - cos'altro?
Comunicare le
proprie visioni
Carla Accardi,
pittrice, fin dal 1946 quando si trasferisce a Roma si inserisce
attivamente nel movimento artistico europeo. Numerose le sue mostre
in tutto il mondo.
Ho creduto molto al
compito di allargare ai molti la comprensione riservata ai pochi.
Negli ultimi anni però il fenomeno del consumo di massa della
cultura ha bloccato quella tensione. È assurdo supporre
che il narcisismo possa scaturire in qualche cosa di creativo; lo
vedo infatti come un vero e proprio blocco alla creatività, in
quanto ti impedisce di uscire fuori da te. Il momento creativo è lo
stadio successivo al narcisismo, il desiderio cioè di comunicare le
proprie visioni. Non spetta a me
sapere quale dovrebbe essere il rapporto tra messaggio e linguaggio;
questo rapporto o c'è o non c'è arte; non si può codificare.
Il pane e
l'estetica (Aut-Art)
Non esiste un
rapporto proporzionale tra la libertà espressiva e le condizioni
sociali anche se diverse ipotesi di carattere psicanalitico e
sociologico si potrebbero azzardare. Spesso è necessario, per chi si
occupa di attività creative, porsi dei limiti affinché si possa
analizzare più scientificamente il campo da esplorare. Anche se la parola
"limiti" suona male, è fondamentale come concetto. Fermo
restando che più la società è libera più ti permette di creare, è
vero d'altra parte che l'operatore deve porsi degli ambiti
circoscritti in cui operare. Pasternak diceva: "più catene ho
addosso, più mi sento libero". Questo dovrebbe sempre essere
attuato da chi opera in campo artistico. Il limite è sempre
coscienza di sé e se l'artista non è cosciente, non sarà mai
produttore d'arte ma solo un imbonitore. Chi intraprende un processo
artistico, inizia quelli che Heidegger chiamava "sentieri
interrotti"; se nel momento artistico c'è una componente di
godimento, nello stesso tempo ce n'è anche un'altra che fa scattare
quella molla creativa per cui devi oltrepassare il punto ove sei
arrivato. La funzione sociale
dell'arte si riassume nel bisogno della dimensione estetica. L'essere
umano ne ha bisogno al pari della pagnotta. Per quel che riguarda la
figura e la funzione dell'artista c'è da dire che in certe
situazioni queste sono state tanto in sintonia con i momenti sociali
del loro periodo da poterne rappresentare l'"aspetto artistico"
ma è stato un caso.
Multa paucis (E. Baj)
Enrico Baj,
neo-dadaista, surrealista, patafisico, svolge la sua attività
artistica a Milano dove è nato nel 1924. Tra le sue opere, sempre
fortemente satiriche, ricordiamo "I funerali dell'anarchico
Pinelli" e la serie dei "Generali".
L'arte può essere
considerata come un sistema di memorizzazione e di comunicazione che
serve agli uomini per comunicare tra loro anche in epoche diverse.
Così attraverso l'arte io posso ancora ricevere informazioni, oggi
si dice "bit", dal Cinquecento, sul Rinascimento, ecc...
Questo è uno dei tanti aspetti dell'arte, il suo aspetto
comunicativo che ne fa un linguaggio. L'arte può essere: A) rappresentativa
e celebrativa, descrivere cioè e glorificare la realtà, la natura,
il potere, la gerarchia, le ideologie di asservimento, che cioè
servono a controllare e a sottomettere. B) oppure può, e
direi deve, essere arte di immaginazione e di invenzione. Questo è il tipo
di arte che ci interessa poiché coinvolge la creatività e quindi la
sua incidenza sul reale: oggi che siamo più condizionati che mai, e
quindi più schiavi, di macchine, computer, memorie artificiali,
intelligenze a circuiti stampati, codici anagrafici, postali,
telefonici, fiscali, assistenziali, eccetera, l'arte rappresenta
l'unico linguaggio non controllabile dalle strutture
dell'organizzazione. L'arte ci consente ancora una certa
clandestinità privata, perché l'arte è un linguaggio non
decodificabile a livello amministrativo. I messaggi
artistici, poetici, filosofici, concettuali sono in genere ricchi di
idee, ma recepiti da pochi: multa paucis. In genere la
pigrizia mentale solletica e sospinge verso manifestazioni esteriori
e in sommo grado effimere, come la moda o il campionato di calcio. Si
trova caro un libro a lire 20.000 ma non un pieno di benzina a 60.000
lire, un posto allo stadio per lire 100.000 o una cravatta a 50.000.
Non c'è bisogno di una società utopica ma molto più semplicemente
di un tessuto sociale ove i soldi vengano spesi un po' meglio.
Come Sisifo (R. Barletta)
L'artista crea
perché dal di dentro sente il bisogno di creare: è un impulso non
spiegabile razionalmente e biologicamente. Psicologicamente tale
impulso è derivato da un misto di narcisismo e di bisogno di
comunicare con gli altri. Il rapporto tra messaggio e linguaggio è
sempre precario, indeterminabile, evoluzionistico. L'arte è un
fluido in movimento dentro il fluido che è la vita storica e
collettiva. La normatività nell'espressione artistica è costituita
da brevi segmenti. La creazione
artistica dalle caverne preistoriche ai lager moderni è sempre
riuscita a prodursi, come il filo d'erba nella roccia riarsa. La
pulsione libertaria, la sfida al destino, è parte essenziale
dell'arte. Al contempo,
l'artista è dentro e fuori la realtà. Per lui non c'è un "dover
essere", c'è una libertà senza limiti; tuttavia la condizione
dell'artista è pari a quella di Sisifo.
I vecchi e i
postmoderni (G. L. Bellei)
Storicizzandosi,
gli artisti, i movimenti rivoluzionari diventano oggetto di
attenzioni e simpatie della nuova intellighenzia borghese che alfine
ne appiattiscono il messaggio. Per questo l'unico
termine di paragone che può definire l'artista (anche se oggi i
critici lo rinnegano) è l'autenticità del messaggio
estetico. Autenticità che è legata al momento storico in cui si
opera (ovvero al presente: sempre così sostanzialmente uguale ma
diverso dal passato) ed al comportamento dell'artista stesso, crea
un proprio "linguaggio" il quale è direttamente connesso
con il suo intrinseco ed oggettivo "messaggio". In
quest'ottica reazionario appare tutto ciò che è obsoleto o non in
diretto rapporto con i propositi libertari di "cambiamento"
o meglio di rivoluzione. Obsoleto è quindi anche tutto ciò che
risulta storicizzato e di conseguenza amorfo e sterile nelle sue pur
apparentemente vive espressioni. Perciò solo un
rinnovamento costante del linguaggio può contenere in sé il germe
della contestazione come viceversa la contestazione obsoleta e fine a
se stessa risulta alfine sterile e vuota se non è correlata ad un
progetto di liberazione che pulsi intrinseco nell'atto del fare arte
come nella sua "anima". Tale progetto può
essere altresì insito soltanto in una mente libertaria e, per di
più, cosciente e non altrimenti in sé, come l'arte per l'arte e le
sue correlate concezioni borghesi. Ma rinnovamento
vuol dire anche consapevolezza della propria ed attuale situazione
storica che, oggi come oggi, appare da un lato dominata dai vecchi
maestri i quali, incapaci di comprendere una realtà in movimento (o
per scarso potere contrattuale nei confronti dei mercanti e dei
propri acquirenti che richiedono le stantie - ma paganti sul mercato
- opere giovanili rivoluzionarie, o per propria incapacità al
rinnovamento), riciclano ossessivamente la loro immagine primigenia e
dall'altro lato dai giovani cosiddetti postmoderni.
L'artista come
filtro (M. Bentivoglio)
La creatività non
può venire trasformata in merce. Semmai piuttosto il prodotto della
creatività, l'opera. Ma il condizionamento, qualsiasi tipo di
condizionamento (ai limiti la solitudine dell'individuo, il destino
di morte) è all'origine stessa dell'attività creativa. Non
dimentichiamo che in una società senza mercato sarebbe il potere
politico a condizionare l'artista (e in Italia convivono i due
condizionamenti). L'artista ha sempre contrabbandato il livello
espressivo in un prodotto che aveva una funzione sociologica. Il
livello sociologico è solo uno dei livelli: quindi è possibile la
convivenza di prodotto commerciale e messaggio di rottura. Ma è rara
e difficile; richiede profonda maturità critica, perfetto equilibrio
tra capacità di "sentire" e intelligenza ossia capacità
di "relazionare" (...). L'artista non si
chiede perché opera, per la stessa ragione per cui non se lo chiede
chi fa l'amore, ma l'amore è stato dato all'uomo per la
conservazione della specie. Ebbene l'artista, quando opera, comunica;
è il filtro individuale di una cultura prodotta dagli uomini. Quando
opera è dentro all'umanità tutta intera, ne è l'espressione e il
veicolo espressivo. Nell'opera vitale il rapporto tra messaggio e
linguaggio è: identità. In ciò che definiamo (ritengo
impropriamente) arte, in ciò che non è mera illustrazione, il
linguaggio non è una veste con cui si copre una nudità. Quel
messaggio può avere solo quel linguaggio. È
il linguaggio a dettarlo.
Specchiarsi negli
altri
Claudio Costa, è
nato a Tirana (Albania) nel 1942. Vive a Genova dove opera come
pittore e scultore. Ha esposto in numerose mostre personali e
collettive in Italia e all'estero.
Premesso che
ritengo la creatività innata in ogni uomo e che la società, per
poter sussistere deve basarsi proprio sul controllo di tale
creatività, riferendomi ad una società dell'Utopia, solleciterei
l'io collettivo ad un maggior coinvolgimento nella sfera
dell'artisticità, alla sua quotidiana presa di coscienza, forse
destabilizzante per la tranquilla sicurezza mondana, ma essenziale
per una conoscenza allargata e culturalmente fondata delle capacità
umane. In senso lato, la
creatività può essere usata sul piano del mercato ed entrarvi per
la carica innovativa che essa rappresenta rispetto a modelli estetici
precedenti. Spesso essa si misura coi prodotti di maggior consumo,
basta pensare al design, alla moda o alla pubblicità. La creatività,
essendo patrimonio comune dell'uomo, viene incanalata dalla società
stessa soprattutto verso quegli aspetti che ne possono migliorare
l'economia e la sua definizione statuaria. Se ci si vuol riferire
alla creatività dell'artista, ritengo che ben difficilmente
l'artisticità possa essere trasformata in prodotto commerciale vero
e proprio, l'artista ha un suo statuto antropologico diverso e
particolare e la sua vita è un tentativo di riallacciarsi
continuamente all'assoluto con il suo lavoro. L'artista opera non
pensando se sarà recepito dal mercato e quando ciò avviene, si
produce comunque su un piano ristretto. È
chiaro che nel momento in cui l'artista entra nell'ottica del
mercato, ne dovrà subire anche certi condizionamenti che, pure,
rimangono diversi da quelli del prodotto commerciale vero e proprio. L'artista ha a che
fare col linguaggio, con la sequenza dei codici infiniti che lo
determinano, con le poetiche che lo fanno mutare. Anche se la prima
molla motrice può rivelarsi narcisista, sarà quella di un Narciso
che si specchia negli altri per trovarvi un atto specifico di
comunicazione. Il rapporto tra il messaggio e il linguaggio che
l'artista sceglie per comunicarlo è, molte volte, in anticipo sui
codici esistenti e spesso gli si può accedere solo a posteriori
(...). Ci sono stati (ci
sono e ci saranno) casi in cui l'artista si è estraniato dalla
realtà, come casi in cui si è fatto attento "sensore" del
sociale, momenti in cui si è rivolto a problemi che riguardano l'uso
più specifico del suo lavoro, o situazioni in cui questi
atteggiamenti si sono alternati. Dando un'esatta classificazione
all'artista per collocarlo in un corollario inquadrabile rigidamente,
mi sembra di ridurne il concetto di libertà che è il primo
attributo riferibile al suo essere.
Per sconfiggere
la morte (G. di Genova)
Ogni artista è
soggetto alla coazione, a ripetere, ad associare ed a simbolizzare,
che è comune a tutto il comportamento umano. Tuttavia in ciò
l'artista investe più pulsioni individuali di qualsiasi altro. Il
comunicare è un momento secondario. La prima spinta di ogni artista
è di conoscere se stesso attraverso simbologie espressive (=
linguaggio) che si concretizzano nell'altro da sé (= l'opera). Ogni
artista tende a restituire in primis a sé e poi agli altri un
autoritratto psicologico-simbolico il più completo possibile. E più
che per narcisismo o megalomania (componenti, comunque, fondamentali
in ogni atto creativo, non solo nel campo dell'arte), fa ciò per
sconfiggere la morte, per andare al di là della sua vicenda
effimera, del suo transeunte esistenziale. Il vero fine di ogni
essere creativo è andare oltre i propri tempi d'esistenza, è
insomma l'aspirazione all'eternità, o l'eternità in senso
storico-umano. Per la scelta del messaggio e del linguaggio l'artista
non è mai libero, in quanto è condizionato dalle sue attitudini,
dai suoi bisogni, dalle pulsioni del suo inconscio, tutte cose che
sfuggono alla sua volontà e per questo le avverte come estranee,
addirittura superiori a lui. Non a caso s'è tanto parlato
dell'antichità all'epoca romantica d'ispirazione riguardo
all'artista. (...). Se è vero che
l'artista è sempre anarchico, lo è per sua natura e non
necessariamente per convinzione. In arte il termine libertario non
può avere lo stesso valore che ha in politica. Pertanto è
libertario in arte ciò che libera energie creative e simboliche
trattenute nell'inconscio collettivo e personale dell'io creativo.
Migliorare il
gusto (P. Euchaurren)
L'artista crea per
piacere narcisistico, ma anche per comunicare, anche se comunicare
non vuol necessariamente dire comunicare a tutti (...). Penso che come ogni
altro uomo anche l'artista non possa che essere calato nella realtà,
ma non necessariamente dicendo questo intendo che occorra produrre
opere d'impianto sociale, spesso l'essere inseriti nel mondo reale si
esplicita non solo nei contenuti ma nei modi di lavoro, per esempio
nella capacità o nella voglia di colorare l'esistenza, o
semplicemente di immettere il proprio lavoro nella vita quotidiana,
di tentare cioè di migliorare la percezione estetica, il gusto.
Il portavoce
"puro"
Renzo Margonari,
nato a Mantova nel 1937, è scultore, pittore, incisore, saggista e
critico. Ha contribuito alla rivalutazione del surrealismo in Italia.
L'artista crea per
la volontà di creare, non può sottrarsi a questo impulso. Usa dei
segni. In questa condizione è intrinseca la ricerca della
possibilità di comunicare. Ma l'unica possibile problematica
dell'arte è l'arte stessa. Essa non può comunicare altro che il
senso dell'esistenza, inconoscibile e che tutti cerchiamo di
conoscere, il perennemente relativo, il perennemente libero perché
non codificabile. Se fosse possibile definire il concetto di arte non
sarebbe utile alcun tentativo di produrla. Però si può
cercare di definirne le necessità, anche se ogni condizionamento è
contrario al senso stesso di arte: la libertà al di fuori d'ogni
finalizzazione se non quella stessa del suo farsi; dunque la completa
sincerità. Un messaggio può emozionare solo quando ha la capacità
di riprodurre il vero, di scavare sotto l'incrostazione delle
convenzioni e di ritrovare l'arché, l'origine. Perciò l'arte
dev'essere una scelta non finalizzata a qualsivoglia utilità,
affermazione, successo o danaro. Le sue
applicazioni, utilizzazioni, non riguardano l'artista se non come
aspetti secondari rispetto alla stretta necessità d'espressione.
L'artista per questo suo modo di essere "vero" non è mai
estraneo alla realtà, perché "vive" (non "contempla"
come vuole la morale borghese) capisce, opera per sé, per la sua
vita, dimenticando la relazione sociale e comunitaria ma proprio per
questo ne diviene il portavoce "puro".
Come i terremoti (M. Persico)
Il rapporto che
l'artista intrattiene con la realtà tangibile e con la società,
oggi non è terapeuticamente conflittuale come un tempo. I meccanismi
della società, i ritmi e, soprattutto, le strategie di chi ha sempre
dominato sono notevolmente mutati. Gli aculei dell'artista si sono
spuntati contro le patine protettive delle nuove burocrazie
culturali. Il suo gesto non meraviglia più nessuno dal momento che
regole aggiornatissime e capovolte rispetto a quelle del passato lo
hanno letteralmente svuotato: lo si assorbe nella duttile e
opportunistica logica del "sistema"; lo si colloca nei
musei; gli si costruisce una gabbia dorata. Quando, nonostante ciò,
qualcosa accade, vi è sempre il silenzio lucidamente organizzato
intorno all'irriducibilità di quel gesto. Non esistono
condizioni particolari che permettono la creazione artistica. Questa
convinzione riguarda i sociologi dell'arte che, come sempre, cercano
di ridurre in formulette segni che non sono imprigionabili a vita nei
vari lager enciclopedici da essi pazientemente edificati. "L'arte,
come i terremoti, non è inscatolabile". La pulsione
creativa-libertaria vi gioca un ruolo fondamentale, ma non bisogna
equivocare sull'aggettivo. Artaud diceva "... la poesia è
anarchica, nella misura in cui rimette in discussione tutti i
rapporti fra oggetto e oggetto, e fra forme e loro significato. È
anche anarchica nella misura in cui la sua apparizione deriva da un
disordine che ci riavvicina al caos". Orbene, l'azione
libertaria dell'arte scaturirebbe dal disordine esistente
nell'artista, disordine cui non è attribuibile necessariamente
un'intenzione.
Al di là del
linguaggio (G.G. Spadari)
Le condizioni che
permettono la creazione artistica sono all'interno dell'individuo
artista. Si possono fare esempi di società autoritarie e limitatrici
delle libertà individuali dove si sono create autentiche opere
d'arte, mentre non è sempre detto che in una società dove è
garantita la libertà di ricerca artistica, sempre si avranno
risultati creativi validi. La pulsione libertaria è alla base della
creatività artistica anche se l'artista non sempre ne è cosciente.
Io credo che tutto quanto si è fatto nella prima parte del nostro
secolo è frutto di un'azione libertaria. In particolare il
surrealismo e il dadaismo con linguaggi assai differenti si sono
posti questo problema. Erano comunque linguaggi di rottura. Ma credo
anche che non sia scritto da nessuna parte (quindi non è una verità
rivelata) che bisogna adoperare linguaggi di rottura per essere
libertari. Si può essere
libertari anche adoperando linguaggi "evolutivi"
all'interno della storia dell'arte. Ci sono anche dei linguaggi che
in apparenza sembrano nuovi o di rottura e invece sono reazionari.
Credo anche che molta "arte astratta" sia reazionaria pur
usando un linguaggio nuovo o semi-nuovo, come lo può essere un
linguaggio figurativo che fa astrazione o riduce la realtà a
significato astratto.
Come un
alchimista
Bruno Conte, è
nato nel 1939 a Roma dove vive e lavora. Il suo operare, dalla
grafica alla costruzione oggettuale si svolge parallelamente ad
un'attività letteraria.
L'artista, ma
chiunque progetta o fabbrica inventando, dovrebbe trovare, pur nella
complicità delle relazioni, l'autenticità del proprio campo. Così
il fruitore dovrebbe essere in grado di riconoscere questa
autenticità. L'incontro può avvenire in un comune terreno
culturale. Che cosa si intende per cultura? Non tanto conoscere
l'epoca di un monumento quanto apprezzare le forme dei sassi lungo un
fiume o la materia della corteccia di un albero. Apprezzare quindi un
monumento con la stessa sensibilità con cui si osserva una roccia
vulcanica. Cultura come educazione per ciechi, dal sasso alla
cattedrale, dal segno lungo un muro al quadro nel museo. Chi può
dare questa educazione, stabilire questo contatto? Il potere politico
volta le spalle. La critica d'arte segue il mercato dell'arte e si
dedica a collezionare artificiali movimenti storici. I mercanti
favoriscono la produzione di ciò che ritengono facilmente vendibile,
l'arte precotta che piace in un minuto e già vale di più. Compio il mio
lavoro da alchimista e lascio le mie opere aperte allo sguardo. Non
vorrei definire il significato di una mia opera dinanzi a una platea.
Ci sono in una platea tante parti di me stesso a cui sento di
rispondere ma mi asterrei dal suggerire una definizione che vada bene
per tutti. L'opera è stata concepita infatti per una moltitudine di
solitari, ognuno ne riceverà in primo luogo una suggestione
indefinita (l'opera deve dare, al di fuori di ogni commento
letterario, una suggestione) che prenderà poi una forma entro la
natura e l'esperienza della personalità. Non ci sono allegorie a
priori, ognuno potrà muovere le proprie allegorie rispondenti. Il
contatto deve avvenire specchio contro specchio, l'arte del fare e
l'arte del vedere hanno lo stesso valore. L'indeterminatezza di un
messaggio profondo matura nel tempo con maggiore efficacia di un
circoscritto messaggio di superficie. Chi opera
ricercando una verità nel campo dell'arte non sempre riesce, se
emarginato dal potere dominante, ad avere forza per modificare il
sistema. Può soltanto lasciare il proprio messaggio. è necessario
qualche momento di silenzio per raccogliere i messaggi isolati. Il
mondo non è in pericolo per una guerra nucleare, È in pericolo per
una aridità di immaginazione che può scatenare una guerra nucleare.
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