Rivista Anarchica Online
A nous la libertè diario a cura di Felice Accame
Vittime del darwinismo narrativo
Nel 1954, dopo Vite vendute e prima de Le mystere Picasso, Henry-Georges
Clouzot dirige Les diaboliques. E'
un «noir» dal marchingegno perfetto: c'è lo scabroso (due donne, la moglie e l'amante dello stesso uomo
violento
e stolido, si mettono d'accordo per ammazzarlo), c'è la ripulsa morale e il cinismo, l'angoscia e la paura,
e c'è,
soprattutto, una capacità raffinata di rappresentarle in immagini (inquadrature di spazi larghi dove la
persona
fa presto a diventare misera e indifesa), in una serie ascendente di eventi drammatici e in prolungati silenzi
protratti fino al collasso cardiaco. Un film in cui, insomma, dove tutto quadrava. Il regista Jeremiah Chechik
prende Sharon Stone e la mette al posto di Simone Signoret, Isabelle Adjani al posto di Vera Clouzot e Chazz
Palminteri al posto di Paul Meurisse, e singolarizza il titolo. Diabolique, che, in
francese, lascia un margine di
ambiguità fra il maschile e il femminile. Un remake curioso - a più di quarant'anni di distanza
- curioso davvero
perché ricalcato sul suo modello oltre le ormai inveterate consuetudini. Faccio degli esempi: la pioggia
sull'acqua
dei titoli di testa, l'ambientazione in una scuola, le sequenze che caratterizzano moralmente personaggi, la scelta
del modo e dei mezzi per compiere l'omicidio, il trasporto del cadavere e la sua gestione successiva fino alla
sorpresa finale, tutto e pedissequamente modellato sull'originale. E' vero, siamo in America e non più in
Francia,
si guarda la televisione e non si ascolta la radio, si scrive al computer e non a macchina; è anche vero che
la
sorpresa finale, che, allora, non potrebbe più essere una sorpresa, degenera in una soluzione diversa, ma
la gran
parte dello sviluppo narrativo e dei suoi elementi a sostegno è straordinariamente integra. Alcune minime
differenze, dunque, giocoforza saltano all'occhio più nitidamente. Se è facile capire
perché, oggi, Isabelle
Adiani compaia nuda mentre Vera Clouzot, ieri, si sistemava le mutandine da sotto la gonna e mostrava per un
attimo le gambe nell'apertura di una vestaglia, meno facile è capire perché cambi la marca del
whisky. Entrambi sono americani, ma, evidentemente, il primo è stato considerato adatto solo ai
francesi degli anni
Cinquanta. Se è facile capire che per mettere un peso sul morto perché rimanga sotto l'acqua della
vasca da bagno
venga oggi scelto il bottiglione della riserva d'acqua e ieri un bronzo da caminetto, meno facile è capire
perché
lo stesso personaggio nella stessa situazione dica, del whisky che si accinge a trangugiare, oggi «è
torbido»,
mentre ieri aveva detto «bel colore!». Anche in questi casi possiamo parlare legittimamente di «manutenzione
ideologica»? Mah. Il mistero s'infittisce, comunque, allorquando ripassiamo, come in ogni giallo che si
rispetti, la concatenazione
dei singoli eventi onde verificare la coerenza della narrazione. Mentre l'originale reggeva, qui, nel remake
più ossequioso che la storia del cinema annoveri, si riesce nell'ardua
impresa di raccontare una storia che, così com'è raccontata, non può essere accaduta.
Infatti, mentre le due
trafelate eroine trascinano la cesta che contiene il cadavere mica tanto tale, qualcuno scatta loro fotografie che
poi invia loro. I personaggi coinvolti sono tre: la moglie, l'amante e il morto. Degli altri nessuno sa che cosa sta
succedendo. Accertato che nessuna delle due sta facendo fotografie da un posto diverso da quello in cui si
trovano, rimane il
morto che, nonostante morto davvero non sia, tuttavia, non può essere al contempo dentro la cesta e fuori
a
scattare fotografie di se stesso trascinato nella cesta medesima. Il particolare, beninteso, è funzionale
all'economia
complessiva del racconto - perché serve ad accrescere lo stato di inquietudine di chi poi riceverà
le fotografie,
scoperta e scrutata nella sua colpa -, ma porta inevitabilmente alla contraddizione. Che, fino a qualche anno fa,
era bene evitare, mentre, al giorno d'oggi, in questa incessante rimasticatura del dejà vu, rischia di
trovare
convinti estimatori.
P.S.: Se si tiene un cadavere a mollo nella vasca da bagno, quando lo si infila in
una cesta di vimini, è presumibile
che l'umido trapassi. Così, nell'originale del 1954, la chiazza relativa viene interpretata come
pipì oltraggiosa di un militare francese
ubriaco. Nel 1996, invece, la stessa chiazza viene interpretata come pipì di un cagnolino americano. E
alla chiazza in questione, conseguenzialmente, vengono mutate le coordinate topologiche. Trattasi di scrupolo
filologico non privo di sfumature ideologiche: il regista seleziona ciò che permane da ciò che
è contingente; le
funzioni rimangono e, darwinianamente, gli organi cambiano. E di militari americani ubriachi se ne sono visti
soltanto nei dintorni di Pearl Harbour e del Vietnam. P.P.S.: Anche le malattie
cardiache non sono più quelle di una volta. Nell'originale, per lo spavento, si muore,
ma la cardiologia, nel frattempo, ha fatto passi da gigante. Qui, ci vuol altro.
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