Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 26 nr. 229
estate 1996


Rivista Anarchica Online

A nous la libertè
diario a cura di Felice Accame

Vittime del darwinismo narrativo

Nel 1954, dopo Vite vendute e prima de Le mystere Picasso, Henry-Georges Clouzot dirige Les diaboliques. E' un «noir» dal marchingegno perfetto: c'è lo scabroso (due donne, la moglie e l'amante dello stesso uomo violento e stolido, si mettono d'accordo per ammazzarlo), c'è la ripulsa morale e il cinismo, l'angoscia e la paura, e c'è, soprattutto, una capacità raffinata di rappresentarle in immagini (inquadrature di spazi larghi dove la persona fa presto a diventare misera e indifesa), in una serie ascendente di eventi drammatici e in prolungati silenzi protratti fino al collasso cardiaco. Un film in cui, insomma, dove tutto quadrava. Il regista Jeremiah Chechik prende Sharon Stone e la mette al posto di Simone Signoret, Isabelle Adjani al posto di Vera Clouzot e Chazz Palminteri al posto di Paul Meurisse, e singolarizza il titolo. Diabolique, che, in francese, lascia un margine di ambiguità fra il maschile e il femminile. Un remake curioso - a più di quarant'anni di distanza - curioso davvero perché ricalcato sul suo modello oltre le ormai inveterate consuetudini. Faccio degli esempi: la pioggia sull'acqua dei titoli di testa, l'ambientazione in una scuola, le sequenze che caratterizzano moralmente personaggi, la scelta del modo e dei mezzi per compiere l'omicidio, il trasporto del cadavere e la sua gestione successiva fino alla sorpresa finale, tutto e pedissequamente modellato sull'originale. E' vero, siamo in America e non più in Francia, si guarda la televisione e non si ascolta la radio, si scrive al computer e non a macchina; è anche vero che la sorpresa finale, che, allora, non potrebbe più essere una sorpresa, degenera in una soluzione diversa, ma la gran parte dello sviluppo narrativo e dei suoi elementi a sostegno è straordinariamente integra. Alcune minime differenze, dunque, giocoforza saltano all'occhio più nitidamente. Se è facile capire perché, oggi, Isabelle Adiani compaia nuda mentre Vera Clouzot, ieri, si sistemava le mutandine da sotto la gonna e mostrava per un attimo le gambe nell'apertura di una vestaglia, meno facile è capire perché cambi la marca del whisky.
Entrambi sono americani, ma, evidentemente, il primo è stato considerato adatto solo ai francesi degli anni Cinquanta. Se è facile capire che per mettere un peso sul morto perché rimanga sotto l'acqua della vasca da bagno venga oggi scelto il bottiglione della riserva d'acqua e ieri un bronzo da caminetto, meno facile è capire perché lo stesso personaggio nella stessa situazione dica, del whisky che si accinge a trangugiare, oggi «è torbido», mentre ieri aveva detto «bel colore!». Anche in questi casi possiamo parlare legittimamente di «manutenzione ideologica»? Mah.
Il mistero s'infittisce, comunque, allorquando ripassiamo, come in ogni giallo che si rispetti, la concatenazione dei singoli eventi onde verificare la coerenza della narrazione.
Mentre l'originale reggeva, qui, nel remake più ossequioso che la storia del cinema annoveri, si riesce nell'ardua impresa di raccontare una storia che, così com'è raccontata, non può essere accaduta. Infatti, mentre le due trafelate eroine trascinano la cesta che contiene il cadavere mica tanto tale, qualcuno scatta loro fotografie che poi invia loro. I personaggi coinvolti sono tre: la moglie, l'amante e il morto. Degli altri nessuno sa che cosa sta succedendo.
Accertato che nessuna delle due sta facendo fotografie da un posto diverso da quello in cui si trovano, rimane il morto che, nonostante morto davvero non sia, tuttavia, non può essere al contempo dentro la cesta e fuori a scattare fotografie di se stesso trascinato nella cesta medesima. Il particolare, beninteso, è funzionale all'economia complessiva del racconto - perché serve ad accrescere lo stato di inquietudine di chi poi riceverà le fotografie, scoperta e scrutata nella sua colpa -, ma porta inevitabilmente alla contraddizione. Che, fino a qualche anno fa, era bene evitare, mentre, al giorno d'oggi, in questa incessante rimasticatura del dejà vu, rischia di trovare convinti estimatori.

P.S.: Se si tiene un cadavere a mollo nella vasca da bagno, quando lo si infila in una cesta di vimini, è presumibile che l'umido trapassi.
Così, nell'originale del 1954, la chiazza relativa viene interpretata come pipì oltraggiosa di un militare francese ubriaco. Nel 1996, invece, la stessa chiazza viene interpretata come pipì di un cagnolino americano.
E alla chiazza in questione, conseguenzialmente, vengono mutate le coordinate topologiche. Trattasi di scrupolo filologico non privo di sfumature ideologiche: il regista seleziona ciò che permane da ciò che è contingente; le funzioni rimangono e, darwinianamente, gli organi cambiano. E di militari americani ubriachi se ne sono visti soltanto nei dintorni di Pearl Harbour e del Vietnam.
P.P.S.: Anche le malattie cardiache non sono più quelle di una volta. Nell'originale, per lo spavento, si muore, ma la cardiologia, nel frattempo, ha fatto passi da gigante.
Qui, ci vuol altro.