Rivista Anarchica Online
Il futuro di "A"
Caro Paolo, ero seduto alla mia scrivania e pensavo a te e al tuo appello per il sostegno alla Rivista A,
al quale non avevo risposto, quando hanno infilato nella buca delle lettere la
corrispondenza del giorno. In cima al mucchio c'era l'ultimo numero della Rivista A con
la faccia del mio vecchio amico e compagno Paul Goodman che mi osservava (di Paul
parleremo in seguito). L'arrivo della rivista, ha avuto l'effetto di stimolare la mia
riflessione sui problemi legati alle difficoltà di tenere in vita una pubblicazione che per la
sua stessa natura è impossibilitata ad autofinanziarsi. A dispetto del fatto che il nostro
movimento è molto più ampio di quanto la maggior parte della gente sia disposto a
riconoscere, non si tratta di un movimento ricco, formato da persone benestanti, pronte a
sostenerlo. Inoltre, nel corso degli anni, la natura dei gruppi anarchici è cambiata. Il forte
e stretto legame tra compagni, che nel passato ha portato alla formazione di gruppi
impegnati a sostenere le nostre pubblicazioni, nonché, in altre attività, pare essersi
attenuato. Tra i giovani che compongono il nuovo anarchismo sembra esistere un legame
meno solido. Se si somma questo dato al fatto che in questo mondo capitalista, spietato e
sempre più impoverito, la maggior parte dei giovani anarchici non ha a disposizione
molto denaro, allora è inevitabile ipotizzare la scomparsa della gran parte delle
pubblicazioni anarchiche esistenti. Non si tratta, tuttavia, di criticare la natura delle
pubblicazioni, ma piuttosto di rilevare un fatto della vita crudamente economico. Durante
la seconda guerra mondiale, quando il nostro gruppo di giovani anarchici si unì per
avviare le pubblicazioni del nostro giornale pacifista Why? (più tardi ribattezzato
Resistance), il gruppo era formato da individui che, come appartenenti alla classe operaia,
faticavano a mantenere se stessi. Ci demmo da fare per finanziare i primi numeri, ma fino
a che non ci venne incontro il gruppo di anarchici italiani de L'adunata dei refrattari, il
futuro del giornale rimase nero. "Bruno" e Osvaldo Maraviglia trovarono un accordo con
il tipografo che stampava L'adunata, perché si occupasse anche del nostro giornale (la
maggior parte dei tipografi che avevamo contattato era preoccupata per il contenuto
pacifista e anarchico della nostra pubblicazione). Giovanni Vattuone, che lavorava in una
lavanderia e disponeva di un furgone per la consegna della biancheria lavata ai clienti,
avrebbe ritirato i nuovi numeri dal tipografo e avrebbe provveduto a portarceli a casa
(cinque piani di scale). Audrey Goodfriend e io vivevamo nel Lower East Side di
Manhattan e il nostro appartamento era il centro dove si svolgeva il lavoro necessario alla
realizzazione del giornale. Fu il generoso sostegno dei compagni italiani ad assicurare la
continuità del giornale. Questa meravigliosa generosità fu sentita non soltanto dal nostro
giovane gruppo, ma dai gruppi anarchici di tutto il mondo. La loro amicizia, il loro
incessante sostegno, proseguì fino alla recente scomparsa di quella straordinaria,
idealistica generazione. Sono certo che anche oggi, in Italia, i compagni devono sentire la
perdita di gente come Attilio Bortolotti, Giovanni Vattuone, Lino Molin, Bartolo Provo,
Domenico Sallitto e dei numerosi altri compagni che sostennero le nostre idee. La loro
dedizione all'anarchia e la loro generosità furono senza pari. Ma così mi sono allontanato
dalla questione da cui ero partito. Come possono i gruppi anarchici sostenere le loro
pubblicazioni senza un aiuto esterno? Realisticamente, anche la più prestigiosa delle
pubblicazioni non radicali non ce la farebbe ad andare avanti senza l'intervento della
pubblicità commerciale. Sappiamo tutti che oggi, con quello che costano stampa e
distribuzione per posta, nessun giornale può vivere di sole sottoscrizioni. Non intendo
certo affermare che ci si deve rivolgere alla pubblicità per sostenere le nostre
pubblicazioni, ma forse dovremmo pensare a giornali e riviste più piccoli e meno costosi.
Invece di occuparci di giornali di cui si prevede la distribuzione in tutto il mondo,
dovremmo incoraggiare la nascita di una moltitudine di pubblicazioni più piccole che
rifletterebbero un impegno più grande e un legame attivo con le nostre comunità. Queste
potrebbero anche assumere la forma di piccole pubblicazioni da tavolo, composte al
computer e stampate da compagni in possesso di una attrezzatura minima. Forse questi
giornali potrebbero segnare una svolta nella nostra retorica, allontanandola dalla "grande
visione" e ponendo l'accento sui bisogni necessari e le possibilità di crescita di ciascuna
enclave umana. In un certo senso, credo che questo sarebbe un ritorno a quello che era il
movimento cent'anni fa, quando l'attività anarchica era più diffusa e influente di oggi. In
un mondo sempre più centralizzato, l'accento posto sulla decentralizzazione offre un
enorme potenziale per la crescita e la rivitalizzazione dell'anarchismo. Non credo affatto
che uno sforzo in tale direzione rischi di condurci a pubblicazioni noiose e poco
interessanti. Al contrario. Oggi, con un buon programma per l'elaborazione dei testi e una
buona stampante si possono realizzare degli ottimi lavori. Sono convinto che il
coinvolgimento di un maggior numero di individui, in particolare di giovani che si sono
appena avvicinati o si stanno avvicinando all'anarchismo, rispondendo da un lato alla
esigenza di lavorare direttamente sui problemi che incontrano crescendo in questo mondo
possa moltiplicare di fatto le energie, la responsabilità e le esperienze di crescita comune. La questione della Rivista A. Sono rimasto molto contento per la ripresa di interesse
attorno alla figura di Paul Goodman. Paul era un uomo estremamente complesso e c'erano
aspetti del suo credo e del suo comportamento che alcuni suoi compagni trovavano
discutibili. Ma d'altra parte, lui è stato uno dei pensatori più originali e creativi di questo
secolo, uno scrittore e un oratore che ha dato un grande contributo al pensiero anarchico.
Quando Paul cominciò a partecipare alle riunioni del nostro giovane gruppo anarchico
nella Spanish Anarchist SIA Hall, nella zona sud di Manhattan, ebbe l'effetto di portare il
pensiero di molti di noi giovani compagni dal diciannovesimo secolo al presente. Fu
attraverso Paul che molti di noi sentiremo parlare per la prima volta delle teorie
professate da psichiatri moderni come Wilhelm Reich. Il libro Communitas di Paul e di
suo fratello Percy, risultò stimolante per molti di noi che avevano cominciato a riflettere
circa le possibilità di vivere in comunità anarchiche cooperative. Fu la forza di queste
idee che convinse definitivamente Audrey e me a lasciare New York per emigrare,
insieme a un'altra coppa anarchica, a San Francisco, dove nel 1948 inaugurammo una
casa comunitaria. Il libro di Paul, Growing Up Absurd (La gioventù assurda), fu uno dei
fattori decisivi nel convincere Audrey e me a far parte del gruppo fondatore della Walden
School, che a distanza di 37 anni continua a crescere. Oltre a essere un pensatore creativo
e pieno di inventiva, Paul si impegnava attivamente nelle nostre "azioni di strada". Quando il nostro gruppo picchettò la Danbury Federal Prison nel Connecticut,
manifestando il proprio sostegno ai compagni pacifisti imprigionati e richiedendo il loro
rilascio, Paul era con noi. Alla fine della guerra, quando cominciammo a protestare ai cancelli dello US Postal
Service perché impediva alla gente di inviare il cibo e i vestiti di cui avevano bisogno i
parenti o i compagni europei, Paul, che propose quell'iniziativa nel corso di un incontro
pubblico, rimase con noi fino a che l'ufficio postale non eliminò quelle restrizioni. Paul
era un uomo calmo, tranquillo, onesto, un buon compagno del quale potevi finarti se si
prendeva un impegno. L'articolo apparso sulla Rivista A riguardo ai possibili usi di "Internet". Mi sono trovato in totale disaccordo con il concetto che veniva espresso nell'articolo. Per
cominciare, si tratta di uno strumento elitario che rischierebbe di separare gli anarchici da
tutti gli altri, eccetto quei pochi che si possono permettere la costosa attrezzatura (per non
parlare dei costi di collegamento ai diversi servizi). Inoltre, ritengo che quello che veniva
sottovalutato nell'articolo era il fatto che tutti questi servizi elettronici sono controllati, in
un modo o nell'altro, dagli Stati centralizzati. Se la trasmissione di materiali anti-stato
crescesse in misura tale da minacciare la società esistente, gli anarchici verrebbero presto
tagliati fuori ed esclusi dal loro utilizzo. In realtà, ogni "rete" nasconde un avido ragno in
attesa di quelli che rimangono intrappolati nei suoi viluppi. Inoltre penso che questi
congegni elettronici, inclusa la apparentemente innocente televisione, hanno l'effetto di
isolare le persone le une dalle altre. Non è casuale che il periodo di maggiore crescita dei
diversi movimenti radicali sia stato precedente alla "rivoluzione elettronica". Non furono
soltanto gli scritti dei primi pensatori anarchici che agli inizi del XX secolo trasformarono
il movimento in una forza potente, ma anche la presenza fisica degli oratori anarchici agli
incontri, agli scioperi e alle manifestazioni che influenzarono e raggiungevano la gente
che attiravano. Le parole da sole possono convincere soltanto qualche individuo, ma la
presenza fisica accompagnata dal linguaggio del corpo amplia il messaggio verbale ed
esercita un effetto di gran lunga superiore. Non mollare.
David Koven (Vallejo - USA)
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