Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 26 nr. 229
estate 1996


Rivista Anarchica Online

Una miniera di spunti
di Paolo Finzi

Ci sono persone che esercitano su di te un'attrazione, un'influenza, un qualche cosa di indefinibile ma sicuramente profondo, coinvolgente. Già dal loro sguardo, dal loro corpo, dal loro modo di muoversi, di gesticolare, di restare in silenzio, ti fanno capire che il tuo rapporto con loro lascerà un segno. Non capita spesso. Una ventina d'anni fa ebbi modo di conoscere a Milano, in occasione di uno spettacolo del Living Theatre alla Comuna Baires, Julian Beck e Judith Malina. E quando la sera vennero a cena a casa nostra, ebbi proprio questa sensazione. Sia con Julian sia con Judith.
Certo, c'era un che di inevitabilmente affascinante nella loro vita di teatranti anarchici pellegrini per il mondo. Certo, quando ti raccontavano delle loro esperienze di teatro di strada in Brasile, della loro permanenza nella Comunidad del Sur in Uruguay, delle esperienze di vita e di lotta negli States - insomma, quando raccontavano, io che allora avevo meno della metà dei loro anni - potevo anche pendere dalle loro labbra.
Loro, anarchici come noi, ma di un anarchismo così diverso per tanti aspetti - loro nonviolenti, mentre io mi riconoscevo allora nella concezione malatestiana della "violenza (quando) necessaria"; loro vegetariani, mentre per noi queste erano tuttalpiù simpatiche opzioni personali; loro da tanti anni coinvolti in una complessa (e contraddittoria) esperienza di vita comunitaria, apertissima sui fronti della coppia, dell'omosessualità, ecc., mentre noi eravamo concettualmente aperti a tutto ciò ma di fatto abituati a vivere in modo molto più tradizionale. Insomma, anche se la comune sensibilità libertaria e l'istintiva simpatia facilitavano la comunicazione, le distanze tra noi e loro erano grosse, molto grosse. Vent'anni dopo Cristina mi fa avere le bozze di questa sua intervista con Judith ed io mi ritrovo sveglio la notte, a leggere e rileggere. Nel frattempo tante cose sono cambiate. Intanto, non c'è più Julian. E poi, come mi pare giusto, tutti siamo un po' cambiati, abbiamo vissuto, lottato, pensato. Esperienze, delusioni, inevitabili bilanci inevitabilmente non troppo rosei. Leggo e rileggo parti del libro, sto a sentire quel che dice Judith su tante cose. Come sempre di fronte ai grandi libri, sono possibili molteplici chiavi di lettura.
Il Living Theatre è stato ed è una delle esperienze più interessanti nel panorama teatrale di questo secolo e Cristina - che della cultura teatrale è fine conoscitrice come pochi - ci offre innanzitutto un libro importante sul teatro del Living, sulle sue interconnessioni con altre esperienze teatrali, insomma sul Teatro. C'è poi la vita di Judith, il suo maturare all'interno di una famiglia e di una cultura profondamente ebraiche verso un pensiero e uno stile di vita libertario.
Quale ricchezza di relazioni , da quella essenziale con Julian alle mille altre che una vita segnata dall'impegno sociale (prima ancora che teatrale) propone come tappe di un arricchimento personale e collettivo.
Stimolata da Cristina, Judith riesce a darci un quadro non retorico, non idealizzato, di una vita spesso randagia ma mai "occasionale": un filo rosso-nero, anarchico, la attraversa e ne collega le diverse fasi con la coerenza della problematicità, con la volontà di ripartire - per quanto possibile - con la stessa energia, con la stessa curiosità della prima volta.
In tante sue pagine in particolare, ma anche nel suo insieme, questo libro è anche una miniera di spunti e di riflessioni attuali sull'anarchismo, sulla rivoluzione, sulla nonviolenza, sulla liberazione sessuale, ecc.
Come sempre, in un'intervista l'intervistatore conta quanto l'intervistato. Ed è grazie alla cultura, alla sensibilità libertaria, alla grande finezza d'animo di Cristina se Judith riesce a darci - in meno di 300 pagine - un manuale di vita e di anarchia dello stesso spessore dell'autobiografia di Emma Goldman - anche lei - come Judith - nata in Europa, ebrea, immigrata negli Stati Uniti, anarchica, femminista, spirito libero e rivoluzionario, girovaga per il mondo, a volte ospite delle carceri, ecc.
Se qualcosa in più ha, secondo me, il libro di Judith, è proprio l'incontro con un'intervistatrice/stimolatrice come Cristina, che l'ha aiutata a focalizzare ed a condensare, fornendoci così un distillato critico di un'esistenza vissuta giorno dopo giorno nel segno della libertà.