Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 26 nr. 224
febbraio 1996


Rivista Anarchica Online

Segnali di fumo
a cura di Carlo E. Menga

Test clinici dimostrano

Credo sia molto importante e proficuo, per chi si propone il compito di smascherare l'ideologico quotidiano, osservare e analizzare la pubblicità in generale e quella televisiva in particolare. Chi, come me, lo fa per passione e non per mestiere, non può impedirsi di incorrere nel rischio di procedere per simpatie e antipatie, analizzando questo piuttosto che quello spot, indignandosi o entusiasmandosi con modalità che con il tradizionale galateo della ricerca scientifica avrebbero poco o nulla a che spartire. Diciamo che mi identifico di più col tenente Ripley, anziché con l'androide che brigava per trasportare l'Alieno sulla terra, o con i plutocrati guerrafondai che avevano lo stesso scopo e dei quali l'androide era strumento. Questo non significa necessariamente aprire il lanciafiamme addosso a certi messaggi della pubblicità. Ma la speranza è, comunque, che un'analisi condotta dal punto di vista di un'ideologia, minimale ma indispensabile, che abbia come fine la salvaguardia della dignità, dell'intelligenza e della libertà individuali o collettive dell'essere umano, possa aiutare a rendere quei messaggi inoffensivi disinnescandone le potenzialità di contagio. Anche se non lo eviti, se lo conosci non ti uccide. Nel ciclo più o meno ricorrente delle mie simpatie e antipatie, mi si è di recente ripresentata una diffusa reazione immunitaria nei confronti di alcuni prodotti, o meglio, degli stilemi della loro presentazione commerciale, le cui campagne di vendita hanno, come target naturale, uno dei soggetti più deboli della società: la donna. Si tratta di varie marche di assorbenti igienici e di detergenti intimi, che insistono pervicacemente e purtroppo con successo a sbertucciare con mezzi subdolamente impliciti l'intelligenza femminile, nonostante l'Ipotesi Finocchiaro del «paracadute che non si apre». Normalmente si vede una donna, ovviamente bella, giovane ed elegante, che si dirige a passo sostenuto, non si sa verso dove (ma s'intuisce che vada verso le vette più alte delle appetibili carriere maschili), guardando in macchina e trasportando sotto braccio un incartamento le cui dimensioni sono accuratamente studiate per non somigliare affatto ai fascicoli dei nostri tribunali o alle pratiche della nostra funzione pubblica. Tutti coloro che lavorano in un qualsivoglia ufficio sanno benissimo che per riconquistare qualche minuto di plusvalenza dall'ente o azienda da cui si è sfruttati col ricatto della retribuzione legata all'orario di lavoro, il sistema più comodo e semplice è non far niente pensando ai fatti propri, simulando dinamicità ed efficienza con l'andarsene in giro per le varie stanze tenendo in mano un foglio di carta o un suo equivalente. E sanno anche quali siano le dimensioni «reali» degli incartamenti. Io ormai ci ho fatto un certo occhio e capisco subito, in presenza di siffatto stilema, prima ancora che se ne alluda anche lontanamente, che di pannolino o assorbente, interno o esterno che sia, con o senza ali e più o meno sottile, si tratta. Fateci caso anche voi e sono certo che potrete guadagnarci anche qualche soldino, scommettendo con i vostri familiari conviventi. Che poi il salmo finisca nella gloria dell'amica invidiosa pronta a sottoscrivere acriticamente l'affiliazione, o nel tripudio di liquidi rigorosamente azzurri versati in un ignominioso experimentum crucis compiuto per verificare scientificamente la superiore assorbenza del pannolino medesimo (tanto, Bacone e Stuart Mill, dalla tomba in cui sono costretti a rivoltarsi non possono replicare in alcun modo), poco importa. L'importante è che passino i seguenti messaggi: a) Chi usa il tale assorbente è, o è destinata a diventare, una donna in carriera; b) Chi è in carriera non ha tempo per fermarsi a pensare ma deve solo agire (vedi eretismo podistico); c) Chi agisce per la propria carriera non è stressato (vedi incartamento esiguo) ma soddisfatto (vedi sorriso incrollabile) e invidiato (vedi amica come sopra); d) Il lavoro maschile è potere, e deve essere la massima aspirazione di una donna moderna (donna moderna: vedi uso del pannolino reclamizzato. E il cerchio si chiude). A dir queste cose così si potrebbe anche rischiare l'interdizione e il conseguente internamento istituzionale. Ma facendole passare con le studiate tecniche dell'implicazione occulta, approfittando della bassa soglia di attenzione e l'inesistente livello di guardia di chi riceve il messaggio pubblicitario, non solo vengono recepite ma addirittura funzionano anche. Non è che la gente sia stupida, come loro credono e vorrebbero farci credere. Il fatto è che viene presa alla sprovvista. Si ha un bel vietare i messaggi subliminali. Il loro implicito ha natura sensoriale. Qui siamo invece nel caso dell'implicito concettuale e/o psichico, ben più pericoloso giacché da qualche parte della nostra consapevolezza ci sforziamo anche di condividerlo, sulla base delle nostre più nascoste (talora comprensibilmente nascoste) aspirazioni. L'operazione esplicita è quella in cui l'accento viene innocentemente posto sulle caratteristiche del prodotto, la sua modernità, la sua efficienza, la sua comodità, concepite a immagine e somiglianza oltre che a esclusivo beneficio delle donne che «decideranno liberamente» di addottarlo. Anche tali esplicitazioni hanno però delle conseguenze. Qualcuna di natura tecnica, altre, ahimè, di natura epistemologica. Le conseguenze tecniche sono molto interessanti e riguardano la versatilità del mezzo di comunicazione. Avete notato, ad esempio, che la presa diretta, lanciata dai detersivi e timidamente raccolta da saponette e pannolini per l'infanzia, ha cominciato a fare capolino anche nel campo dell'assorbenza igienica adulta? La costruzione del messaggio, che invece raggiunge altissimi livelli di artificialità, viene spacciata per trance de vie col facile espediente della summenzionata presa diretta. Irretito dalla «tv verità», il fruitore non si avvede delle assurde implicanze campaniliane di una confezione di assorbenti igienici che si apre a mo' di merendina o di pacchetto di fazzolettini, pronta a distribuire rapidamente il suo contenuto alla donna moderna di turno. La modernità è data in questo caso dall'equazione con la velocità, decantata dal soggetto «intervistato» passando abilmente sotto silenzio il fatto che, congruamente con il teorema rapidità, il soggetto dovrebbe anche infilarsi, più veloce della luce, le magnifiche pezze, e progressive, nelle mutande. Cosa che, non potendo fare, a tutt'oggi, in pubblico (ma tutti noi speriamo che siffatta inconveniente costumanza, liberisticamente, presto scompaia), si trova nella necessità comunque di reperire appositi vespasiani o equivalenti per indossarle. E addio pie' veloce. Le conseguenze epistemologiche sono però le più succulente, e mi fanno impazzire. Il luogo dove più facilmente esse si riscontrano è la zucchinificazione del detergente intimo liquido. Se ancora non ve ne foste accorti, vorrei farvi notare che gli «spottemi» (perdonatemi l'apax) denotanti scientificità, tradizionalmente riconosciuti, sono: il Grafico, il Camice con la Penna nel taschino, il Pulsante del Computer che, premuto dalla Donna in Camice, fornisce in un battibaleno il cartone animato della Vittoriosa Dimostrazione della Superlatività assoluta e relativa del Nostro Prodotto (abbiamo sempre temuto che si preferisse destinare denaro alla ricerca pro dente piuttosto che a quella anti cancro), ed altri ancora, tra cui il più famigerato di tutti, ovvero il Test Clinico. Quest'ultimo essendo un personaggio squisitamente concettuale, non viene di solito rappresentato in immagine, ma accuratamente nominato con obbligatoria opzione di autorevolezza, alla stregua di Aristotele nelle dispute scolastiche. E' evidente come da parte degli autori pubblicitari si ritenga che questo mondo da Alice nel Paese delle Meraviglie sia il non plus ultra dei crismi della consapevolezza epistemologica e del metodo scientifico. Io avrei qualche dubbio. Nella fattispecie Test Clinici dovrebbero dimostrare (notate la sottigliezza del plurale senza articolo: generalizzazione, ripetibilità, intersoggettività, ma al contempo indeterminazione) che il prodotto in questione, comunque efficacissimo nello svolgere la funzione per cui è stato creato è anche capace di svolgerla delicatamente, senza irritare con fastidiosi «effetti collaterali» le parti intime da esso deterse. Non può non essere un «test», poiché la parola «esperimento» relativamente al corpo di un essere vivente fa sorgere memorie collettive spiacevoli, dal «lager» alla «vivisezione». Non può non essere «clinico», poiché solo al mostro di Firenze potrebbe risultare plausibile un esperimento in vitro farebbe pensare a volontari, ma più facilmente a cavie prezzolate che difficilmente manifesterebbero la propria anomala prurigine pur di compiacere lo sperimentatore prezzolante, o peggio farebbe pensare a soggetti «testati» inconsapevolmente o contro la propria volontà. Guai ai manipolatori (degli altri). Dunque, non resta che la sperimentazione «clinica». Questa parola implica la presenza di un «medico», notoriamente votato per definizione a combattere e a sconfiggere la malattia, di un «paziente» che si rivolge al medico per risolvere i suoi problemi e alleviare le sofferenze, e la fattispecie del «ricovero», ospedaliero o meno che sia nell'ambito istituzionale e rassicurante del quale l'intera vicenda si svolga. A questo punto si aprono due alternative decostruttive di tale opzione ipostatizzante della natura della pratica e della funzione del significato della ricerca scientifica, veicolata dal sintagma «test clinici» e dal contesto cui esso è riferito negli spot. Io ora vi chiedo di immaginarvele entrambe, prima l'una e poi l'altra. Torme di donne che hanno problemi di igiene intima, non sapendo più a che santo votarsi, si precipitano a farsi ricoverare in ospedale, implorando i medici di sperimentare senza remora alcuna tutti i possibili detergenti intimi conosciuti o meno che siano. Sono allo stremo. Hanno provato di tutto, dai guaritori filippini al Mago Otelma, e non resta loro che quest'ultima spiaggia per tentare di risolvere il loro drammatico inconveniente. Il medico, con sorriso lungimirante, stringe con fermezza le loro mani tremanti e le avverte che sarà una prova lunga e difficile, ma che se gli faranno dono della propria fiducia e faranno uno sforzo di volontà, potranno sussistere speranze di salvezza. Il resto è altrettanto ovvio.
Oppure in un ospedale dove sono ricoverate numerose donne che soffrono tutte di un male sconosciuto e che vengono considerate irrecuperabili, vengono visitate da un medico, che propone loro di sottoporsi a un estremo tentativo. Ogni giorno, due volte al giorno, applica loro un nuovo ritrovato della scienza sperimentale, che promette l'abluzione delle parti intime senza aggravio per il loro sistema immunitario già gravemente compromesso e duramente provato. I test danno risultati brillanti. Alla fine le donne muoiano tutte, ma con le parti intime fresche e pulite come le avevano appena nate.
Il bambino ride, e il Re è nudo.