Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 26 nr. 224
febbraio 1996


Rivista Anarchica Online

Musica & idee
a cura di Marco Pandin

It's a hard rain
Nella rubrica di questo mese ci si occupa di miti, in qualcuna delle loro svariate forme sonore, editoriali e controculturali.
Vecchi musicisti e performers divenuti per qualcuno e in qualche modo mitici: alcuni ritornano dall'oltretomba creativo, altri dall'oblio commerciale cui erano stati destinati dalle forbici taglienti della censura e dai bordi altrettanto taglienti delle lancette dell'orologio del tempo che scorre, inesorabilmente.
Strumenti musicali dimenticati dai nomi esotici e dalla voce mitica (mellotron, theremin, sitar, organo Hammond e molto, molto altro) divenuti obsoleti, condannati a morte dalla frenesia della danza occidentale e dal ritmo implacabile dei campionatori e dei sequencers, complice una tecnologia sempre meno costosa, sempre più abbordabile.
Arrangiamenti pomposi e barocchismi sonici che una volta riempivano di fumo le nostre camerette trasformandole in cattedrali di suono. Suites orchestrali che duravano intere facciate di ellepì se non ellepì interi o addirittura doppi/tripli, e che ora non si fanno in pubblico nè si sentono più in giro (si va male a trasmetterle alla radio perché mettono troppa distanza tra le interruzioni pubblicitarie). Opere gigantesche sepolte dalla fretta di chi è venuto dopo e ha saputo condensare malessere/dolore/protesta/vilipendio/furore (nonché le proprie masturbazioni) in canzoni ecologiche che durano meno di due minuti e consumano poca plastica (e poco tempo).
Capannoni industriali in periferia, cantine e sotterranei abbandonati dove una volta scoppiarono violenti gli incendi della rivolta controculturale, divenuti vetrine di boutiques, poi ritornati ad essere i cessi sporchi che erano, però travestiti da laboratori di contaminazione: gallerie d'arte dove si paga valuta pregiata per entrare e farsi pisciare addosso.
Fanzines trasfigurate dal tempo e dall'incalzare odioso e vorace dei mass media, la cui voce da quella dell'emarginazione è divenuta quella (secondo alcuni) della capit/al/ternativa.
Nota a margine. Il tempo passa, tutto cambia. Tutto cambia, everything changes (Take Death), todo cambia (Miguel A. Acosta). La socializzazione oggi passa per il transgenderismo e il virtual sex, si fa del proselitismo cavalcando Quentin Tarantino, Tetsuo e gli X-Files, i giovani non leggono BakuninPasolini ma divorano riviste-mito patinate come Tattoo e Piercing e si ingozzano di trashcartoni animati come Akira, nelle radio FM e nei CSO si masticano jungle, trip hop, techno e gangsta rap e le chitarre acustiche stanno appese al chiodo. Che si fa, adesso? Si apre un dibattito? Fine nota a margine, tutto come prima anche se tutto cambia. E siamo appena agli inizi del nuovo anno, e prima ancora dell'inizio del nuovo millennio.

Spirosfera
Una copia della cassetta Un circo ciclico di cerchi concentrici mi è stata consegnata alla Fiera dell'Autogestione di Padova: gli Spirosfera avrebbero suonato proprio lì una di quelle sere e, stando ai commenti di più d'uno dei compagni della zona di Padova e Venezia ben informati, la loro sarebbe stata una gustosa performance. Ovviamente, mi sono perso il concerto... ma la cassetta l'ho tenuta ed ascoltata, e ve la segnalo, anche se non si tratta proprio di un'uscita recentissima.
Spirosfera per me è un nome del tutto nuovo. Non conosco personalmente i membri del gruppo, ma immagino (da come «suona» la voce dei cantante, dalla tecnica acerba, dallo stile di alcuni testi, dal piglio degli arrangiamenti...) siano piuttosto giovani. A differenza di molti altri coetanei che si sono gettati a capofitto in innamoramenti sonori più renumerativi (tipo il crossover funk-rap-metal o il new-punk e la dance adesso in voga), gli Spirosfera hanno fatto una scelta inusuale e per certi versi controcorrente. Propongono infatti un genere musicale che si rifà ad una stagione creativa che penso non abbiano vissuto direttamente, vale a dire certo pop/rock cosiddetto progressivo o meglio sinfonico in auge nei primi anni Settanta. Il filone, un fenomeno essenzialmente europeo soppiantato nei giornali e nelle classifiche dalle successive ondate e tendenze, è tutt'altro che scomparso ed occupa una fetta di una certa consistenza dell'attività paramusicale contemporanea: c'è un discreto giro di fan club molto attivi, di ristampe e registrazioni rare, raduni e concerti etc.
Ora, nel bel mezzo degli anni Novanta, coesistono mummie e nuovi eroi: arrangiamenti, gusto, melodie, ritmi e suoni sono rimasti abbastanza simili, i nomi sono ovviamente cambiati perché nel frattempo la gente invecchia e magari muore, o meno tragicamente cambia idea ed interessi e ha generalmente altro da fare. Anekdoten e Marillion li ritroviamo nel cuoricino dei fans al posto degli Yes e dei Genesis pre-Lamb, così come sono ancora in giro un paio di vecchi leoni (Peter Hammill, Robert Fripp) che hanno sì perso un po' di pelo ma che hanno mantenuto pressoché intatta l'affilatura degli artigli.
Pochi sono ancora vivi o almeno vegeti: l'arcangelo Peter Gabriel che, furbone e lungimirante, le ali ce le aveva già ed ha imparato a volare da solo negli spazi virtuali di MTV e nelle zone alte delle classifiche. Gli altri sono sospesi in uno stato di non-vita, quasi come l'Harrison Ford trasformato in un poster di grafite a cavallo di due Guerre Stellari.
Emerson, Lake e Palmer si sono riuniti tra l'indifferenza generale e hanno pure osato pubblicare dei dischi, zoppicando vistosamente sotto il peso dei secoli e della più assoluta e dissoluta assenza di creatività. Ian Anderson coi suoi polmoni d'acciaio (!) per soffiare dentro lo stesso flauto da Aqualung, fa ogni tanto delle apparizioni davanti a un pubblico adorante, alla testa di un gruppo che di nome fa ancora Jethro Tull. Manca solo che per celebrare il ritorno degli Yes trasmettano su Videomusic/MTV un clip orroroso firmato da Sam Raimi.
Questo, in poche e povere parole, il panorama di sonorità struggenti e l'immaginario tolkeniano di leggende fantastiche e storie infinite in cui gli Spirosfera muovono i primi passi musicali, i loro strumenti elettrici incastrati in arrangiamenti dal gusto pomposo com'era d'uso nei tempi che furono ...e che più non sono. Ovvio che cose del genere si amano oppure no, senza mezzi termini (e io, parlando per assurdo ma onestamente, se avessi in tasca 20-30mila lire per comprare un CD mi orienterei senza esitazione verso tutt'altri territori musicali...). D'altra parte, neanch'io sono immune da passioni necrofile: mi consento il lusso perverso di amare cadaveri putrefatti come David Crosby, Kurt Cobain, Bruce Springsteen, Neil Young, John Lennon o Jackson Browne, tutte cose che ad altri possono far venire il vomito.
Torniamo ai pop/sinfonici. Se le musiche degli Spirosfera ad un primo ascolto possono sembrare cimiteriali (ehi, andiamoci piano: qui esagero!), o comunque un po' datate (ecco, così va meglio), i testi rappresentano una vera e propria curiosità stilistica: l'andazzo poetico delle liriche di queste canzoni non è dissimile (per tematiche, lessico, ispirazione, enfasi...) da quello della generazione successiva, quella degli anni Ottanta insomma. Ossessione potrebbe essere benissimo un testo dei Negazione, quello di Io come io potrebbe essere un cut-up di Area e Rovescio della Medaglia con innesti di DNE e Detonazione, Babele sembra un testo scritto dai Kina...
A rimescolare le carte in tavola, la scelta significativa di due cover culturalmente, temporalmente e geograficamente distantissime tra loro quali Cat food dei primi King Crimson, e N. Y. top flat box dall'album di John Zorn coi Naked City, a rappresentare con tutta probabilità la coesistenza di (o l'indecisione tra) due sguardi distinti, uno fisso verso il passato immobile e l'altro puntato verso una qualche scorciatoia per il futuro. Un Giano bifronte, o solo strabismo divergente?
Non so (spero francamente di sì, nonostante il mio stupido sarcasmo e le mie sfigate preferenze personali) se a quelle contenute in questa cassetta sono seguite nel frattempo altre registrazioni. Il nastro del Circo ciclico... non è in vendita, ma immagino che gli autori siano disponibili a farne circolare dei duplicati. Di indirizzi per i contatti, in copertina, non c'è traccia. Solo un paio di numeri di telefono: quelli di Giorgio (041) 411977 e di Mirko (041) 460348. Usateli, anche se ammetto di aver fatto poco per convincervi.

Copulation Blues
La libreria anarchica londinese Freedom Press segnala la disponibilità di alcune copie della compilation Copulation Blues (ed. Saucy Records, una cassetta della durata di circa 50 min.). Si tratta di una raccolta di 16 canzoni registrate tra il 1929 e il 1940, alcune delle quali tuttora inedite, i cui testi hanno subito aggiustamenti e tagli censori perchè considerati «pornografici» o troppo espliciti.
Sebbene spesso autori ed interpreti siano grandi stelle del blues e del jazz, della maggior parte di queste canzoni non viene fatto alcun riferimento nelle riviste specializzate o nei libri. Tra gli altri, ritroviamo in questa antologia Sidney Bechet ed i New Orleans Feetwarmers, Bessie Smith in I need a little sugar in my bowl (con Clarence Williams al piano) e Do your duty (con Benny Goodman al clarinetto), Jelly Roll Morton etc.
Tutti i pezzi proposti sono nella loro versione integrale originale, cioé prima di qualsiasi intervento censorio. Le registrazioni, sebbene d'annata, sono state riprocessate e rese dignitosamente ascoltabili. Al nastro sono abbinate esaurienti note informative, con riferimenti storici e politici. Prezzo UK£ 6.50 ciascuna, più un contributo per le spese postali. Freedom Press pubblica ogni tre mesi un enorme catalogo di vendita per corrispondenza di libri e riviste anarchiche, alternative e «contro» provenienti da tutto il mondo.
Freedom Press Bookshop, Angel Alley, 84b Whitechapel High Street, London E1 7QX, UK. Telefono 00441 (71) 2479249, telefax 00441 (71) 3779526 entrambi dall'Italia.

Incredibly Strange Music
Alla fine degli anni Settanta, l'aria corrosiva e tagliente che si respirava nei locali punk sotterranei di San Francisco, California USA prendeva forma di carta stampata col nome di Search and Destroy, una fanzine storica destinata a divenire un mito, poiché in personaggi divenuti loro malgrado mitici ci si imbatteva passeggiando tra le sue pagine: Screamers, Avengers, DNA, Patti Smith, X, Dead Kennedys, Lydia Lunch ...vado avanti o basta così? I promotori della fanzine erano anche in prima linea nell'organizzazione di iniziative collaterali quali concerti, filmati e dischi (un nome a caso: il Live at the Deaf Club con Mutants, DK e Tuxedomoon), invischiati in una vita che era per forza sul margine e che da questa marginalità/emarginazione prendeva la sua forza ed il suo senso. Cose che succedevano magari ridimensionate anche qui da noi, mica solo in California. Perù da noi prendevano un aspetto, un gusto ed un odore molto meno mitici...
Negli anni Ottanta è sopravvenuta una doppia trasformazione: divenuta Re/Search, la fanzine ha mantenuto lo stesso formato tabloid e l'impostazione solo per i primi tre numeri, per trasformarsi poi in una serie di pubblicazioni monografiche di elevata qualità sia grafica che redazionale. Anche il prezzo ha ovviamente risentito del cambiamento di metodi e target. Più di una ventina sono state finora le uscite: oltre alla vera e propria serie di Re/Search (profetico ed illuminante il numero sui Modern Primitives, l'uscita più recente di cui sono a conoscenza è Body fluids) troviamo alcune pubblicazioni collaterali come ad esempio Freaks: we who are not as others, un saggio di Daniel P. Mannix sulla deformità fisica trasformata in spettacolo, oppure il macabro classico The torture garden di Octave Mirabeau, o il recente Supermasochist, di e su Bob Flanagan.
Un paio di numeri di Re/Search, un'antologia di cultura industriale e un intero volume dedicato allo scrittore J. G. Ballard, sono stati tradotti in italiano (un lavoro niente male, va detto) a cura della Shake Edizioni di Milano.
V. Vale ed Andrea Juno, che curano il progetto e mandano avanti la casa editrice dagli esordi, si muovono in orbite poco frequentate dall'arte e dalla cultura ufficiale, anzi da quelle zone luccicanti si tengono ben lontani. L'orbita del loro lavoro rimane sospesa a mezz'aria tra il culto e la propaganda sovversiva, tra subletteratura, neomitologia e le pubblicazioni quasiporno (al ritorno da Londra, i doganieri hanno arricciato il naso non poco alla vista di Supermasochist...). Quelli di Re/Search potrebbero essere visti come dei profeti della controcultura e degli anticipatori di tendenze, più che altro per il fatto che qui da noi le mode, le novità, le tendenze e la quotidianeità a stelle e strisce ci mettono qualche tempo ad attraversare l'Atlantico e ci mettono un altro tot per attecchire.
Difficile a credere, ma è in un'ottica di «azione militante e rivoluzionaria» che sono stati pubblicati i due splendidi volumi di Re/Search dedicati alla Incredibly strange music: «(...) un'esplorazione dei territori sonori di registrazioni su vinile pubblicate tra il 1950 e gli anni Ottanta, in massima parte snobbati dalla critica musicale dell'establishment. Le varie forme di musica classica, operistica, jazz, blues, rock hanno ciascuna ed ovunque i propri critici e riviste specializzate, ma altrettante registrazioni sembra siano sfuggite completamente all'attenzione della gente. Spesso al di là delle questioni di tecnica e di buon gusto, questi dischi sono impossibili a costringere in categorie e generi: di conseguenza sono spariti dalla circolazione e difficilmente saranno ripubblicati su CD...».
Tra le persone coinvolte nella realizzazione di questi libri (mi ripeto: testi eccezionali sotto tutti i punti di vista) ritroviamo Jello Biafra, Lux Interior e Poison Ivy dei Cramps e persino Robert Moog, l'inventore del mitico strumento musicale che ha rivoluzionato tutto. Numerosissime e preziose le interviste ai collezionisti-guerriglieri ed ai protagonisti della musica sconosciuta: Yma Sumac, Eartha Kitt, Korla Pandit, Juan Garcia Esquivel e mille altri che vi trascineranno nel loro ricchissimo e affascinante mondo-a-parte.
Il punto è proprio questo, gente: l'azione militante e rivoluzionaria sta nel fatto che ricercando, collezionando, duplicando, diffondendo questi materiali si impedisce che scompaiano, che vengano dimenticati e cancellati. L'industria discografica ha reso praticamente obbligatorio il CD, lo ha diffuso capillarmente (in occidente) ma non lo ha reso popolare. Per pubblicare un CD devi affrontare dei costi elevati assolutamente ingiustificati, devi per forza passare attraverso i loro laboratori, le loro fabbriche, i loro standards, la loro censura e le loro tasse. Le autoproduzioni su CD sono comunque un compromesso: dalle proposte «migliori» degli indipendenti le major traggono prodotti da classifica (Nirvana, Pearl Jam, Green Day giù giù fino a Litfiba, Almamegretta e...).
Dalla lettura di questi manuali della musica incredibilmente strana si possono trarre degli insegnamenti: la sottocultura non passa solo attraverso Rock In Opposition ed il punk, ma anche attraverso il sitar-rock e i dischi di canti religiosi, una fetta della nostra vita sta dentro i solchi del vinile autoprodotto e sta anche negli oscuri 7» che una volta davano in omaggio comperando budini e formaggini.
Ai due volumi è abbinato un allegato sonoro, un CD/cassetta (...e perché non vinile?) contenente un'antologia di assurdità melodiche inaudite, dal volo del calabrone (Flight of the Bumblebee ovvero Busy bee nell'interpretazione swing dell'oscuro chitarrista Buddy Merrill, realizzata sovrapponendo registrazioni effettuate a diversa velocità) passando per il massacro dell'overture del Guglielmo Tell di Rossini ad opera del sinistro fischiettatore cieco Fred Lowery.
In coda (bad trip lisergico o più semplicemente menopausa?) una delirante telefonata cosmica della sedicente space-guru Kali Bahlu con tanto di sottofondo di musica pseudo-indiana («Sin dal principio sapevo di non appartenere a questo pianeta e di essere un visitatore, prigioniera di quell'orribile trappola che è la Terra... Accadde un fatto strano: mi ritrovai rinchiusa nel tunnel dei mutamenti del tempo, e nel tunnel trovai la stanza dov'era lo specchio magico...»)
I materiali editi da Re/Search sono praticamente introvabili in Italia a prezzo corretto: so che c'è qualche bottegaio nostrano e disonesto che li rivende arricchendosi in maniera spropositata.
Le traduzioni a cura della Shake Edizioni cui s'è fatto cenno all'inizio le potete chiedere al vostro pusher di carta stampata di fiducia. La maniera migliore e più economica per impossessarsi del materiale (...e i vostri soldi vanno direttamente a chi i libri li fa, senza passare per la catena alimentare di importatori, grossisti e negozianti volponi) è scrivere o telefonare in America alla redazione di Re/Search e farsi spedire il catalogo completo ed aggiornato (per mandarvelo vogliono 4 IRC's).
Il prezzo delle più recenti uscite di Re/Search è di US$18 a volume più un contributo per le spese di spedizione. Sono previste offerte speciali ed abbonamenti al buio (Re/Search ha periodicità irregolare): in cambio vengono garantite escursioni da brivido nei territori ancora inscoperti della alter/contro/cultura non-ancora-ufficiale con almeno un paio d'anni di anticipo rispetto ai vostri compagni di discoteca e/o di centro sociale.
Re/Search Publications, 20 Romolo Street Apt. #B, San Francisco CA 94133, USA. Numero di telefono 001 (415) 3621465 dall'Italia, all'altro capo del quale troverete qualcuno dal lunedi al venerdi, e dalle 10 alle 18 Pacific Standard Time.

Megatalogo
L'aggiornamento del Megatalogo è disponibile dallo scorso dicembre. Sono molti i nuovi titoli disponibili, in mezzo si trovano anche cose interessantissime (per non dire ancora una volta mitiche) come il CD del concerto degli Stormy Six (maggio '93 al Teatro Orfeo di Milano), la ristampa del primo e sinora introvabile album del geniale chitarrista americano Steve Tibbetts, la versione su CD del fondamentale Concerts degli Henry Cow erroneamente dato da me per disperso nel numero scorso di A/Rivista Anarchica e, sempre a proposito di ristampe e di miti, l'opera omnia dei francesi Etron Fou Leloublan ora disponibile a prezzo ridotto (tre CD al prezzo di due).
Tre titoli a caso presi tra i materiali pubblicati più di recente: «Skin» dei Dr. Nerve (USA), «Just woke up» di Peter Blegvad (GB), «Ensambleur de Portugaises» dei Philosophes di Ferdinand Richard (F). In coda al catalogo c'è un mucchio di offerte speciali, con dentro molti buoni bocconi (prezzi a partire da 17,000 lire). Tramite il Megatalogo sono reperibili (e a prezzi piuttosto competitivi) materiali generalmente emarginati o esclusi dal tradizionale circuito musicale e commerciale etichettabile come jazz e d'avanguardia.
Per informazioni, contatti ed eventuale prosciugamento del portafoglio: Megatalogo, via alla Fortezza 10, 19038 Sarzana SP. Numero di telefono e del fax (0187) 627893, e-mail: megatalogo@tamnet.it.