Rivista Anarchica Online
Musica & idee
a cura di Marco Pandin
It's a hard rain Nella rubrica di questo mese ci si occupa
di miti, in qualcuna delle loro svariate forme sonore, editoriali e controculturali. Vecchi musicisti e performers
divenuti per qualcuno e in qualche modo mitici: alcuni ritornano dall'oltretomba creativo,
altri dall'oblio commerciale cui erano stati destinati dalle forbici taglienti della censura e dai bordi altrettanto taglienti delle
lancette dell'orologio del tempo che scorre, inesorabilmente. Strumenti musicali dimenticati dai nomi esotici e dalla
voce mitica (mellotron, theremin, sitar, organo Hammond e molto,
molto altro) divenuti obsoleti, condannati a morte dalla frenesia della danza occidentale e dal ritmo implacabile dei
campionatori e dei sequencers, complice una tecnologia sempre meno costosa, sempre più
abbordabile. Arrangiamenti pomposi e barocchismi sonici che una volta riempivano di fumo le nostre
camerette trasformandole in
cattedrali di suono. Suites orchestrali che duravano intere facciate di ellepì se non ellepì interi o addirittura
doppi/tripli,
e che ora non si fanno in pubblico nè si sentono più in giro (si va male a trasmetterle alla radio
perché mettono troppa
distanza tra le interruzioni pubblicitarie). Opere gigantesche sepolte dalla fretta di chi è venuto dopo e ha saputo
condensare
malessere/dolore/protesta/vilipendio/furore (nonché le proprie masturbazioni) in canzoni ecologiche che durano
meno di
due minuti e consumano poca plastica (e poco tempo). Capannoni industriali in periferia, cantine e
sotterranei abbandonati dove una volta scoppiarono violenti gli incendi della
rivolta controculturale, divenuti vetrine di boutiques, poi ritornati ad essere i cessi sporchi che erano, però travestiti
da
laboratori di contaminazione: gallerie d'arte dove si paga valuta pregiata per entrare e farsi pisciare addosso.
Fanzines trasfigurate dal tempo e dall'incalzare odioso e vorace dei mass media, la cui voce da quella
dell'emarginazione
è divenuta quella (secondo alcuni) della capit/al/ternativa. Nota a margine. Il tempo passa, tutto
cambia. Tutto cambia, everything changes (Take Death), todo cambia (Miguel A.
Acosta). La socializzazione oggi passa per il transgenderismo e il virtual sex, si fa del proselitismo cavalcando
Quentin
Tarantino, Tetsuo e gli X-Files, i giovani non leggono Bakunin né
Pasolini ma divorano riviste-mito patinate come Tattoo
e Piercing e si ingozzano di trashcartoni animati come Akira, nelle radio FM e nei CSO si
masticano jungle, trip hop,
techno e gangsta rap e le chitarre acustiche stanno appese al chiodo. Che si fa, adesso? Si apre un dibattito? Fine nota a
margine, tutto come prima anche se tutto cambia. E siamo appena agli inizi del nuovo anno, e prima ancora dell'inizio del
nuovo millennio.
Spirosfera Una copia della cassetta Un circo
ciclico di cerchi concentrici mi è stata consegnata alla Fiera dell'Autogestione di Padova:
gli Spirosfera avrebbero suonato proprio lì una di quelle sere e, stando ai commenti di più d'uno dei
compagni della zona
di Padova e Venezia ben informati, la loro sarebbe stata una gustosa performance. Ovviamente, mi sono perso il concerto...
ma la cassetta l'ho tenuta ed ascoltata, e ve la segnalo, anche se non si tratta proprio di un'uscita recentissima.
Spirosfera per me è un nome del tutto nuovo. Non conosco personalmente i membri del gruppo, ma
immagino (da come
«suona» la voce dei cantante, dalla tecnica acerba, dallo stile di alcuni testi, dal piglio degli arrangiamenti...) siano
piuttosto
giovani. A differenza di molti altri coetanei che si sono gettati a capofitto in innamoramenti sonori più renumerativi
(tipo
il crossover funk-rap-metal o il new-punk e la dance adesso in voga), gli Spirosfera hanno fatto una scelta inusuale e per
certi versi controcorrente. Propongono infatti un genere musicale che si rifà ad una stagione creativa che penso
non abbiano
vissuto direttamente, vale a dire certo pop/rock cosiddetto progressivo o meglio sinfonico in
auge nei primi anni Settanta.
Il filone, un fenomeno essenzialmente europeo soppiantato nei giornali e nelle classifiche dalle successive ondate e
tendenze, è tutt'altro che scomparso ed occupa una fetta di una certa consistenza dell'attività paramusicale
contemporanea:
c'è un discreto giro di fan club molto attivi, di ristampe e registrazioni rare, raduni e concerti etc. Ora,
nel bel mezzo degli anni Novanta, coesistono mummie e nuovi eroi: arrangiamenti, gusto, melodie, ritmi e suoni sono
rimasti abbastanza simili, i nomi sono ovviamente cambiati perché nel frattempo la gente invecchia e magari muore,
o meno
tragicamente cambia idea ed interessi e ha generalmente altro da fare. Anekdoten e Marillion
li ritroviamo nel cuoricino
dei fans al posto degli Yes e dei Genesis pre-Lamb, così come sono ancora in giro un
paio di vecchi leoni (Peter Hammill,
Robert Fripp) che hanno sì perso un po' di pelo ma che hanno mantenuto pressoché intatta
l'affilatura degli artigli. Pochi sono ancora vivi o almeno vegeti: l'arcangelo Peter Gabriel che,
furbone e lungimirante, le ali ce le aveva già ed
ha imparato a volare da solo negli spazi virtuali di MTV e nelle zone alte delle classifiche. Gli altri sono sospesi in uno
stato di non-vita, quasi come l'Harrison Ford trasformato in un poster di grafite a cavallo di due Guerre
Stellari. Emerson, Lake e Palmer si sono riuniti tra l'indifferenza generale e hanno pure osato
pubblicare dei dischi, zoppicando
vistosamente sotto il peso dei secoli e della più assoluta e dissoluta assenza di creatività. Ian
Anderson coi suoi polmoni
d'acciaio (!) per soffiare dentro lo stesso flauto da Aqualung, fa ogni tanto delle apparizioni davanti a un
pubblico adorante,
alla testa di un gruppo che di nome fa ancora Jethro Tull. Manca solo che per celebrare il ritorno degli
Yes trasmettano su
Videomusic/MTV un clip orroroso firmato da Sam Raimi. Questo, in poche e povere parole,
il panorama di sonorità struggenti e l'immaginario tolkeniano di leggende fantastiche
e storie infinite in cui gli Spirosfera muovono i primi passi musicali, i loro strumenti elettrici incastrati in arrangiamenti
dal gusto pomposo com'era d'uso nei tempi che furono ...e che più non sono. Ovvio che cose del genere si amano
oppure
no, senza mezzi termini (e io, parlando per assurdo ma onestamente, se avessi in tasca 20-30mila lire per comprare un CD
mi orienterei senza esitazione verso tutt'altri territori musicali...). D'altra parte, neanch'io sono immune da passioni
necrofile: mi consento il lusso perverso di amare cadaveri putrefatti come David Crosby, Kurt Cobain, Bruce
Springsteen,
Neil Young, John Lennon o Jackson Browne, tutte cose che ad altri possono far venire il vomito.
Torniamo ai pop/sinfonici. Se le musiche degli Spirosfera ad un primo ascolto possono sembrare cimiteriali
(ehi, andiamoci
piano: qui esagero!), o comunque un po' datate (ecco, così va meglio), i testi rappresentano una vera e propria
curiosità
stilistica: l'andazzo poetico delle liriche di queste canzoni non è dissimile (per tematiche, lessico, ispirazione,
enfasi...) da
quello della generazione successiva, quella degli anni Ottanta insomma. Ossessione potrebbe essere
benissimo un testo dei
Negazione, quello di Io come io potrebbe essere un cut-up di Area e
Rovescio della Medaglia con innesti di DNE e
Detonazione, Babele sembra un testo scritto dai Kina... A
rimescolare le carte in tavola, la scelta significativa di due cover culturalmente, temporalmente e geograficamente
distantissime tra loro quali Cat food dei primi King Crimson, e N. Y. top flat box
dall'album di John Zorn coi Naked City,
a rappresentare con tutta probabilità la coesistenza di (o l'indecisione tra) due sguardi distinti, uno fisso verso il
passato
immobile e l'altro puntato verso una qualche scorciatoia per il futuro. Un Giano bifronte, o solo strabismo divergente?
Non so (spero francamente di sì, nonostante il mio stupido sarcasmo e le mie sfigate preferenze
personali) se a quelle
contenute in questa cassetta sono seguite nel frattempo altre registrazioni. Il nastro del Circo ciclico... non è in
vendita, ma
immagino che gli autori siano disponibili a farne circolare dei duplicati. Di indirizzi per i contatti, in copertina, non
c'è
traccia. Solo un paio di numeri di telefono: quelli di Giorgio (041) 411977 e di Mirko (041) 460348. Usateli, anche se
ammetto di aver fatto poco per convincervi.
Copulation Blues La libreria anarchica londinese
Freedom Press segnala la disponibilità di alcune copie della compilation Copulation Blues
(ed. Saucy Records, una cassetta della durata di circa 50 min.). Si tratta di una raccolta di 16 canzoni registrate tra il 1929
e il 1940, alcune delle quali tuttora inedite, i cui testi hanno subito aggiustamenti e tagli censori perchè considerati
«pornografici» o troppo espliciti. Sebbene spesso autori ed interpreti siano grandi stelle del blues e del jazz,
della maggior parte di queste canzoni non viene
fatto alcun riferimento nelle riviste specializzate o nei libri. Tra gli altri, ritroviamo in questa antologia Sidney Bechet ed
i New Orleans Feetwarmers, Bessie Smith in I need a little sugar in my bowl (con Clarence Williams al piano)
e Do your
duty (con Benny Goodman al clarinetto), Jelly Roll Morton etc. Tutti i pezzi proposti sono nella loro
versione integrale originale, cioé prima di qualsiasi intervento censorio. Le
registrazioni, sebbene d'annata, sono state riprocessate e rese dignitosamente ascoltabili. Al nastro sono abbinate esaurienti
note informative, con riferimenti storici e politici. Prezzo UK£ 6.50 ciascuna, più un contributo per le spese postali.
Freedom Press pubblica ogni tre mesi un enorme catalogo di vendita per corrispondenza di libri e riviste anarchiche,
alternative e «contro» provenienti da tutto il mondo. Freedom Press Bookshop, Angel Alley, 84b
Whitechapel High Street, London E1 7QX, UK. Telefono 00441 (71) 2479249,
telefax 00441 (71) 3779526 entrambi dall'Italia.
Incredibly Strange Music Alla fine degli anni Settanta,
l'aria corrosiva e tagliente che si respirava nei locali punk sotterranei di San Francisco,
California USA prendeva forma di carta stampata col nome di Search and Destroy, una fanzine storica
destinata a divenire
un mito, poiché in personaggi divenuti loro malgrado mitici ci si imbatteva passeggiando tra le sue pagine:
Screamers,
Avengers, DNA, Patti Smith, X, Dead Kennedys, Lydia Lunch ...vado avanti o basta così? I promotori della fanzine
erano
anche in prima linea nell'organizzazione di iniziative collaterali quali concerti, filmati e dischi (un nome a caso: il Live
at the Deaf Club con Mutants, DK e Tuxedomoon), invischiati in una vita che era per forza sul margine e che da questa
marginalità/emarginazione prendeva la sua forza ed il suo senso. Cose che succedevano magari ridimensionate
anche qui
da noi, mica solo in California. Perù da noi prendevano un aspetto, un gusto ed un odore molto meno
mitici... Negli anni Ottanta è sopravvenuta una doppia trasformazione: divenuta
Re/Search, la fanzine ha mantenuto lo stesso
formato tabloid e l'impostazione solo per i primi tre numeri, per trasformarsi poi in una serie di pubblicazioni monografiche
di elevata qualità sia grafica che redazionale. Anche il prezzo ha ovviamente risentito del cambiamento di metodi
e target.
Più di una ventina sono state finora le uscite: oltre alla vera e propria serie di Re/Search (profetico
ed illuminante il numero
sui Modern Primitives, l'uscita più recente di cui sono a conoscenza è Body fluids) troviamo
alcune pubblicazioni
collaterali come ad esempio Freaks: we who are not as others, un saggio di Daniel P. Mannix sulla
deformità fisica
trasformata in spettacolo, oppure il macabro classico The torture garden di Octave Mirabeau, o il recente
Supermasochist,
di e su Bob Flanagan. Un paio di numeri di Re/Search, un'antologia di cultura industriale e un
intero volume dedicato allo scrittore J. G. Ballard,
sono stati tradotti in italiano (un lavoro niente male, va detto) a cura della Shake Edizioni di Milano. V. Vale
ed Andrea Juno, che curano il progetto e mandano avanti la casa editrice dagli esordi, si muovono in orbite poco
frequentate dall'arte e dalla cultura ufficiale, anzi da quelle zone luccicanti si tengono ben lontani. L'orbita del loro lavoro
rimane sospesa a mezz'aria tra il culto e la propaganda sovversiva, tra subletteratura, neomitologia e le pubblicazioni
quasiporno (al ritorno da Londra, i doganieri hanno arricciato il naso non poco alla vista di
Supermasochist...). Quelli di
Re/Search potrebbero essere visti come dei profeti della controcultura e degli anticipatori di tendenze,
più che altro per
il fatto che qui da noi le mode, le novità, le tendenze e la quotidianeità a stelle e strisce ci mettono qualche
tempo ad
attraversare l'Atlantico e ci mettono un altro tot per attecchire. Difficile a credere, ma è in un'ottica
di «azione militante e rivoluzionaria» che sono stati pubblicati i due splendidi volumi
di Re/Search dedicati alla Incredibly strange music: «(...) un'esplorazione dei territori sonori di registrazioni
su vinile
pubblicate tra il 1950 e gli anni Ottanta, in massima parte snobbati dalla critica musicale dell'establishment. Le varie forme
di musica classica, operistica, jazz, blues, rock hanno ciascuna ed ovunque i propri critici e riviste specializzate, ma
altrettante registrazioni sembra siano sfuggite completamente all'attenzione della gente. Spesso al di là delle
questioni di
tecnica e di buon gusto, questi dischi sono impossibili a costringere in categorie e generi: di conseguenza sono spariti dalla
circolazione e difficilmente saranno ripubblicati su CD...». Tra le persone coinvolte nella realizzazione di
questi libri (mi ripeto: testi eccezionali sotto tutti i punti di vista) ritroviamo
Jello Biafra, Lux Interior e Poison Ivy dei Cramps e persino Robert Moog, l'inventore del mitico strumento musicale che
ha rivoluzionato tutto. Numerosissime e preziose le interviste ai collezionisti-guerriglieri ed ai protagonisti della musica
sconosciuta: Yma Sumac, Eartha Kitt, Korla Pandit, Juan Garcia Esquivel e mille altri che vi trascineranno nel loro
ricchissimo e affascinante mondo-a-parte. Il punto è proprio questo, gente: l'azione militante e
rivoluzionaria sta nel fatto che ricercando, collezionando, duplicando,
diffondendo questi materiali si impedisce che scompaiano, che vengano dimenticati e cancellati. L'industria discografica
ha reso praticamente obbligatorio il CD, lo ha diffuso capillarmente (in occidente) ma non lo ha reso popolare. Per
pubblicare un CD devi affrontare dei costi elevati assolutamente ingiustificati, devi per forza passare attraverso i loro
laboratori, le loro fabbriche, i loro standards, la loro censura e le loro tasse. Le autoproduzioni su CD sono comunque un
compromesso: dalle proposte «migliori» degli indipendenti le major traggono prodotti da classifica (Nirvana, Pearl Jam,
Green Day giù giù fino a Litfiba, Almamegretta e...). Dalla lettura di questi manuali della
musica incredibilmente strana si possono trarre degli insegnamenti: la sottocultura non
passa solo attraverso Rock In Opposition ed il punk, ma anche attraverso il sitar-rock e i dischi di canti
religiosi, una fetta
della nostra vita sta dentro i solchi del vinile autoprodotto e sta anche negli oscuri 7» che una volta davano in omaggio
comperando budini e formaggini. Ai due volumi è abbinato un allegato sonoro, un CD/cassetta (...e
perché non vinile?) contenente un'antologia di assurdità
melodiche inaudite, dal volo del calabrone (Flight of the Bumblebee ovvero Busy bee
nell'interpretazione swing dell'oscuro
chitarrista Buddy Merrill, realizzata sovrapponendo registrazioni effettuate a diversa velocità) passando per il
massacro
dell'overture del Guglielmo Tell di Rossini ad opera del sinistro fischiettatore cieco Fred Lowery.
In coda (bad trip lisergico o più semplicemente menopausa?) una delirante telefonata cosmica della
sedicente space-guru
Kali Bahlu con tanto di sottofondo di musica pseudo-indiana («Sin dal principio sapevo di non appartenere a questo
pianeta
e di essere un visitatore, prigioniera di quell'orribile trappola che è la Terra... Accadde un fatto strano: mi ritrovai
rinchiusa
nel tunnel dei mutamenti del tempo, e nel tunnel trovai la stanza dov'era lo specchio magico...») I materiali
editi da Re/Search sono praticamente introvabili in Italia a prezzo corretto: so che c'è qualche
bottegaio nostrano
e disonesto che li rivende arricchendosi in maniera spropositata. Le traduzioni a cura della Shake Edizioni
cui s'è fatto cenno all'inizio le potete chiedere al vostro pusher di carta stampata
di fiducia. La maniera migliore e più economica per impossessarsi del materiale (...e i vostri soldi vanno
direttamente a
chi i libri li fa, senza passare per la catena alimentare di importatori, grossisti e negozianti volponi) è scrivere o
telefonare
in America alla redazione di Re/Search e farsi spedire il catalogo completo ed aggiornato (per mandarvelo
vogliono 4
IRC's). Il prezzo delle più recenti uscite di Re/Search è di US$18 a volume
più un contributo per le spese di spedizione. Sono
previste offerte speciali ed abbonamenti al buio (Re/Search ha periodicità irregolare): in cambio
vengono garantite
escursioni da brivido nei territori ancora inscoperti della alter/contro/cultura non-ancora-ufficiale con almeno un paio
d'anni di anticipo rispetto ai vostri compagni di discoteca e/o di centro sociale. Re/Search Publications, 20
Romolo Street Apt. #B, San Francisco CA 94133, USA. Numero di telefono 001 (415) 3621465
dall'Italia, all'altro capo del quale troverete qualcuno dal lunedi al venerdi, e dalle 10 alle 18 Pacific Standard
Time.
Megatalogo L'aggiornamento del Megatalogo è
disponibile dallo scorso dicembre. Sono molti i nuovi titoli disponibili, in mezzo si
trovano anche cose interessantissime (per non dire ancora una volta mitiche) come il CD del concerto degli Stormy Six
(maggio '93 al Teatro Orfeo di Milano), la ristampa del primo e sinora introvabile album del geniale chitarrista americano
Steve Tibbetts, la versione su CD del fondamentale Concerts degli Henry Cow erroneamente dato da me per
disperso nel
numero scorso di A/Rivista Anarchica e, sempre a proposito di ristampe e di miti, l'opera omnia dei francesi Etron Fou
Leloublan ora disponibile a prezzo ridotto (tre CD al prezzo di due). Tre titoli a caso presi tra i materiali
pubblicati più di recente: «Skin» dei Dr. Nerve (USA), «Just woke up» di Peter Blegvad
(GB), «Ensambleur de Portugaises» dei Philosophes di Ferdinand Richard (F). In coda al catalogo c'è un mucchio
di offerte
speciali, con dentro molti buoni bocconi (prezzi a partire da 17,000 lire). Tramite il Megatalogo sono reperibili (e a prezzi
piuttosto competitivi) materiali generalmente emarginati o esclusi dal tradizionale circuito musicale e commerciale
etichettabile come jazz e d'avanguardia. Per informazioni, contatti ed eventuale prosciugamento del
portafoglio: Megatalogo, via alla Fortezza 10, 19038 Sarzana
SP. Numero di telefono e del fax (0187) 627893, e-mail: megatalogo@tamnet.it.
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