Rivista Anarchica Online
Libertà per Marini
di E. M.
Il clima di terrore missino instaurato a Salerno e le continue dirette
provocazioni che precedettero
l'aggressione del 7 luglio 1972 agli anarchici Marini e Mastrogiovanni (nel corso della quale gli
aggressori ebbero la peggio ed uno di loro, Falvella, venne ferito a morte dal Marini), vanno facendosi
sempre più noti, man mano che viene indagata e documentata dai compagni la consistenza e
l'attività
delle bande dei picchiatori tricolori e dei mezzi di cui il MSI dispone e si serve per trasformare Salerno
in una "base" fascista nel Sud. Un po' di nomi e fatti sono già comparsi su queste colonne. Ora
è la volta
di un tristo personaggio, che a Salerno viene indicato come uno dei maggiori responsabili del
neofascismo locale ed artefice degli ultimi successi elettorali del MSI. Costui continua a rimanere
nell'ombra, perché è stranamente rispettato da tutti quelli che scrivono di
cose salentine. È costui un ricco avvocato quarantenne che risponde al nome di
Giacomo Mele, già capo di "Ordine
Nuovo" a Salerno e dal 1969 segretario provinciale del M.S.I.. Rauti è suo ospite
frequentissimo ed
Almirante, ad ogni comizio, gli dedica una decina di minuti di elogi. Ex paracadutista, ex ufficiale del
famigerato San Marco, campione di tiro e vicepresidente della locale sezione del Tirassegno nazionale,
si mise in luce nell'autunno caldo quando prese a guidare squadracce di picchiatori fascisti davanti alle
fabbriche, riuscendo a conquistarsi l'appoggio e la fiducia degli industriali e la compiaciuta acquiescenza
della Questura. Con i soldi rimediati a furia di "punizioni" agli scioperanti portò a sei le sezioni
cittadine
del MSI e fondò sezioni in tutta la vastissima provincia. La cronaca locale dei quotidiani di tutte
le
tendenze si occupa di lui solo in termini elogiativi. Si dice però che sia abituato ad eliminare i
contrasti
interni impugnando una pistola e che abbia partecipato a numerose azioni teppistiche (la devastazione
della sede del "Manifesto" e di una sede del PCI, l'assalto ad "Avanguardia Operaia" e al bar "Nettuno"),
alle bastonature seguite alla morte di Falvella (si fingeva zoppo per girare senza dar sospetto con un
nodoso bastone). Ha organizzato il partito con disciplina paramilitare e non esita a prendere per il
collo i recalcitranti. A
Sapri certo Milite, dopo essere stato "manualmente" trattato dal violento federale dovette essere portato
a braccia fuori dalla sezione, mentre alcuni elementi della organizzazione giovanile fascista furono
oggetto d'una lezione a colpi di frusta sotto la minaccia di una pistola). Dietro tutta la serie di
provocazioni e di violenze che hanno condotto all'autodifesa del Marini, c'è anche
questo temuto personaggio, forte nel partito per essere vecchio gerarca di Rauti ed uomo di fiducia di
Almirante e riverito dagli altri partiti per il timore di pestaggi, che non esita a minacciare apertamente
ed in prima persona, giacché si vanta di poter raccogliere in due ore trecento picchiatori e
tremila con
preavviso di un giorno (per una manifestazione sui parà precipitati alla Meloria e terminata in
una bolgia
di prepotenze fasciste riuscì ad imporre una sfilata durata due ore e ad un comizio elettorale di
Almirante
portò cinquantamila fanatici reclutati in tutta la provincia in piazza della Concordia che, per la
vastità,
è evitata da tutti i partiti). Lo stesso è naturalmente il primo dei difensori del camerata
parà Alfinito, che,
insieme al Falvella, aggredì Mastrogiovanni e Marini. Nonostante queste note abitudini, i
difensori di Alfinito (fra cui il sopra descritto avv. Mele) hanno
impugnato la sentenza di rinvio a giudizio opponendosi all'incriminazione di Alfinito per rissa. Con
ciò hanno ritardato di molti mesi la data di inizio del processo, cosa che certo non li disturba
dal
momento che in carcere c'è solo Marini. Nel momento in cui scriviamo, Marini si trova in
carcere a Lagonegro, proveniente da Brindisi, e
proveniente in precedenza da ben altre nove carceri. Quando il giornale sarà in
edicola, Giovanni sarà
già stato forse trasferito in un nuovo carcere. I continui trasferimenti mirano ormai chiaramente
a mettere
in atto un piano di persecuzioni senza sosta, con l'intento di fiaccare la resistenza fisica e morale di
Marini. Oltre a questo, ogni occasione è buona per sottoporlo a restrizioni punitive, o a selvaggi
pestaggi
da parte dei carcerieri come è successo nel carcere di Matera. Non riceve giornali, e solo poche
lettere
riescono ad attraversare la strettissima censura. Forti della copertura di cui ancora godono ad alto
livello, i fascisti salernitani non hanno smesso di
aggredire in forze i compagni isolati, e per ben due volte Mastrogiovanni ne ha fatto le spese.
E. M.
Egregio Direttore, sono quello che può essere definito un
qualunquista di sinistra e non condivido moltissime delle cose
che scrivete. Tuttavia desidero congratularmi con Lei e con i Suoi collaboratori per la ferma battaglia
antifascista che le forze anarchiche conducono, e, in occasione del vostro numero speciale per il
trentennale della Resistenza, per il sostegno che avete voluto dare al mio amico Giovanni Marini,
vittima del fascismo missino e di stato. Debbo comunque rilevare che le vostre
informazioni sono incerte spesso inesatte (ad es. il MSI a
Salerno ha preso circa 20.000 voti di fronte ai circa 27.000 della DC e 16.000 del PCI, ha sezioni in
quasi tutti i numerosi comuni della provincia ed è animato da propositi "durissimi"; dispone
inoltre
di mezzi assai più larghi di quelli che voi fate intuire) e non sottolineano abbastanza tutto
l'oppressivo
terrore al quale il Marini si è opposto con la sua
autodifesa. (...) Mi congratulo di nuovo e saluto
cordialmente. C. G. (Salerno)
|