Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 25 nr. 219
giugno 1995


Rivista Anarchica Online

Foucault e l'anarchismo
di Salvo Vaccaro

"Nei primi due anni di vita a Clermont [1960-62], Michel Foucault stringe amicizia con Jules Vuillemin. Fanno lunghe passeggiate per le vie della città vecchia, spesso pranzano insieme, a volte con i colleghi della facoltà di filosofia. Tavolate di dieci persone non sono rare. (...) Eppure le differenze tra i due professori sono molte. (...) Anche politicamente la distanza che li separa è considerevole: Vuillemin si è gradualmente spostato a destra, Foucault è rimasto, bene o male, un uomo di sinistra. Discutono molto fra loro e Foucault in genere conclude commentando: 'In fondo, tu sei un anarchico di destra e io un anarchico di sinistra'" (1).
Da quale posizione Foucault può auto-identificarsi in questa maniera? Con quale grado di consapevolezza, in particolar modo rispetto ad un'ampia tradizione storica? Quale accezione imprime all'espressione "anarchico di sinistra", in contrapposizione ad un fantomatico "anarchico di destra" (al di là della persona in carne ed ossa)? Solamente una affinità elettiva con l'eretico, il marginale, l'anomalo?
E' quanto cercheremo di comprendere nel corso della ricognizione effettuata in questo articolo. Innanzitutto, mi si consenta una motivazione autobiografica. Insieme ai teorici della cosiddetta Scuola di Francoforte - testi quali L'uomo a una dimensione di Herbert Marcuse, la Teoria critica di Max Horkheimer, i Minima moralia di Theodor W. Adorno, La dialettica dell'illuminismo di Horkheimer e Adorno ancora - Michel Foucault è l'autore (filosofo, storico, critico) che mi ha fatto avvicinare all'anarchismo negli anni intorno al 1976-'77; soprattutto, la sua storia della nascita della prigione, Sorvegliare e punire, e i suoi articoli raccolti in Microfisica del potere.

Spiragli inediti
Ovviamente, lessi anche, ma successivamente, i classici del nostro pensiero, ma ancora oggi quella specifica formazione propedeutica mi offrì e mi offre tuttora l'opportunità di non fossilizzarmi nel solco tracciato da Bakunin a Malatesta, per recitare il titolo del noto libro di Pier Carlo Masini. Sopra di ogni cosa, mi è rimasto indelebilmente impresso uno stile di lettura, una curiosità di ricerca, un taglio di riflessione: l'uso del pensare come una "scatola di attrezzi" da cui prendere ciò che serve al momento opportuno, ogni qualvolta serva
un sostegno per puntellare un proprio percorso di ragionamento, un'autonoma costruzione concettuale.
Bandendo ogni accademismo, Foucault ci ha insegnato, innanzitutto, un uso "anarchico" del testo teorico, non estraneo né asservito alla pratica ma utilizzato senza riverenze filologiche o formalismi sistematici, senza rispetto, vale a dire, dell'autorità del Nome ("Che importa Chi parla?", era solito ripetere), ma affrontando di petto il contenuto del pensare e le condizioni socio-storiche entro cui diviene possibile pensare qualcosa e non qualcos'altro. In cui diviene altresì possibile far maturare un processo di slittamento del pensiero verso spiragli inediti, su orizzonti prima velati, squarciando vincoli di compatibilità che si riflettono nell'ordine del pensare stesso. Nessuna soglia è preclusa, invalicabile, come l'utopia dimostra, sebbene Foucault non la intraveda in un domani palingenetico di libertà compiutamente acquisita, bensì in un presente su cui scagliare le frecce di una critica genealogica (secondo una felice immagine di Habermas) che rintracci, oggi, dinamiche di sottrazione e liberazione dalle relazioni di potere dominanti.
Ma non è del sottoscritto che si intende fare la storia di un rapporto possibile con il pensiero anarchico, ma di Foucault, verso il quale il movimento ha sempre ostentato una qual certa diffidenza - ricordo un mio dissidio con Massimo La Torre su "Umanità Nova" (n. 19 del 21.5.1978 e n. 28 del 30.7.1978, per la precisione) - che oggi sembrerebbe dissolversi grazie alle attività del C.S.O.A. Godzilla di Livorno, il quale, tra l'altro, ha organizzato un paio di convegni dedicati all'autore francese, ha pubblicato gli atti del primo, ed ha promosso la pubblicazione, presso le edizioni Biblioteca Franco Serantini di Pisa, delle relazioni annuali dei corsi accademici di Foucault al Collège de France (cattedra di Storia dei sistemi di pensiero, appositamente creata per lui nel 1970) (2).
L'autoidentificazione di Foucault "anarchico di sinistra" non deve ingannarci: essa indica meno un riconoscimento di appartenenza identitaria da sbandierare, quanto una tensione verso quella che poi chiamerà "l'insurrezione dei saperi assoggettati". Del resto, nelle migliaia di pagine che, tra libri, saggi, articoli e interviste, comprendono i suoi "detti e scritti" (3), di anarchismo e anarchici c'è rara traccia. Ad esempio, Foucault cita una volta sola i nomi di Bakunin (in collegamento con Wagner, in un articolo sulla versione dell'Anello dei Nibelunghi presentata da Pierre Boulez, noto compositore) (4), e di Kropotkin (una citazione dalle Confessioni di un rivoluzionario, segnalatagli da Georges Canguilhem, suo maestro nonché studioso di epistemologia) (5).
Inoltre, Foucault conosce certamente le figure intellettuali di Etienne de La Boétie (6) e di Pierre Clastres (7), mentre altro noto anarchico da lui certamente conosciuto è Noam Chomsky, con il quale ebbe una conversazione nel 1971 presso un liceo olandese (ad Eindhoven) moderato dall'anarchico Fons Elders (8). Pur contrastando con le posizioni politiche di Chomsky, dichiaratamente anarchiche, Foucault non cita l'anarchismo nel corso della conversazione, nemmeno come sottofondo o in chiave polemica. En passant, accenniamo ad una intervista del 1970 sulla neo-Università di Vincennes, quando Foucault, nel mezzo di una polemica governativa contro i docenti di filosofia di sinistra, ricorda come anche agli inizi del secolo si rimproverasse sempre ai docenti di filosofia di "mettere in giro bande di "anarchici"" (9).

"Non sono anarchico nella misura in cui ... "
Per quanto riguarda un po' più specificatamente l'anarchismo, è rintracciabile una discussione in occasione di alcune conferenze sul potere, la verità e le forme giuridiche che Foucault diede dal 21 al 25 marzo 1973 all'Università pontificia cattolica di Rio de Janeiro (10). Nel dibattito successivo alle conferenze, alcuni interlocutori sembrano vedere in Foucault una certa ritrosia a trasformare il carattere repressivo del potere in feticcio, senza distinguerlo dall'aspetto produttivo di positività. "Dovrei piuttosto analizzare le condizioni negative e quelle positive del potere, poiché, se non facessi questa distinzione, andrei a recuperare semplicemente una base anarchica o, in una versione più contemporanea, una versione accademica, erudita di un pensiero hippy" (11).
Alla contestazione che non c'era nulla di cattivo nel pensiero anarchico o hippy - e secondo un interlocutore persino il pensiero del filosofo Gilles Deleuze (autore, tra l'altro, dell'Anti-Edipo, insieme a Félix Guattari) è hippy e anarchico Foucault precisa la distinzione tra potere oppressivo e potere produttivo, dando preminenza a quest'ultimo. "lo non approvo l'analisi semplicista che considererebbe il potere come una sola cosa. Qualcuno ha detto a questo punto che i rivoluzionari cercano di prendere il potere. Ebbene, qui sarei molto più anarchico. Va detto che non sono anarchico nella misura in cui non ammetto questa concezione totalmente negativa del potere; ma non sono d'accordo con voi quando dite che i rivoluzionari cercano di prendere il potere" (12).
Foucault riprese successivamente in considerazione l'anarchismo nel corso delle lezioni del primo trimestre 1976 dedicate al tema: "Difendere la società". Nella lezione del 7 gennaio 1976, a proposito di alcune lotte contemporanee contro la giustizia e gli apparati giudiziari e psichiatrici (Foucault, oltre a ripercorrere il filo storico della nascita della prigione, era personalmente impegnato nei GIP, Gruppi di Informazione sulle Prigioni, ed era altresì collegato al movimento dell'antipsichiatria di Basaglia, Szasz, Cooper, Laing e altri), accanto a quelle legate alla giustizia di classe di tradizione maoista o a quelle di matrice psicoanalitica risalente alle indicazioni di Reich e Marcuse, Foucault ricorda quelle che "si ricollegavano in modo appena più precisato ad una tematica anarchica" (13). .
Alla fine di quel medesimo ciclo di dodici lezioni, il 17 marzo 1976, Foucault affrontò problematicamente la "componente di razza" (nonché razzista) delle diverse forme di socialismo francese del XIX secolo, incluse quelle fourieriane e anarchiche (prima e fino all'affaire Dreyfus, Commune inclusa) (14).

Sorvegliare e punire
Del resto, più o meno in quel medesimo periodo, con l'anarchismo collegato alla intrinseca politicità delle illegalità delinquenziali della seconda metà del XIX secolo, Foucault aveva concluso il suo libro sul carcere: le polemiche e le discussioni maturate nella prima metà del secolo, "saranno risvegliate dall'eco tanto vasta che rispose agli anarchici quando, nella seconda metà del secolo XIX, posero, prendendo come punto d'attacco l'apparato penale, il problema politico della delinquenza; quando pensarono di poter riconoscere in essa la forma più combattiva di rifiuto della legge; quando tentarono meno di eroicizzare la rivolta dei delinquenti, che non di deconnettere la delinquenza in rapporto alla legalità e all'illegalismo borghesi che l'avevano colonizzata; quando vollero ristabilire o costituire l'unità politica degli illegalismi popolari" (15).
Foucault ritornò poi sull'anarchismo nel novembre 1977, in occasione della subitanea estradizione in Germania dell'avvocato francese Klaus Croissant, interdetto professionalmente ed accusato di complicità con la RAF, rifugiatosi in Francia per asilo politico, arrestato e infine espulso dopo il rinvenimento dei cadaveri di Baader, Meinhof e compagni (16). Denunciando il tradimento della Francia quale tradizionale terra di tolleranza e asilo per ragioni politiche, Foucault rintraccia le origini delle misure repressive nel concerto statuale dei governi a cavallo tra XIX e XX secolo, anni segnati dal "terrore" degli anarchici (nel doppio senso dell'espressione). Foucault denuncia la continuità di tali politiche nonostante siano nel frattempo intercorse le dichiarazioni dei diritti dell'uomo del 1948, la convenzione europea del 1957 e, in genere, leggi (apparentemente) più liberali rispetto a quelle di fine-inizio secolo.
In occasione di una tournée in Giappone, nel 1978, Foucault diede alcune conferenze sul potere, visto l'interesse suscitato dalla traduzione giapponese di Sorvegliare e punire e dall'imminente edizione di La volontà di sapere. Parlando il 27 aprile sulla "filosofia analitica della politica", Foucault a un certo punto tocca un esempio ben attuale al pubblico locale: gli scontri popolari contro la costruzione del nuovo aeroporto di Tokyo a Narita. In quelle lotte, nota Foucault, non si tratta di far agire i principi leninisti dell'anello più debole o del nemico più importante. "Sono lotte immediate" che non rinviano ad un momento futuro liberatorio e rivoluzionario, "la scomparsa delle classi o il deperimento dello stato" ai quali delegare "la soluzione dei problemi"; "in rapporto a una gerarchia teorica di motivazioni o a un ordine rivoluzionario che polarizzerebbe la storia e che ne articolerebbe gerarchicamente i momenti, si può dire che queste lotte sono lotte anarchiche, iscrivendosi in una storia immediata, che si accetta e si riconosce infinitamente aperta" (17).
Esattamente un mese dopo, il 27 maggio 1978, di fronte ad un uditorio questa volta specialistico, presso la Società francese di filosofia, Foucault diede una conferenza dal titolo "Che cosa è la critica?", riferendosi all'Illuminismo dei giorni d'oro del XVII e XVIII secolo. Interrogandosi sul governo e sulla volontà di sottrarsi al governo di qualsiasi tipo, Foucault, sollecitato da un uditore, si ferma sulla soglia dell'"anarchismo fondamentale", di principio cioè, quale motivazione e orizzonte al contempo della sua analisi genealogica dell'insorgenza di una attitudine critica e di una "volontà" di non farsi governare - che definisce l'anarchismo in quanto tale. Foucault non dice di non saperlo, ma di "non escluderlo assolutamente", pur non volendosi spingere sin lì, non essendo la sua prospettiva (18).
Infine, in una intervista data in Belgio il 22 maggio 1981 durante una serie di sei conferenze presso la facoltà di Legge dell'Università cattolica di Lovanio, Foucault a un certo punto ebbe a rilevare come una certa sinistra francese ed europea si sia schierata con il sottoproletariato, mentre un'altra abbia preso le parti del proletariato, rinnegando una potenziale solidarietà, specie in date sfere quali gli stili di vita e le preferenze sessuali. A tale proposito, disse Foucault, "risulta vero che ci sono state due grandi famiglie ideologiche che non sono mai riuscite ad intendersi: da un lato, gli anarchici, dall'altro i marxisti". E quando in coda gli intervistatori azzardano un parallelo, con l' "anarchico libertario", Foucault replica: "E' quanto vi augurereste. No, io non mi identifico con gli anarchici libertari, perché esiste una certa filosofia libertaria che crede nei bisogni fondamentali dell'uomo. lo non ne ho voglia, rifiuto soprattutto di essere identificato, di essere localizzato dal potere" (19)

Eretico, iconoclasta, libertario
A quanto mi risulta, solo questi sono i luoghi in cui Foucault esplicita, cita di passaggio o mostra di conoscere qualcosa intorno all'anarchismo, senza mai approfondire né, per la verità, dimostrare una attenzione specifica e diretta. Peraltro, in una intervista data a Berkeley nel 1983 (un anno prima di morire d'AIDS), Foucault sembra trascurare le sollecitazioni a dichiararsi politicamente. A più riprese, gli interlocutori gli riferiscono delle valutazioni "anarchiche" date alla sua opera (ad esempio, gli si dice che Habermas lo consideri "l'erede anarchico" di Nietzsche, così come Heidegger rappresenterebbe l'erede conservatore); e Foucault, replicando di interessarsi maggiormente all'etica, e caso mai ad una politica in quanto etica, sembra fare spallucce ai tentativi contrastanti di etichettarlo: "Sono stato considerato un tecnocrate, agente del governo gollista, dai democratici mentre dalla destra, gollisti e altri, un pericoloso anarchico; addirittura un docente americano mi ha apostrofato perché mai un vetero-marxista come me, sicuramente un agente del KGB, veniva invitato dalle università americane, e così via" (20).
Allora come giustificare o motivare quell'immagine di sé degli inizi degli anni '60, anteriori peraltro all'epoca del suo noto engagement politico (a favore dei reclusi, dei folli psichiatrizzati, dei dissidenti dei paesi dell'Europa orientale, dei boatpeople, degli oppositori al franchismo, ecc.)? Soltanto un tipico vezzo intellettuale? Voglia di épater la bourgeoisie? Al di là di ogni intenzione di partecipare al concorso mondiale per etichettarlo, in quale carattere Foucault partecipa di una certa idea di anarchismo?
Probabilmente la risposta non va cercata a partire da un lavoro pure certosino di reperimento bibliografico in tema o di citazione di anarchici e dintorni, come sin qui sommariamente elaborato. Anche perché, in misura sicuramente maggiore, sia per quantità che per qualità dei giudizi, rispetto alla rarità delle tracce testuali, intervengono critici e autori (alcuni dei quali conoscenti diretti di Foucault) a testimoniare, in valutazione positiva o negativa, un qual certo anarchismo teorico e politico al Foucault stesso.
Infatti, se alcuni di essi si limitano a darne una sorta di etichettatura generica e, tutto sommato, intercambiabile con altri termini più o meno affini, quali "eretico", "iconoclasta" (O'Connor), "libertario" (Sawicki), o addirittura intendendone un uso critico-peggiorativo (Cohen e Arato, Rorty, Racevskis, Hacking), altri si sforzano di entrare nel merito delle posizioni (21).
Un filone intravede un "anarco-nietzscheanesimo" (22). Il legame Nietzsche-Foucault è determinato, tra l'altro, dalla comune impostazione metodologica di ricerca filosofica, storica e, in senso lato, sociale, detta "genealogia". Questa cerca di rintracciare le condizioni materiali e discorsive di un dato evento nella sua singolarità, individuando le provenienze delle "parole" e delle "cose" ad esso inerenti (volendo parafrasare il titolo di un celebre libro di Foucault).
Dove può scattare plausibilmente l'anello di congiunzione tra il nietzscheanesimo (cioè una posizione teorico-interpretativa che oltrepassa la stretta aderenza al testo del filosofo tedesco) e l'anarchismo? Probabilmente in quel luogo che misura la profonda non-dialetticità di Nietzsche e Foucault, i quali non credono né usano il metodo dialettico (in una qualsiasi versione: hegeliana, marxiana, storicista) per far derivare dal presente ciò che il presente nega o esclude. Se la dialettica istituisce una continuità spezzata tra l'esistente e l'utopia, tanto che quest'ultima si alimenta del ribaltamento della prima, Nietzsche e Foucault credono opportuno dover tagliare ogni legame di continuità affinché il non-ancora-esistente non sia pre-giudicato conservando elementi del presente.
Si tratta di una interpretazione della possibile lettura anarchica di un certo nietzscheanesimo contemporaneo (molto francese, mediata da Deleuze, e rielaborando Heidegger), che viene a scaturirsi dalla combinazione tra l'uso del testo di Nietzsche e l'accezione foucaultiana.
Fine interprete di questa tessitura teorica è senza dubbio Reiner Schürmann, che ripercorre la linea di formazione del soggetto nel pensiero foucaultiano. In esso, il soggetto è effetto di un duplice processo di assoggettamento, secondo un esercizio di potere attivo ed uno passivo. Negando entrambi questi momenti, Foucault delinea una prospettiva di cura libertaria di sé, che non si lasci assoggettare né assoggetti altri (in differenza rispetto al sé greco della polis, il cui cittadino padrone maschio uomo pubblico domina la donna moglie nell'oikos). Il soggetto "anarchico", secondo Schürmann, è colui/colei che si autocostituisce nelle lotte contro i dispositivi disciplinari di potere e analitici di verità, quelli cioè che determinano la torsione delle relazioni sociali su base gerarchica e autoritaria, fissando cosa sia possibile o meno, cosa sia lecito perché vero o meno (23).
Foucault intende dichiarare la "morte dell'uomo" quale sovrano accentratore metafisico: i soggetti si costituiscono all'interno di relazioni di sapere e potere prefisse, che ciascuno trova ed eredita, e dalle quali è necessario appunto liberarsi senza ripristinare una ennesima posizione di sovranità accentrata da cui dominare e filtrare qualsiasi processo sociale e culturale.

Per una politica a-statuale
Esiste poi un altro filone che scorge in Foucault un "anarco-esistenzialismo". Una scrittrice femminista inglese, Kate Soper, ad esempio, fa coincidere la "dimensione anarco-esistenzialista" di Foucault con la "logica emancipativa e utopica del femminismo", in quanto sia questo che, soprattutto, Foucault aspirano "a una libertà anarchica dal dominio" (24).
Hayden White paragona alcune pagine foucaultiane sulla difesa dell'individuo dallo stato a quelle di Albert Camus sull'"uomo in rivolta", nelle quali ci si oppone "al totalitarismo prospettando quale alternativa auspicabile una amabile anarchia" (25).
Philip Knee, per parte sua, mette addirittura in parallelo un preteso anarchismo sartriano e quello "nichilista" di Foucault, il primo "d'ispirazione marxiana, nel senso dell'anarchismo antipolitico del giovane Marx allorquando critica la separazione della politica in una sfera distorta dell'economia. (...) E in ciò è molto vicino all'idea anarchica di una politica a-statuale, senza governo né legge, come si trova, ad esempio, nella critica di Proudhon a Rousseau". In tal senso la congiunzione con l'anarchismo "nichilista" di Foucault, che esalta gli esclusi, le resistenze al potere (comunque esse siano), la provocazione permanente di una sfida libertaria (26).
Infine, Alex Callinicos, riprendendo l' "anarconietzscheanesimo", distingue "da precedenti tipi di anarchismo - specialmente la versione atomistica di Stirner. .. La differenza consiste nel fatto che Foucault e Deleuze hanno sostituito il soggetto individuale, la cui sovranità e unità sostanziale. Stirner e compagni non solo mantenevano ma spingevano all'estremo, con una molteplicità di soggetti" (27). Sembra una differenza da poco, ma in questione non è solo la pluralità, bensì la qualità dei soggetti: nella teoria di Foucault e, maggiormente, di Deleuze, il soggetto può ricostituirsi solamente acentrato, nomade, senza farsi reinscrivere nel cerchio magico della sua istituzionalizzazione simbolica e giuridica.
Anche Wolfgang Essbach tesse un legame Stirner-Foucault, ripreso da Urs Marti, che addirittura imputa a Foucault "simpatie anarchiche", rintracciandole in quei (rari) luoghi in cui Foucault ha parlato di anarchici, oltre che per la predilezione, la solidarietà con gruppi spontanei e movimenti esperienziali, tipici del '68 (28).
Lo storico francese Jacques Léonard, che ebbe una polemica con Foucault relativamente alla metodologia storica, non ha esitazione a sostenere che "l'autore di Sorvegliare e punire si situa in quella linea di pensatori politici individualisti che criticano fermamente tale nozione [di potere]. Non sarebbe difficile indicare i suoi precursori in quegli anarchici del XIX secolo che denunciano con intransigenza quasi tutti i poteri: padronale, statale, militare, poliziesco, giudiziario, clericale, medico, giuridico, paterno, coloniale ... ". E in nota ricorda gli articoli di Sébastien Faure in "Le Libertaire", di Jean Grave in "Les Temps modernes", di Paul Robin e di Albert Thierry, oltre a riprodurre per intero la celebre invettiva di Proudhon "Essere governato significa ... ", a cui risuona indirettamente la critica foucaultiana delle relazioni dominanti di potere (29).

Politica e/è etica
L'individualismo rivendicabile da Foucault, tuttavia, non è certamente politico, ma etico; la possibilità che ciascuno ha di disegnarsi il tragitto della propria esistenza non come un elemento di una strategia politica, che surroga e depotenzia al tempo stesso la violenza bellica mimandone logiche distorsive e dissuasive, ma come opera d'arte: la vita come creazione estetica individualizzata che comunica solidalmente e in reciprocità le diverse forme di cura di sé non egemone.
Dana Polan si interroga, quindi, se la posizione foucaultiana consista "in un'anarco-politica in cui tutto ciò che è non sistematico è valorizzato in quanto sovversivo, ovvero in una ironia infinita spesso prossima ad un gelido nichilismo" (30). Quasi a dialogare, Alan Megill sostiene che "il rifiuto del sistema da parte di Foucault potrebbe indurci a considerarlo anarchico, sebbene il suo anarchismo non presuma, come l'anarchismo classico, un ordine soggiacente che debba essere solamente espresso affinché prevalga l'armonia. In Foucault non esiste un ordine naturale, né un'armonia possibile" (31). Richard Rorty rivendica, d'altro canto, "la sua politica anarchica", "indissociabile dal lavoro storico": "si tratta di denunciare la sottigliezza dei meccanismi repressivi attivati dalle classi dirigenti" (32).
"Ma Foucault è davvero un propugnatore del suo atteggiamento anarchico-nichilista?", si chiede Michael Walzer. Credendo di trovare in lui una forbice tra la posizione teorica e il suo fattivo engagement politico, Walzer critica in buona sostanza l'incongruenza tra espressione ed impegno, tra teoria critica, incompleta e contraddittoria a suo parere, e lo slancio generoso sensibilmente avvertibile. "Quando Foucault è anarchico lo è sia da un punto di vista morale che da un punto di vista politico; morale e politica per lui vanno di pari passo: la colpa e l'innocenza vengono create dal codice giuridico, la normalità e l'anormalità dalle discipline scientifiche. Abolire i sistemi di potere significa abolire d'un colpo anche le categorie giuridiche, morali ed anche scientifiche. Ma che cosa rimane, allora? Foucault non crede, come ritenevano i primi anarchici, che il soggetto umano libero sia un soggetto di un certo tipo, buono per natura e sinceramente socievole; anzi, è convinto che non esiste un qualcosa che si possa definire un soggetto umano libero, che non esistano uomini o donne naturali. Uomini e donne sono sempre creazioni sociali, il prodotto di codici e discipline. E così il radicale abolizionismo di Foucault, se è serio, non è tanto di carattere anarchico quanto nichilista" (33).

Nel '68
José Merquior sembra concordare con quest'ultima valutazione, parlando addirittura di "nichilismo da cattedra" (come un tempo si diceva "socialismo da cattedra", invettiva lanciata dai marxisti rivoluzionari di inizio secolo ai teorici riformisti e socialdemocratici). Merquior però individua un neo-anarchismo in Foucault: "Quella di libertario, effettivamente, è la migliore etichetta per indicare Foucault quale teorico sociale. Più esattamente, egli è stato (anche se non ha utilizzato questa parola) un anarchico moderno" (34). Secondo Merquior, sono "almeno tre [i] momenti in cui Foucault aderì all'atmosfera di fervido anarchismo che ispirava la rivolta degli studenti (e fece innalzare la bandiera nera dell'anarchia nella Sorbonne occupata del maggio 1968)": la simpatia per le formazioni politiche decentrate, spontanee, concentrate inoltre su esperienze particolari, più che sulla globale lotta di classe e, "per finire, e in sintonia ancora più stretta con la tradizione anarchica più pura, Foucault era irremovibile nella sua mancanza di fiducia nelle istituzioni" (anche di quelle rivoluzionarie, come dimostra il dissidio con i maoisti in merito alla giustizia rivoluzionaria, concepibile solo al di là di riti, strutture, tribunali e coreografie tipiche della borghesia) (35).
"Ma Foucault non si limitò a seguire l'anarchismo. In realtà ciò che lo rese un neo-anarchico era l'aggiunta di due nuovi aspetti alla teoria classica dell'anarchia. Innanzitutto il suo netto antiutopismo. I principali pensatori anarchici del XIX secolo erano anche dei grandi utopisti. Benché guardassero con profondo sospetto le istituzioni impersonali, badarono a proporre nuove forme di vita economica e sociale, come il mutualismo di Proudhon o le cooperative di Kropotkin. Il neoanarchismo di oggi, al contrario, sembra del tutto negativo. Sembra non avere alcuna pars costruens, le sue credenze consistono interamente in ciò che rifiuta, non anche in idee positive" (36).
In secondo luogo, Merquior rileva il predominio della componente irrazionale sulle "basi scientifiche" che inorgoglivano Kropotkin, probabilmente riflesso del nichilismo della modernità. Negativismo e irrazionalismo, conclude Merquior, sono gli elementi di fondo della critica radicale della controcultura contemporanea, che Foucault e Marcuse rappresentano appieno officiandone il suo matrimonio con l'anarchismo, a scapito (ahi lui!) del marxismo.
Occorre, tuttavia, far rilevare il motivo per cui Foucault non concede sconti all'utopismo. Come si evince dalla conversazione con Chomsky (da poco disponibile in traduzione italiana, si è detto), il timore che la prefigurazione fantastica di una società altra contenga fantasmaticamente (cioè di ritorno, in senso psicanalitico) elementi di pensabilità già presenti nella costellazione di idee, discorsi, valori che pur si intende negare, gli suggerisce innanzitutto di rigettare in toto "l'insieme di questa società" pure come fonte originaria da cui distaccarsi. Solo la distruzione della "legge del "fino ad oggi"" (37) potrà almeno apprestare un terreno sul quale operare una differente articolazione delle relazioni sociali non correlate a gerarchie dominanti ed a formazioni egemoni di sovranità.
Comunque, sono le lotte del presente a costituire il crinale possibile del cambiamento, giacché per Foucault significative sono le pratiche che codeterminano gli assetti: il percorso dal generale al particolare tipico di ogni aspirazione al potere dalla cui cima mutare la qualità della vita, in Foucault è drasticamente rivoltato, nel senso di una attenzione specifica alla microfisica delle relazioni di potere il cui esercizio colpisce e attraversa individui in carne e ossa, potenziali vettori di altre pratiche e di altri discorsi dissonanti.

Nuove forme di soggettività
Alla fine di questa ricognizione, è possibile trarre sinteticamente alcune conclusioni (parziali) intorno al rapporto Foucault-anarchismo, che vanno al di là dell'identificazione o dell'appartenenza. Fedeli alla ricerca di "outils" nella "boite" del suo pensare, è possibile così evidenziare cosa di Foucault stesso è utile per una elaborazione contemporanea dell'anarchismo.
E indubbiamente l'analitica del potere disegna alcune mappe di relazioni di potere asimmetriche, gerarchiche, reversibili, biunivoche, che più si avvicinano a una sensibilità libertaria (mutuata, ad esempio, dal pensiero radicale delle donne) e più si prestano ad una critica del dominio di segno anarchico.
Foucault non ci dà una teoria generale, poiché ritiene che il potere non consista in una sostanza posseduta da far valere, bensì in un particolare rapporto topologico, cioè una relazione tra soggetti in riferimento ad uno specifico campo di possibilità sia materiali (pratiche, comportamenti, vincoli normativi, ecc.), che discorsivi (idee, valori, immaginari, ecc.). La relazione di potere così disegnata coglie appieno alcuni elementi tipici del dominio moderno: anonimato, trasversalità, trasferibilità, integrabilità, fascinazione. Non esiste, vale a dire, alcuna garanzia assoluta di esenzione dall'esercitare rapporti di potere, poiché sono le pratiche in cui ciascuno è immerso a dettare la posizione individuale nel campo di tensione preso in considerazione (famiglia, scuola, prigione, ospedale, ecc. ecc.).
Importante, allora, diventa mutare comportamento, cambiare pratiche, adottare stili di vita diversi, sottrarsi alla griglia disciplinare che regolamenta l'esistenza singolare e collettiva degli individui nei vari e specifici ambiti della vita quotidiana e istituzionali.
Non è vero che Foucault non indica percorsi in positivo. Quando enuncia la nota sentenza sulla "morte dell'uomo", intende riferirsi alla dimensione storico-moderna del soggetto sovrano che ha sovraistituzionalizzato corpi e desideri di ciascun individuo, sciolto da vincoli di genere, identità, appartenenza etnica. L'Illuminismo ci aveva promesso il riscatto dell'uomo dalla minorità cui era stato relegato, consentendogli di pervenire a quella autonomia desiderata nella sfera intellettuale, politica e sociale. Le relazioni di potere non sono estranee a questa strategia capziosa che utilizza la libertà per ritorcergliela contro: "la posta allora è questa: in che modo è possibile distaccare lo sviluppo delle capacità dall'intensificazione dei rapporti di potere?" (38).
Sottrarsi alle relazioni di potere diviene praticabile solo per singolarità che non inseguano gli stessi orizzonti costitutivi dell'individualismo moderno (in ultima analisi sempre borghese perché proprietario). Allora soggetti nomadi (prendendo a prestito Deleuze) segnerebbero la presenza di un corpo e di un desiderio che non si fissano a nulla, ma non nel senso nichilista che vogliono il nulla, bensì in quello per cui non vengono costituiti da qualcosa ma si costituiscono autonomamente a partire da una "cura di sé" non asimmetrica ad una interpenetrazione reciproca e orizzontale con l'altro.
"Senza dubbio ai nostri giorni l'obiettivo principale non è quello di scoprire che cosa siamo, ma di rifiutare quello che siamo. Dobbiamo immaginare e costruire quello che potremmo essere, per liberarci di questo tipo di "doppio legame" politico che sono l'individualizzazione e la totalizzazione simultanea delle moderne strutture di potere. La conclusione sarebbe allora che il problema politico, etico, sociale, filosofico dei nostri giorni non è quello di tentare di liberare l'individuo dallo stato e dalle istituzioni statali, ma di tentare di liberarci noi sia dallo stato sia dal tipo di individualizzazione che è legata allo stato. Dobbiamo promuovere nuove forme di soggettività rifiutando il tipo di individualità che ci è stato imposto per tanti secoli" (39).


1) Didier Eribon, Michel Foucault, trad. il. Leonardo, Milano, 1991, p.174.

2) Rispettivamente, A partire da Foucault. Studi su potere e soggettività, a cura di Andrea Grillo, La Zisa, Palermo, 1993; e Resumés des cours - 1970-1982, BFS, Pisa, 1994.

3) Recente è la raccolta completa, appunto intitolata, Dits et écrits, curata da Daniel Defert e François Ewald,4 volI., Gallimard, Paris, 1994.

4) Miche! Foucault, L'immaginazione dell'Ottocento, in "Corriere della sera", 30.9.1980, n. 223, p. 3.

5) Michel Foucault, Sorvegliare e punire (1975), trad. it. Einaudi, Torino, 1976, p.206.

6) Michel Foucault, Monstrosities in Criticism, in "Diacritics", I, n. 1, 1971.

7) Michel Foucault, As malhas do poder (1976), in "Barbarie", n. 4-5,1981182.

8) Noam Chomsky - Miche! Foucault, Giustizia e natura umana, a cura di Salvo Vaccaro, trad. it. ILA Palma/ Associate, Palermo/Roma, 1994.

9) Le piège de Vincennes, intervista di P. Loriot, "Le Nouvel Observateun>, n. 274,9-15 febbraio 1970.

10) Di queste conferenze, esiste una versione italiana, curata da Lucio D'Alessandro, La verità e le forme giuridiche, La città del sole, Napoli, 1994, che tuttavia non riporta l'ampia discussione, rinvenibile in Dits et écrits, cil., v. II, pp. 623-646.

11) Ibidem, pp. 641-2.

12) Ibidem, p. 642.

13) Michel Foucault, Difendere la società, trad. il. Ponte alle Grazie, Firenze, 1990, p. 21. Nel 1983, Foucault vi ritorna su in modo più dettagliato, descrivendo alcune tipologie comuni di lotte antiautoritarie di opposizione al potere, anzi "lotte anarchiche", precisa: "trasversali", "immediate" (sia nel senso che colpiscono l'aspetto del potere più vicino agli individui, sia nel senso che non rinviano al futuro), legate agli "effetti di potere in quanto tali" (cfr. Perché studiare il potere: la questione del soggetto, in "Aut aut", n. 205,1985, pp. 2-10, spec. p. 5).

14) Ibidem, pp. 170-2. La trascrizione delle lezioni mostra l'argomentazione della tesi foucaultiana, senza provarla o verificarla attraverso testi d'epoca. Pur sembrando stravagante uniformare i diversi socialismi dell'ottocento, sarebbe interessante investigare la plausibilità e veridicità dell'antisemitismo, che afferirebbe pure l'anarchismo.

15) Michel Foucault, Sorvegliare e punire, cil., p. 323.

16) Michel Foucault, Va-t-on extrader Klaus Croissant?, in "Le Nouvel Observateuf", n. 679, 14-20.11.1977.

17) Michel Foucault, Dits et écrits, cit., p. 546.

18) Michel Foucault,Qu'estce que la Critique?, séance du 27 mai 1978, "Bulletin de la Société Française de Philosophie", LXXXIV, n. 2, avril-juin 1990, spec. p. 59. Di recente, ha ricordato tale momento Wilhelm Schmid, De l'éthique corrtme esthétique de l'existence, "Magazine littéraire", n. 325, ottobre 1994, pp. 36-9, spec. p. 38.

19) Michel Foucault, Dits et écrits, cit., p. 664 e p. 667.

20) Politics and Ethics: an Interview, in Paul Rabinow (Ed.), The Foucault Reader, Penguin, London, 1984, p. 373 e p. 376. In un intervista concessa a Paul Rabinow nel maggio 1984, appena un mese prima di morire, analogamente Foucault snocciola in maniera ironica la sfilza di etichette politiche affibbiategli nel corso degli anni, aggiungendo: "Nessuna di queste immagini è importante in sé; prese insieme, d'altro lato, significano qualcosa. E devo ammettere che mi piace abbastanza quel che vogliono intendere" (Polemics, Politics and Problematizations: an Interview, in ibidem, p. 384).

21) Si vedano, rispettivamente: Tony O'Connor, Foucault and the Transgression of Limits, in Hugh Silverman (Ed.), Philosophy and non-Philosophy since Merleau-Ponty, Routledge, London, 1988, pp. 136-151, spec. p. 136; Jana Sawicki Disciplining Foucault, Routledge, New Yòrk, 1991, spec. p. 34; di "errore anarchico" parlano Jean Cohen Andrew Arato, Civil Society and Politica l Theory, MIT Press, Cambridge, 1992, spec. p. 462; Richard Rorty, Foucault et l'épistémologie, in David Couzens Hoy (Ed.), Miche! Foucault. Lectures critiques, De BoeckWesmael, Brussels, 1989, pp. 55-63, spec. p. 62 (dove si trova scritto addirittura di una "civetteria radicale compiacente"); Karlis Ra-. cevskis, Miche! Foucault and the Subversions of Intellect, Cornell U. P., Ithaca, 1983, spec. p. 101 "retorica di egualitarismo e libertarismo"); Ian Hacking, L'archéologie de Foucault, in David Couzens Hoy (Ed.), op. cit., pp. 39-53, spec. p.52.

22) Si vedano Terry Hoy, The moral Ontology of Charles Taylor: contra Deconstructivism, in "Philosophy and Social Criticism", XVI, n. 3, 1990, pp. 207-225, spec. p. 215; Harry Redner, The Infernal Recurrence of the Same: Nietzsche and Foucault on Knowledge and Power, in Marcelo Dascal Ora Gruengard (Eds.), Knowledge and Politics, Westview Press, Boulder, 1989,pp. 291-315,spec. p. 300 e p. 307; John Raichman, Nietzsche, Foucault and the Anarchism of Power, in "Semiotexte", III, n. 1,1978, pp. 96-107.

23) Cfr. Reiner Schü?rmann, Se constituer sof-meme comme sujet anarchique, in "Les Etudes philosophiquesh, n. 4,1986, pp. 451-471: "Il soggetto anarchico si costituisce attraverso micro-interventi diretti contro le configurazioni ricorrenti della soggezione e dell'oggettivazioneh (p. 470).

24) Kate Soper, Productive Contradictions, in Caro li ne Ramazanoglu (Ed.), Up Against Foucault, Routledge, London, 1993, pp. 29-50, spec. p. 37. In relazione all'utopia del cambiamento, la somiglianza tra Foucault e l'utopismo socialista e anarchico, come ad esempio quello di Charles Fourier, è messa in discussione da Alan Megill, che fa notare come in Foucault non esista una visione finale di liberazione o di felicità (Alan Megill, Prophets of Extremity, University of California Press, Berkeley, 1985, p. 197).

25) Hayden White, Foucault's Discourse: The Historiography of Anti-Humanism, in The Content of the Form, Johns Hopkins U. P., Baltimore, 1987, p. 128.

26) Philip Knee, Le problème politique chez Sartre et Foucault, in "Laval théologique et philosophique", XLVII, 1, febbraio 1991, pp. 83-93, spec. pp. 90-1.

27) Alex Callinicos, Is There a Future for Marxism?, McMillan, London, 1982, p. 111. Vi torna sopra Fred R. Dallmayr, Democracy and Post-modernism, in "Human Studies", X, 1986, pp. 143-170, spec. p. 166.

28) Wolfgang Essbach, Gegenzilge, Frankfurt, 1982; Urs Marti, Michel Foucault, Beck, Miinchen, 1988, spec .. pp. 125-7.

29) Jacques Léonard, Lo storico e il filosofo, in Michelle Perrot (a cura di), L'impossibile prigione, trad. it. Rizzoli, Milano, 1981, p. 20 e nn. 17 e 18 a p. 240.

30) Dana B. Polan, Fables of Transgression: The Reading of Politics and the Politics of Reading in Foucauldian Discourse, in "Boundary 2", X, n. 3, primavera 1982, p. 369.

31) Alan Megill, op. cit., p. 255. Per parte sua, Edith Kurzweil afferla che "il suo pensiero è completamente anarchico" (Edith Kurzweil, Michel Foucault's History of Sexuality as Interpreted by Feminist and Marxists, "Sodal Research", LIII, n. 4, inverno 1986, p. 657).

32) Richard Rorty, Foucault et l'épistémologie, ci!., p. 61. "Nella misura in cui è possibile attribuire una politica al Foucault francese, si deve parlare di credenze anarchiche più che liberali. ( ... ) Sono questi passi "anarchici" che i suoi ammiratori francesi sembrano gradire di più,) (Richard Rorty, Identità morale e autonomia privata: il caso Foucault, in Scritti filosofici Il, trad. il. Laterza, Bari, 1993, p. 261 e p. 263). Si veda altresì J. Simpson, Archaeology and Politicism: Foucault's epistemic Anarchism, in "Man and the World", XXVII, n. 1,1994.

33) Michael Walzer, La politica di Foucault, in L'intellettuale militante, trad. il. Il Mulino, Bologna, 1991, rispettivamente p. 258 e pp. 257-8. Si veda anche l'Introduzione di David Couzens Hoy alla raccolta di testi da lui curata, cit., p. 22

34) José G. Merquior, Foucault, trad. il. Laterza, Bari, 1988, p. 162.

35) Ibidem, pp. 162-3. L'autore si riferisce ad una discussione del 1972, rintracciabile in Michel Foucault, Microfisica del potere. Einaudi, Torino, 1977, pp. 71106. Contrariamente a quel che si può immaginare, Foucault non era in Francia nel maggio '68 (ma a Tunisi) e non ebbe allora alcuna influenza sul movimento, bensì solo successivamente.

36) Ibidem, p.163-4. "Il fantasma di Bakunin, il romantico incendiario che in cuor suo amava voluttuosamente la distruzione, ha forse alla fine prevalso sul sano e umano spirito di Kropotkin?..." (p.164)

37) Intervista con Michel Foucault ("Actuel", 1971), trad. it. in AA. VV., Aspettando la rivoluzione, Guaraldi, Firenze, 1975, pp. 1938, spec. pp. 37-38.

38) Michel Foucault, What is Enlightenment?, in Paul Rabinow (Ed.), op. cit., p.48.

39) Michel Foucault, Perché studiare il potere, cit., pp. 910 (trad. it. leggermente modificata).