Rivista Anarchica Online
Pedagogia libertaria dal 1900 al 1926
intervista a Francesco Codello
Francesco Codello, direttore didattico in provincia di Treviso è stato
redattore dal 1977 al 1981 di Volontà.
Attualmente si occupa di ricerche nell'ambito della storia delle idee educative ed in particolare proprio dell'idea
pedagogica dell'anarchismo. Ha pubblicato diversi saggi su riviste specializzate e libri collettivi sull'educazione
libertaria. Il libro che esce per l'editore Corso di Ferrara si intitola: Educazione ed anarchismo. L'idea
educativa
nell'anarchismo italiano (1900-1926). Costa 35.000 lire e può essere ordinato direttamente
a noi solo con
versamento anticipato di lire 42.500 (35.000 + 7.500 per la spedizione raccomandata) sul nostro c.c.p. 12552204
intestato a «Editrice A - Milano». Non si effettuano spedizioni contrassegno né in conto deposito.
Come nasce l'idea di questo libro? La storia dell'educazione e la storia della
scuola hanno raggiunto ormai un alto grado di sviluppo e di
approfondimento. Ma, se si fa eccezione per il fondamentale lavoro di Tina Tomasi (Ideologie libertarie
e
formazione umana, Firenze, 1973) non esiste in Italia alcuna opera, nessuna ricerca sistematica che abbia
affrontato, da un punto di vista storico interpretativo, ciò che gli anarchici hanno detto e soprattutto fatto
nell'ambito della pedagogia e più in generale dell'istruzione popolare. L'idea quindi centrale e primaria
che ho
tenuto di fronte a me sempre presente, è stata quella di portare alla luce, sperando anche in una diffusione
(sicuramente marginale) all'infuori degli addetti ai lavori, le idee pedagogiche libertarie così come si sono
venute
diffondendo ed elaborando tra gli anarchici italiani in un periodo cruciale della storia del nostro paese,
com'è
quello che muove dall'inizio del secolo e termina con l'instaurarsi della dittatura fascista.
Quali sono le fonti, quali autori e militanti anarchici hanno espresso con continuità e
più interesse
ragionamenti, proposte, idee su queste tematiche? Innanzitutto vediamo di spiegare quale
è il materiale che ho indagato e sul quale ho costruito questo contributo
alla ricerca. Le fonti sono costituite dall'insieme dei periodici e numeri unici anarchici pubblicati in Italia e quelli
pubblicati in lingua italiana all'estero. Certamente non tutti sono stati visti e letti ma sicuramente una grande parte.
Qui è sorta la prima difficoltà relativa all'ubicazione di questo enorme materiale sparso
principalmente tra la
Biblioteca Nazionale di Firenze, L'Archiginnasio di Bologna, ma anche in tante altre biblioteche pubbliche a
Firenze, Roma, Torino, Milano, Mantova, e private come a Bergamo (Archivio Max Nettlau), Cecina (Archivio
Fam. Berneri), Milano (Centro Studi G. Pinelli). Indispensabile e certamente irrinunciabile per un lavoro
sull'anarchismo e anche quindi per l'argomento che ho trattato io è frequentare il C.I.RA di Losanna ed
eventualmente anche l'Istituto di Storia Sociale di Amsterdam. Come si può vedere e constatare
svolgendo una ricerca, esiste un problema di grande dispersione dei centri di
raccolta di questi documenti. Pochi sono invece i libri e gli opuscoli che ho potuto trovare e quindi consultare su
questi temi perché le tematiche affrontate nel libro sono state il frutto della lettura di questa grande serie
di articoli
sparsi qua e là tra le riviste e i giornali. Voglio qui sottolineare una cosa del tutto eccezionale, che
testimonia la vitalità intellettuale ma anche la capacità
militante di questo anarchismo, evidenziando che in questi anni si pubblicano in Italia sicuramente tre riviste
specifiche sull'argomento: La scuola laica, diretta da Francisco Ferrer, La scuola moderna,
diretta da P. Gori e
Luigi Fabbri e La scuola moderna di Clivio, animata soprattutto da Luigi Masciotti. Esiste
sicuramente un altro
Bollettino della scuola moderna di Torino inconsultabile perché ancora da restaurare
dall'alluvione di Firenze. Per quanto riguarda le figure di militanti più significative che hanno
vivacizzato la discussione sulle tesi di una
pedagogia libertaria credo di poter sottolineare quella che giudico la più precisa ed equilibrata e
cioè Luigi Fabbri,
ma anche Camillo Berneri, Domenico Zavattero, Luigi Masciotti, Maria Rygier, Fanni Dal Ry, Dunstano
Cancellieri, Franco Ciarlantini, Pietro Gori, Leda Rafanelli, Luigi Galleani e naturalmente Errico Malatesta e
soprattutto l'educazionista per eccellenza Luigi Molinari oltre a numerosi altri.
Vogliamo adesso in sintesi approfondire i contenuti di questo libro. Come è strutturato
e articolato? Il libro si compone di una introduzione e di cinque capitoli che ora
illustrerò nei loro contenuti principali. Il primo capitolo (Educazione e libertà) rappresenta
la sintesi delle varie questioni che l'anarchismo italiano ha
individuato come portanti di un più ampio discorso pedagogico libertario. La critica ai sistemi scolastici
vigenti,
ai metodi praticati e all'organizzazione dell'intera attività didattica, la denuncia del ruolo negativo e
autoritario
che l'educazione religiosa concorre a determinare nella formazione di personalità gregarie e autoritarie,
e al
contempo la definizione dei principi basilari sui quali deve reggersi una nuova educazione fondata sulla
libertà
e sull'uguaglianza, costituiscono la chiave di lettura attraverso cui interpretare l'originalità e la
specificità delle
posizioni anarchiche. Per gli anarchici l'istruzione integrale del fanciullo si consegue non già attraverso
l'opera
di adattamento del bambino all'ordine costituito e garantito dallo Stato, dalla Chiesa o dalla Famiglia,
bensì
potenziando l'impulso naturale alla libertà individuale e sociale, interiore ed esteriore, e sviluppando la
capacità
di individuare tutto ciò che costituisce un limite all'espressione dell'individualità per poter
rimuovere gli ostacoli
che si frappongono a ciò. Presupposto dell'educazione è la libertà del bambino, ma la
stessa libertà costituisce
anche il fine dell'educazione stessa. Ma per un movimento esplicitamente rivoluzionario il dilemma classico
educazione/rivoluzione e uomo/ambiente diventa cruciale per il prosieguo della discussione. Il tutto viene
affrontato nel capitolo intitolato proprio «Educazione e rivoluzione». Il discorso si sposta dunque sul tentativo
di capire quale nesso esista tra educazione e rivoluzione, se cioè siano termini necessariamente
contrastanti oppure
se costituiscano due momenti diversi ma complementari di un'unica strategia. Anche in questo caso le posizioni
all'interno del movimento anarchico italiano sono diverse e spesso anche contrastanti e tutti i principali leaders
del movimento dell'epoca prendono posizione su questo argomento a testimonianza della centralità
dell'argomento. Dalla discussione teorica si passa spesso all'analisi su problemi concreti come nel caso
emblematico rappresentato
dall'approvazione della legge Daone-Credaro nel 1911 che avoca allo Stato l'istruzione primaria. Si scontrano
partendo da questa tematica le concezioni clericali e conservatrici con quelle dei socialisti, dei repubblicani e altri
favorevoli ad una scuola laica di Stato. È questa una questione che viene riproposta anche ai nostri giorni
nel
confronto tra scuola statale e privata. Nel capitolo «Scuola laica e scuola libera» vengono riproposte tutte le
principali tesi, le contrapposizioni e le sfumature che si riproducono all'interno del movimento. Va però
evidenziato che se vi sono opinioni che non si nascondono la sicura positività della scuola laica,
certamente non
vi è dubbio che la critica degli anarchici è feroce nei confronti della scuola confessionale,
così come è chiara la
volontà di pensare e proporre una scuola pubblica che non sia statale, ma libera. D'altro canto va ricordato
che
in questi anni nasce, cresce e viene distrutta col sangue del suo fondatore, l'esperienza esemplare delle Escuele
Moderne in Spagna ispirate e dirette da Francisco Ferrer. Al modo in cui viene vissuta questa esaltante e
unica, per intensità, esperienza del martire catalano, da parte degli
anarchici italiani, è dedicato il quarto capitolo, nel quale si cerca anche di rappresentare l'immaginario
collettivo
che è cresciuto nel movimento rivoluzionario libertario anche nei suoi eccessi e limiti. Conclude il libro
un
capitolo dedicato a raccontare l'esperienza unica e straordinaria di Luigi Molinari e della sua rivista,
"L'Università
Popolare» che dal 1901 al 1918 costituisce un paradigma esemplare di una discussione e di una sperimentazione
concreta dei valori e dei contenuti di una cultura pedagogica libertaria.
Mi pare di poter dire che in questo lavoro che ha un taglio evidentemente storico non mancano
certamente
le riflessioni che possono stimolare una discussione di estrema attualità. Sicuramente.
Penso si possa affermare che uno dei terreni (forse il principale) nel quale l'anarchismo e la cultura
libertaria hanno espresso degli alti livelli di produzione teorica e di pratica diffusa è proprio quello
dell'educazione. Se poi pensiamo che proprio l'educazione è anche oggi vissuta dall'intera
società (perlomeno dalla parte più
attenta ai cambiamenti più profondi) come uno dei nodi centrali, il resto è facile da dedurre.
Proprio qui, su questo terreno, proprio oggi, gli anarchici e i libertari hanno ancora molto da dire e magari
anche
da fare.
Vuoi concludere? Voglio farlo ringraziando in particolare Nico per
l'incoraggiamento e i preziosissimi consigli, Rossella per la
disponibilità e la pazienza nel favorire la consultazione dei materiali del Centro Studi e soprattutto Marie
Christine e Marianne del C.I.RA. che mi hanno ospitato e consentito di frugare in quel grande patrimonio di
giornali e riviste che così pazientemente custodiscono. Ma senza il sostegno morale e l'aiuto prezioso di
Mirca
questo libro probabilmente non sarebbe mai stato terminato.
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