Rivista Anarchica Online
Diggers = zappatori
di Valerio Pignatta
Nel 17 secolo, in Inghilterra si sviluppa il movimento degli zappatori. Valerio Pignatta ne ripercorre in queste
pagine la storia
L'esperienza storica di Gerrard Winstanley e dei Veri Livellatori o Zappatori
(Diggers) si inserisce nel quadro
della effervescenza politica e sociale degli anni Quaranta del XVII secolo in Inghilterra e non può essere
compresa in pieno senza dare conto delle vicende politiche che travagliarono l'Inghilterra in quegli anni. La
possibilità di venire alla luce di una serie di posizioni politiche e sociali radicali all'interno della
società inglese
fu strettamente connessa alla direzione data dal parlamento alla rivoluzione. Gli antecedenti immediati
della lotta politica degli anni Quaranta sono rintracciabili nel tentativo assolutistico
messo in atto dagli Stuart durante gli anni Trenta. In quegli anni la politica di Carlo I e dei suoi ministri
Strafford e Laud esasperò il contrasto tra la corona e le correnti riformatrici puritane e parlamentari
mentre nello
stesso tempo andava crescendo un generale stato d'animo di rifiuto, da parte di tutti i ceti, di pagare tasse che
non fossero state regolarmente autorizzate attraverso la normale procedura parlamentare. La politica di
uniformità religiosa sostenuta dal sovrano provocò una vasta rivolta in Scozia nel 1638,
allorché il Laud cercò
di imporre alla chiesa presbiteriana scozzese il cerimoniale adottato dalla Chiesa anglicana. Quando per avere
il denaro necessario alla repressione della rivolta scozzese, fu finalmente convocato il parlamento, le
rivendicazioni parlamentari furono tali che il re ritenne opportuno sciogliere rapidamente l'assemblea (Corto
Parlamento, 13 aprile-5 maggio 1640). D'altro canto la tregua contrattata con gli scozzesi si presentò
talmente
costosa per le finanze dello stato che il re dovette agire. Convinto di poter addomesticare il Parlamento
arrestando alcuni deputati e minacciando o corrompendo altri, il re lo convocò nuovamente nel
novembre del
1640. Questa fu la data di inizio di un vero e proprio terremoto istituzionale e rivoluzionario che percorse
l'Inghilterra per un ventennio. La censura non funzionava più e una marea di libelli invase il regno. Il
malcontento popolare era diffusissimo e «persino» delle donne si levavano a predicare. La diffusione della
stampa alimentava un fermento generale che era sempre più difficile controllare, mentre l'
«opposizione»
parlamentare, ancora unita, incoraggiava la partecipazione popolare alla politica, sollecitando petizioni e
dimostrazioni di massa a favore del parlamento. Tuttavia, in occasione del dibattito religioso si manifestarono
quelle differenze di posizione che portarono alla formazione degli schieramenti pro e contro il re, quando
scoppiò la guerra civile nel 1642. La crescita del movimento popolare radicale faceva temere ad una
parte dei
capi parlamentari la possibile messa in discussione della loro posizione e che la libertà religiosa
significasse
disordine sociale. Sulla scia di questo «disordine» seguirono vari sommovimenti rivoluzionari che vanno
dalla guerra civile
all'esecuzione del re, dal proliferare di una moltitudine di sette autonome millenariste alla proclamazione della
Repubblica. È in questo contesto appunto che si inseriscono i Diggers di Winstanley.
Su i1cappello Il leader dei Veri Livellatori nacque a Wigan
nel Lancashire il 10 ottobre 1609. Il padre è indicato come
mercante di stoffe. E' probabile che i genitori nutrissero simpatie puritane poiché nel 1605 erano apparsi
davanti
alle corti ecclesiastiche con l'accusa di aver frequentato conventicole dissidenti. Nulla si sa dell'istruzione
impartita a Winstanley. Si presume che fosse stato educato come un commerciante. Effettivamente non fu
né un dotto né un erudito ma piuttosto un mistico. La domenica del primo aprile 1649 vide
Winstanley a St. George, nel Surrey, partecipe dell'iniziativa di
occupazione della terra, e anzi promotore con William Everard di quella breve ma strenue stagione di lotta con
i proprietari terrieri che stava per incominciare. Gli occupanti (una trentina in tutto) iniziarono a mettere
a coltura gli incolti di cui avevano preso possesso e
invitarono tutti ad andare a dar loro una mano promettendo loro che avrebbero avuto da mangiare, da bere e da
vestirsi, minacciarono di distruggere le recinzioni e diedero per certo che entro pochi giorni avrebbero
raggiunto alcune migliaia di aderenti. Subito contro di essi si manifestarono grandi resistenze e vari soprusi
e violenze furono commessi a loro danno. Demonizzati dai proprietari terrieri, sia Winstanley che Everard
si impegnarono a comparire al cospetto di Lord
Fairfax a Londra a rendere conto del loro operato, cosa che avvenne il 20 dello stesso mese di aprile 1649.
Everard parlò a nome del gruppo e dichiarò che una visione divina lo aveva spinto insieme agli
altri a occupare
e a coltivare le terre del colle di St. George con l'intento di ricreare le primitive condizioni umane e naturali
stabilite da Dio ossia di restaurare l'antica comunità per godere dei frutti della terra. Egli
sottolineò il carattere
pacifico della loro iniziativa e affermò che nessuno di loro avrebbe fatto uso delle armi neppure per la
difesa
personale. Sia Winstanley che Everard si dichiararono poi fiduciosi che altri avrebbero potuto seguire il loro
esempio e che i proprietari terrieri avrebbero acconsentito a cedere volontariamente le loro terre. In tale
occasione i due Diggers rifiutarono di togliere i loro cappelli alla presenza del generale
perché sostennero
che egli era, come tutti gli uomini, una loro creatura sorella per cui non c'era ragione di sottomettersi a
chicchessia. Tale gesto esprime una nota caratteristica del movimento digger i cui aderenti
riconoscevano e
predicavano l'uguaglianza di tutti gli uomini tra di loro, nessuno escluso, e credevano che nessuno dovesse mai
avere autorità su qualcun altro. Fairfax ricevette una buona impressione dai due e non considerò
la loro azione
pericolosa per il paese ma i proprietari terrieri della zona erano alquanto disturbati dai Diggers e
con l'aiuto di
fittavoli e di coloni aggredirono ripetutamente la comunità distruggendo attrezzi di lavoro, demolendo
le
capanne, rovinando il raccolto, razziando o ammazzando il bestiame, picchiando gli aderenti alla colonia e
perseguitandoli con azioni legali. Tuttavia i Diggers della colonia di Little Heath, dove nel
frattempo si erano
spostati per sfuggire alle persecuzioni, si riorganizzarono mentre il loro esempio cominciava ad essere imitato
in qualche altra zona del paese. Comparvero altre colonie a Wellingborough nel Northamptonshire, a Cox
Hall nel Kent, ad Iver nel
Buckinghamshire, a Barnet nello Hertfordshire, a Enfield nel Middlesex, a Dunstable nel Bedfordshire, a
Bosworth nel Leicestershire, e in località del Gloucestershire e del Nottinghamshire. Winstanley
e i Diggers non si limitarono a condannare il regno dispotico di Carlo I ma assunsero la figura del
cattivo monarca come simbolo della prepotenza e iniquità del potere poiché nel potere è
implicita la
disuguaglianza e quindi l'incompiutezza degli uomini. Per questo mistico i ministri del culto non erano
nient'altro che i difensori e i servitori del potere iniquo e le decime il prezzo del loro tradimento.
Maledetto lo sfruttamento Secondo Winstanley i veri motori della storia
umana sono l'oppressione e la violenza che si manifestano nel
dominio dei pochi sui molti e nei torti e nelle sofferenze subite dai dominati. Winstanley pensava che la natura
stessa era stata corrotta dalla Caduta dell'Uomo. Per ristabilire la libertà esistente prima della Caduta
si doveva
abolire il lavoro salariato. Non era stata la Caduta a portare alla proprietà privata, ma la
proprietà a causare la
Caduta: «Quando l'umanità prese a disputare per la terra, e alcuni la volevano tutta, escludendone gli
altri e
costringendoli ad essere servi; questa fu la caduta dell'uomo». Il potere dello stato, gli eserciti, le leggi e la
macchina della giustizia, le prigioni, le forche, tutto ciò esisteva (ed esiste) per proteggere quella
proprietà che
i ricchi avevano rubato ai poveri. La continua commistione tra ideologia politica e religione è
evidente, nel pensiero di Winstanley, anche a
proposito della riflessione sul significato della proprietà. La maledizione dell'uomo non è il
lavoro ma lo
sfruttamento. La compravendita e le leggi del mercato sono conseguenze della Caduta. Il suo obiettivo non era
il ritorno alla situazione di libertà che si pensava fosse esistita prima della conquista normanna
dell'Inghilterra,
nell'XI secolo. Egli riteneva che occorresse andare oltre e ripristinare «la pura legge di giustizia risalente a
prima
della Caduta». Il potere regio, il clero, gli avvocati, la compravendita, tutto era collegato. Non bastava
quindi tagliare la testa
del re. Bisognava operare perché tutto il sistema di rapporti esistente crollasse. Per Winstanley il
Dio della Bibbia non soltanto governa la storia ma la orienta anche nel senso dell'instaurazione
della giustizia, della fratellanza e, di conseguenza, dell'abolizione della proprietà privata.
Winstanley credeva nel benessere materiale per tutti qui su questa terra una volta che, libero dal peso dei
bisogni
primari, l'intelletto umano attraverso uno sperimentalismo di tipo baconiano fosse riuscito con invenzioni e
scoperte, benevole e benefiche per l'umanità, a conseguirlo. L'attacco ai mali della società
presente e le modalità
di realizzazione in terra di un paradiso mondano ruotano intorno alle critiche violente che Winstanley scaglia
contro il clero. A suo giudizio i preti «avanzano diritti al paradiso dopo la morte, però il paradiso lo
richiedono
anche su questa terra, e mormorano violentemente contro il popolo che non vorrebbe dare loro un sostanzioso
mantenimento temporale. E tuttavia ai poveri vanno dicendo che debbono accontentarsi della loro
povertà, che
il paradiso lo avranno nell'aldilà. Ma perché non possiamo avere qui il paradiso, cioè
un dignitoso mantenimento
su questa terra, ed anche il paradiso nell'aldilà esattamente come voi, visto che Dio non fa privilegi?».
Winstanley insomma ebbe il pregio di aver ancorato le dispute teologiche e le promesse di un mondo di
là da
venire alle miserabili ingiustizie di questa terra. Per Winstanley «il più grande peccato contro l'amore
universale» era «che un uomo chiudesse i tesori della terra in casse e case, e permettesse loro di arrugginire e
marcire, mentre altri, cui essi appartengono - e appartengono a tutti - muoiono di fame per mancanza di essi».
Winstanley immaginava che le divisioni all'interno della nazione sarebbero state spazzate via
dall'unità fraterna.
Per lui la luce interiore, la Ragione, era ciò che suggeriva all'uomo di fare agli altri quello che
desiderava gli
altri facessero a lui, era ciò che lo spingeva a collaborare con i suoi simili in vista di un obiettivo
comune. Tale obiettivo prevedeva anche l'occupazione delle terre il cui significato è quello di un
estremo atto di protesta
etico-politica contro gli effetti negativi delle recinzioni e l'indicazione di un'alternativa possibile per tutti gli
sfruttati e gli oppressi dalla miseria e dalla perdita progressiva di ogni libertà. La pericolosità
dei Diggers per
i proprietari e per le autorità non consisteva tanto nelle dichiarazioni comunistiche o nella pratica della
nonviolenza quanto piuttosto nel tentativo concreto di realizzare quei contenuti attraverso l'azione diretta dei
poveri. La loro idea centrale era la totale abolizione della proprietà privata. Libertà, per
i Veri Livellatori, vuol dire
parità nel diritto alla terra in ordine ai bisogni da soddisfare. La «libertà fondamentale»
è il libero godimento
della terra perché ogni uomo per nascita «ha lo stesso diritto alla terra, di un altro». Tutte le altre
libertà sono
soltanto delle pseudo-libertà. Alla luce di questo principio risulta evidente che la rivoluzione, che aveva
abbattuto il tiranno ed aveva instaurato il Commonwealth, non poteva dirsi conclusa. Il
rivolgimento politico
non aveva portato la libertà sperata da chi aveva lottato, perché non aveva intaccato il vero
privilegio e non
aveva messo in discussione l'ingiustizia sociale. Le comunità che i Diggers fondarono
prefiguravano invece il modello politico che avrebbe dovuto avere la
società futura a rivoluzione terminata secondo un criterio di eguaglianza, fraternità e giustizia.
Il loro intento
era per una testimonianza esemplare di vita comunitaria. Dell'impresa dei Diggers si parlò
in tutto il paese, con
simpatia tra i ceti meno abbienti e ovviamente con apprensione tra quelli possidenti. Le idee contenute nel loro
manifesto, The True Levellers Standard Advanced del 1649, sono il risultato di un'analisi
socio-storica
avanzatissima ma inquietante per la coscienza dominante del periodo che considerava il privilegio economico
e politico come un dato di fatto irreversibile e anzi una necessità sociale a salvaguardia dell'ordine.
Il fallimento degli zappatori La convinzione dell'uguaglianza originaria non
poté che provocare contro i Diggers una vasta protesta da parte
delle classi dominanti che non potevano di certo accettare pacificamente l'idea che la proprietà privata
si origina
da un furto e si perpetua attraverso un puro principio di forza e col delitto e che perciò «tutti i
proprietari terrieri
vivono infrangendo il settimo e l'ottavo comandamento: non rubare, non uccidere». Gli
Zappatori erano consapevoli della novità e della complessità del momento storico nel quale si
trovavano
e intervennero per avanzare la loro proposta: un messaggio di nonviolenza, di giustizia, di libertà, di
uguaglianza. Essi si dichiaravano pronti a costruire una società nuova su basi più giuste.
Winstanley rilesse la
storia d'Inghilterra alla luce delle sue riflessioni sulle Scritture. Come altri Diggers riteneva che
la Caduta avesse
assunto una precisa forma storico-politica con la conquista normanna del 1066. Il norman yoke
assurse a
simbolo del male che si fa storia istituzionalizzandosi in strutture giuridiche ingiuste e lesive della
libertà degli
antichi anglosassoni. L'originaria ripartizione della terra per tribù tipica degli angli e dei sassoni
con la conseguente formazione di
villaggi agricoli aveva instaurato e consolidato, prima della conquista, la consuetudine di usare la terra in
comune prefigurando l'idea di un diritto popolare alla terra. In questa organizzazione primeva fu vista l'origine
dell'agricoltura a campo aperto espressione di un'economia in cui la proprietà individuale coesisteva
con un
radicato e sentito costume comunitario a cui Gerrard Winstanley guardò costantemente con interesse.
La
conquista normanna avrebbe invece posto le basi al fenomeno delle recinzioni e distrutto l'antico equilibrio
socio-economico a danno dei contadini radicalizzando la gerarchizzazione di classe. Winstanley considerava
questi eventi come la causa diretta dell'ingiustizia dominante ed era convinto che «la difesa della
proprietà e
dell'interesse privato divide il popolo di un paese, anzi il mondo intero, in fazioni ed è dovunque causa
di guerre,
di stragi e di contese». La comparsa della proprietà privata è considerata dai Diggers
l'espressione storica del
male e solo il ripristino della «terra ... come tesoro comune» avrebbe potuto consentire a tutti di «viverci
confortevolmente» in modo che più «nessuno tormenterà un altro». Solo così sarebbero
cessate le guerre e tutti
i conflitti. Attraverso il loro programma i Diggers espressero la richiesta di una vita liberata dal
bisogno
materiale con la garanzia per tutti gli uomini di avere assicurati i mezzi per sviluppare la propria esistenza fisica
e morale perché, sostenevano, la vera libertà è quella che non soggiace ad alcun bisogno
materiale. Reclamarono
inoltre l'abolizione della proprietà privata e dello sfruttamento, il ripristino della comune fruizione della
terra,
la libertà di coscienza, l'eguaglianza economica e sociale. Il principio da cui gli Zappa tori
partivano era l' idea cristiana, diffusa in tutto il medioevo, che il possedere in
comune fosse una forma di vita più perfetta della proprietà privata. In questa prospettiva la
proprietà privata non
era considerata un fatto naturale ma il risultato dell'avidità umana. Pacifisti convinti essi credevano che
l'eccellenza del nuovo tenore di vita che essi proponevano avrebbe attirato anche i latifondisti. Pur essendo
violentemente anticlericali essi erano anche profondamente religiosi ed è probabile che si aspettassero
sempre
un intervento divino teso ad intenerire i cuori dei propri antagonisti. I Diggers evidentemente
erano uomini
semplici. Essi pensavano che la dottrina dell'amore fraterno cristiano si potesse interpretare alla lettera e che
la sua forza dirompente avrebbe potuto vincere ogni resistenza. Il fallimento degli Zappatori fu dovuto alla
loro difficoltà di organizzazione dei poveri, incapaci di una
perseverante azione comune per mancanza di una coscienza di gruppo. I Diggers predicarono
sì il dovere di ribellarsi: «Se lavori la terra, faticando per altri che vivono negli agi e
approfittano delle tue fatiche per seguire le vie della carne, mangiando il pane guadagnato col tuo sudore, non
col proprio, sappi questo: che la mano del Signore scenderà pesante sul lavoratore che si vende per un
salario;
sappi che perirà insieme con l'avido ricco che ha tenuto e tiene il creato sotto la servitù della
maledizione». Ma le coscienze dei ceti più poveri erano ancora troppo assopite e si era lontani dal
riconoscere interessi
comuni antagonisti a quelli delle classi possidenti, e dall'intenzione di organizzare un comune fronte di lotta.
Anche per questi motivi l'appello e l'azione degli Zappatori rimasero pressoché in ascoltati.
Coscienza libertaria Il movimento digger, dunque,
rappresentò il momento più maturo delle lotte contadine contro le recinzioni e
contro lo sfruttamento dei grandi proprietari sia aristocratici sia borghesi. Esso fu il punto di sintesi
politicamente più alto dei principi di eguaglianza, giustizia, fraternità rivendicati dalle sette
radicali e dai
Livellatori della base operanti nelle città e nelle campagne durante gli anni Quaranta del '600. Gli
Zappatori
costituirono una vera avanguardia, la parte più cosciente del mondo contadino oppresso. Una coscienza
libertaria che ancora oggi tarda ad attecchire di contro alla permanenza di un'oppressione così sottile,
profonda
e fantascientifica da tentare di sfuggire persino alle antenne dei più sensibili ed attenti oppositori, tanto
è il
potere di condizionamento del Sistema che tenta di ammutolirei. Ma Winstanley e gli altri come lui che ci hanno
preceduto nella storia della libertà sono le voci che nessuno può zittire e che ci spingono a far
sentire anche la
nostra.
Bibliografia essenziale BIANCHI D. (a cura
di) Il piano della legge della libertà, Torino, Claudiana, 1992. FIASCHI G.
Potere, rivoluzione e utopia nella esperienza di Gerrard Winstanley, Padova, Cedam, 1982.
HILL C. Il mondo alla rovescia, Torino, Einaudi, 1981. . RECUPERO A. (a cura di)
Gerrard Winstanley. La terra a chi la lavora!, Firenze, Guaraldi, 1974. SABINE
G.H. The works of Gerrard Winstanley, New York, Russell & Russell, 1965.
SCHIAVONE G. Winstanley. Il profeta della rivoluzione inglese, Bari, Dedalo, 1991.
Tutte le citazioni presenti nel testo sono prese dalla raccolta delle opere di Winstanley curata dal
Sabine, The
works ecc., cit.
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