Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 24 nr. 208
aprile 1994


Rivista Anarchica Online

Libertario Winstanley? Ma se ha detto che...
di Pietro Adamo

Durante la Rivoluzione Inglese (1640-1660) i radicali, i mistici, gli entusiasti, i millenaristi - insomma, i componenti di quella che gli storici definiscono lunatic fringe - diedero libero spazio all'immaginazione, presentando idee innovative e progetti alternativi in tutte le sfere dell'agire umano. Tra questi eccentrici Gerrard Winstanley merita un'attenzione particolare, sia per le peculiarità delle sue proposte pratiche, sia per la sua successiva (e ambigua) fortuna presso gli studiosi.
Winstanley, di professione mercante, si stabilì a Londra negli anni Trenta; la Guerra Civile danneggiò la sua impresa, costringendolo nel 1643 a trasferirsi in Surrey. Nella seconda metà degli anni Quaranta - possiamo supporre tra la fine del 1647 e gli inizi del 1648 - piombò in una trance illuminante: "il mio cuore si riempì di dolci pensieri e mi furono rivelate molte cose che mai lessi nei libri o udii da qualsiasi bocca terrena [...] e io avevo una voce dentro di me che mi ordinava di dichiararle a tutti" (dall'abbozzo di autobiografia che compare nella prefazione di A Watch-World to the City of London, 1649). Nel corso del 1648 Winstanley pubblicò così quattro pamphlets che rientravano pienamente nel genere "mistico-profetico". La sua originalità stava soprattutto nell'abile combinazione tra la prospettiva millenarista e "illuminata" tipica dei radicali, i temi libertari associati all'antinomianesimo più spiritualista e una interpretazione degli usuali argomenti storico-politici in chiave di rivoluzione sociale, il tutto articolato in un suggestivo linguaggio dalle risonanze bibliche, dove si incrociavano tradizioni ermetiche e rivendicazioni "popolari".
Nell'anno successivo - mentre nei suoi libelli l'ipotesi millenarista acquistava dimensioni più determinate, configurandosi come una grande rivoluzione etica e sociale dove l'abbattimento della proprietà privata avrebbe prodotto un "uomo nuovo", finalmente liberato dalla "potenza delle tenebre", ovvero dalle qualità legate alla società di mercato (egoismo, avidità, desiderio di possesso, ecc.) - Winstanley, insieme a William Everard, fondò la colonia digger di St. George's Hill. Nel 1651 indirizzò a Cromwell la sua opera maggiore, The law of freedom (pubblicata l'anno successivo), descrizione di una società perfetta, rigidamente strutturata, fondata sul principio dell'"amore fraterno" (contrapposto a quello della compravendita) e sulla supremazia del modello familiare, ma anche, per quel che riguardava l'organizzazione politica del sistema, sulla rappresentanza e l'elettività delle cariche pubbliche (da notare: secondo l'autore, la cosiddetta "legge della libertà" avrebbe dovuto essere imposta con i fucili dell'esercito). In seguito, Winstanley riprese la sua attività di mercante; non è escluso che, sul finire del decennio, sia diventato un esattore della più odiosa tassa del periodo, la decima.
Gli esperimenti intellettuali e pratici del leader degli Zappatori presentano però non poche ambiguità: a me pare francamente discutibile il suo inserimento nelle genealogie dell'anarchismo e del libertarismo (operazione compiuta da studiosi del calibro di Max Nettlau, Maria Luisa Berneri, George Woodcock, Peter Marshall, ecc.). Si tratta, innanzitutto, di un mito storiografico, prodotto dalla cultura inglese nei "progressivi" anni Trenta. Winstanley fu riscoperto nel 1895 da Eduard Bernstein (il cui libro fu tradotto in Inghilterra nel 1930), divenne oggetto di una prima monografia in terra inglese già nel 1906, ma fu elevato al rango di personaggio chiave della Rivoluzione nei tardi anni Trenta e nei primi anni Quaranta, quando G.H. Sabine e G. Hamilton antologizzarono i suoi scritti per le generazioni future, D.W. Petegorskij gli dedicò una monografia (pubblicata dal Left Book Club, praticamente affiliato al partito comunista) e infine Christopher Hill concesse al suo "ideale comunista" un'"eco contemporanea" e la capacità di inquadrare significative "visioni del futuro": in altre parole, il merito principale di Winstanley era quello di anticipare Marx. A partire dalla fine degli anni Sessanta, l'enfasi dei marxisti è gradualmente slittata verso gli aspetti più libertari della sua opera, percorso che si rintraccia anche negli studiosi anarchici (in origine affascinati soprattutto dalla concezione comunitaria ed egualitaria del capo degli Zappatori).
Il nucleo del "problema Winstanley" sta proprio nell'interpretazione del suo libertarismo. Tutti i suoi libelli sono attraversati da un lessico della liberazione individuale basato su un'originale lettura delle tematiche antinomiane: secondo Winstanley l'abolizione della proprietà privata avrebbe sciolto i singoli da ogni obbedienza alle autorità tradizionali e alle norme gerarchiche, concedendogli nuova autonomia e nuova indipendenza. Ma questo era vero solo nell'ambito sociale (con l'abbattimento della struttura economica vigente) e in quello etico più generale (con la sconfitta dei valori associati alla sopracitata "potenza delle tenebre"): il capo degli Zappatori nulla ci dice sulla morale tradizionale insegnata dai comandamenti cristiani, sulle regole sessuali, sull'organizzazione della famiglia, sui diritti delle donne. E, di fatto, il tanto celebrato comunitarismo digger si fondava su valori che da molti punti di vista sono tutt'altro che libertari: autoritarismo patriarcale, disciplinarismo sociale e familiare, rigida etica del lavoro e moralismo ascetico. In altre parole, le comunità degli Zappatori dovevano assomigliare almeno un po' a uno stato di polizia premoderno (se si era tanto sfortunati da non essere un capofamiglia maschio). Un episodio particolare mi pare chiarisca ulteriormente la natura dell'esperimento di Winstanley: il suo scontro con i ranters, i rappresentanti più radicali dell'individualismo libertino e libertario dell'epoca, loro sì reali anticipatori dell'ethos anarchico. Molto probabilmente i ranters fecero la loro comparsa a St. George's Hill propagandando i principi della parità sessuale, contestando l'autorità dei capofamiglia e facendosi campioni di un dionisiaco "principio del piacere". Le repliche di Winstanley (per l'intera polemica e per la traduzione in italiano di una di queste repliche, concedetemi di rimandare al mio Il Dio dei blasfemi. Anarchici e libertini nella Rivoluzione inglese, Unicopli 1993, pp. 289-295) sono significative: oltre ad invitare ripetutamente le donne (evidentemente il bersaglio principale della "bestia" ranter) a non lasciarsi fuorviare da questi seduttori, contrappose agli eccessi "carnali" la disciplina del lavoro, al libertinismo sessuale l'ordine gerarchico della famiglia, all'idea del godimento materiale delle cose un'ascetica politica di frugalità e all'apparente egocentrismo ranter il richiamo a uno spirito comunitario e anti-individualista. Probabilmente si trattava di una scelta obbligata: il già precario equilibrio economico dei villaggi digger non permetteva certamente un confronto con una proposta tanto distruttiva. E tuttavia, non si può non prendere atto della tendenza generale delle opzioni presentate da Winstanley, fondate su una concezione autoritaria e "verticistica" sia della vita sociale sia della liberazione individuale.