Rivista Anarchica Online
Dopo il voto
di Antonio Cardella
In queste note, scritte prima delle elezioni del 27-28 marzo, Antonio Cardella analizza alcuni dati di fondo della
situazione politica italiana
Io non so se, compiuto l'evento, ci sarà ancora da sperare. Non so se dopo
che i nostri concittadini avranno
delegato col voto questo o quello schieramento a prendere il timone della vita nazionale, avrà ancora
senso
credere che una società migliore e più giusta possa essere perseguita con la nostra lotta
quotidiana oppure i
margini si saranno drasticamente ridotti e sul nostro orizzonte campeggeranno i connotati di un sistema -
destinato a durare - che espliciti le istanze di un capitalismo insensato e cinico, fuori del tempo, che cancelli
definitivamente ogni traccia sia pur minima di stato sociale. Mentre scrivo, mancano pochi giorni al
fatidico 27 di marzo e, pur perdurando i molti equivoci di una campagna
elettorale rozza e mistificante quanto non mai, alcuni dati che caratterizzeranno il prossimo futuro ci appaiono
sin da adesso abbastanza chiari, quale che sia l'esito del voto. Fatte alcune eccezioni, marginali ai due
schieramenti che, per intenderci, chiameremo di sinistra e di destra, la tendenza strategica di tutti i contendenti
è quella di ricompattarsi - da vincitori - in un centro moderato che, conculcando le «velleità
estremistiche»,
espresse da Rifondazione Comunista e dalla Rete, da un canto, e dalla parte movimentista di Alleanza
Nazionale, dall'altro, proponga il ricostituirsi di un fronte abbastanza ampio, capace di supportare, per la
seconda Repubblica, una società più marcatamente liberista, della prima.
Sinistra evanescente e confusionaria Come è apparso evidente
durante tutta la campagna elettorale, non vi è stato esponente politico che non abbia
sacrificato sull'altare di un neoliberismo dai contorni assai confusi, contrabbandato come ultima spiaggia per
affrontare e risolvere tutti i mali del nostro poco felice paese. Il quale paese - come tutti sanno - non è
stato
tradito da una classe politico-imprenditoriale ignorante, truffaldina, corrotta sino al midollo delle ossa, ma dal
poco rispetto per il «mercato», dalla ingiustificata elargizione di assistenzialismi insopportabili per il virtuoso
sistema della libera concorrenza. Dove per assistenzialismo deve intendersi il rispetto di diritti sacrosanti,
conquistati dai lavoratori con lotte decennali. Torniamo, comunque, a quello che - secondo noi -
sarà lo scenario del dopo elezioni. Vorrei sbagliarmi, ma tutti i dati non «drogati» concordano nel
prevedere un'affermazione dello schieramento
di centro-destra. Giuoca a favore di questa ipotesi la vocazione moderata dell'elettorato italiano, la sua atavica
paura per un «nuovo» tutto da sperimentare e che comunque insidierebbe quei mille, piccoli privilegi ai quali
la borghesia italiana non intende rinunciare ... Giuocano a favore della soluzione moderata della crisi le ferme
parole d'ordine del padronato di casa nostra, che si sente già destinatario di imponenti risorse pubbliche
destinate ad alimentare le consuete speculazioni finanziarie e ad avviare qualche fasulla parvenza di
reindustrializzazione, peraltro molto assistita; e poi la miope e spesso indecorosa politica del sindacato, che,
dopo aver consentito una ristrutturazione (o destrutturazione?) del sistema produttivo nazionale, a totale carico
dei lavoratori, giuoca adesso la carta del perbenismo borghese, con la convinta adesione ai modelli di sviluppo
proposti dagli ultimi governi Amato e Ciampi. Giuoca, infine, a favore della soluzione moderata, una sinistra
evanescente e confusionaria che ritma la sua campagna sui temi rassicuranti della soggezione acritica alle
esigenze del mercato (quale?) e delle rendite parassitarie ... A rendere più oscura e drammatica una
già di per
sé infelice congiuntura, c'è, nel caso italiano, la contemporanea egemonia, nell'ambito della
sinistra, di un partito
che esprime al suo vertice un gruppo dirigente privo assolutamente di sensibilità politica, dai
comportamenti
schizofrenici, incapace di organizzare ed esprimere una cultura politica che renda credibili le proposte concrete
di programma. Su tutto, il patetico Occhetto, che va alla City per farsi benedire dai padroni del mondo senza
neppure il sospetto che - anche senza indulgere in estremismi ideologici - la trincea da occupare per chi, come
lui, si richiama ai valori della sinistra, è esattamente all'opposto, nello schieramento, cioè, di
chi vede nel
rilancio delle ragioni dei poveri e degli sfruttati, l'unica possibilità di arginare un processo capitalistico,
di chiara
impronta neocolonialista, che mira a razionalizzare ulteriormente le politiche di rapina attuate nel mondo.
Perché è vero che nelle elezioni del 27 marzo è in giuoco la sorte dell'Italia
prossima ventura. Ma è altrettanto
vero che questa Italia dovrà subito fare i conti con un reticolo di trattati internazionali che ne
influenzeranno
in misura determinante i destini ... E sotto questo profilo, l'ondivago Occhetto è, se possibile,
più ondivago e per ciò stesso meno affidabile in un
confronto elettorale, nel corso del quale gli elettori pretendono risposte anche poche ma chiare.
Involuzione moderata Per queste ragioni, anche per la presenza di una
sinistra che non riesce ad esprimere logiche e proposte credibili
e diverse rispetto a quelle che, con molta maggiore legittimità, esprime un centro moderato, io credo
che al
redde rationem, le cose non risulteranno cambiate di molto rispetto al passato: continuerà
con il Ci ampi di turno
lo smantellamento di quel che resta dello stato sociale; si continueranno a finanziare indirettamente le medie
e grandi imprese private con il ricorso arrogante alla cassa integrazione e ai cosiddetti ammortizzatori sociali
(l'una e gli altri a carico dei contribuenti); si continueranno a privilegiare le rendite parassitarie e non si
muoverà
un dito per combattere la grande evasione fiscale. Esiste, infine, la possibilità che l'elettorato si
divida equamente tra i tre schieramenti, centro-sinistra, centro, e
centro-destra. In questo caso si ricorrerebbe alla formazione di un governo così detto costituente,
di un governo, cioè, che si
impegni a modificare la costituzione in modo da renderla compatibile con le mutate condizioni politiche del
paese. In altre parole, si tenterebbe di liberare l'emergente e relativamente inedita classe politica espressa dalle
urne dal peso di norme troppo vincolanti e di controlli troppo asfissianti. L'ulteriore modifica della legge
elettorale, l'elezione diretta del capo dell'esecutivo, il riequilibrio tra poteri centrali e periferici saranno i settori
d'intervento immediato del nuovo Parlamento. Tuttavia, anche nel caso di un governo costituente, la
sostanza degli eventi non cambierebbe di molto: la
direzione di marcia resterà sempre quella di un'involuzione moderata, con pesanti varianti neogaulliste
e
reazionarie.
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