Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 24 nr. 207
marzo 1994


Rivista Anarchica Online

La memoria e l'impegno
di Grazia Felli

L'ultimo spettacolo del Living Theatre si intitola Anarchia. Ha debuttato a New York lo scorso dicembre

Una biografia di gruppo
Il Living Theatre ha debuttato il 22 dicembre 1993 al Theatre for the New City (1) di New York con la sua ultima produzione Anarchia. Hanon Reznikov (2) ha scritto questo testo ispirandosi all'omonimo opuscolo di Errico Malatesta. L'origine dello spettacolo va riferita ad un progetto, nato già da qualche tempo, di un'opera in progress definita A play che, come annunciato precedentemente su queste pagine, aveva preso il titolo temporaneo di The Writing on the Wall (La scritta sul muro), che avrebbe raccontato della «misteriosa comparsa della lettera A racchiusa in un cerchio sugli edifici di tutto il mondo». L'A play avrebbe dovuto nascere e svilupparsi attraverso un processo di creazione collettiva, ma esigenze di produzione e di tempo hanno spinto Reznikov ad accelerarne la realizzazione proponendo uno script.
Non abbiamo seguito il processo di creazione di Anarchia che nella fase delle prove, ma nonostante quanto è stato poi scritto sul «New York Times» (3) e cioè che «paragonato a Paradise Now questo spettacolo appare rispettoso, addomesticato e persino cortese», ci è parso fin da subito un passo fondamentale nella storia recente della compagnia.
Sul piano dei contenuti è un raccogliersi della memoria e dell'esperienza politica e ideologica che trova eco in spettacoli come Paradise Now (1968), per l'appunto, nell'Eredità di Caino (1970-1978) e in tutte le azioni artistiche in cui il Living Theatre ha espresso drammaturgicamente il senso delle sue visioni e la scelta delle alternative possibili.
Sul piano stilistico Anarchia raccoglie l'esperienza del metateatro fatta con Pirandello, la lezione del teatro epico di Brecht, gli ammaestramenti sul teatro totale e politico di Piscator e la più recente eredità metodologica di Wittgenstein.
Sul piano, infine, della strategia di gruppo testimonia della disponibilità a mostrarsi, come artisti, nel vivo delle proprie certezze e debolezze, a mettere a nudo le biografie personali con una intransigenza che in chi osserva può trasformarsi in dolorosa partecipazione e far insorgere inoltre un interrogativo. Autolesionismo? Oppure: arroganza? Niente di tutto questo, autocritica semmai e volontà di costituire un esempio. La capacità di mettersi in discussione, di sollevare contraddizioni al proprio interno, costituisce ancora una abilità rara. Per il Living è come sempre metodo.

II performance text
Anarchia si compone di nove scene più un epilogo. L'azione si svolge in diversi luoghi della città di New York e ad Ancona, in Italia, nell'ultima scena. I personaggi sono sei (4):
Helen Vigorelli/ Judith Malina, scrittrice e fondatrice della rivista politico-culturale «Flash».
Trudi Cohn Maubert/Joanie Fritz, casalinga, colta, divorziata da poco.
Meg Maubert/Isha Manna Beck, direttore esecutivo di «Flash», figlia di Trudi e Ted.
Brick Blum/Jerry Goralnick, attore di avanguardia, addetto alle vendite per «Flash».
Ted Maubert/Tom Walker, socio di un importante studio legale, ex-marito di Trudi, padre di Meg, ex-amante di Neimark.
Neimark Canaday/Rain House, agente di marketing telefonico per «Flash», attivista radicale.
La scena iniziale si svolge nella sala prove di un teatro. Gli attori, denominati nel testo come attore 1, 2 e così via, fanno il loro ingresso nei camerini, ciascuno in un piccolo scompartimento con una tendina nera dietro la quale appare e scompare, ciascuno con le sue considerazioni su argomenti casuali o su piccole storie personali, riconoscibili per chi li conosca personalmente. Parlano del senso e della fatica di fare quello che fanno. Il discorso verrà così sintetizzato: «attenzione per il dettaglio», ossia: «per lo spettatore». Si ode qui per la prima volta la voce di Errico Malatesta, tuonante da un megafono insieme a un rumore come di catene.
E incatenati i personaggi appaiono nella seconda scena: la redazione di «Flash»; ognuno è incatenato alla sua situazione di lavoro. Un'interferenza telefonica fa ascoltare un oscuro messaggio in italiano. Si parla di soci americani e di qualcosa che ha a che fare con il centenario della pubblicazione di Anarchia, qualcosa che deve accadere in Italia.
Terza scena: in uno degli uffici della sede della rivista, si espone il «sogno di Helen Vigorelli», «la realizzazione dell'unicità dell'individuo». E' qui che Brick parla per la prima volta alla giovane Meg del libro di Malatesta, al quale è fortemente interessato; ma al pronunciarsi del nome, di nuovo il suono delle catene.
Quarta scena: Ted e Trudi sono in palcoscenico, tutti gli altri attori, tra il pubblico, conducono un'inchiesta per «Flash». Una lunga serie di domande del tipo: «Vivi solo? .. Hai un secondo lavoro? Hai paura?» che raggiungono via via il parossismo: «Sai quello che vuoi? Lo sai? Si alzi in piedi chi sa cosa vuole. Siete voi quelli che sanno cosa vogliono? .. Siete voi? .. Siete voi?».
Quinta scena: uno scantinato adibito a sala prove. Gli attori lavorano a uno spettacolo di strada. Cominciano dal «cut 53», uno slogan di incitamento alla resistenza fiscale: «tagliate il 53 per cento / la guerra è la salute dello stato / il 53 per cento delle vostre tasse serve a comprare strumenti di morte». La discussione tra gli attori ritorna su questioni di strategia. Brick ha appena letto dal libro di Malatesta: «la questione sarà risolta con bombe e fucili, ci sarà un'insurrezione e la vittoria andrà al più forte». Non è d'accordo, ma Neimark lo contraddice: «un pacifista è un potenziale informatore, se sapesse che qualcuno rischia di farsi male, correrebbe ad informare la polizia». Si ritorna alla prova dell'azione di strada: Brick propone lo schema di un'improvvisazione: 1- il Mistero: dove siamo; 2 - il Diritto: chi siamo; 3 - la Scoperta: cosa siamo: 4 - la Coscienza: come siamo; 5 - l'Avviso: perché siamo; 6 - lo Scopo: quando siamo. La scena si conclude con il lancio di messaggi in forma di palline di carta tra il pubblico.
La sesta scena è un party in campagna nel corso del quale Helen/Judith recita il «Malatesta Rainbow» (che pubblichiamo a margine).
Nel corso della settima scena l'ensemble, capeggiato da Neimark, inscena una manifestazione di protesta davanti agli uffici dell'I.R.S. (International Revenue Service) (5). Dopo l'ennesima discussione sui rapporti economici internazionali e gli interessi mafiosi in gioco, gli attori espongono a turno le loro personali posizioni politiche. Infine, come improvvisamente consapevoli, si rivolgono agli spettatori dicendo «dipendiamo da voi» e li esortano a trovare i messaggi lanciati precedentemente.
Ottava scena: contemporaneamente la casa di Trudi e la redazione di «Flash». Trudi e Ted, seduti l'una di fronte all'altro, interrogano una lavagnetta divinatoria. La domanda è il nome Malatesta; la risposta, lettera dopo lettera, sarà Ancona.
Intanto le ricerche fatte svolgere in Italia hanno dato i primi risultati. E' giunto pure un videotape in cui il nipote di Malatesta fornisce una interpretazione in chiave attuale del libro del nonno. Si andrà tutti ad Ancona per la festa dell'anniversario, lì si potrà finalmente capire.
Nona scena: la piazza centrale di Ancona (per la quale Ilion Troya ha ricreato l'immagine di un famoso quadro di De Chirico). «Ma non c'è nessuno! - esclama Helen - Ma forse sono loro quelli che dovevamo incontrare» e indica gli spettatori. Gli attori, sparsi tra il pubblico, intonano «Bella ciao» e poi, distribuendone il testo in italiano, scandiscono lo slogan: «né servi, né servi, né servi né padroni!».
Una voce fuori scena annuncia che Fabio Malatesta non interverrà alla manifestazione perché è stato fermato dalla polizia. Si avvicina la conclusione e gli attori aiutano gli spettatori a interpretare i messaggi che contengono le istruzioni per salvare le loro vite. Dicono per esempio: «Il mio nome è Trudi, quando pronuncerò questa battuta usa il tuo corpo per sospingermi verso l'ingresso del teatro» e così per ciascun attore. Un urlo e un'esplosione, poi il silenzio. I sopravvissuti raccolgono i cadaveri. Parleranno allora i vivi e gli spiriti di quelli che sono caduti, casualmente. Reznikov ha previsto infatti una doppia partitura testuale a questo punto dello spettacolo. L'epilogo e un ringraziamento e, come sempre, una preghiera: «Aiutatevi vicendevolmente come dovete, perfezionatevi se potete, evitate la violenza sempre, questo è il nostro ritornello e il nostro messaggio, grazie e buona notte».

MALATESTA RAINBOW

Il brano che segue, il cui titolo nella prima stesura di Anarchia era «Malatesta Blues», costituisce un'unità discreta all'interno del testo. Per questa sua caratteristica di compiutezza, è stato scelto dagli attori del Living per la performance con cui hanno preso parte alla festa di anniversario della nascita di Abbie Hoffmann, una figura leggendaria del movimento anarchico statunitense che fu molto vicina a Judith Malina. In quella occasione, al Lone Star Bar di New York, ai primi di dicembre, la performance è stata accompagnata da esercizi di biomeccanica e da slogan di contenuto artaudiano: «Urliamo il teatro in una folla in fiamme!».

Anarchia! Anarchia!
A sta per unaunaunaunaunaunauna.......
anaanaanaanaanaanaanaanaana....
anarchia!
Ricordo la prima volta che ho udito la parola
Che fascino!
Krazy Kat baciava Dada!
E il colore il colore il colore il colore è NERO!
N sta per nonononononononono...
niente governo!
niente scherzi!
Sapete la sola volta che il governo mi ha dato qualcosa?
E' stato quando mi ha sbattuta in galera!
E il colore il colore il colore è RUGGINE!
A sta per aiaaiaaiaaiaaiaaiaaia...
Attenzione! Attenzione! Attenzione!
Il mondo è andato in fumo!
Diventa caldo...sempre più caldo...
E non per colpa di queste parti intime!
E il colore il colore il colore il colore è BIANCO!
R sta per Roosevelt
Ancora lo amo!
Lo amo!
Ma naturalmente dovevate esserci!
E il colore il colore il colore il colore è FORMAGGIO!
C sta per cacacacacacaca...
Capitale! Il Campidoglio del denaro!
Il Capo, tagliatelo!
Ascoltatemi bene, ci dicono che qualcuno deve pur essere il capo, il comandante, il capitano, che ognuno deve in qualche modo essere parte del corpo politico, giusto?
Ma nessuno vuole fare i lavori di merda!
Chi vuole essere il fesso?
E il colore il colore è ROSSO VIVO!
H sta per huhuhuhuhuhuhuhu...
Ancora?
Che vuoi dire?
Come chiarirlo più di così?
Cantachiaro!
Chicchirichi!
E il colore dei colori visibili
Rendetelo visibile
Il colore del colore è VERDE CHIARO!
I sta per Iliade e per Io, ego ergo sum!
Per il sacro Individuo
Per i crostini fumanti e le prugne secche
E nell'assenza di colore, il colore è TRASPARENTE!
A sta per Ancora
Ancora e tutte le volte ancora...
E il colore cari amici vecchi e nuovi
il colore può essere espresso soltanto in musica!
(traduzione di Grazia Felli)

Hanon Reznikov
Note di regia

Anni fa la mia amica Alisa Solomon (5) mi chiese: «Perché non fate uno spettacolo sull'anarchia?». Parlava con sincera curiosità riguardo a questo misconosciuto filone di filosofia politica radicale che è l'anarchismo e con relativa consapevolezza di quello che potrebbe essere il maggiore contributo del Living Theatre alla cultura del teatro. «Ma lo abbiamo già fatto», pensai, ricordando la pedagogia ideologica dell'Eredità di Caino e le lezioni esistenziali di Paradise Now e di tutti gli spettacoli del Living Theatre che negli anni sessanta mi avevano esposto per la prima volta la possibilità di una pratica artistica rivoluzionaria.
Poi capii che tutti quegli spettacoli erano stati ideati allo scopo di focalizzare altri, più specifici concetti, quali l'inganno sado-masochistico della struttura sociale esistente, le contraddizioni intrinseche al sistema del denaro, gli abusi del potere, il ruolo dello spettatore a teatro e così via. Ma uno spettacolo che trasformi l'incontro di attori e spettatori nel paradigma di un livello di organizzazione e di collaborazione non gerarchico, questo restava ancora da fare. Confesso che questo era il testo che mi proponevo di scrivere e confesso anche che Anarchia non è quel testo.
Per molti mesi abbiamo tentato di delineare collettivamente quello che chiamammo A play. Abbiamo studiato le trascrizioni di anni ed anni di discussione sull'argomento. Abbiamo fatto improvvisazioni e libere associazioni. Era evidente che questo processo avrebbe richiesto tempi lunghi. Poi un membro della compagnia, Jerry Goralnick (7) mi suggerì: «perché non scrivi un adattamento dell'opuscolo di Malatesta?».
Ricordai di avere letto forse vent'anni prima il saggio, pubblicato intorno al 1890 da un leader del movimento sociale dell'epoca. Ricordai che si trattava di un'avvincente confutazione del luogo comune secondo il quale l'autorità dello stato sull'individuo è al tempo stesso legittima e inevitabile. Rileggendo il testo nel '93 fui felice di constatare che la critica di Malatesta alla delega del potere era quanto mai attuale e restai deluso quando qualcuno mi fece notare che Anarchia non va oltre i principi generali quando descrive forme di organizzazione alternative. Ciononostante ero deciso a dargli fiducia.
Il risultato è ora in scena. Operando sul principio wittgensteiniano secondo il quale la più chiara definizione di un'idea è la definizione di quello che non è, ho ritenuto che l'uso di un intreccio e di personaggi di fantasia avrebbe fatto apparire più chiara la verità nostra e delle nostre battaglie.
Pure in questo modo ci siamo trovati di fronte a tutta la confusione del mondo nel cercare di chiarire cosa significhi realmente anarchia. Anarchia è terrorismo? No, ma ci sono terroristi che si definiscono anarchici. Anarchia è soprattutto strumento di sviluppo individuale? No, ma ogni cambiamento macrocosmico di rilievo dipende da una evoluzione rnicrocosmica. Gli attori entrano ed escono dal personaggio, dentro e fuori dalla platea, lanciando idee sulla rivoluzione e sull'autonomia al di là degli stretti confini dell'intreccio. Sono anche loro frustrati dalla mancanza di chiarezza del copione e io li ho incoraggiati a esprimere i loro pensieri in momenti previsti dal testo. Sul piano dei risultati siamo riusciti a costruire un meccanismo per mezzo del quale la partecipazione del pubblico condiziona la soluzione dello spettacolo e di fatto è lo spettatore, a seconda che decida o meno di farsi coinvolgere, a determinare la sopravvivenza o la morte dei protagonisti.
Per finire, Anarchia è la testimonianza, più onesta e aperta possibile, di come noi applichiamo l'anarchia al nostro interno. Forse questa esposizione vivace ed umoristica del bisogno che avvertiamo di misurarci col nostro bagaglio politico ispirerà il pubblico a fare altrettanto.
Questa è la nostra speranza. Se sapessimo essere politicamente più efficaci, saremmo politicamente più efficaci.

Hanon Reznikov (traduzione di Grazia Felli)

1) Fondato nel 1970 da George Bartenieff, Crystal Field - suoi attuali direttori - Teo Barnes e Lawrence Cornfeld, rappresenta oggi uno dei più importanti complessi dell'off off-Broadway newyorkese. Da quando ha perso la sua sede sulla Terza Strada - nel dicembre '92 - il Living prepara e rappresenta qui tutti i suoi spettacoli.
2) Hanon Reznikov, oggi co-direttore del Living, si è unito alla compagnia nel 1972. Prima di Anarchia ha scritto: The Yellow Methuselah (1982), Poland 1931 (1988), Tumult or Clearing the Streets (1989), The Tablets (1989), The Body of God (1990), Rules of Civility (1991), Waste (1991).
3) Ben Brantley, 23 dicembre 1993.
4) Tra le persone attualmente operanti nel gruppo, sono stati scelti i membri più anziani: Isha Manna Beck e ovviamente Judith Malina; Tom Walker, al Living dal '71, quando raggiunse la compagnia ad Ouro Preto, Brasile; Rain House, membro già dal '62; Joanie Fritz, dal 1988 e Jerry Goralnick (vedi nota 6).
5) Si tratta dell'Ufficio Imposte che fu responsabile della clamorosa chiusura del Living Theatre nel '63 cui seguì la condanna, la prigione e l'esilio in Europa.
6) Critico teatrale del «Christian Science Monitor» (N.d.T.).
7) Membro del Living Theatre dal 1988, ha preso parte a Poland 1931 di Jerome Rothemberg (1988), WKTMS di M. Mc Clure (1988), The Tablets di Armand Schwerner (1989), 1 & 1 di Else Lasker Schuler (1990) e Waste di H. Reznikov (1991).