Rivista Anarchica Online
La conferenza commemorativa di Piotr Kropotkin
di John Slatter
Il 9 dicembre, alle 10.30 del mattino, anniversario della nascita di Kropotkin, un
gruppo internazionale di una
cinquantina di persone, fra cui accademici di diverse discipline, anarchici di tendenze varie e i membri ancora
in vita della famiglia Kropotkin (discendenti non di Piotr, ma di suo fratello Aleksander), si è riunito
alle porte
del cimitero Novodevici di Mosca in uno sventolio di bandiere rosse e nere. Dopo una breve attesa siamo entrati
e ci siamo raccolti accanto alla tomba di Piotr Aleksejevic per celebrarne la vita. I rappresentanti di ciascun
gruppo hanno tenuto un discorso e, dopo un breve silenzio, la cerimonia è terminata. Poi siamo stati
portati da
Fedorov, il ristorante a gestione cooperativa sulla via Kropotkin (ora riportata al suo nome pre-rivoluzionario,
Precistenka). Qui abbiamo consumato un pranzo generosamente offerto dal proprietario ai partecipanti alla
conferenza. Dopo di che siamo saliti su un autobus, leggermente in ritardo, che ci ha condotti all'Istituto di
Economia dell'Accademia russa delle scienze, organizzatrice di tutta la conferenza. La prima seduta, durata
più di quattro ore, è stata punteggiata dai richiami del coordinatore ai relatori perché
abbreviassero gli interventi. Gli interventi sono stati addirittura sei, pronunciati all'ombra di una citazione di
Lenin: "L'insegnamento di Marx è onnipotente perché è vero!". Come prima cosa
c'è stato un appello del
direttore dei lavori, l'accademico L.A. Abalkin, per sollecitare un sostegno internazionale alla pubblicazione
delle opere di Kropotkin. E' stata portata a esempio un'antologia in lingua russa in due volumi, di imminente
uscita, che comprende tra l'altro una ricostruzione degli appunti di Kropotkin al secondo volume
dell'Etica. Il
libro, viste le precarie condizioni economiche della Russia, non sarebbe mai stato realizzato senza le
sovvenzioni e la partecipazione estera. Il relatore successivo è stato il più anziano
rappresentante dei membri della famiglia Kropotkin ancora in vita,
Aleksei Petrovic, di professione specialista di scienze naturali, che ha parlato dell'universalismo scientifico
così
come lo si pensava ai tempi di Kropotkin e come lo si pensa oggigiorno. Sebbene nel periodo in questione egli
individui talune differenze nell'idea di scienza universale (contrapposta a quella di scienza specialistica), il suo
parere era che non si potesse parlare di passi avanti nella comprensione scientifica generale dell'universo.
L'intervento cominciava con la domanda se, in quanto osservatori del mondo, noi poggiamo sulle spalle dei
nostri predecessori, o non ne siamo invece caduti; la sua risposta, a quanto pare, era quest'ultima. Dopo di
lui ha parlato lo statunitense Martin Miller, che ha cercato di rintracciare le radici della precoce
"propensione a diventare anarchico" di Kropotkin (come si legge in Memorie di un rivoluzionario) nella sua
prima vita familiare, situazione in cui autorità e amore non si trovavano mai fusi nella medesima
persona, ma
erano ripartiti tra i diversi membri della famiglia. Il russo A.A. Neiman ha esposto le concezioni di
Kropotkin in materia di biologia e di teoria evolutiva,
sottolineando l'importanza dell'idea di reciproco aiuto in natura per le tematiche ambientaliste sul
mantenimento della biodiversità. Haruki Wada, dal Giappone, ha parlato di Kropotkin e Vera
Figner, direttrice titolare del Comitato
Commemorativo Kropotkin fino alla fine degli anni '30, rivoluzionaria lei stessa e per lungo tempo prigioniera
sotto il regime zarista. A Mosca il Comitato aveva fondato un Museo Kropotkin nella sua casa natale,
amministrandolo fino alla nazionalizzazione, avvenuta nel 1938. All'inizio della guerra, nel i941, il Museo
Kropotkin, come altri, venne smantellato e spedito lontano per questioni di sicurezza. L'ultimo intervento
in questa seduta è stato quello di un giovane anarchico russo, V.V. Damie, dotato di un
grande entusiasmo, il quale ha dimostrato molto eloquentemente come le idee di Kropotkin siano arrivate,
talvolta direttamente e talaltra con la mediazione di persone come Murray Bookchin, nel moderno pensiero
ecologista, e come l'autogestione dei lavoratori sul posto di lavoro possa avere un ruolo nel mondo
post-industriale in quanto concretizzazione dell'ideale anarco-comunista di Kropotkin. I successivi due
giorni e mezzo sono stati riempiti (a dire il vero, sovraffollati) da sessioni che si sono occupate
della vita, del pensiero e del ruolo storico di Kropotkin. A un certo punto la conferenza si è frammentata
in
diverse sessioni simultanee, che si riunivano in luoghi differenti, ognuna delle quali trattava separatamente
ciascuno di questi temi. Nonostante ciò, i singoli relatori erano ancora tenuti a non superare in
complesso i
trenta minuti e nell'ambito delle sessioni stesse restava poco tempo per le domande e i dibattiti: chi voleva
discutere di un particolare intervento doveva cercare l'autore e parlargli da solo; la discussione di più
di un
intervento per volta era invece impossibile. Sul versante delle cose positive, notiamo che la conferenza ha avuto
un carattere estremamente informale. I convenuti andavano e venivano a piacimento dalla sala e anche dal palco
e tutti i partecipanti, senza distinzione di rango e di posizione, erano decisamente affabili e disponibili. Una
piacevole novità rispetto all'atmosfera più formale di quasi tutte le conferenze
accademiche. Le reazioni all'organizzazione da parte dei molti anarchici presenti, provenienti da diverse
parti della Russia
e della CSI, ma anche dalla Germania, dall'Italia, dall'Olanda, dal Giappone e dagli Stati Uniti, non sono state
sempre favorevoli: dopo un giorno di sessioni separate, per le quali non era predisposto un servizio di traduzione
e in cui gli interventi venivano cancellati senza preavviso, fuori dalla sala principale è apparso un
cartello che
invitava i partecipanti a un "Pranzo incasinato" e a tavole rotonde intorno al desco per le quali non era previsto
un limite di orario. Da buon universitario, io approfittavo della pausa di mezzogiorno per attaccare bottoni ai
miei colleghi russi, discutendo i loro interventi, prendendo contatti professionali e così via, ragione per
cui non
sono in grado di dire nulla su questi dibattiti. In generale, tutti i relatori stranieri con i quali ho parlato erano
sorpresi dall'atteggiamento agiografico nei
confronti di Kropotkin manifestato dai nostri colleghi russi. Si riscontrava un'accettazione acritica di lui e dei
suoi scritti non molto diversa da quella dimostrata dal più piccolo manipolo di marxisti "di culto" nella
vecchia
Unione Sovietica, il cui emblema era la citazione di Lenin che pendeva sopra la testa dei relatori nella sala
principale. Pochi i tentativi di discernere quanto nei suoi scritti ha retto all'esame del tempo e quanto è
invece
caduto. Un intervento su Malatesta e Kropotkin, che prometteva di puntare il dito sulle prime critiche a
Kropotkin, è stato crudelmente tagliato, in quanto la relatrice giapponese non è stata in grado
(e
comprensibilmente vi era poco propensa) di riassumere quanto voleva dire in un decimo del tempo che le era
stato concesso. Passando ad aspetti più positivi, gli organizzatori della conferenza ci hanno offerto
la possibilità di visitare la
casa in cui nacque Kropotkin e quella in cui morì. Quest'ultima si trova a Dmitrov, a poco più
di venti
chilometri da Mosca, una grande residenza "borghese" a due piani nello stile rurale russo del XIX secolo,
purtroppo collocata tra due moderni edifici a quattro piani che la nascondono completamente. Recentemente
pulita e ridecorata, attualmente sta per essere trasformata in museo, che per il momento non racchiude
nient'altro che una serie di fotografie scattate durante il soggiorno di Kropotkin tra il 1918 e il 1921. La casa
natale si trova sulla Kropokinski Pereulok (viale Kropotkin), nel centro di Mosca, che va dalla
Prechistenka alla Ostozhenska e ospita numerose ambasciate e altre sedi diplomatiche. La casa della
famiglia Kropotkin è al momento la residenza ufficiale della rappresentanza moscovita
dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Durante la nostra visita, alcuni esponenti dell'OLP e
della Commissione Kropotkin si sono incontrati e hanno parlato. Ne è emerso che i palestinesi non
avrebbero
difficoltà a traslocare altrove se si vedessero offrire soluzioni alternative, rendendo così
disponibile l'edificio,
dopo i restauri del caso, per un Museo Kropotkin, come era fino al 1941, prima dell'evacuazione. In effetti la
Commissione Kropotkin è intenzionata a ricostituire qui il museo e a farne un centro internazionale di
studi su
Kropotkin. Indiscutibilmente, contributi economici dall'estero sarebbero di grande aiuto nel raggiungimento
di questi obiettivi, vista l'attuale situazione economica russa. Finalmente il 12 dicembre, dopo una seduta
plenaria che ha dato spazio a numerosi relatori i cui interventi erano
stati precedentemente cancellati per mancanza di tempo, la conferenza si è spostata a San Pietroburgo.
Il 13
dicembre abbiamo fatto un giro della città, nel quale abbiamo visitato tra l'altro l'ospedale militare (noto
per
la famosa fuga di Kropotkin), anche se purtroppo solo dall'esterno, il luogo, ben 116 anni dopo, è ancora
una
base militare! Il 14 dicembre si è tenuta un'ultima seduta dalle dieci del mattino fino a metà
pomeriggio alla
Società geografica russa, dopo di che la conferenza si è conclusa. Molti dei partecipanti sono
tornati a Mosca
la sera stessa. Come prima conferenza internazionale Kropotkin si è trattato indubbiamente di un
successo. I problemi
naturalmente non sono mancati, come abbiamo riferito chiaramente in queste pagine, ma nel complesso sono
stati sopravanzati di gran lunga dai vantaggi per tutti i convenuti di trovare riunite in un solo posto e per quasi
una settimana così tante persone interessate a Kropotkin. La presenza di anarchici, oltre che di
specialisti
universitari, ha dato luogo ad una miscellanea vivace, anche se la prevalenza degli interventi di accademici ha
provocato qualche insoddisfazione. Parecchi relatori occidentali hanno già cominciato a pensare alla
prossima
conferenza Kropotkin, come proseguimento di una serie tanto felicemente iniziata a Mosca. Forse, dato il
suo lungo soggiorno in Gran Bretagna, questa potrebbe essere una sede indicata per l'evento,
diciamo nel 1997. Speriamo che allora per i nostri colleghi russi sia diventato più agevole di quanto lo
sia oggi
arrivare qui. John Slatter
(traduzione di Andrea Buzzi dal settimanale inglese
"Freedom")
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