Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 20 nr. 170
febbraio 1990


Rivista Anarchica Online

Se un'ape dei Carpazi
di Francesco Ranci

...viene trasportata, ad esempio, a Bressanone, la poveretta non riuscirà forse mai a comprendere il significato di danze e movenze delle sue simili. Partendo da questa ed altre constatazioni sulla comunicazione nel mondo animale, è in corso un dibattito su linguaggio e informazione. Con una significativa novità: l'essere umano non è più l'unico soggetto comunicante.

Si parla comunemente del fatto che gli animali si esprimono e comunicano, si capiscono, fra di loro e con noi esseri umani. Si tratti di api, delfini o scimmie, siamo sicuri del fatto che all'interno della specie cui appartengono dispongono di un sistema comunicatorio.
È nota anche l'esistenza di sistemi di comunicazione fra specie diverse di viventi, come nel classico esempio dei fiori che attirerebbero le api. Si parla però di "comunicazione" anche in frasi come "il mare Mediterraneo comunica con l'Oceano Atlantico", o in "l'incendio si comunica di albero in albero", volendo intendere che si hanno sempre due soggetti che si modificano vicendevolmente, ma da un punto di vista fisico. Dire che gli animali "comunicano", perciò, non significa necessariamente escludere la particolarità, o secondo certi mistici la solitudine, dell'uomo, che sarebbe comprovata invece dal fatto che solo l'uomo ha il "linguaggio".
Questa ideologia è tuttavia profondamente in crisi: non da oggi sono assai frequenti, e consistenti, i tentativi di caratterizzare la facoltà linguistica come risultato della funzionalità di certi organismi: e non più in senso subordinato a una realtà "esterna" o "metafisica" che sarebbe rispecchiata dalle parole.
Ma per concedere il linguaggio agli animali bisognerebbe ammettere, in definitiva che l'umano è un prodotto come un altro della storia biologica cui assiste. Tutto il contrario quindi della sicumera con la quale per secoli e millenni si è detto che solo l'uomo è provvisto di "anima", "intelletto", "volontà" etc. e che perciò è "il fine", "il padrone", del mondo.
È evidente allora la particolare ostilità con cui molti sostenitori di determinate ideologie e religioni, e anche di modernissime teorie (fisiche, linguistiche e psicologiche), si oppongono alle scienze che prescindono dal "sacro privilegio" non considerando più il linguaggio come una caratteristica peculiare dell'uomo. Questa ostilità, ha senza dubbio rallentato, e tuttora ostacola, il procedere delle discussioni; così come il marxismo-leninismo ha censurato la ricerca biologica sui geni, e il nazi-fascismo ne ha propagandato versioni inattendibili. Con la differenza che al giorno d'oggi non si censura più d'autorità, in ossequio esplicito ad una ideologia: si interviene sui finanziamenti alle ricerche.
Comunque, nonostante le diverse interpretazioni, per lo meno fin dall'inizio di questo secolo si può trovare una ricca e avvertita letteratura scientifica riguardante i processi comunicativi degli animali. Ad esempio, i classici studi di von Buttel-Reepen ("L'origine storica dello stato delle api" 1903) e von Vexkull ("Ambiente e mondo interno degli animali" 1909; e "Ambiente e comportamento" 1934) sono tuttora fondamentali.
Può anche servire da riferimento un pensatore proteiforme come Mach, che (in "Conoscenza ed errore" 1905), avverte innanzitutto che "siamo molto inclini a sopravvalutare la cesura fra noi e gli animali". Ed esemplifica trovando ingiustificata la tanta meraviglia ed incredulità che sempre accompagnano, nel bene e nel male, ogni fatto che ci spinge a modificare il nostro punto di vista riguardo alle capacità o alle sensazioni degli animali. Inoltre, Mach constatava che "gli animali sanno utilizzare a proprio vantaggio associazioni provocate dal caso". Questa abilità è comprovata da episodi straordinari, come quello delle cince di Londra; quando appresero a forare, con il becco, la sottile carta stagnola che veniva usata come tappo sulle bottiglie di latte che i londinesi amano trovare davanti all'uscio di casa ogni mattino.

Linguaggio e informazione
Si potrebbe considerare questa capacità di rapido sfruttamento delle circostanze come un aspetto, particolarmente raffinato, della generale dinamica evolutiva, o adattativa dell'essere vivente alle condizioni ambientali. Uno schema, questo, che si può peraltro applicare anche al rapporto fra conformazione geologica di un terreno e mutamenti storici del letto di un fiume. Pensando alle cince di Londra, non sorprenderà quindi il fatto che, per tornare alla comunicazione e al linguaggio, se si prende un'ape dei monti Carpazi e la si porta ad esempio a Bressanone, la poveretta non riuscirà forse mai a comprendere il significato di danze e movenze delle sue simili.
Sulla base di un chiaro schema evoluzionistico, e di queste ed altre osservazioni, Maturana e Varela (in "Autopoiesi e cognizione" 1935) affermano che il linguaggio, o comportamento linguistico, svolge la funzione di "orientare l'orientato entro il suo dominio cognitivo, e non di mettere in rilievo entità indipendenti". Per proseguire nella ricerca, o identificare una genesi storica del linguaggio umano, si tratterebbe quindi di identificare dei comportamenti semplicemente "orientati". Aventi cioè la medesima funzione del linguaggio, ma pre-linguistici, da cui seguirebbero nel prosieguo dell'evoluzione biologica dei "comportamenti interattivi", come i sistemi di segnalazioni acustiche fra i delfini, dai quali poi deriverebbe "il linguaggio degli ominidi".
Si suppone cioè un meccanismo di crescita, basato su "applicazioni ricorsive" di determinate esecuzioni corporee, che vengono man mano deputate alla rappresentazione di "altro"; tuttavia, sempre in stretta dipendenza con il contesto interattivo ed esplorativo in cui si svolge l'operazionalità linguistica. Attraverso la cooperazione sociale si preciserebbe un significato condiviso, come "coordinamento comportamentale", dai protagonisti della comunicazione. Secondo Maturana e Valera, infine, si usa il linguaggio senza per questo "trasmettere informazione", espressione che criticano, perché presupporrebbe un passivismo metaforico ed erroneo, cioè l'esistenza di un "canale di comunicazione" attraverso il quale le comunicazioni possano "passare", necessariamente le stesse in partenza e in arrivo, in barba all'autonomia interpretativa del ricevente. All'ipotesi di una funzione orientante, reagisce in parte negativamente il padre della biofisica americana, Heinz Von Foerster, che (in "Sistemi che osservano" 1987) sostiene che la caratteristica peculiare del linguaggio è quella di "parlare di sé". "Si ha quindi linguaggio - continua - quando esiste un sistema comunicatorio che può riferirsi a sé, che contiene al suo interno la parola "linguaggio", la parola "parola...". Le api, perciò, e gli animali in genere, non disporrebbero di un linguaggio, anche perché "potrebbero avere una grammatica, ma non riflettono su di essa". Non concorderebbe, forse, con asserzioni simili Mario Ageno, il più autorevole studioso di biofisica italiano, il quale (in "Il vivente come sistema fisico", in "Methodologia 6") trova che "alle origini del salto di qualità, che separa le società umane da tutte le altre società di mammiferi, sta quell'evento fondamentale dell'evoluzione socioculturale che consiste nella "invenzione" del linguaggio articolato. È il linguaggio articolato che ha reso possibile il pensiero concettuale e lo sviluppo della consapevolezza di sé: fenomeni entrambi essenzialmente sociali".
Insomma, Maturana e Varela danno una definizione del linguaggio nei termini di una funzione che orienta, non riuscendo però a distinguere chiaramente una dimensione di sviluppo del pensiero correlativa al linguaggio, e perciò, come osserva Von Glacersfold, non distinguendo la comunicazione linguistica nemmeno da fatti come la caduta di un masso che induce l'animale a fuggire.

"Tim dare a Lana nome di questo"
Von Foerster non vede linguaggio dove non vi è riflessione sulle regole grammaticali impegnate, ma è da dire che nemmeno l'uomo riflette molto sulla grammatica, che viene insegnata nelle scuole come insieme di regole da osservarsi per parlare bene e nulla più. Il bambino impara a parlare molto prima di supporre l'esistenza di regole, che poi, per lo più, non gli serviranno. Ageno, invece, parla di "linguaggio articolato che ha reso possibile il pensiero concettuale", istituendo un rapporto di cause-effetto quasi simmetricamente opposto a quello di Von Foerster.
Ma sia l'obiezione cruciale di Von Foerster, sia l'ipotesi di Ageno, e sia il punto di vista funzionale di Maturana e Varela, devono confrontarsi, e nessuno ne esce male, con i risultati di una ricerca, quella sulla comunicazione delle scimmie antropomorfe "che dura ormai da vent'anni", come diceva Ernst Von Glasersfeld già nel 1980, e alla quale Glasersfeld stesso ha fornito uno dei contributi più avanzati, pubblicato finalmente in "Linguaggio e comunicazione nel costruttivismo radicale", CLUB 1989.
A differenza di altri ricercatori precedenti e contemporanei, Glasersfeld ha utilizzato la possibilità di comunicare con lo scimpanzé tramite computer, evitando così molte imprecisioni nell'osservazione e nella registrazione dei dati. Valendosi della "grammatica correlazionale" e di altre ricerche su elementi linguistici complessi come le preposizioni e i verbi, condotte al Centro di Cibernetica dell'Università di Milano nei primi anni '50, per ottenere una vera e propria lingua, molto limitata , battezzata Yerkish Language.
Lana, una giovane scimpanzé, dopo aver raggiunto una certa sicurezza nel formulare sequenze originali e corrette di lessigrammi (videogrammi rappresentativi di parole), ha iniziato a utilizzare, con spontanea curiosità e con profitto, la possibilità di fare domande inerenti il fenomeno linguistico medesimo. Per esempio, di fronte ad una scatola, in cui erano stati messi dei dolci, non ottenendo risultati utili dai lessigrammi già noti, Lana, rivolgendosi al suo sperimentatore, ha digitato "Tim dare a Lana nome di questo". Dimostrando quindi un certo grado di consapevolezza. Questo esempio sta a dimostrare anzitutto l'utilità di queste ricerche, che fino a qualche tempo fa venivano spesso ridicolizzate; e in secondo luogo, non solo questo esempio ma l'intero lavoro di Glasersfeld dimostra l'insufficienza delle attuali teorie sulla origine e sulla natura del linguaggio. Secondo Von Glasersfeld ci sono molte cose da rivedere, se si vuole uscire da una visione del linguaggio basata sulla dicotomia tradizionale fra "il regno ideale, di pura struttura e forma, per sua natura generalizzabile, e il regno quantomai caotico e asistematico dei singoli contenuti".