Rivista Anarchica Online
Se un'ape dei Carpazi
di Francesco Ranci
...viene trasportata, ad
esempio, a Bressanone, la poveretta non riuscirà forse mai a
comprendere il significato di danze e movenze delle sue simili. Partendo da questa ed altre
constatazioni sulla comunicazione nel mondo animale, è in
corso un dibattito su linguaggio e informazione. Con una significativa novità:
l'essere umano non è più l'unico soggetto comunicante.
Si parla comunemente del fatto che gli
animali si esprimono e comunicano, si capiscono, fra di loro e con
noi esseri umani. Si tratti di api, delfini o scimmie, siamo sicuri
del fatto che all'interno della specie cui appartengono dispongono di
un sistema comunicatorio.
È nota anche l'esistenza di
sistemi di comunicazione fra specie diverse di viventi, come nel
classico esempio dei fiori che attirerebbero le api. Si parla però
di "comunicazione" anche in frasi come "il mare
Mediterraneo comunica con l'Oceano Atlantico", o in "l'incendio
si comunica di albero in albero", volendo intendere che si hanno
sempre due soggetti che si modificano vicendevolmente, ma da un punto
di vista fisico. Dire che gli animali "comunicano", perciò,
non significa necessariamente escludere la particolarità, o
secondo certi mistici la solitudine, dell'uomo, che sarebbe
comprovata invece dal fatto che solo l'uomo ha il "linguaggio". Questa ideologia è tuttavia
profondamente in crisi: non da oggi sono assai frequenti, e
consistenti, i tentativi di caratterizzare la facoltà
linguistica come risultato della funzionalità di certi
organismi: e non più in senso subordinato a una realtà
"esterna" o "metafisica" che sarebbe rispecchiata
dalle parole.
Ma per concedere il linguaggio agli
animali bisognerebbe ammettere, in definitiva che l'umano è un
prodotto come un altro della storia biologica cui assiste. Tutto il
contrario quindi della sicumera con la quale per secoli e millenni si
è detto che solo l'uomo è provvisto di "anima",
"intelletto", "volontà" etc. e che perciò
è "il fine", "il padrone", del mondo.
È
evidente allora la particolare ostilità con cui molti
sostenitori di determinate ideologie e religioni, e anche di
modernissime teorie (fisiche, linguistiche e psicologiche), si
oppongono alle scienze che prescindono dal "sacro privilegio"
non considerando più il linguaggio come una caratteristica
peculiare dell'uomo. Questa ostilità, ha senza dubbio
rallentato, e tuttora ostacola, il procedere delle discussioni; così
come il marxismo-leninismo ha censurato la ricerca biologica sui
geni, e il nazi-fascismo ne ha propagandato versioni inattendibili.
Con la differenza che al giorno d'oggi non si censura più
d'autorità, in ossequio esplicito ad una ideologia: si
interviene sui finanziamenti alle ricerche.
Comunque, nonostante le diverse
interpretazioni, per lo meno fin dall'inizio di questo secolo si può
trovare una ricca e avvertita letteratura scientifica riguardante i
processi comunicativi degli animali. Ad esempio, i classici studi di
von Buttel-Reepen ("L'origine storica dello stato delle api"
1903) e von Vexkull ("Ambiente e mondo interno degli animali"
1909; e "Ambiente e comportamento" 1934) sono tuttora
fondamentali.
Può anche servire da riferimento
un pensatore proteiforme come Mach, che (in "Conoscenza ed
errore" 1905), avverte innanzitutto che "siamo molto
inclini a sopravvalutare la cesura fra noi e gli animali". Ed
esemplifica trovando ingiustificata la tanta meraviglia ed
incredulità che sempre accompagnano, nel bene e nel male, ogni
fatto che ci spinge a modificare il nostro punto di vista riguardo
alle capacità o alle sensazioni degli animali. Inoltre, Mach
constatava che "gli animali sanno utilizzare a proprio vantaggio
associazioni provocate dal caso". Questa abilità è
comprovata da episodi straordinari, come quello delle cince di
Londra; quando appresero a forare, con il becco, la sottile carta
stagnola che veniva usata come tappo sulle bottiglie di latte che i
londinesi amano trovare davanti all'uscio di casa ogni mattino.
Linguaggio e informazione
Si potrebbe considerare questa capacità
di rapido sfruttamento delle circostanze come un aspetto,
particolarmente raffinato, della generale dinamica evolutiva, o
adattativa dell'essere vivente alle condizioni ambientali. Uno
schema, questo, che si può peraltro applicare anche al
rapporto fra conformazione geologica di un terreno e mutamenti
storici del letto di un fiume. Pensando alle cince di Londra, non
sorprenderà quindi il fatto che, per tornare alla
comunicazione e al linguaggio, se si prende un'ape dei monti Carpazi
e la si porta ad esempio a Bressanone, la poveretta non riuscirà
forse mai a comprendere il significato di danze e movenze delle sue
simili.
Sulla base di un chiaro schema
evoluzionistico, e di queste ed altre osservazioni, Maturana e Varela
(in "Autopoiesi e cognizione" 1935) affermano che il
linguaggio, o comportamento linguistico, svolge la funzione di
"orientare l'orientato entro il suo dominio cognitivo, e non di
mettere in rilievo entità indipendenti". Per proseguire
nella ricerca, o identificare una genesi storica del linguaggio
umano, si tratterebbe quindi di identificare dei comportamenti
semplicemente "orientati". Aventi cioè la medesima
funzione del linguaggio, ma pre-linguistici, da cui seguirebbero nel
prosieguo dell'evoluzione biologica dei "comportamenti
interattivi", come i sistemi di segnalazioni acustiche fra i
delfini, dai quali poi deriverebbe "il linguaggio degli
ominidi".
Si suppone cioè un meccanismo di
crescita, basato su "applicazioni ricorsive" di determinate
esecuzioni corporee, che vengono man mano deputate alla
rappresentazione di "altro"; tuttavia, sempre in stretta
dipendenza con il contesto interattivo ed esplorativo in cui si
svolge l'operazionalità linguistica. Attraverso la
cooperazione sociale si preciserebbe un significato condiviso, come
"coordinamento comportamentale", dai protagonisti della
comunicazione. Secondo Maturana e Valera, infine, si usa il
linguaggio senza per questo "trasmettere informazione",
espressione che criticano, perché presupporrebbe un passivismo
metaforico ed erroneo, cioè l'esistenza di un "canale di
comunicazione" attraverso il quale le comunicazioni possano
"passare", necessariamente le stesse in partenza e in
arrivo, in barba all'autonomia interpretativa del ricevente.
All'ipotesi di una funzione orientante, reagisce in parte
negativamente il padre della biofisica americana, Heinz Von Foerster,
che (in "Sistemi che osservano" 1987) sostiene che la
caratteristica peculiare del linguaggio è quella di "parlare
di sé". "Si ha quindi linguaggio - continua - quando
esiste un sistema comunicatorio che può riferirsi a sé,
che contiene al suo interno la parola "linguaggio", la
parola "parola...". Le api, perciò, e gli animali in
genere, non disporrebbero di un linguaggio, anche perché
"potrebbero avere una grammatica, ma non riflettono su di
essa". Non concorderebbe, forse, con asserzioni simili Mario
Ageno, il più autorevole studioso di biofisica italiano, il
quale (in "Il vivente come sistema fisico", in
"Methodologia 6") trova che "alle origini del salto di
qualità, che separa le società umane da tutte le altre
società di mammiferi, sta quell'evento fondamentale
dell'evoluzione socioculturale che consiste nella "invenzione"
del linguaggio articolato. È il linguaggio articolato che ha
reso possibile il pensiero concettuale e lo sviluppo della
consapevolezza di sé: fenomeni entrambi essenzialmente
sociali".
Insomma, Maturana e Varela danno una
definizione del linguaggio nei termini di una funzione che orienta,
non riuscendo però a distinguere chiaramente una dimensione di
sviluppo del pensiero correlativa al linguaggio, e perciò,
come osserva Von Glacersfold, non distinguendo la comunicazione
linguistica nemmeno da fatti come la caduta di un masso che induce
l'animale a fuggire.
"Tim dare a Lana nome di
questo"
Von Foerster non vede linguaggio dove
non vi è riflessione sulle regole grammaticali impegnate, ma è
da dire che nemmeno l'uomo riflette molto sulla grammatica, che viene
insegnata nelle scuole come insieme di regole da osservarsi per
parlare bene e nulla più. Il bambino impara a parlare molto
prima di supporre l'esistenza di regole, che poi, per lo più,
non gli serviranno. Ageno, invece, parla di "linguaggio
articolato che ha reso possibile il pensiero concettuale",
istituendo un rapporto di cause-effetto quasi simmetricamente opposto
a quello di Von Foerster.
Ma sia l'obiezione cruciale di Von
Foerster, sia l'ipotesi di Ageno, e sia il punto di vista funzionale
di Maturana e Varela, devono confrontarsi, e nessuno ne esce male,
con i risultati di una ricerca, quella sulla comunicazione delle scimmie
antropomorfe "che dura ormai da vent'anni", come diceva
Ernst Von Glasersfeld già nel 1980, e alla quale Glasersfeld
stesso ha fornito uno dei contributi più avanzati, pubblicato
finalmente in "Linguaggio e comunicazione nel costruttivismo
radicale", CLUB 1989.
A differenza di altri ricercatori
precedenti e contemporanei, Glasersfeld ha utilizzato la possibilità
di comunicare con lo scimpanzé tramite computer, evitando così
molte imprecisioni nell'osservazione e nella registrazione dei dati.
Valendosi della "grammatica correlazionale" e di altre
ricerche su elementi linguistici complessi come le preposizioni e i
verbi, condotte al Centro di Cibernetica dell'Università di
Milano nei primi anni '50, per ottenere una vera e propria lingua,
molto limitata , battezzata Yerkish Language.
Lana, una giovane scimpanzé,
dopo aver raggiunto una certa sicurezza nel formulare sequenze
originali e corrette di lessigrammi (videogrammi rappresentativi di
parole), ha iniziato a utilizzare, con spontanea curiosità e
con profitto, la possibilità di fare domande inerenti il
fenomeno linguistico medesimo. Per esempio, di fronte ad una scatola,
in cui erano stati messi dei dolci, non ottenendo risultati utili dai
lessigrammi già noti, Lana, rivolgendosi al suo
sperimentatore, ha digitato "Tim dare a Lana nome di questo".
Dimostrando quindi un certo grado di consapevolezza. Questo esempio
sta a dimostrare anzitutto l'utilità di queste ricerche, che
fino a qualche tempo fa venivano spesso ridicolizzate; e in secondo
luogo, non solo questo esempio ma l'intero lavoro di Glasersfeld
dimostra l'insufficienza delle attuali teorie sulla origine e sulla
natura del linguaggio. Secondo Von Glasersfeld ci sono molte cose da
rivedere, se si vuole uscire da una visione del linguaggio basata
sulla dicotomia tradizionale fra "il regno ideale, di pura
struttura e forma, per sua natura generalizzabile, e il regno
quantomai caotico e asistematico dei singoli contenuti".
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