Rivista Anarchica Online
La crociata dei
saracini
di Monica Giorgi
Perché il
fatto non costituisce reato. Questa la motivazione con cui è
stato assolto Popi Saracino (una nostra vecchia conoscenza: nel '68 &
dintorni era dei capi dei Katanga, la "polizia" stalinista
della Statale). Dunque, non per insufficienza di prove o per non aver
commesso il fatto. Ma perché mettere le mani (e non solo
quelle) addosso ad una ragazza "che non vuole" (anche se si
dà per scontato che sarà consenziente a tutto, avendo
accettato di bere il caffè in casa del suo prof.) è
O.K. per la morale di regime. Facciamo un
salto indietro di oltre mezzo secolo. Nelle paludi pontine una
ragazzina viene assalita dal violento di turno. Prima pare che ci
stia, poi resiste, si oppone, riesce a respingere l'assalto del
maschio. Il quale, non potendola penetrare altrimenti, le sfonda il
ventre con un punteruolo. La undicenne Maria Goretti muore poco dopo
all'ospedale. Vergine e martire per difendere la sua purezza: per la
retorica cattolica, una manna. Programmi fascisti ed esigenze
clericali, saldati dal Concordato del '29, danno poi lo spunto
decisivo all'operazione promozionale della Chiesa, che santifica la
Goretti nel 1950. Un libro uscito
in queste settimane mette, però, in discussione la versione
ufficiale, ecclesiastica, dei fatti: fin qui niente da ridire. Al di
là del business, artatamente costruito da quei marpioni
dell'editoria, ci ha colpito questa volta la squallida "crociata
laica per ristabilire la verità storica". In poche
parole, si sostiene che non poté essere santità il suo
rifiuto dello stupro, ma solo ignoranza di una undicenne analfabeta,
rachitica, brutta... Ecco il tuttologo Del Buono compiangere non la
vittima, ma lui, l'assassino, riscoperto impotente (e perciò
giustificato) dall'esegesi laica. La cultura del fallo alla riscossa.
Anche il laicismo (calpestato quotidianamente dai mille clericalismi)
torna alla luce e viene utilizzato in difesa del potere e dei suoi
valori.
Lo spirito
millenario, le sue capacità di riprodursi e proporsi in varie forme
adeguate ai tempi, è un'eredità della chiesa cattolica
che, meglio di ogni altro potere costituito, ha saputo improntare la
cultura ai suoi valori. Cosicché, anche la più laica
delle tradizioni resta avvinta alla religiosità e alla
mitizzazione delle produzioni intellettuali. La stessa ambigua
metamorfosi si ritrova, oggi, nel senso di quell'accesissimo
dibattito, scaturito intorno all'agiografia e alla riproposizione
storica delle figure di santi e sante. Si ricordano i saggi della Ida
Magli su Teresa d'Avila, Gesù di Nazareth, quello recentissimo
di Giordano Bruno Guerri su Maria Goretti e l'importante ricerca
sulla dissolutezza della Monaca di Monza ad opera di Giuseppe
Farinelli. Prime pagine di
giornali, servizi speciali, tavole rotonde. La monopolizzazione
dell'attenzione pubblica risolve, così, una duplice esigenza
del sistema: quella ideologica in senso stretto e quella
commerciale-consumistica. Si potrà obiettare che qualsiasi
iniziativa è soggetta a questo genere di mistificazione e che
i produttori non possono certo sottrarsi a questo meccanismo; né
tanto meno è loro compito ovviarlo. L'imperterrita maniera di
aggirare i problemi, nascondendo la faccia sottoterra e mantenendo
ben sciolte le gambe per proseguire il cammino! L'antico percorso
tracciato dal potere che annulla la coscienza dell'individuo,
alleggerito da ogni responsabilità attiva. Il medesimo
discorso sta a monte della tanto sbandierata neutralità della
scienza. Chi più chi meno, siamo tutti un po' scienziati e un
po' imbecilli. Non trovare (e non
cercare neppure) altri spazi dove confrontarsi e suscitare critica,
significa, di fatto, tralasciare e perdere la possibilità
della ragione e del confronto, che esigono anche un minimo di
coraggio. E se qualche rara volta certi spazi vengono proposti, lo
scienziato e l'imbecille li rifiutano, perché
"scientificamente" non è da imbecilli dare una
spallata alle idee rivoluzionarie, in nome di un prosaico e
machiavellico successo culturale a base di soldi. Ma torniamo
all'argomento iniziale. Alla dialettica
hegeliana, con le sue ottimistiche venature di razionalismo e di
idealismo, sembra - al momento - sostituirsi la prassi storica del
sistema vichiano. Corsi e ricorsi individuano meglio il rumoroso, ma
fittizio, cambiamento che ritorna sui suoi passi, secondo la navigata
realtà cattolico-napoletana a cui lo storico italiano è
riconducibile. Il processo di santificazione cede il passo al
feticcio laico della merce, del successo, dello spettacolo, salvo poi
ritornare nella veste nuda e cruda di morale del sospetto,
repressione, pentitismo da confessionale. Etiche sempre praticate da
chiesa e stato, in un equilibrato scambio di ruoli e in una
vicendevole gestione di funzioni. Le analisi, quando sono troppo
generali, finiscono per diventare vuote. Tanto più che questi
processi si nutrono di concretezze. Il materialissimo rapporto
individuo-istituzione si esprime come un rapporto di aggressione di
questa nei confronti di quello. L'anello debole della catena forte è
rappresentato e vissuto dalla donna. Senza volerla
sottoporre a giudizi di valore, che costituiscono proprio la
categoria strutturale su cui poggiano la santificazione e/o la
demonizzazione della sua persona, è la donna - soprattutto -
ad aver subito ed a subire la violenza devitalizzante della cultura
del dominio e delle sue aggiornate manipolazioni. È
ancora lei lo spazio fisico dove le forze clericali, le forze
laiche, tradizionaliste e progressiste si contendono la gestione del
potere. Martirio,
bruttezza, verginità, bellezza, passione, difesa, cedimento, i
temi dell'immaginario (concreto) culturale in cui si svolge
l'esistenza sociale della donna e in cui si articola il dibattito dei
dotti sulla vera o presunta santità di Maria Goretti; e sulla
colpevolezza o innocenza del professor Saracino. Tribunali e condanne
generano terrore e non, certo, ragionevolezza e coscienza. Ma è
pur tuttavia sintomatico che, nel breve spazio di due anni, la stessa
violenza, subita da una donna, sia considerata, di volta in volta,
illecita, non troppo ortodossa, ed infine legittima. Leggi scritte
sui codici e leggi incise nella mentalità funzionano sempre e
comunque contro la dignità e la libertà della persona.
Nell'ottica del potere rispettare i diritti dell'individuo e della
persona è sinonimo di disgregazione sociale. Riconoscere ad
ogni atto, perpetrato contro la volontà altrui, il carattere
della violenza significa abdicare all'interesse e allo scopo
istituzionale degli stati. È
a loro più funzionale considerarli offensivi della morale,
piuttosto che catalogare i reati di stupro tra quelli contro la
persona. Battaglie parlamentari che sanciscono senza risolvere. Basta leggere i
giornali per capire che gli specialisti della politica, della
sociologia, della storia, del diritto (gli Alberoni, i Del Buono, i
Messori, i Guerri...) quando non sono gendarmi, fungono da sciacalli
del giorno dopo. Alle morti, alle vessazioni, agli sfruttamenti del
presente rispondono con la parola carismatica dell'addetto ai lavori,
che soffoca l'oggi rifacendosi al passato. Perché fa parte
della malafede se l'uno non è pensato come motivo per
respingere l'ingiustizia dell'altro. Ed infine fra tutta
questa kermesse di fermento culturale e stagnazione sociale, resta in
bocca l'amaro di una sottile coincidenza. È
quasi una considerazione provocatoria ed irriverente far notare
l'accostamento fra potere (con il suo rovescio di impotenza fallica)
ed assassinio. Lo spettacolo della cultura ci propone Eros e Tanatos
come fatalisticamente inscindibili. Tirar fuori lo scheletro
dall'armadio infastidisce gli olfatti. Alessandro
Serenelli e i "ragazzi bene" del Circeo, per citare solo
due esempi fra i tanti, non si sono fatti troppi scrupoli per i nasi
delicati e per i corpi di Maria Goretti e Rosaria Lopez.
|