Rivista Anarchica Online
Un appello di Ruzza dal carcere di Vercelli: «fate qualcosa»
Cari compagni di «A», dal giorno che mi arrestarono volevo scrivervi, ma la memoria me l'ha impedito: non ricordavo
il vostro indirizzo. Grazie per avermi inviato «A», così l'indirizzo è saltato fuori. Ho scritto anche ad altri compagni, ma credo sia opportuno far sapere il più possibile quanto sia
mostruoso ciò che mi è successo. Dal 17 settembre ad oggi sono ancora in isolamento totale,
fatta eccezione per la posta (anche se in ritardo). Da quando L'Agitatore è nato sono cominciati i guai. Abbiamo pestato i piedi un pochino a tutti,
poi abbiamo deciso, partendo da un discorso generale sulla pace (contro tutti gli armati) di
dedicare maggior spazio ai libertari ed anarchici in carcere. Noi abbiamo stampato (ciclostilato
ad uso interno del movimento) ogni cosa, nei limiti consentitici dai mezzi e dalle circostanze e
abbiamo sempre lasciato ai compagni i giudizi soggettivi. Voi mi conoscete da quando eravate ragazzi, ai tempi di Pinelli (ho partecipato a vostre
discusisoni, convegni, dimostrazioni) quindi sapete che non sono cambiato. Sono pieno
d'acciacchi, pensionato invalido. Le centinaia di lettere in partenza e in arrivo in tutti questi anni per le carceri e dalle carceri,
sempre con il visto della censura, davano fastidio. L'invio de L'Agitatore, la pubblicazione di
lettere e poesie dei detenuti davano anch'essi fastidio. La sottoscrizione pro-detenuti, che fra
entrate ed uscite penso si aggiri intorno ai 6 milioni e mezzo (mi hanno requisito i quaderni di
contabilità, insieme con tutto quello che era possibile portar via), dava anch'essa fastidio: anche
se si trattava di solidarietà umana. Multe, denunce per L'Agitatore. Ma era noi che si voleva
fermare. E l'occasione è venuta. Una compagna del nostro gruppo (Gabriella Bergamaschini), che faceva un lavoro encomiabile
con la compagna Delfina Stefanuto, doveva, come d'accordo, andare in macchina a Torino a
prendere dei compagni che provenivano da Comiso e ci dovevano dare un documento per
L'Agitatore. A Vercelli ha preso il treno ed è andata a Milano, dove è successo il fatto, il
patatrac: l'incontro con un compagno latitante da anni, Fiorina. In quell'occasione venne ucciso
un giovane che non so se fosse con loro. Quest'incontro con il Fiorina fu un incontro di cuore?
Non lo so. Non credo che la Bergamaschini facesse parte di gruppi eversivi: almeno, a noi non
l'ha mai fatto capire e ancor oggi non lo credo. Dato che la Bergamaschini faceva un lavoro encomiabile per i detenuti e faceva parte del
Circolo Culturale Libertario «A. Scribante», tutto per loro è stato facile. Bergamaschini +
Stefanuto + Tarasco Daniele (che le due compagne erano andate a trovare il giorno prima nel
carcere di Verbania) + Fiorina = «banda armata con fini da accertare». Le accuse sono gravi. Io soffro di una forma di nevrosi cronica piuttosto seria. La Stefanuto è ammalata ai reni ed ha
la pressione a livelli d'infarto. Entrambi siamo riconosciuti invalidi. Penso che non sarà facile
aspettare il corso della giustizia lumaca italiana. Ecco perché vorremmo che fosse sensibilizzato
il movimento tutto per trovare una via (anche il domicilio obbligatorio) per farci uscire prima
che crepiamo. Motivi per contestare il nostro sequestro ce ne sono e vi sono cose che si possono fare subito
con un avvocato in gamba. E poi vi è il lavoro che può fare la stampa anarchica e non. Fate qualcosa, nei limiti del possibile! Siamo ora noi che abbiamo bisogno! Vi stringo forte
anarchicamente. Vostro
Giuseppe Ruzza (carcere di Vercelli)
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