Rivista Anarchica Online
Contro i padroni rossi
(tradotto da Interrogations, n.9, gen./mar.1977)
Il dissenso in Polonia. Operai e intellettuali protagonisti del risveglio del dissenso nella Polonia "socialista" - La
repressione e le riforme economiche - Le condizioni di vita miserabili dei lavoratori e i privilegi
dei burocrati rossi.
Da quasi un anno, il regime di Varsavia subisce delle serie scosse la cui importanza e significato paiono
sfuggire alla grande stampa occidentale. I gravi errori nella gestione economica e di politica sociale di
un governo apertamente dipendente dalle esigenze sovietiche, gli attacchi sempre più frequenti ai diritti
civili fondamentali, hanno scatenato in Polonia, nel dicembre '75, una vasta corrente d'opinione pubblica
guidata dagli intellettuali e, il giugno scorso, un'ondata di scioperi e di manifestazioni popolari. Durante
questi avvenimenti, il popolo polacco ha potuto prendere coscienza della sua forza costringendo il potere
a fare importanti ed umilianti concessioni. Questi moti di protesta hanno provocato una ripresa
dell'opposizione la cui azione tende ad ampliarsi in questi ultimi tempi. La politica dell'equipe di Edward
Gierek, segretario del Partito Operaio unificato polacco, sembra compromessa e oggi si prospetta
l'eventualità di importanti mutamenti al vertice del Partito e del Governo.
Dopo Gomulka
Per cinque anni, Edward Gierek, come successore di Gomulka la cui carriera è terminata con la
sanguinosa rivolta degli operai dei cantieri navali di Gdansk e di Szczecin, ha rappresentato per il popolo
polacco la speranza di un miglioramento reale del livello di vita e di una gestione più democratica.
Appoggiandosi al gruppo dei comunisti "internazionalisti", opposti alle fazioni "nazionaliste" a tendenza
staliniana esistenti in seno alla direzione del PC polacco, egli decise di far uscire la Polonia dall'impasse
in cui si trovava allora attraverso una politica di investimenti intensivi. La sua salita al potere si tradusse
in effetti in un risanamento della situazione economica che rese possibile ottenere enormi prestiti
all'estero: i salari aumentarono, centinaia di migliaia di persone poterono migliorare il loro livello di vita
e questo nuovo vento, dove il pragmatismo prese il sopravvento sulle preoccupazioni puramente
ideologiche, permise al mondo delle arti e delle lettere di godere di un certo margine di libertà.
Ma questo miglioramento fu di breve durata. La politica di investimenti intensivi si rivelò in breve
inadeguata alle reali possibilità della Polonia. Oggi il 26% della produzione industriale polacca s'appoggia
su materie prime importate. I prodotti di quest'industria, quando non arrivano ad essere smaltiti in
Occidente, vanno sul mercato dell'Est, aggravando il deficit cronico di divise.
L'inflazione divora gran parte dell'aumento dei salari. Nell'agricoltura la situazione, già pessima s'è
aggravata ancora durante questi ultimi anni; l'approvvigionamento dei negozi di prodotti alimentari è
catastrofico. Lunghe file d'attesa avvelenano la vita delle donne. Il mercato nero degli alimentari si
acuisce poiché i ganci delle macelli rimangono vuoti in permanenza oppure non offrono che pezzi
pessimi alla popolazione. I polacchi si chiedono se i loro maiali sono fatti solo di testa e di coda. Essi
infatti sanno che, dato lo squilibrio del commercio estero, il cibo che viene loro rifiutato se ne va
all'estero. Si spiega loro che l'80% di queste esportazioni di alimentari vanno verso paesi che pagano in
divise forti. Tuttavia, il polacco medio sa che una buona parte delle esportazioni di cibi e di pollame è
destinata all'U.R.S.S. (si riporta a Varsavia l'esempio dei grandi macellai di Sluzewiec che, ogni mattina
all'alba, inviano verso l'U.R.S.S. due camion refrigerati con rimorchio, ognuno caricato con 8 tonnellate
di alimentari). È iniziato un razionamento di fatto che interessa già certi prodotti o servizi come
l'automobile, i mobili, i vestiti di moda, gli elettrodomestici, gli appartamenti e le vacanze stesse. Ma
questo sistema presenta dei seri inconvenienti che derivano dall'esistenza di un mercato libero parallelo,
dove i prezzi sono elevatissimi, e di un mercato "illegale", perfino nei magazzini di Stato. Tutte queste
difficoltà di mercato irritano sempre più la popolazione ed aggravano le disuguaglianze sociali. La
ricchezza dei gruppi privilegiati sottolinea ancor di più la miseria reale della maggioranza della
popolazione. Quanto alla democratizzazione promessa da Gierek, è rimasta lettera morta. L'informazione
non esiste ed il dialogo sociale è completamente trascurato. Il sistema dei divieti e degli ordini unito alla
demagogia ufficiale lo sostituiscono.
Un anno fa, alla vigilia del VII congresso del Partito che doveva avere luogo nel dicembre '75, il clima
era già estremamente teso. Le autorità erano conscie delle difficoltà ma non fecero nulla per stabilire un
contatto con l'opinione pubblica. Di fronte ai puntuali scioperi degli operai, la loro politica fu di cedere,
salvo poi punire i dirigenti di quegli scioperi (i sindacati in Polonia sono un organismo puramente fittizio:
nondimeno, al suo arrivo al potere, nel gennaio '72, Gierek aveva loro promesso una maggiore
autonomia). Quanto alla stampa, essa rimase uniformemente ottimista, limitandosi a distribuire gli
abituali elogi ai dirigenti del paese. All'inizio del mese di ottobre '75, una misteriosa serie di incendi di
origine dolosa, scuote gli abitanti di Varsavia e di qualche altra grande città polacca, rendendo ancora
più evidente quel clima particolare di tensione che precedette il VII congresso del Partito. La cosa non
venne mai chiarita pubblicamente ma i polacchi vi hanno visto un'azione sovversiva diretta contro Gierek
da parte della fazione "dura" del partito.
Verso una costituzione filosovietica
Prima dell'inizio del Congresso, il Partito ha pubblicato le sue direttive in cui si trovava tra l'altro un
progetto mirante a modificare la Costituzione polacca. Infatti, Gierek, preoccupato della necessità di
consolidare la posizione dei suoi all'interno della direzione del Partito, cedette alle nuove esigenze
dell'U.R.S.S. in cambio del suo sostegno. Si trattava di introdurre nella Costituzione polacca alcuni
articoli nuovi: uno garantirebbe al PC polacco il suo ruolo politico dirigente; un secondo stabiliva che
la politica estera della Polonia è fondata una volta per tutte sull'alleanza con l'U.R.S.S.; un terzo faceva
dipendere i diritti di ogni cittadino dal modo in cui adempie ai doveri verso lo Stato. Tutti questi
cambiamenti miravano a ridurre ancora di più la sovranità della Polonia istituzionalizzando la sua
dipendenza dall'U.R.S.S.. Gierek, un tecnocrate del comunismo internazionale, si aspettava che questa
modifica passasse inosservata o che venisse accettata passivamente da una popolazione abituata
all'ipocrisia del linguaggio ufficiale. Questo fu un errore grave da parte sua, che dimostrava la sua
ignoranza della natura intima del popolo polacco. Mentre egli riferiva prudentemente quel progetto al
Congresso, un vasto movimento di protesta nazionale si era già scatenato. Lettere di protesta
cominciarono ad affluire in massa alla commissione del Parlamento incaricata della riforma della
Costituzione. I rappresentanti degli strati sociali più diversi (personalità del mondo delle lettere, dello
spettacolo, della scienza, studenti, quadri tecnici, ceti medi, giovani operai) non hanno esitato a porre
le loro firme sotto quei manifesti e quelle petizioni. L'Episcopato prese apertamente posizione,
precisando che esso si opponeva al progetto di trasformare una politica in ideologia.
La prima lettera di protesta datava 6 dicembre '75. Fu sottoscritta da 59 personalità tra cui preti,
avvocati, scienziati, scrittori, ex-ufficiali, artisti.
Questa lettera fu seguita da altre, collettive o individuali. Il 31 gennaio '76, il famoso scrittore Jerzy
Andrzjewski scrisse al presidente della Dieta:
I rappresentanti del potere hanno ribadito recentemente i loro appelli ai cittadini della R.P.P. invitandoli
a partecipare attivamente al dibattito incentrato sui problemi essenziali della nostra esistenza materiale
e spirituale. Questa tendenza degna di approvazione e che ammette tra l'altro la possibilità di giudizi
critici, trova la sua espressione nel complemento proposto all'articolo 74 della Costituzione (testo
secondo il comunicato della stampa): "I cittadini della R.P.P. partecipano al controllo sociale, alle
consultazioni ed alle discussioni ed esprimono le loro opinioni".
Ecco il giudizio dato da centouno scrittori, scienziati ed artisti: "Per il passato, e non sempre remoto,
simili interventi dettati dall'ansia patriottica sono stati, ahimè, valutati in un modo completamente
opposto alle intenzioni dei loro autori. Casi di discriminazione professionale sono stati deplorati. Sarebbe
sotto ogni aspetto giusto ed utile che coloro che esercitano il potere accettassero la voce critica attuale
con un'apertura mentale uguale a quella con cui essi abitualmente accolgono le voci di solidarietà e
d'approvazione".
Introdotti da questa prefazione di Andzrejewskj, i centouno artisti attirano con il loro memoriale
l'attenzione del Parlamento sul pericolo che rappresenta per tutta la società il progetto di modifica
dell'articolo 57 della Costituzione con l'affermazione che "i diritti di ogni cittadino dipendono
strettamente dal modo in cui questo assolve i suoi doveri verso lo Stato".
Aggiungono che "la democrazia in generale, quindi anche la democrazia socialista, non può essere
limitata da condizioni speciali, che tra l'altro sono formulate confusamente e lasciano alle istituzioni ed
ai mandatari del potere la possibilità di interpretarle arbitrariamente. Precisano che l'introduzione di un
simile articolo costituirebbe la legalizzazione del totalitarismo nella vita del paese e minaccerebbe la
libertà ed i diritti civili fondamentali.
In un'altra lettera, una trentina di studenti e di giovani insegnanti dell'Università cattolica di Lublin
scrissero: "... Non volendo far parte della massa fiacca, manipolata a favore di metodi sempre più
perfezionati della socio-tecnica, fin da ora, pur senza conoscere nei dettagli i cambiamenti proposti, noi
teniamo a prendere posizione sulle disposizioni del settimo congresso e sul discorso del deputato
Edward Babiuch (membro dell'ufficio politico e segretario del comitato centrale del Partito operaio
unificato polacco). Per noi costituisce già un paradosso il fatto che il miglioramento delle condizioni
economiche, risultanti dalla rivolta operaia del dicembre 1970, debba accompagnarsi ad una limitazione
progressiva delle libertà. I mutamenti economici e sociali, intervenuti nelle condizioni storiche da tutti
conosciute, non devono, secondo noi, avere come conseguenza la formulazione dell'insieme dei rapporti
sociali in termini ideologici.... Istituzionalizzare il ruolo dirigente del Partito nella presente situazione,...
non farebbe altro che approfondire la stratificazione esistente nella nostra società.... I rapporti cordiali
tra i popoli e soprattutto l'amicizia coi popoli degli Stati nostri vicini, sono una garanzia per lo sviluppo
armonioso del nostro paese. Tuttavia, l'introduzione nella costituzione dell'amicizia verso i popoli
dell'U.R.S.S., che nessuno mette in discussione ma che è estranea alla tradizione parlamentare, equivale
per noi ad una legalizzazione eufemistica di una nuova limitazione della nostra sovranità ed alla rinuncia
di ogni tentativo del suo ampliamento. Non sono certo le dichiarazioni, per quanto importanti esse siano,
che potranno costruire l'amicizia tra i popoli, e soprattutto quella tra il popolo russo ed il popolo
polacco".
Di tutte queste lettere di protesta nessuna venne né menzionata né pubblicata dalla stampa polacca. Esse
non hanno potuto circolare che clandestinamente. I giornali pubblicarono in quel periodo delle
dichiarazioni di felicitazione e di solidarietà col progetto del Partito, fittizie o estorte con ogni tipo di
pressione; con lo scopo di far credere ad un consenso nazionale. Tuttavia, questa campagna di protesta
che mobilita alcune migliaia di persone, dà i suoi frutti: le modifiche della costituzione, votate dalla Dieta
il 10 febbraio 1976 sono una specie di compromesso. Il Partito non figura più come forza politica
dirigente, ma come "forza conduttrice della società"; l'indipendenza e la sovranità della politica polacca
vengono ribadite; questo articolo viene comunque accompagnato dall'affermazione che esse si
appoggiano "sull'amicizia e la collaborazione con l'U.R.S.S. e gli altri paesi socialisti".
Repressione e aumento dei prezzi
Chiuso l'affare della Costituzione, Gierek ha voluto riprendere in un convegno di giornalisti
l'irresponsabilità di coloro che, senza essere stati invitati, hanno partecipato alla discussione sulla riforma
della Costituzione: "... Che succede compagni? È un misero tentativo di resuscitare le idee della
borghesia polacca che sono state condannate dalla storia. Le idee che hanno portato all'abbattimento del
sistema (1939) e ad un'occupazione dagli effetti tragici. È un tentativo di applicare alla nuova epoca delle
opinioni da tempo messe in disparte. Quelli che vi sono impegnati non hanno capito nulla in trent'anni".
In conclusione di questa predica, Gierek avverte comunque gli intellettuali ribelli che al Partito
basterebbe informare sulla loro cattiva condotta la classe operaia perché la collera di questa si abbatta
su di loro.
I fatti che dovevano avere luogo qualche mese dopo dovevano provare il suo profondo distacco dal
proletariato polacco. Quanto agli scrittori-contestatori "salvati dalla collera proletaria", dovevano venir
puniti lo stesso in modo molto efficace dalla proibizione di pubblicare e di prendere la parola in pubblico
(solo qualcuno doveva essere risparmiato, permettendo così alle autorità di togliere ogni arma a chi vi
vedesse un'azione repressiva). Tra gli altri firmatari, alcuni hanno perso il loro posto o si son visti
espellere dall'università, altri sono stati interrogati dai funzionari del servizio di Sicurezza, minacciati o
incitati a denunciare i loro colleghi.
Di fronte a questa repressione velata, agli attentati sempre più frequenti ai diritti civili elementari, il
professor Edward Lipinski, imminente economista che gode di una grande autorità intellettuale in
Polonia, indirizzò alla fine del mese d'aprile del '76 una lettera aperta al primo segretario del PC polacco.
Il professor Lipinski ha oggi 90 anni ed è militante socialista dal 1906. Vecchio membro del Partito, in
parecchie occasioni è intervenuto presso il potere contro le ingiustizie di ogni genere e per difendere i
perseguitati. Il suo nome figurò recentemente tra i firmatari del memoriale dei 59 intellettuali contro la
riforma della Costituzione. Questa volta, egli scrisse al primo segretario ciò che ne pensava dei rapporti
tra Polonia e U.R.S.S., sulle trasformazioni dei partiti comunisti occidentali che si sono pronunciati per
il pluralismo politico, sulla necessità di una opposizione legale, infine sul pericolo per la società e per la
causa del socialismo in Polonia rappresentato dalla repressione che si sta aggravando.
Questa lettera è stata pubblicata in Francia da 'Le Nouvel Observateur' nel maggio '76. Eccone un brano:
"... Il socialismo non si decreta. Esso nasce e non può nascere che nella libera attività di uomini liberi.
Vedo dei motivi di speranza nel fatto che dopo trent'anni di una pratica politica che io ho cercato di
descrivere, qui si trovi ancora della gente che ha il coraggio di pensare e d'agire.... Purtroppo non posso
limitarmi in questa lettera solamente a dei problemi di ordine generale. Le assurdità e le tragedie umane
sono così numerose nella nostra vita che è impossibile passarle sotto silenzio.... Qualche tempo fa,
all'Accademia di Medicina di Szczecin, è stato espulso senza previa inchiesta lo studente del terzo anno
Jacek Smykal per aver preso parte alla discussione, durante il seminario di scienze politiche ed aver
rifiutato di parlare durante il suo lungo interrogatorio effettuato dai servizi di sicurezza. Cito la
motivazione ufficiale della decisione del rettore: "... L'accusato ha mantenuto questo proposito in
presenza di trenta persone del gruppo D. I propositi aggressivi e di mobilitazione citati nelle
testimonianze dovevano avere un'influenza distruttiva sulla visione del mondo e l'atteggiamento dei suoi
colleghi provocandone nello spirito dei presenti un dubbio superfluo e perfino un'immagine deformata
della nostra società. D'altra parte, l'accusato ha opposto una resistenza passiva adottando un
atteggiamento noncurante e sprezzante nell'interrogatorio nella sede della polizia e così dimostrando che
è privo di qualsiasi senso civico verso i funzionari della sicurezza".
Dopo cinque mesi, Stanislaw Kruszynski, studente del quinto anno all'Università cattolica di Lublin, e
gravemente malato, attende il suo processo nel carcere di Lublin. È accusato di avere, nelle lettere
private spedite alla sua ragazza ed a suo fratello, "diffuso notizie false suscettibili di apportare grave
pregiudizio agli interessi della R.P.P.".
Secondo il verdetto emesso dal tribunale regionale di Lublin, il 27 marzo '76, Stanislaw Kruszynski è
stato condannato a dieci mesi di prigione e a pagare una multa di 1.800 zlotys. Nel maggio '76, gli
studenti di Varsavia indirizzarono al presidente del Consiglio di Stato una lettera firmata da più di 700
studenti per protestare contro le misure prese contro Jacek Sykal e Stanislaw Kruszynski.
D'altra parte, durante il Congresso europeo di Varsavia che riuniva giovani studenti e lavoratori dal 19
al 24 giugno '76, gli studenti polacchi hanno fatto circolare tra i partecipanti al congresso un testo
redatto in inglese che li informava degli arresti e delle misure di repressione di cui numerosi studenti
polacchi erano rimasti vittime.
Il 24 giugno 1976, si annunciò un forte aumento dei prezzi dei prodotti alimentari di base (fino al 100%
per alcuni di essi) e degli articoli di prima necessità. Fu il primo ministro Piotr Jaroszewicz che annunciò
al Parlamento giovedì 24 giugno che l'aumento dei prezzi sarebbe entrato in vigore lunedì 28 giugno.
La discussione si limitò al discorso del deputato Edward Babiuch, membro dell'Ufficio politico e
segretario del Comitato centrale del Partito che, a nome di tutti i gruppi parlamentari, approvò il
progetto del governo ed annunciò le consultazioni coi lavoratori.
Sciopero generale
Il mattino successivo, mentre immense code si formavano davanti ai negozi, uno sciopero generale
paralizzò la Polonia. I primi ad insorgere furono gli operai della fabbrica di trattori di Ursus vicino a
Varsavia. Verso le 9 del mattino occuparono i centri ferroviari bloccando numerosi treni tra cui quello
della linea Varsavia Parigi. Chiesero di parlare col comitato locale del Partito, ma invano attesero diverse
ore. La rivolta fu la loro risposta a quel silenzio.
Nel pomeriggio, servendosi di fiamme ossidriche, tagliarono delle rotaie, fecero deragliare una
locomotiva e rovesciarono due camion carichi di zucchero e di uova distribuendo i loro carichi alla
popolazione. Il segretario locale del partito fu schiaffeggiato da uno degli operai. Numerose forze
dell'ordine accorsero, chiamate dalla direzione della fabbrica, ma non ricevettero l'ordine di intervenire
per tutta la giornata.
Alle 20 il governo annullò l'aumento. Fu ancora il primo ministro a rivolgersi al paese. Annunciò che il
progetto di riforma aveva suscitato "una gran quantità di emendamenti e di proposte" e che il governo
lo ritirava dal parlamento per alcuni mesi "di esame approfondito".
Appresa la notizia, i manifestanti cominciarono a ritornare alle loro case. Fu allora che le forze
dell'ordine intervennero scagliandosi contro gli operai a colpi di manganello, di manovelle, di fibbie delle
cinture di sicurezza. Chi cadeva, riceveva colpi coi piedi e veniva trascinato fino alle auto della polizia.
Trasportati al commissariato, dopo altre violenze, gli operai vennero interrogati uno alla volta per tutta
la notte. Da 200 e 300 persone vennero così arrestate e tutte picchiate. Il mattino seguente vennero
trasferite al carcere di via Rakowiecka. Domenica 27 giugno, le prime sentenze furono pronunciate: la
maggior parte degli arrestati furono condannati a pene di parecchi mesi di carcere con la condizionale
ed a forti ammende da 1.500 a 5.000 zlotys. Nel giro di 48 ore i condannati vennero rilasciati. Il 28
giugno ripresero il loro lavoro per apprendere dopo qualche giorno che erano licenziati. Quelli che
abitavano nelle case operaie ricevettero l'ordine di sfratto.
Agli inizi di luglio, i servizi di sicurezza hanno proceduto a nuovi arresti in massa. Dopo un mese, 40
operai sono stati rilasciati. Alla fine del primo processo (che ha avuto luogo il 16 e 17 luglio) 7 operai
di Ursus, accusati di sabotaggio, sono stati condannati a pene varianti dai 3 ai 5 anni di carcere. In
seguito, sotto la pressione dell'opinione pubblica, queste pene sono state commutate ad 1 anno di
prigione con la condizionale ed i 7 operai liberati. Altri grandi processi hanno avuto luogo in agosto.
Poiché il pubblico ed i giornalisti non sono ammessi nell'aula, è difficile conoscere la motivazione dei
verdetti. In Polonia dicono che molti tra gli operai liberati sono disoccupati e che 30 o 50 manifestanti
di Ursus sono ancora detenuti.
Altre sommosse hanno avuto luogo venerdì 25 giugno. I fatti più drammatici sono avvenuti a Radom,
città industriale di duecentomila abitanti (industria metallurgica e delle calzature). Gli scontri tra gli
operai e le forze dell'ordine sono durati molte ore. I manifestanti hanno innalzato delle barricate. La sede
del comitato regionale del Partito è stata devastata ed incendiata. È stato ufficialmente annunciato che
la rivolta ha provocato 2 morti tra i manifestanti e 60 feriti tra le forze dell'ordine, il che fa presupporre
che ci sono stati pure molti feriti tra i manifestanti. Le rappresaglie contro gli scioperanti di Radom sono
state molto severe.
La stampa ha fatto un vero processo alla città. Il quotidiano del PC polacco "Trybuna Ludu" ha
sottolineato il ruolo degli "elementi asociali", delle "donne isteriche" e dei "giovani vandali". Gli
insegnanti di Radom sono stati accusati di avere educato male i loro alunni che non hanno esitato a
partecipare attivamente all'insurrezione. Si è rimproverato l'insieme dei cittadini di Radom di non aver
fatto nulla per impedire la tragedia e persino "di aver incoraggiato i vandali". Il settimanale culturale
"Polityka" ha concluso che è a causa della "mancanza di coscienza politica" che i lavoratori polacchi
hanno ubbidito al "particolarismo". L'indomani dei fatti del 25 giugno, il pubblico ministero, a norma
degli articoli del Codice penale sugli atti di sabotaggio premeditati, ha chiesto la pena di morte contro
molti accusati di Radom, ma all'ultimo momento è ritornato sulla sua decisione. Tutti i processi si sono
svolti a porte chiuse. Al termine dei primi due processi i 13 imputati sono stati condannati a pene varianti
dai 3 ai 10 anni di carcere.
Durante il processo che ha avuto luogo in settembre, un gruppo di giovani, violando la proibizione, ha
forzato le porte dell'aula dell'udienza. Tutti i suoi componenti sono stati arrestati all'uscita del tribunale
e portati, manette ai polsi, al vicino commissariato, dove sono stati picchiati, in particolare sulle piante
dei piedi. La repressione continua. Nelle fabbriche, gli operai "in agitazione" si vedono sospendere i loro
salari per un mese o per un trimestre (il che fa loro perdere tutti i vantaggi economici). Ma la stampa
polacca non dice nulla di tutte queste misure e le famiglie degli accusati preferiscono tacere per paura
di ulteriori sanzioni.
L'opinione pubblica mondiale
Di fronte alla gravità della situazione, un gruppo di tredici intellettuali polacchi ha deciso di mobilitare
l'opinione mondiale rivolgendosi attraverso il settimanale francese "Le Nouvel Observateur" a diciassette
intellettuali occidentali: Jean Paul Sartre, André Malraux, Eugéne Ionesco, Pierre Emmanuel, Louis
Aragon, Jean-Marie Domenach, Claude Roy, Jean Daniel, Laurent Schwartz, Günther Grass, Heinrich
Böll, Arthur Miller, Saul Bellow, Eugenio Montale, Ignazio Silone, Stephan Spender e Robert Conquest.
Un altro tentativo per sensibilizzare l'opinione mondiale sulla situazione drammatica degli scioperanti
polacchi fu fatto da Jacek Kuron, uno dei protagonisti del movimento d'opposizione intellettuale polacca
(autore della famosa lettera aperta inviata al Partito nel 1969 che gli valse diversi anni di prigione, e che
venne pubblicata in Francia dalle edizioni Maspero). Questa volta è al segretario del PC italiano che
Jacek Kuron si è rivolto. Nella sua lunga lettera egli l'informava dei fatti che sono avvenuti in Polonia,
dell'ondata di repressione anti-operaia e gli domandava, facendo appello alla sua coscienza, di venire in
aiuto agli operai perseguitati. Citiamo la conclusione di quella lettera: "... Gli operai, che non hanno
organizzazioni proprie e che sono privati d'informazioni, si trovano completamente disarmati di fronte
alla repressione. Il potere, con la sua repressione, non fa che inasprire il clima di odio e di disperazione.
Una nuova esplosione di collera rischia di essere tragica per il popolo polacco e di provocare la
bancarotta di tutta la sinistra europea.... Solo una amnistia generale per tutti i partecipanti alle
dimostrazioni di giugno potrebbe mettere fine alla repressione anti-operaia. L'opinione pubblica dei paesi
dove questa opinione è realmente indipendente possiede i mezzi per lottare per quest'amnistia. Io so che
l'opinione occidentale, come le autorità polacche, tengano alla vostra voce. Io faccio appello alla vostra
coscienza. Possa essa essere sensibile a questa causa."
In seguito a questa lettera, Jacek Kuron, che soffre di gravi disturbi cardiaci, è stato richiamato per tre
mesi di servizio militare.
Le reazioni dei PC occidentali sono state tra le più indifferenti; i loro organi si sono limitati a pubblicare
comunicati ufficiali delle agenzie di stampa. Quanto al PC italiano, rivolse al segretario del Partito
operaio unificato polacco una specie di supplica a favore degli operai polacchi tradotti di fronte ai
tribunali. Ma, durante la conferenza di Berlino dei partiti comunisti europei, Berlinguer non ha sollevato
questo problema.
Il 23 settembre, su iniziativa di quattordici intellettuali polacchi venne costituito il Comitato di sostegno
ai lavoratori vittime della repressione. I fondatori di questo Comitato hanno presentato domanda di
autorizzazione al Parlamento polacco. Il 28 settembre, il presidente della Dieta ha rigettato questa
domanda per vizio di forma. Sempre inutilmente il Comitato s'è rivolto al ministro del lavoro per esigere
la reintegrazione dei licenziati. Di fronte a questo rifiuto, il Comitato ha pubblicato un comunicato che
circola clandestinamente a Varsavia, nel quale esso afferma di essersi rivolto alla Croce Rossa polacca
perché questa organizzi dei soccorsi materiali per le famiglie degli operai incarcerati o licenziati dal loro
lavoro. Secondo questo comunicato ci sarebbero state 73 condanne a Radom ed un nuovo processo
sarebbe imminente.
Gli ambienti dell'opposizione fanno anche circolare a Varsavia il primo numero di un "Bollettino
d'informazione sull'attualità della vita pubblica" che si presenta sotto forma di sette fogli dattiloscritti e
che contiene soprattutto le informazioni sulle rappresaglie che colpiscono gli operai di Ursus e di Radom,
e le informazioni riguardanti le iniziative prese per la loro difesa. Questo bollettino si ispira la cronaca
dei fatti correnti pubblicata in U.R.S.S. (Samizdat).
All'esterno, una vecchia personalità di regime, Wladyslaw Bienkowski (ministro dell'Educazione di
Gomulka, espulso dal partito nel 1969, in esilio in Austria) aggiunge la sua voce a quella
dell'opposizione. In una lettera aperta pubblicata a Vienna, denuncia i metodi dell'apparato poliziesco
in Polonia affermando che "le botte nei commissariati" e la "tortura morale" sono "sistematicamente e
preventivamente utilizzate contro gente presa a caso e che nulla ha da rimproverarsi" e che la giustizia
del paese "diventa così un prolungamento dell'apparato poliziesco...".
Di fronte a questa improvvisa rinascita dell'opposizione, Gierek si è affrettato a denunciarla nel corso
di un convegno elettorale del sindacato dei minatori, il 14 ottobre 76 a Katowice: "Le forze ostili alla
Polonia non hanno deposto le armi.... Esse hanno purtroppo degli alleati in Polonia sui quali esse
contano e che esse sostengono". I nemici "interni" ed "esterni" della Polonia, ha aggiunto poi il
segretario del partito, "si atteggiano a difensori della democrazia, difensori della sovranità nazionale,
anzi, delle masse lavoratrici" ma essi "trascurano le nostre conquiste e ampliano accuratamente le nostre
difficoltà". Dopo aver così denunciato l'opposizione, passa alle minacce: "Noi opporremo una ferma
risposta ad ogni tentativo mirante a deformare la nostra democrazia e tendente a sfruttare i suoi vantaggi
per seminare il caos e l'anarchia".
Lo stesso giorno, il comitato del Partito di Varsavia, riunito in seduta plenaria, ha adottato una serie di
misure per mettere a punto "un sistema educativo efficiente conforme al programma del Partito".
Pare che per la terza volta la storia si ripeta in Polonia. Nel giugno del 1956, la rivolta degli operai di
Poznan porta al potere Gomulka. In dicembre del 1970 un nuovo sciopero cruento, quello dei lavoratori
portuali del Baltico, provoca la sostituzione di Gomulka con Gierek. Oggi, la Polonia in piena crisi
economica, politica e sociale, si attende nuovi mutamenti, ben sapendo che non si può trattare che di
mutamenti nella continuità, poiché se i dignitari passano, il regime resta. Tuttavia, qualcosa è già
cambiato: da una battaglia all'altra, gli intellettuali e gli operai polacchi hanno acquisito il senso della loro
forza che dà loro nuovo coraggio per reclamare e ottenere l'affermazione del loro diritto ad intervenire
nella gestione degli affari del paese. Posti tra la minaccia di un intervento sovietico e quella di un ritorno
allo stalinismo, essi sono decisi a continuare la loro lotta.
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